“Un impegno per il presente”. La città di Lucca e l’Istituto storico della Resistenza nel 75° anniversario della liberazione.

Sono le ore 10.00 della mattina del 5 settembre 1944 quando una pattuglia di soldati americani al comando del capitano Gandy fa il suo ingresso a Lucca, liberata dai partigiani nel corso della notte, dalla cinquecentesca Porta San Pietro, per essere festosamente accolti dalla popolazione civile: se per quei soldati – membri della “mitica” 92° divisione Buffalo, composta in gran parte da afroamericani – il conflitto era ancora lontano dalla sua conclusione, per la città e i suoi abitanti la guerra era finalmente finita. Sono passati ventiquattro anni da quel violento scontro in piazza San Michele tra fascisti e socialisti tante volte ricordato da Arturo Paoli (che all’epoca ha otto anni e assiste personalmente al fatto), ventidue dalla marcia su Roma (cui partecipa anche l’empolese Idreno Utimpergher, dal giugno 1944 a Lucca assieme a Pavolini per riorganizzare le squadre fasciste dopo aver seminato il terrore a Trieste) , e venti dal delitto Matteotti, apparente preludio alla disfatta del fascismo e che invece si traduce nel suo definitivo avvento al potere. Si combatte ancora a dire il vero, i tedeschi tentanto un ultimo attacco quella stessa mattina presso Porta Santa Maria e e Porta Elisa, ma vengono respinti: la guerra nella quale Mussolini ha portato un paese militarmente impreparato è finita per davvero a Lucca, non come il 25 luglio. Sei giorni dopo l’arrivo degli Alleati, l’11 settembre, la formazione Bonacchi viene sciolta: 18 dei suoi effettivi sono caduti nelle ore decisive della liberazione della città, e altrettanti sono i feriti gravi. È davvero finita per il fascismo a Lucca, per il regime che ha perseguitato, emarginato e imprigionato l’anarchico militante Urbano “Ferruccio” Arrighi, (che fu in corrispondenza addirittura con il “padre nobile” dell’anarchismo italiano Errico Malatesta), il popolare Arturo Chelini (tra i fondatori del Ppi lucchese, aggredito nell’agosto 1922 da alcuni squadristi in via Fillungo), l’allenatore della Lucchese Ernesto Erbstein (ebreo ungherese vittima delle leggi razziali), Silvio Laurini (emigrato da bambino in Spagna con la famiglia, combattente per il fronte repubblicano durante la guerra civile nelle brigate internazionali), il comunista Giorgio Ricci (dal 1940 al 1943 al confino a Ventotene) e molti altri ancora. Senza dimenticare il ruolo fondamentale del clero lucchese, protagonista di una straordinaria testimonianza di resistenza civile e assistenza e protezione agli ebrei perseguitati, ai prigionieri in fuga e alle bande partigiane durante la guerra: una resistenza disarmata ma non priva di rischi, che vede numerosi uomini di fede cadere vittime della ferocia nazista, da don Giorgio Bigongiari ai monaci certosini di Farneta fino a don Aldo Mei, fucilato proprio a Lucca un mese prima della liberazione della città.

Conferenza stampa di presentazione del calendario della liberazione a Lucca, 29 agosto 2019 (foto di S. Lazzari)

Tante storie diverse, “storie difficili e dolorose […] ma anche belle” come scrive il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini nel suo contributo al volume edito dall’Anpi nel 2014 in occasione delle commemorazioni per il 70° anniversario della liberazione, “storie di gioventù e di buoni maestri, storie di resistenza in armi e di disobbedienze civili, percorsi individuali e gesti di impegno collettivo”. Storie che il comune di Lucca, in sinergia con le istituzioni provinciali e i numerosi enti e associazioni impegnati sul fronte della memoria e della ricerca storica – Anpi, Atvl, Ass. “Linea Gotica”, Fiap, Fivl, Isrec e Istituto storico lucchese – dal 1° settembre al 5 ottobre si impegna una volta di più a valorizzare, in quello che l’assessora alla memoria Ilaria Vietina, nella conferenza stampa a Palazzo Orsetti del 29 agosto, ha definito “un impegno per il presente”, volto a recuperare la consapevolezza di ciò che è stato il periodo bellico per i territori della Lucchesia, riscoprendo le radici della Costituzione, nata dalla Resistenza e dalla negazione del progetto politico nazifascista. Il recupero della memoria passa dalla scelta di servirsi di un linguaggio multimediale che vede il media del libro affiancato dal docufilm (quello sul veterano della Buffalo Ivan J. Houston, presente anche alla proiezione) e dal teatro (“Ich var da”, di e con Amanda Sandrelli e Marco Brinzi, dove troverà spazio anche la fotografia di Oliviero Toscani, che nel 2003 ha ritratto i sopravvissuti all’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, allora soltanto dei bambini). Varie iniziative hanno toccato e toccheranno tutti i territori della Lucchesia con lo scopo, sottolinea ancora Vietina, di dare la voce ai “salvati”, sulla scia degli studi di Anna Bravo: andare oltre la memoria delle vittime – senza che questo significhi sminuirne il ricordo – per restituire una storia che non sia appiattita unicamente sull’aspetto della violenza. Ma il progetto è più ambizioso, guarda oltre le celebrazioni ufficiali nel quadro di quella che potremmo definire una “memoria attiva” per la quotidianità, non legata alla “liturgia” laica degli anniversari: in questo senso è da leggersi l’inaugurazione, che si terrà sabato 21 settembre alle 12.00, della “Casa della Memoria e della Pace” presso il castello di Porta San Donato sulle mura, che si auspica possa diventare un punto di riferimento per tutti quei soggetti impegnati sul fronte della tutela della memoria. Ma quest’ultima ha il suo complemento insostituibile nel rigore scientifico della ricerca storica.

L’intervento di Andrea Ventura a Palazzo Santini il 5 settembre 2019 (foto di S. Lazzari)

L’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea in provincia di Lucca, fondato nel 1977, è parte integrante anche quest’anno dei numerosi eventi legati a questo 75° anniversario, tenuti insieme da un filo conduttore che il direttore dell’Isrec, Andrea Ventura, individua nel ritorno alla testimonianza, al vissuto personale dei protagonisti: ma l’importanza di questo aspetto non deve far venire meno l’interesse per il documento, la fonte storica, essa stessa forma di testimonianza che rimanda agli individui che vissero quel periodo cruciale. Ed è proprio questa la via che l’Isrec ha scelto, in continuità con quanto già fatto in passato a partire dal 40° anniversario (1984) e poi ancora nel 60° (2004), pubblicando sulla rivista dell’Istituto – Documenti e Studi – fonti statistiche, relazioni e testimonianze allora inedite sul periodo dell’occupazione e l’attività partigiana nella provincia di Lucca. Un passaggio quindi dalla memoria – con tutti i rischi legati alla selettività della stessa e al rischio di rimozioni – alla storia fondata sui documenti, quelli delle commissioni incaricate di riconoscere ai richiedenti la qualifica di partigiano combattente. Sono queste carte, presentate a Palazzo Santini dal direttore Ventura il 5 settembre, a chiusura della giornata di celebrazioni della liberazione – che ci restituiscono i profili biografici degli uomini della formazione “Bonacchi” (giovani nati e cresciuti sotto il fascismo, privi di una vera educazione politica) e demoliscono il mito revisionista secondo cui “alla liberazione tutti partigiani” (in realtà i criteri di riconoscimento furono piuttosto restrittivi, e circa 71 domande furono respinte). Un lavoro scientifico che – ha sottolineato ancora Ventura nelle conclusioni del suo intervento del 5 settembre – non può essere appiattito su una presunta freddezza dello storico, immaginato come studioso completamente distaccato dall’argomento: al contrario, ogni ricerca non può prescindere da una certa empatia verso i protagonisti delle vicende indagate.

Articolo pubblicato nel settembre del 2019.




Costituzione: la nostra carta d’identità 1948-2018. Percorsi didattici per una cittadinanza attiva

Il 21 novembre si terrà alla Biblioteca San Giorgio il convegno “Costituzione: la nostra carta d’identità”: è un convegno di restituzione dei seminari e dei progetti sulla Costituzione, svolti da cinque scuole pistoiesi e realizzata con il coordinamento regionale dell’Istituto storico toscano della Resistenza.

Questo è il programma dei lavori:

Biblioteca San Giorgio di Pistoia
9:30 Apertura dei lavori
9:45 Saluti di: Monica Barni (Vicepresidente Regione Toscana), Roberto Barontini (Presidente ISRPt), Aldo Bartoli (Comitato Provinciale Anpi Pistoia), Emanuele Gelli (Presidente Consiglio Comunale di Pistoia)
10:15 Presentazione dei progetti delle classi Alice Vannucchi (Responsabile didattica ISRPt)
10:30 La scuola di tuttiMonica Galfrè (Università degli Studi di Firenze)
11:30 Da regnicoli a cittadini: 100 anni di cammino verso la democrazia, IV A Ordinario Liceo Scientifico ”Amedeo di Savoia” – Docente Caterina Marini
12:00 L’identità italiana: analisi della storia degli uomini, dei luoghi e delle idee che ci hanno fatto quelli che siamoV A Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale IPSAAABI “De Franceschi” – Docente Giovanna Sgueglia
12:30 Proiezione web-serie sulla Costituzione attraverso luoghi e figure della Toscana
13:00 Pausa pranzo con buffet
14:30 Costituzione italiana: articolo 4Mariuccia Salvati (Università Alma Mater Studiorium di Bologna)
15:30 Cittadini italiani e europei, V A Tecnico-economico e V B Scienze Applicate ITCS “F. Pacini” – Docenti Paola De Pasquale e Paola Nelli
16:15 Fratelli d’Italia, di e con Ultimo Teatro Produzioni Incivili
Progetto realizzato da: ISRPT, Rete Degli Istituti Della Resistenza In Toscana. Sostenuto da: Regione Toscana. Patrocinato da: ANPI, CUDIR, Ministero dell’Istruzione Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana




Costituzione e storia dell’Italia repubblicana. I percorsi degli italiani in un Paese in trasformazione

L’ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA E DELL’ETÀ CONTEMPORANEA IN PROVINCIA DI PISTOIA

presenta il corso di formazione docenti:
Costituzione e storia dell’Italia repubblicana. I percorsi degli italiani in un Paese in trasformazione

CORSO GRATUITO 

Periodo: 14, 21, 28 marzo 2018
Orario: 15:00-19:00 
Sede: Sala Bigongiari – Biblioteca San Giorgio Pistoia 
Numero ore di lezioni frontali: 12 (ISRPT è ente riconosciuto dal Ministero per la formazione dei docenti in quanto aderente all’Istituto nazionale Ferruccio Parri che con la rete degli Istituti associati ha ottenuto il riconoscimento di agenzia formativa, con DM 25.05.2001, prot. n. 802 del 19.06.2001, rinnovato con decreto prot. 10962 del 08.06.2005, accreditamento portato a conformità della Direttiva 170/2016 con approvazione del 01.12.2016 della richiesta n. 872 ed è incluso nell’elenco degli Enti accreditati)

Per iscrizioni e info (entro 5 marzo, posti limitati):
ispresistenza@tiscali.it
Tel. Sede 0573 359399
Cel. Direttore 3287670042

In allegato il programma completo.




Teresa Mattei, la “ragazza di Montecitorio”

2 giugno 1946, le cronache del voto descrivono lunghe file di donne in attesa alle urne per votare. E’ la prima volta che sono chiamate ad esercitare il proprio diritto di voto. Si chiede loro un atto di grande responsabilità, poiché con quelle elezioni si edifica la Repubblica italiana che deve dotarsi di uno degli strumenti atti a preservare la democrazia, la Costituzione. Ma è anche la prima volta che le donne hanno la possibilità di essere elette. Sono 21 le madri costituenti che il 25 giugno 1946 entrano per la prima volta alla Camera dei deputati insieme agli altri politici (556 in totale). Generi e generazioni a confronto, impegnati nella costruzione della democrazia italiana. Tra loro anche la giovane toscana Teresa Mattei.

teresa mattei a vent'anniNata a Quarto (Genova) il 1 febbraio 1921 da Ugo Mattei, industriale, attivo in Giustizia e Libertà, e da Clara Friedmann, Teresa cresce in una famiglia di ispirazione antifascista. Dopo l’infanzia passata a Milano, dove la famiglia si era stabilita per il lavoro del padre, i Mattei si spostano a Bagno a Ripoli nel 1933, dove la casa è frequentata da intellettuali e da quelle che sarebbero divenute personalità di spicco dell’antifascismo prima, della resistenza poi e infine della vita politica italiana del dopoguerra, come per esempio Piero Calamandrei, Giorgio La Pira, Natalia Ginzburg, Carlo Levi. L’apprendistato alla politica avviene quindi per Teresa in famiglia, partecipando ai dibattiti e anche ad alcune azioni concrete che il padre le affida. Appena sedicenne, nel 1937, accetta per esempio di portare a Nizza una colletta raccolta da alcuni compagni in sostegno dei fratelli Carlo e Nello Rosselli. Al ritorno da questa prima azione incontra don Primo Mazzolari a Mantova per portargli alcuni messaggi, ma in questa circostanza incorre nel fermo da parte della polizia fascista. Scagionata dall’intervento del padre e tornata a Firenze, manifesta in più occasioni apertamente le proprie convinzioni, soprattutto a scuola, discutendo e disobbedendo ad alcuni regolamenti, fino a che nel 1938, interrompendo un professore che sta esaltando in classe le leggi razziali, viene espulsa da tutte le scuole del Regno.

Nel 1942 si iscrive, insieme al fratello Gianfranco, al Partito comunista italiano e successivamente, in seguito alla destituzione di Mussolini, alla firma dell’armistizio e all’occupazione tedesca, fa parte della resistenza col nome di battaglia Chicchi. All’interno dei Gruppi di difesa della donna e dei GAP si occupa di tenere i collegamenti tra i diversi gruppi e i componenti delle brigate partigiane, ma è protagonista anche di azioni più impegnative. È questo il periodo in cui incontra Bruno Sanguinetti, poi suo futuro marito, del quale diventa stretta collaboratrice. Nel febbraio 1944 la famiglia Mattei è segnata da un tragico avvenimento. Il fratello Gianfranco, trasferitosi a Roma, dove fa parte dei GAP, viene catturato dai tedeschi, imprigionato e torturato in via Tasso. Per non rischiare di tradire i suoi compagni e rivelare informazioni sul movimento partigiano, si suicida in cella con la cintura dei pantaloni. Teresa parte subito per Roma, anche per dare conforto ai genitori, e porta con sé le matrici dell’Unità. Durante il tragitto è anche lei fermata da soldati tedeschi, interrogata, percossa e, come ha rivelato solo cinquant’anni dopo in un’intervista a Gianni Minà, stuprata.

La violenza subita non la fa desistere dal suo impegno e, tornata in Toscana, organizza e prende parte agli scioperi del marzo 1944 a Firenze e a Empoli, e più tardi è in prima fila, guidando una squadra di una cinquantina di partigiani, nella battaglia per la liberazione della città nel settembre del 1944.

Dopo la fine della guerra l’impegno attivo politico e sociale di Teresa continua: lavora nella Federazione fiorentina del PCI, soprattutto nell’ambito femminile e nell’UDI. E’ infatti proprio durante il primo congresso nazionale dell’UDI, tenutosi a Firenze tra il 20 e il 23 ottobre 1945, che Palmiro Togliatti rimane colpito dalla personalità della Mattei, che viene quindi chiamata a lavorare a Roma, alla direzione del partito.

In vista delle elezioni per la Costituente viene candidata per la circoscrizione Firenze-Pistoia. Ottiene 5299 preferenze, poche in confronto alle 15384 dell’altra candidata fiorentina, la socialista Bianca Bianchi, ma quante bastano per essere una delle 21 donne che entrano a far parte dell’Assemblea.

19471222-presentazione-costituzione-al-presidente-de-nicola-4In seno ai lavori della Costituente sono da ricordare in particolare la battaglia di Teresa Mattei affinché al comma secondo dell’art. 3, relativo alla “completa uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge”, venisse aggiunta l’espressione “di fatto”; l’impegno, disatteso, per ottenere che il testo costituzionale riconoscesse esplicita­mente il diritto delle donne ad entrare in magistratura; la discussione  per l’articolo 37, laddove, con riferimento al lavoro femminile, si fissava l’obiettivo di assicurare “alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione” (articolo che ha destato aspre polemiche, per quella espressione, che identificava “l’essenziale” funzione di madre delle donne).

Il 27 dicembre 1947 viene conferito a Teresa l’incarico, in qualità di costituente più giovane, di consegnare nelle mani del presidente Enrico De Nicola il testo costitutivo della neonata Repubblica Italiana.

In seguito Teresa Mattei ha alcune divergenze con Togliatti, già avviate in seno alla discussione per l’art. 7, in quanto sostenitrice della laicità dello Stato, proseguite per la sua gravidanza, frutto della relazione extraconiugale con Sanguinetti, e culminate nel 1955 quando, per la sua opposizione alla linea antidemocratica del partito, viene espulsa.

Negli anni seguenti l’impegno di Teresa Mattei, dopo la fase pisana di partecipazione al fermento della fine degli anni ’60 e inizio degli anni ’70, si rivolge prevalentemente alle tematiche dell’ educazione e dei diritti dell’infanzia e nella fase finale della sua vita, si  dedica alla testimonianza e all’impegno civile nell’ANPI, sul terreno dei diritti e della difesa della Costituzione, mostrando fino alla più tarda età la fierezza, la determinazione e il coraggio delle proprie idee.

Articolo pubblicato nel giugno 2014.