Il mito sovietico nel PCI in Toscana di Andrea Borelli

Attraverso documenti, giornali, foto e oggetti il libro propone al lettore un viaggio nella storia del mito sovietico nel Partito Comunista Italiano in Toscana. Dopo la Seconda guerra mondiale nella loro militanza quotidiana i comunisti toscani assorbirono e riadattarono all’interno della propria identità politica una fortissima connessione politico-sentimentale con l’URSS.

Con il passare del tempo il mito sovietico perse quella carica di mobilitazione politica che lo aveva caratterizzato inizialmente, soprattutto negli anni di Stalin, e trasformò sempre più i propri simboli in chiave “pop”, utilizzando un registro molto simile a quello del mito americano a sua volta ampiamente diffuso nel Bel paese.

Eppure, nonostante l’emergere negli anni Sessanta-Settanta anche di mitologie politiche terzomondiste, resistette tra una parte dei comunisti toscani quel legame sentimentale- passionale con l’URSS, un legame per certi versi in grado di arrivare fino ai giorni nostri. Il materiale proposto nel libro testimonia la lunga durata del mito sovietico, nonché la sua importanza nella storia politica e sociale della Toscana nel Novecento.




“Documenti e Studi”, n.53

In questo numero monografico dedicato internamente alla storia della cucina, Camilla Zucchi presenta lo stretto legame che unisce l’uomo e l’alimentazione: la Storia ha il dovere di occuparsi di una tematica così fondamentale per i suoi aspetti culturali, sociali e politici. Nella sezione Saggi lo studio di Christian Satto è dedicato al barone Bettino Ricasoli, secondo Presidente del Consiglio del Regno d’Italia, enologo e innovatore della viticoltura. Agnese Portincasa, invece, mette al centro l’Inchiesta Bertani, un’indagine parlamentare di fine Ottocento sull’alimentazione contadina che rivela le condizioni della vita quotidiana dei contadini italiani. Roberto Liberi propone un saggio iconografico, mostrando una serie di menù illustrati degli anni della Prima Guerra Mondiale. Dario Filippi ed Emanuele Venchi dedicano i loro scritti alla Provincia di Lucca. Il primo analizza il razionamento alimentare all’ospedale psichiatrico di Maggiano; il secondo, invece, racconta la condizione di vita dei cittadini della provincia di Lucca, partendo dalla secolare cultura agricola fino all’esplosione della borsa nera negli ultimi anni di conflitto. Giorgio Sacchetti, infine, presenta un episodio che unisce la storia dell’alimentazione con le lotte sindacali della Toscana del secondo dopoguerra con la protesta dei minatori del Valdarno.




Dal Serchio all’Isonzo al Piave. I caduti di Camporgiano nella Prima guerra mondiale

Il libro raccoglie i nomi, la storia della vita militare, i reparti di appartenenza e le circostanze della morte di circa 62 soldati camporgianesi deceduti nel corso del conflitto o successivamente per cause di guerra. I nomi sono raccolti secondo le frazioni di nascita, o di domicilio, o di sepoltura o in cui sono ricordati da un monumento pubblico. Si possono conoscere aspetti sconosciuti delle persone, comprendere le loro sofferenze, apprezzare il loro spirito di abnegazione in una guerra lunghissima e terribile, seguirne gli atti di eroismo ma anche la morte per malattie infettive o ferite che, a quel tempo, non si era in grado di curare. Viene indicato il mestiere che molti di loro esercitavano, lo stato civile ed i figli che lasciarono orfani compiendo tutti, eroi ed oscuri fanti o marinai, il loro dovere verso il nostro Paese. Un modo semplice, ma efficace, per ricordarli tutti.




“Documenti e Studi”, n.52

Il primo contributo della sezione Saggi è quello di Giacomo Maddaloni dedicato al tema del corporativismo all’interno dell’MSI negli anni Cinquanta. Come “terza via” presentata negli anni Trenta, nel secondo dopoguerra il corporativismo è un mezzo sia per mettere in luce i deficit dei sistemi economici al potere, sia per presentarsi nell’arena democratica dell’Italia repubblicana, senza rinnegare così il passato fascista. Il secondo saggio è di Marco De Tommasi analizza l’eredità politica, ideale e culturale di Mazzini contesta tra fascisti e antifascisti. Per mostrare ciò, l’autore mette in luce l’uso fatto da Armando Lomellini (studioso e, poi, membro dell’élite culturale del fascismo) e da Carlo Rosselli. Da entrambe le parti Mazzini viene visto come uno dei padri fondativi dei rispettivi campi politici, una contesa che dimostra, però, come Mazzini sia sempre stato un simbolo di un’idea unitaria di nazione.




Lorenzo Gestri, storico del lavoro

Lorenzo Gestri (1943-2002) per oltre tre decenni è stato docente presso l’Università di Pisa di Storia del movimento operaio e sindacale, ha rinnovato gli studi sulla genesi dell’associazionismo politico della provincia di Massa
Carrara e sulle condizioni lavorative nell’area vasta che va da Pisa alla Spezia, con particolare attenzione alla zona apuana tra fine ’800 e inizio ’900.

Si è dedicato con grande cura alla ricostruzione delle traiettorie dei singoli militanti e delle società di mutuo soccorso, ma anche a questioni culturali e sociali più ampie.

La passione politica e l’impegno di studioso sono sempre state legate alla difesa delle idee di giustizia e libertà: imperativi etici a cui rimase sempre fedele. A venti anni dalla sua scomparsa, due convegni a Pisa e a Carrara ne hanno voluto ricordare il profilo.




MALFATTORI E BIRRI NEL FOSCO FIN DEL SECOLO MORENTE

Prefazione di Athos Bigongiali.

L’ultimo trentennio dell’Ottocento fu caratterizzato, sul piano economico, da una grande depressione che determinò un netto rallentamento della crescita economica e degli scambi commerciali. Questa crisi, che ebbe forti ripercussioni in Italia provocando depauperamento e repressione, a Pisa ebbe effetti duraturi soprattutto nell’accentuare le differenze di classe, con il conseguente formarsi di due città contrapposte: quella borghese e quella popolare e proletaria. In questo libro si racconta, con una documentazione in gran parte inedita e originale, la genesi e il primo sviluppo di questo dualismo, che poi ha fortemente condizionato la storia della città anche nel secolo successivo. La città borghese difesa da un opprimente e occhiuto sistema repressivo – che trovò nei “birri” i suoi più fedeli e meticolosi esecutori – contro la città popolare e proletaria con i suoi “malfattori”, apostoli del liberato mondo che animarono i luoghi del lavoro, i quartieri e i borghi popolari, le piazze, i vicoli, i mercati, le fiaschetterie, rivendicando un mondo di eguali e liberi da ogni sopruso e sfruttamento.




Farestoria. Società e storia pubblica Nuova serie, Anno IV, n. 2 2022

La deindustrializzazione in Toscana
a cura di Federico Creatini

 

Adottando una prospettiva multidisciplinare, il numero intreccia le specificità del caso regionale con le tendenze e le prospettive di ricerca dei Deindustrialization studies. Dialogando con una storiografia sempre più consistente e integrandola con indagini statistiche e archivistiche, i contribuiti hanno cercato di esplorare i modelli sociali, le forme di lavoro e le pratiche di memorializzazione che hanno sostituito o riconvertito gli spazi lasciati aperti dalla crisi della grande industria novecentesca.

Ne affiora un quadro eterogeneo, segnato dal riemergere di istanze di conflittualità, dalle conseguenze sociali delle ondate di dismissioni, da percorsi di rilancio e di prospettiva e da legittimi interrogativi sulle eventuali peculiarità della deindustrializzazione toscana.

Il tutto spingendo l’analisi all’interno di un dibattito di ampio respiro, capace di toccare quasi tutte le realtà provinciali e di conformare un passaggio importante per comprendere le evoluzioni della «deindustrializzazione» in Toscana, la sua dimensione percettiva e la tangibilità dei suoi riflessi – conflittuali, occupazionali, politici, produttivi e ambientali – sull’attualità.

Introduzione
Federico Creatini, Curatore – p. 5

Saggi
F. Creatini, Una deindustrializzazione in «anticipo»: la Toscana nord-occidentale nel contesto regionale (1971-2007) – p. 11
A. Tonarelli, L’impatto della deindustrializzazione sulla vita privata: il caso di Piombino – p. 31
G. Malavasi, “Il pane della montagna”. La Smi di Campo Tizzoro e Fornaci di Barga – p. 53

Rubriche
Casi studio
G. Sacchetti, No future. Territorio e destino industriale: la provincia aretina (1970-2020) – p. 75
Casi studio
A. Turbanti, La deindustrializzazione in Maremma – p. 85
Casi studio
L. Ciardi, Strategie di sopravvivenza industriale. Il caso del distretto tessile di Prato – p. 95
Comunicare la storia
P. Causarano, Memoria del lavoro e idea di città a Firenze – p. 105
Interventi
F. Carnevale, A. Baldasseroni, Mancata prevenzione, falsa prevenzione e prevenzione efficace negli ambienti di lavoro nell’Italia del Novecento – p. 109

Autori e autrici – p. 135

ISBN 978-88-6144-082-1
ISSN 2612-7164




Farestoria. Società e storia pubblica Nuova serie, Anno IV, n. 1 2022

È in gioco la storia. Giocare il passato nel tempo presente
a cura di Edoardo Lombardi e Igor Pizzirusso

 

I Game studies sono un fenomeno piuttosto recente per la ricerca storica in Italia, una realtà il cui esordio, sulla scia della Public History, porta con sé una serie di spunti di riflessione. La definizione stessa di gioco, ad esempio, occupa uno spazio notevole nel dibattito tra gli studiosi. Questo numero di «Farestoria» intende occuparsi del gioco entro diverse sfaccettature: come forma di “intrattenimento dotato di regole”; come strumento didattico; come mezzo di divulgazione o “nuovo media”; ultimo, ma non meno importante, come opera d’autore. Definizioni molto ampie, evocate in modo tale da riconoscere ai giochi funzioni e caratteristiche complesse e stimolanti per il dialogo tra storici e grande pubblico.

La tipologia alla quale ci si rivolge è quella del gioco in tutte le sue declinazioni: gioco di ruolo dal vivo; video e table games; infine, esperienze virtuali con una componente ludica (prodotti quindi interattivi e partecipativi, ossia che prevedano l’interazione giocante). Tutti media attraverso i quali poter comunicare storia: un vantaggio, senza dubbio, ma anche una caratteristica problematica in certi casi. Tramite gli history games è infatti possibile interagire con il passato, talvolta trasformarlo o conoscerlo. Circostanze che rendono legittimo analizzare e riflettere sui contenuti e sulle narrazioni che i giochi a tema storico propongono: dalla raffigurazione, stereotipizzazione o accuratezza del passato rappresentato, oppure anche solo immaginato nel gioco, fino al rapporto che c’è tra il pubblico e l’idea che quest’ultimo ha del passato rispetto a quella che costruiscono le storiche e gli storici.

A partire da questi aspetti, il presente numero monografico di «Farestoria» va ad indagare, con un’analisi ad ampio spettro, i giochi e i contesti ludici della nostra epoca per capire come essi interagiscono col passato, contribuendo a costruirlo nella sua percezione e conoscenza che se ne ha nella cultura di massa, e quale visione della storia offrono.

Introduzione
Edoardo Lombardi, Igor Pizzirusso, curatori – p. 7

Saggi
C. Daffonchio, The Great Game. Rappresentare l’espansione coloniale europea
attraverso i giochi da tavolo – p. 17
G. Babini, M. Carrattieri, M. Zanoni, Giocare col fuoco. La Resistenza nei giochi da tavolo – p. 37
G. L. Gonzato, G. Sorrentino, Giocare lo sconfitto può consentire di ripensare il passato?
Una proposta di analisi tra board game e videogiochi – p. 55

Rubriche
Forum storiografico
G. Uberti, S. Caselli, Mille e uno… modi di giocare (con) la storia – p. 75
Intervista
“20 days”: This war of mine, giocare il civile in tempo di guerra. Dialogo di Edoardo Lombardi con Wojciech Setlak (11bit Studios) – p. 83
Comunicare la storia
I. Bolzon, La storia “con i se e con i ma”. Un laboratorio di storia controfattuale in museo – p. 93
Comunicare la storia
I. Trotta, Il wargame come mezzo di divulgazione storica: l’esperienza di AFBIS – p. 101

Rassegna tematica
L. De Marchi, Tra dadi e mondi. Contatti tra i giochi di ruolo e la storia – p. 107
Public History
I. Romeo, Trade Unions Quiz. Cgil, la nostra memoria tra gioco e formazione – p. 113
Casi studio
E. F. Russo, Prima guerra mondiale e videogames, il caso di Valiant Hearts – p. 119

Autori e autrici – p. 122

ISBN 978-88-6144-080-7
ISSN 2612-7164