Liliana Cecchi (1922-1998)


Liliana Cecchi (particolare di foto concessa da Fondazione CDEC, Milano, © Press Association, Inc. )
Liliana Cecchi, nata il 24 luglio 1922 da Giuditta Agostini e Massimiliano Cecchi, cresce nel quartiere popolare di San Marco, in cui nel corso del ventennio serpeggia l’ostilità verso il regime. Il padre, negoziante di prodotti ortofrutticoli, è un antifascista di vecchia data che ogni tanto subisce intimidazioni da parte delle autorità. Dopo l’8 settembre 1943 l’adesione di Liliana e di sua sorella Lina alla Resistenza è pressoché immediata: informate da un partigiano che il fratello è ricercato, si adoperano per aiutare non solo lui, ma anche altri soldati italiani disertori, attività che fa loro prendere contatto con il Gruppo di difesa della donna.
A Liliana in particolare è affidato il compito di lavorare presso il comando tedesco in piazza San Francesco, in qualità di dipendente comunale addetta al servizio annonario. Dal momento che il suo principale lavoro è la concessione di lasciapassare ai lavoratori agricoli, consegna un grande numero di permessi ai suoi compagni e compagne, permettendo loro di muoversi liberamente per la provincia occupata. Riesce a fare avere al partigiano Vasco Iozzelli documenti falsi e diversi permessi di recupero di grano e patate.
Si dedica nel corso dei mesi a un’intensa attività, trasportando anche armi e munizioni. Tra il 5 e il 6 settembre 1944, Liliana è informata dalla partigiana Lea Cutini che nella frazione di Ramini, in seguito all’uccisione di un soldato, i tedeschi per rappresaglia hanno arrestato il parroco ed il partigiano Guerrando Olmi. Nonostante il divieto del CLN, le due donne si presentano al comando e riescono a convincere i militari che il loro compagno è stato ucciso da una pattuglia alleata in ricognizione, ottenendo così il rilascio dei due ostaggi.
Finita la guerra Liliana lavora come impiegata comunale nel settore sociale e anche una volta pensionata si impegna in attività di volontariato. È una delle sette donne pistoiesi a ricevere la qualifica di partigiana combattente; viene inoltre insignita della Croce al merito di guerra e di altre onorificenze. È ritratta insieme alla sorella Lina e ad altri partigiani e partigiane, in una famosa foto scattata da un reporter statunitense nei giorni successivi alla Liberazione di Pistoia.
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🟩 STORIA DI UNA FOTO
Lo scatto fu eseguito da un reporter della Press Association a Pistoia, all’incrocio tra via Abbi Pazienza e via Curtatone e Montanara, durante la Liberazione della città avvenuta l’8 settembre 1944. Da sinistra Israele (Lele) Bemporad, Liliana Cecchi, Bumeliana Ferretti Pisaneschi, Enzo Giorgetti (in secondo piano e con il volto parzialmente coperto dal fucile), Marino Gabbani, Lina Cecchi, un uomo russo non identificato e Lea Cutini (o Ilva Raffaella Ferretti). La fotografia è conservata anche presso l’Archivio ISRECPT, che ha riconosciuto in Lea Cutini la prima donna a destra, mentre il CDEC l’ha identificata come Ilva (Raffaella) Ferretti.
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🟪Relazione dell’attività svolta dei Gruppi di difesa della donna della provincia di Pistoia, in Archivio ISRT, Fondo Marchesini, f. “Gruppi difesa della donna”, pubblicata in Rosangela Mazzamuto Degl’Innocenti, La Resistenza e la presenza femminile a Pistoia, in Comitato femminile antifascista per il XXX della Resistenza e della Liberazione in Toscana, Donne e Resistenza in Toscana, Firenze, Giuntina, 1978, pp. 300-1.
Il primo Gruppo costituito nella provincia è stato a Poeta (via Pratese) nel gennaio del 1944, formato di tre elementi che si sono impegnate di ostacolare per quanto era possibile il transito degli automezzi tedeschi su quella strada, fornendo informazioni sbagliate e seguendone il movimento.
Si è costituito nel febbraio dello stesso anno per la resistenza nella fabbrica della SMI. Indi nel mese di marzo il Gruppo di Lamporecchio, successivamente il Gruppo di Larciano, di San Piero, di Candeglia, di Pontelungo e della città: disponevamo di elementi in quasi tutte le località della provincia.
Quando si è ben presentata la necessità, del lavoro militare ogni gruppo ha fornito un buon numero di ottime staffette che hanno trasportato armi, hanno mantenuto il collegamento tra le squadre e le formazioni. […]
Due compagne, Ferretti Raffaella e Cecchi Liliana, hanno prestato servizio presso il Comando tedesco, adoprandosi a falsificare nomi e dati per fornire i permessi necessari ai compagni.
Una staffetta, Cecchi Lina, ha mantenuto il contatto della zona sud con la parte nord, tenendo inoltre il collegamento con il Segretario del PC distaccato a Ramini.
Un episodio degno di lode è quello che ha avuto a interpreti principali due compagne, Cutini Lea ved. Breschi e Cecchi Liliana. A Ramini, dopo l’uccisione di un soldato tedesco, sono stati arrestati come ostaggi e dietro minaccia di fucilazione, il Segretario del Partito comunista e il Parroco del luogo. Era stata arrestata anche la Cutini, responsabile della staffetta della zona. Questa, rilasciata, di notte ha avvertito immediatamente i compagni ed è venuta in città per tentare la liberazione degli arrestati. La Cecchi si è prestata ad andar al Comando tedesco, dove era conosciuta, per testimoniare che da una pattuglia inglese era stato catturato un soldato tedesco di cui era in grado di fornire i dati. Essa ha saputo con incredibile calma convincere i nazisti, prestandosi anche a riconoscere il soldato tedesco in un buon numero di fotografie. Grazie al coraggio e alla prontezza di queste due compagne i due arrestati sono stati rilasciati e salvati da sicura morte.
Altre donne si sono incaricate della confezione di bracciali per i partigiani, della ricerca di medicinali, di indumenti.
Alcune case di organizzate sono state trasformate in deposito di armi, di stampa.
Tutte le organizzate hanno prestato la loro opera con fede e costanza, senza avvertire la stanchezza e rifiutando la paura, viaggiando attraverso i posti di blocco tedeschi, soggette a perquisizioni e a requisizioni. Hanno continuato la loro lotta contro i nazifascisti, adoprandosi a seguirne i movimenti, ad ostacolare le loro opere di rastrellamento, fiduciose che i loro sacrifici sarebbero stati coronati dalla vittoria completa.
La dirigente dei Gruppi di difesa della donna.