LIVORNO ANTIMILITARISTA

La storia di Livorno, fin dal suo sorgere, è stata segnata da una rilevante presenza di soldati, fortificazioni e caserme, dovuta all’importanza commerciale e militare del porto, ma anche per tenere sotto controllo la latente conflittualità sociale verso le autorità costituite, comprendente un’endemica refrattarietà al militarismo, tale da far registrare la più alta percentuale di renitenza alla leva della Toscana.
Dall’impresa di Libia al Primo conflitto mondiale sino ai sommovimenti post-bellici, Livorno ha quindi visto una diffusa opposizione popolare alla guerra che si è espressa con la solidarietà umana nei confronti dei giovani disertori, le agitazioni operaie nelle fabbriche militarizzate, il pacifismo sovversivo delle donne, dei ragazzi e dei “senza patria” socialisti e anarchici.
Cronache di ieri che riportano alle guerre di oggi.

Indice

7 Introduzione. Una città renitente
17 Via dall’Africa!
27 Viva Masetti, abbasso l’esercito
43 1914. Interventismo, neutralismo, antimilitarismo
73 1915. Contro i fabbricatori d’eroi
97 1916. L’ombra del disfattismo
109 1917. Caporetto sociale
121 1918. Mentre la strage dura
129 Sovversivi in divisa
145 1919. L’eredità della guerra: i moti del caroviveri
163 Fuori l’Italia dalla Russia

171 Appendice documentaria

183 Indice dei nomi




VELENO IN POLVERE

La storia ricostruita nel libro affronta l’articolata dialettica pistoiese, in fabbrica ed in città, nel quadro delle “vertenze amianto” che hanno interessato l’Italia. A Pistoia la vertenza iniziò nel 1992, con la Legge 257 sulla messa al bando dell’amianto e la nascita di una serie di sgravi pensionistici. In quegli stessi anni la Breda venne coinvolta nella liquidazione delle partecipazioni statali, che si affiancò alla vertenza amianto. Le due questioni si intrecciarono, mentre prendeva il via anche un procedimento penale e l’azienda adottava una linea ostile al riconoscimento dell’esposizione all’amianto. In questi passaggi si inserì la destra e si incrinò il rapporto tra la città, la sua classe operaia, i sindacati, i partiti e le amministrazioni di sinistra.

Indice

Prefazione di Stefano Bartolini

Ringraziamenti

Introduzione

«Nato sotto il segno dell’amianto»
«L’amianto a fibra lunga bleu»
Il 1992, la messa al bando dell’amianto e la liquidazione di EFIM
I pareri della CONTARP
La vertenza amianto tra vendita dell’azienda e scontri nei tribunali
La rottura tra i lavoratori
Gli anni 2000 e gli atti di indirizzo
Il processo penale e le costituzioni delle parti civili
La trattativa per il riconoscimento del danno
La vertenza prosegue
La sentenza “Breda 1”
Una vertenza di lungo respiro

Appendice
L’andamento epidemiologico delle malattie amianto-correlate in Italia e a Pistoia

Fonti e Bibliografia




Farestoria. Società e storia pubblica Nuova serie, Anno V, n. 2, 2023

Negli ultimi quarant’anni l’attenzione per la relazione tra scienze e imperi coloniali è divenuta sempre più ampia nell’ambito del dibattito storico. Già a partire dagli anni Ottanta la storiografia aveva iniziato a interrogarsi criticamente sulla validità del modello diffusionista di sviluppo della scienza fuori dal contesto europeo, proposto dagli studi di George Basalla; un modello che guardava al progresso scientifico come trasferimento unilaterale della conoscenza dal centro europeo al resto del mondo. Influenzate dalle prospettive marxiste e dagli studi di Michel Foucault, Edward Said e dei Subaltern Studies, le analisi si sono indirizzate, tra anni Ottanta e Novanta, sulla scienza e medicina come strumenti di consolidamento degli imperi coloniali – mezzi di sfruttamento dei territori di conquista e forze culturali di dominazione, anche se contestate e negoziate. A partire dagli anni Duemila, l’attenzione della storiografia si è progressivamente spostata sui problemi di circolazione, scambio e mobilità della scienza, indagata non più come sistema di sapere occidentale o solo come strumento dell’imperialismo europeo, ma come impresa di fabbricazione globale. All’analisi del dinamismo delle periferie si è sostituita un’attenzione per le reti, le interconnessioni e le pratiche quotidiane di produzione della conoscenza oltre le frontiere nazionali e imperiali.

Questo numero di «Farestoria» si pone in continuità con le direzioni aperte da questi studi con l’obiettivo di riflettere in maniera organica sulla costruzione e consolidamento di pratiche scientifiche nel contesto dell’espansione d’oltremare italiana. Il numero promuove una riflessione attorno a due assi di ricerca: da una parte l’esame dei processi di costruzione della conoscenza all’interno di un paesaggio allargato, quello della circolazione e riformulazione di concezioni, pratiche e “oggetti scientifici” tra spazio coloniale e metropoli, come oltre le frontiere dei domini italiani, individuando differenze e fondamenti comuni con i saperi elaborati nel contesto di altri imperi. Dall’altra l’analisi delle pratiche scientifiche intese in senso largo, esaminate nelle loro connessioni con altri campi della società, con un’attenzione per le operazioni materiali e per il corredo tecnico che accompagnano il loro sviluppo. Il numero si concentra sul rapporto tra dimensione pubblica e strutturazione della conoscenza in situazione coloniale, sugli itinerari non lineari della sua formazione, sul corredo tecnico che ne permette la costituzione.

Introduzione
Costanza Bonelli, curatrice – p. 5

Saggi
A. Ghezzi, Reti e pratiche tra fotografia ed etnografia nel primo colonialismo italiano -p. 15
R. De Robertis, Scienze e agricoltura tropicale nel ventennio fascista. Dall’Istituto Agricolo Coloniale all’Istituto Agronomico per l’Africa Italiana – p. 29
B. Falcucci, Autarchia e immaginario del safari: Vittorio Tedesco Zammarano e la caccia grossa nell’Africa italiana tra colonia e post-colonia – p. 47

Rubriche

Conversazioni storiografiche

La medicina in situazione coloniale. Una riflessione storiografica. Dialogo con Claire Fredj, a cura di C. Bonelli – p. 67

Le fonti della storia
G. Contini, Guerra di Etiopia e bombardamenti con l’iprite. Intervista audiovisiva a Sergio Belli (colonnello, nato il 17 agosto 1913 ad Abbadia Prataglia) del 19 ottobre 1993, Abbadia Prataglia (AR) – p. 83

Ricerche in Corso
M. Vernuccio, Dono diplomatico o bottino di guerra? Manti etiopici nelle collezioni museali italiane – p. 89

Memorie pubbliche e immaginari storici
S. Falocco, Roma: una sperimentazione in corso per ri-orientare la bussola – p. 99

Comunicare la storia
G. Dodi, F. Negri, Memorie consapevoli. Modena racconta il colonialismo italiano
con un progetto di public history – p. 105
H. Merini, Su Tezeta. Il Trekking UrbAfricano e altri percorsi storici, tra performatività e Public History – p. 113
F. Cutolo, A. Vannucchi, Raccontare il colonialismo e la decolonizzazione. Le iniziative dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Pistoia – p. 121
M. Fantò, «Ma davvero? lo zoo? non l’avrei mai immaginato». Quel che resta dello zoo
dei Giardini di via Palestro a Milano: gli animali, l’Impero e le memorie in città – p. 129

Autori e autrici – p. 141

ISBN 978-88-6144-089-0

ISSN 2612-7164




“Documenti e Studi”, n.54

Accanto all’articolo di Stefano Bucciarelli sulla storia quarantennale della rivista, nella sezione Saggi vengono esaminate alcune questioni immerse nel periodo tra l’Ottocento fino agli albori degli anni Duemila. L’articolo di Alessandro Labriola approfondisce un aspetto molto particolare della nascita dello stato cileno nella prima metà dell’Ottocento, ovvero il rapporto complicato tra le genti colonizzatrici provenienti dalla Spagna e dall’Europa e la popolazione locale dei Mapuche. All’estremo opposto della linea temporale, invece, Chiara Nencioni offre un’approfondita riflessione sulla guerra nei Balcani negli anni Novanta e in particolare sulla strage di Srebrenica e il tema del genocidio. In mezzo sono presente due tappe intermedie: Nicolò Paiano si sofferma sulla Bologna fascista con la storia del giornale «L’Assalto», mentre Lorenzo Ferrazzano mostra la Polonia del blocco socialista degli anni Settanta attraverso le pagine de «L’Unità» e «Rinascita».




Antifasciste e antifascisti: storie, culture politiche e memorie dal fascismo alla Repubblica

Da alcuni decenni l’antifascismo pare aver perso la sua rilevanza nel dibattito civile e storiografico. Anche il Centenario della marcia su Roma ha lasciato sullo sfondo le storie di coloro che si opposero al fascismo sin dagli anni dello squadrismo. Questo libro invece le recupera e le racconta, mettendo al centro il vissuto quotidiano, i percorsi coraggiosi e dolorosi, in nome della libertà, dentro e fuori l’Italia negli anni complicati della guerra civile europea. Si riflette anche sugli antifascismi come ideologie politiche, con saggi che prendono in esame i discorsi e le pratiche delle diverse culture antifasciste e talvolta il loro difficile dialogo. Infine, si aprono alcuni squarci su cosa accade all’antifascismo dopo il 1945, sulle dispute della memoria e sul suo utilizzo nelle battaglie politiche dei primi anni della Repubblica e della Guerra Fredda.




Farestoria. Società e storia pubblica Nuova serie, Anno V, n. 1, 2023

 

a cura di Stefano Bartolini

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le esperienze di public history strutturate a partire dal rapporto fra storia, territorio e paesaggio, con proposte di trekking, passeggiate, visite immersive in luoghi specifici, aperture di sentieri e percorsi, realizzazione di scuole di storia nel paesaggio. Spesso si è trattato di attività sorte dal basso, per iniziativa di gruppi di cittadini e cittadine, comunità locali, scuole, associazioni, musei “selvaggi”, gruppi di volontariato. Gli storici e le storiche, e gli enti e istituti storico-culturali, non sono sempre stati presenti fin dall’inizio in molte di queste esperienze, ma stanno rapidamente recuperando un ruolo avviando dialoghi orizzontali con le esperienze già in essere da un lato e costruendo proprie proposte e declinazioni per questo tipo di attività dall’altro. Non sfuggirà che ci troviamo davanti a forme di public history con un valore duplice, che esercitano una grande attrazione anche su studiosi e studiose. Costruendo e/o ricostruendo i nessi tra il passato e un territorio inteso come paesaggio umano in cui è iscritta la storia, queste forme di attività non si limitano alla semplice divulgazione ma stimolano l’avvio di percorsi di conoscenza e attivano forme di partecipazione e patrimonializzazione che si riflettono nella salvaguardia dei beni culturali e ambientali e nella presa di coscienza della storia e dei contesti ambientali come portatori di storia, fino a spingersi, in alcuni casi, alla “costruzione” di luoghi storici. Questa “attivazione” di risorse umane, culturali e ambientali è poi di stimolo alla ricerca storica, che trova qui non solo un terreno fertile per la sperimentazione di azioni di public history ma per la stessa ricerca storiografica, che viene messa in grado di attingere a nuove fonti (archivistiche, memoriali, demoetnoantropologiche ecc…) e stimolata a porsi nuove domande. Non è un caso dunque che intorno a queste attività, a monte o a valle, capiti di incrociare veri e propri progetti di ricerca o realizzazioni di libri.

Questo numero di Farestoria prova a esplorare il fenomeno, passando in rassegna esperienze diverse, anche molto lontane tra loro, senza tralasciare la necessaria riflessione metodologica che apre nuovi scenari alla pratica storiografica ma anche soffermandosi sulla lunga durata di pratiche che a ben guardare hanno lunghe radici.

Introduzione

Stefano Bartolini (curatore), Andando in giro si incontra la storia – p. 5

Saggi

A. Canovi, Peripatetici. Dove il camminare è l’indizio, ma anche il fatto – p. 17

C. Zadra, Camminare nelle trincee della Grande Guerra – p. 39

M. Carrattieri, Sulle orme dei partigiani. Trekking storico e Resistenza in Italia – p. 59

L. Chiarello, Il percorso della memoria nel villaggio di Niccioleta: realtà e prospettive – p. 81

Rubriche

Comunicare la storia

P. Calvino, S. Covella, Il Cammino nella Resistenza in provincia di Cuneo – p. 107

I. Meloni, La Resistenza si impara in montagna. Sulle tracce dei partigiani sull’Appennino piacentino – p. 117

S. Bertelli, Trekking della Memoria: itinerari con le Pietre d’inciampo a Venezia – p. 123

F. Filippi, Memowalk, un esempio urbano di memoria “camminata” – p. 129

Casi studio

E. Pareo, La Lille degli Italiani. Visita guidata sui luoghi del fascismo e dell’antifascismo nella capitale delle Fiandre francesi – p. 137

V. Colaprice, Storie partigiane in una terra senza Resistenza: il caso di Ruvo di Puglia – p. 143

P. Bertoncini, Luoghi della memoria: attività educative per riconoscersi nella storia e nel paesaggio – p. 149

C. Nencioni, Camminare la storia: la Marš Mira – p. 155

S. Sottoriva, L’Itinerario Energia. Un percorso tra acqua, ambiente e storia nell’alta Valle dell’Agno – p. 163

Public History

M. Berrettini, Pedalate partigiane: Guerra Mondiale e Resistenza tra 25 aprile in bicicletta e ciclostoriche commemorative – p. 169

PopHistory, Rapporti ludici tra problemi e opportunità: il territorio e la memoria nei giochi locativi – p. 179

Autori e autrici – p. 189

ISBN 978-88-6144-088-3

ISSN 2612-7164




La Linea Gotica a Pistoia e Prato

Nel ripercorrere quello che è stato e quello che ha significato la Linea Gotica in Italia e nel contesto europeo una vera e propria frattura per l’andamento della guerra, con il fronte che si è fermato per otto mesi, trasformando per quel lasso di tempo la seconda guerra mondiale da guerra di movimento (come era stata fino a quel momento) in guerra di posizione e di trincea, con ripercussioni pesantissime e tangibili per la popolazione coinvolta, andando a stravolgere la quotidianità di comunità e di vite attraversate in modo indelebile dall’occupazione tedesca prima e dal passaggio degli alleati dopo -, questo libro unisce storia e memoria, la brutalità ingegneristica e architettonica delle fortificazioni alla bellezza dei paesaggi circostanti, racchiudendo nelle immagini i segni di una storia unica.




1922

Col centenario della nascita del fascismo e della marcia su Roma, la storiografia degli ultimi anni ha confermato la vitalità e l’importanza di un tema centrale per lo studio del mondo contemporaneo. Questo volume sposta però l’attenzione verso la periferia del Regno d’Italia, guardando alle province per mettere in luce i percorsi della marcia, e i profili degli attori e delle attrici che concorsero a renderla possibile.

I contributi qui raccolti, scritti da studiosi e studiose di generazioni e collocazioni professionali diverse, mettono a fuoco casi di studio differenti e offrono nuove letture sull’impatto, la ricezione, le narrazioni e le eredità della violenta presa del potere da parte del fascismo.