“La grande casa”

La vicenda si svolge durante la Seconda guerra mondiale, nelle campagne vicino a Pistoia; in parte è tratta dai racconti ascoltati in famiglia, in parte è frutto di fantasia. È la storia di una casa, un grande e antico casolare di campagna che in tempi remoti era stato un convento. Ma è anche la storia dei suoi abitanti, di gente abituata al lavoro, alla fatica, alle privazioni e che affronta con dignità il dolore e il lutto che irrompono nella loro esistenza, in quel particolare e difficile periodo storico.
Arriva la guerra, con la perdita di braccia per il lavoro, la disperazione per chi è scomparso, disperso, ucciso e con tutto ciò che comporta la presenza di un esercito nemico nel territorio. Sono rimaste solo nonna Ebe e la nipote Gemma, i cui familiari sono partiti per la guerra.
In seguito, si unisce a loro Oliviero, un parente che ha perso moglie e casa durante uno dei bombardamenti della città.
Il ritorno dalla Russia del fratello Antonio è una gioia inattesa e uno sprazzo di luce; è stato provato da esperienze durissime, da inimmaginabili sofferenze vissute assieme ai suoi compagni. Antonio però non tollera a lungo questa situazione di comodo nascondimento, avvertendo impellente l’impulso di servire il suo Paese e per questo entra a far parte delle forze partigiane. Anche Gemma ed Ebe imparano a fidarsi, a credere nella necessità di aiutare chi ha bisogno, accogliendo così nella grande casa partigiani feriti da curare e nascondere.
Poi il colpo di scena: la casa viene requisita dai tedeschi, deve essere abbandonata immediatamente. Gemma ed Ebe partono con le poche cose racimolate e con il cane Poldo in braccio ferito con noncuranza da un tedesco perché abbaiava. Vengono accolte dalla famiglia Talini, contadini che abitano nei paraggi. A Oliviero viene imposto di rimanere come factotum ma, in seguito, riesce a fuggire e a ritrovare dei familiari; più avanti ritrova anche Gemma insieme a Renzo, un partigiano che ella sposerà poco dopo.
Con i tedeschi in ritirata arrivano ulteriori devastazioni, distruzioni, ripetute cannonate per fare “terra bruciata” all’avanzare degli Alleati.
La grande casa è ridotta ad un cumulo di macerie ma le persone sono vive e pronte a ricominciare. La nonna non ce la fa lasciando i nipoti nello sgomento.
Ma la vita continua, perché dopo le tenebre torna la luce, nella terra incolta e inaridita può rinascere un seme. La speranza e la fiducia nel futuro ritornano.




“Farestoria. Società e storia pubblica”, n. 2 luglio – dicembre 2021

L’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di Covid-19 ha determinato mutamenti profondi nella società, portando a ripensare il nostro rapporto con i concetti di salute e malattia, con inevitabili ricadute sulla ricerca storica e sui modi di interfacciarsi con il passato. Stimolati da un’opinione pubblica che cercava nel passato termini di paragone all’attuale pandemia, gli storici hanno mostrato crescenti attenzioni per questioni inerenti alla storia della medicina, fino ad allora sostanzialmente trascurate e rimaste ai margini della riflessione storiografica, specie in Italia.
Sulla scia di questo rinnovato interesse, questo numero di «Farestoria» si pone l’ambizioso obiettivo di affrontare, integrando e intrecciando approcci storiografici tra loro diversi, il nesso società-malattia durante l’età contemporanea, focalizzando l’analisi sulla fase che va dal XIX secolo alla metà del XX secolo. Un arco cronologico ampio, ma di capitale importanza per comprendere gli sviluppi successivi e il presente, in cui affezioni note, nuove minacce “globali” (come il colera e la febbre gialla) e malattie emergenti convivono e si sovrappongono ai problemi connessi all’aumentata incidenza sulla mortalità delle affezioni croniche e degenerative, al proliferare di malattie professionali (legate allo sviluppo industriale), all’insorgere di patologie correlate all’inquinamento ambientale. Prestando attenzione alle dinamiche di circolazione del sapere e delle pratiche sanitarie, che tra XIX e XX secolo conoscevano un inedito processo di accelerazione e istituzionalizzazione, il fascicolo si propone di indagare la malattia nelle sue molteplici dimensioni: quella temporale di evento, di insorgere improvviso in un territorio, o di permanenza e quotidianità all’interno di un dato spazio (territoriale od organico); quella sociale e culturale del vissuto del malato di fronte all’esperienza della malattia, intesa come evento individuale o collettivo; quella delle risposte governative, professionali e profane all’insorgere delle affezioni. Il numero presta inoltre attenzione alle modalità con cui la storia della medicina si è costituita come disciplina, ai nessi locali e globali in cui il rapporto malattie-società prende forma tra XIX e XX secolo e alla dimensione pubblica che accompagna e struttura tale relazione. Analizza infine i processi di formazione della memoria privata e pubblica della malattia, dei mutamenti che il ricordo dell’esperienza di sofferenza e di cura conosce nel tempo individuale e collettivo.

ntroduzione
Costanza Bonelli, Francesco Cutolo, curatori – p. 5

Saggi
P. Panciroli, La medicina come scienza popolare. Il caso della letteratura medica domestica nell’Italia dell’Ottocento – p. 13
G. Ennas, Confine sanitario o nazionale? L’influenza delle epidemie
nell’emergere dei nazionalismi balcanici – p. 33
G. Lucaroni, “Viribus unitis”. Premesse e digressioni della lotta antitubercolare fascista – p. 51

Rubriche
Conversazioni storiografiche
D. Lippi, C. Bonelli, F. Cutolo, La Storia della medicina in Italia. Un’intervista – p. 73
Forum storiografico
R. Bianchi, A. Casellato, G. Contini, a cura di C. Bonelli, F. Cutolo, Memorie della “spagnola” – p. 81
Forum storiografico
S. Bartolini, P. Causarano, G. Zazzara, B. Ziglioli, Ambiente, malattia, lavoro – p. 105
Rassegna tematica
G. Cerasoli, Leggere le malattie nelle tavolette votive. Medicina, malati e società tra il secolo XV e oggi – p. 131
Le fonti della storia
U. Pavan Dalla Torre, Lo stigma della guerra. Tubercolosi e follia di guerra in Italia durante e dopo la prima guerra mondiale nella visione dell’Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra (ANMIG) – p. 141
Ricerche in corso
M.E. Cantilena, Aids e tossicodipendenza. Le politiche di riduzione del danno in Italia tra provvedimenti legislativi e impegno sociale – p. 149
Comunicare la storia
I. Bolzon, Appunti per una storia del tempo presente. Il progetto “Istantanee dal presente. Testimoni al tempo del Covid-19” – p. 157
Autori e autrici – p. 168




“Farestoria. Società e storia pubblica“, n. 1, gennaio-giugno 2021

Anno III, n. 1 gennaio-giugno 2021
I movimenti di Genova, venti anni dopo
a cura di Stefano Bartolini

Tra il 1999 e il 2003 lo scenario politico mondiale fu attraversato dal cosiddetto movimento “altermondista”, un soggetto composito e internazionale che muoveva da istanze economico-sociali rivendicando una globalizzazione diversa e alternativa da quella che si stava imponendo dopo la fine della Guerra fredda, sintetizzata nello slogan “Un altro mondo è possibile”.
Definita anche come “il movimento dei movimenti”, questa ondata di attivismo si caratterizzò per aver posto con forza una critica di sistema al modello di globalizzazione neoliberista (da cui l’altra definizione di “No global”, utilizzata dai media e in certi casi fatta propria dagli attivisti) ma anche per una certa dose di indeterminatezza di prospettive. Al suo interno furono presenti numerosi aspetti, anche non lineari fra loro: dai Social forum agli “assedi” contro le grandi assisi degli organismi internazionali (WTO, G8, Consiglio europeo, Davos ecc.); componenti cattoliche, marxiste, ecologiste e anarchiche; uso dei nuovi media all’epoca emergenti (video e internet) e persistenza di forme di comunicazione politica novecentesca
(volantini, musica attraverso la nuova formula dei sound system ecc.); un approccio spaziale alla dimensione dell’attivismo che tentava di coniugare la consapevolezza dell’interdipendenza planetaria con i limiti geografici di azione riassunta sempre con uno slogan, “Pensa globale agisci locale”.
Crinale fra l’ultima mobilitazione del Novecento e la prima del nuovo secolo ed incubatore di una nuova “estetica” della protesta e di forme di attivismo che si sarebbero poi manifestate di nuovo dopo la crisi economica del 2008 in Grecia e in movimenti come Occupy Wall Street e 15 Mayo (Indignados), questo movimento non sempre, e non ovunque, ha lasciato un’eredità e si è trasformato successivamente in una qualche forma di progetto e/o di organizzazione politica.
Farestoria ha voluto cogliere l’anniversario dei fatti del G8 di Genova del luglio 2001, evento segnante e simbolico tra i più importanti di quel periodo e impressi nella memoria pubblica, per iniziare a storicizzare quella fase a cavallo fra i due secoli e quei movimenti politico-sociali.

Introduzione
Stefano Bartolini – curatore – p. 5

Saggi
A. Conti, Alla ricerca di un nuovo comunismo. Rifondazione comunista e il movimento no-global (1999-2003) – p. 9
L. Cappellini, Genova 2001. Una memoria multimediale – p. 25
G. Carotenuto, Il G8 di Genova attraverso l’égo-histoire: ma io ero (noi eravamo) no-global nel 2001? – p. 45

Rubriche
Ricerche in corso
S. Bartolini, Microstoria del movimento: il caso di un collettivo a Pistoia – p. 67
Conversazioni storiografiche
Dialogo con Alessandro Portelli – p. 83
Public History
G. Paoli, L. Orsi, Genova Venti Zerouno. Il mondo che verrà – p. 91
Schede
A. Vannucchi (a cura di), La memoria di Genova. Una rassegna – p. 95
Autori e autrici – p. 101




Il PCI in Toscana

Suddivise in quattro sezioni fotografiche, le 268 immagini che compongono il volume raccontano il radicamento capillare che il Partito Comunista Italiano conobbe in Toscana tra il 1945 e il 1991. Un viaggio lungo e ricco di sfumature, capace di riflettere nell’eterogeneità territoriale della regione una parte importante della storia repubblicana del Paese. Dalle battaglie civili alle grandi questioni internazionali, passando per l’attivismo richiesto dalla vita di partito e le affollatissime feste de l’Unità, gli scatti presenti in queste pagine si pongono l’obiettivo di recuperare lo spirito di partecipazione collettiva che contraddistinse l’esperienza del Partito Comunista Italiano, valorizzandone la dimensione condivisa e trasmettendone la memoria pubblica e privata.




LA MIA DIVISA

A cura di William Gambetta

Molti conoscono Guido Picelli come l’animatore delle «Barricate di Parma» del 1922, quando al comando dei suoi Arditi del popolo guidò la vittoriosa resistenza dei rioni proletari contro migliaia di fascisti. Fu quello l’episodio più eclatante della sua vita, quello che lo rese noto ben oltre i confini della sua città. Eppure la sua esistenza fu segnata da molte altre battaglie. Dopo la Grande guerra fu un dirigente del Partito socialista e poi di quello comunista. Deputato dal 1921 al 1926, venne perseguitato durante il regime fascista. Fuggito all’estero, si rifugiò in Unione sovietica da dove, nel settembre 1936, si diresse in Spagna per combattere nelle Brigate internazionali. Morì, sul fronte di Madrid, nei primi giorni del 1937, mentre guidata i suoi uomini in battaglia.

Di Picelli sono stati messi in risalto il carisma di dirigente e le abilità di uomo d’azione ma poco è stato studiato il suo percorso politico e intellettuale. In questa edizione critica dei suoi scritti e discorsi parlamentari, per la prima volta emerge con completezza il suo pensiero, segnato dalla radicale opposizione alle classi dominanti, tanto in età liberale quanto in quella fascista. Una concezione coerente con il suo modo di vivere, con il suo essere rivoluzionario, con la lotta come «sua divisa». Rileggerne i testi è il modo migliore per sottrarlo a quella distorsione politica che è stata fatta della sua figura e per restituirle lo spessore umano e intellettuale che ebbe.




Storia della Resistenza senese

La Resistenza epilogo drammatico di un conflitto civile iniziato con l’avvento del fascismo. Le scelte di campo contrapposte di chi decise di combattere il nazifascismo e di chi lo sostenne. La guerriglia partigiana e la controguerriglia, i rastrellamenti e le fucilazioni nella dissoluzione del fascismo di Salò, fra i bombardamenti aerei e i combattimenti delle truppe tedesche e alleate. Il ruolo politico dei Comitati di liberazione nazionale e dei partiti antifascisti, il rapporto dei partigiani con un mondo contadino circondato dalla guerra e le resistenze disarmate delle donne, degli internati militari, del clero. Sono questi i temi di un libro che racconta il contributo del territorio senese alla nascita della democrazia.




Guerra totale in Valdinievole.

La pubblicazione è stata realizzata grazie al contributo e al patrocinio concesso da MIBACT – Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali – Servizio II “Istituti culturali”. Con il patrocinio del Comune di Monsummano Terme. Introduzione di Giovanni Contini Bonacossi.

«C’era poco da festeggiare nella nostra famiglia»: con queste parole Angiolo Fidi, superstite dell’eccidio del Padule di Fucecchio, ricorda la liberazione dal nazifascismo dopo un anno denso di episodi, iniziato nel settembre 1943 quando le truppe motorizzate tedesche fecero la loro comparsa a Monsummano e conclusosi il 4 settembre 1944 con la conquista della città da parte delle formazioni partigiane. Il libro, oltre ad analizzare il periodo nella sua complessità, affronta l’impatto che la guerra totale ha generato sulla società locale sotto gli aspetti militari, politici, culturali ed economici, individuando i nodi salienti e intrecciandoli al contesto regionale e nazionale. Un caso di studio di un microcosmo con echi e riferimenti di ampia portata: le conseguenze dell’Armistizio; la nascita e il consolidamento delle amministrazioni locali della Repubblica Sociale Italiana; l’occupazione nazista; l’arresto e la deportazione degli ebrei; lo sviluppo della Resistenza e dell’attività partigiana; il ruolo degli helpers; le incursioni angloamericane; lo sfollamento; le violenze e le stragi di civili; la Liberazione. Due parti distinte (“Guerra Totale” e “L’estate del ’44 e la Liberazione”) compongono la narrazione che si avvale di un ampio uso delle fonti, sia primarie che secondarie, principalmente archivistiche, orali e giornalistiche. Un ampio capitolo è dedicato all’eccidio del Padule di Fucecchio; completano il volume trentanove immagini e una vasta appendice.

Per info e spedizioni: ispresistenza@tiscali.it




“Farestoria. Società e storia pubblica“, n. 2 luglio-dicembre 2020.

Spostarsi: migrazioni, lavoro, identità e conflitti
a cura di Stefano Bartolini

A partire dagli anni Novanta del secolo scorso i fenomeni migratori sono divenuti sempre più frequentemente oggetto di studio da parte delle scienze umane e sociali. Nei paesi occidentali questa attenzione è stata il frutto dei diversi flussi migratori, soprattutto in entrata, che ne hanno interessato le società. È stata prodotta una mole enorme di ricerche sui vari aspetti delle migrazioni, sui loro motivi, il loro impatto, le loro dinamiche interne e transnazionali ecc. Le ricerche hanno investito prevalentemente le scienze che lavorano “al presente”, ma anche la storiografia progressivamente ha messo a fuoco la tematica, con un’ottica di lungo periodo, contribuendo alla produzione di studi che hanno aumentato la nostra conoscenza delle migrazioni nella storia delle società umane. In questo campo si sono cimentate la demografia storica, la storia del lavoro, la storia orale e la storia economica, con significativi apporti derivati dai postcolonial studies, dai subaltern studies e dall’antropologia culturale. Disponiamo oggi di studi storici che ricostruiscono le migrazioni in epoche storiche diverse, i loro legami con l’organizzazione economica, sociale e del lavoro delle geografie umane e di potere che le produssero, la loro interazione con le catastrofi, il carattere permanente, temporaneo o stagionale di quelli che sono stati individuati come circuiti migratori, i loro legami con le politiche imperialistiche, coloniali o persecutorie messe in atto dagli Stati. Questo numero di Farestoria dedicato alle migrazioni intende focalizzarsi su questi fenomeni per restituirne una lettura storica, tanto del passato più distante da noi che di quelli tutt’ora in corso e delle reazioni ad essi.

Introduzione di Stefano Bartolini, curatore – p. 5

Saggi
T. Ricciardi, Le catastrofi delle migrazioni: punti di cesura o rivelatori
di processi terminati? – p. 9
G. Francisci, La diplomazia sociale nell’esperienza migratoria italiana
tra la Grande guerra e il primo dopoguerra: due casi di studio
(1915-1924) – p. 25
F. Spagnoli, L’immigrazione italiana in Franca Contea (Nord-Est della
Francia) nella seconda metà degli anni ’20 vista da due
studi francesi contemporanei – p. 39
R. Niccolai, In Francia per lavorare. Dal macro al micro: migrazioni,
lavoro e lotta di classe – p. 53
M. Palacios, Antòn L’emigrazione nei quartieri operai durante il franchismo
attraverso la storia orale: il caso di Gamonal (Burgos, Spagna) – p. 67
A. Coco, Le donne e gli uomini che trasformarono Montemurlo.
Voci da una pagina della “grande migrazione interna”
(1945-1975) – p. 75
C. Paris, “Non ero una ragazza really da sposare”. Una storia
di emigrazione matrimoniale, Thunder Bay, 1963 – p. 91
S. Orazi, “Mille baci dall’indimenticabile marito”. Risvolti morali e sociali
della questione femminile negli anni della grande emigrazione
verso gli Stati Uniti – p. 103
M. Moschetti, Riot on an empty street. Italoamericani e afroamericani
a Chicago nel secondo ‘900 tra conflitti e convivenza abitativa – p. 111

Contributi
S. Manali, Fare rotta verso nuove terre: la diaspora greco-albanese
della prima età moderna – p. 135
E. Palumbo, Nakba: memoria e storia orale della catastrofe palestinese – p. 147
A. Possieri, I «barbari alle porte». Discorso pubblico e dibattito
parlamentare durante l’approvazione della Legge Bossi-Fini – p. 157
F. Perugi, “Noi e l’Islam”. Il cardinale Carlo Maria Martini
e l’immigrazione dai paesi islamici nei primi anni ‘90 – p. 169

Autori e autrici – p. 175