Stazione di Lucca. 6 gennaio 1944.

Il 6 gennaio 1944 alle ore 13:07 ventidue aerei B-26 Maruders del 319° Bomber Group, decollati dalla Sardegna in ottime condizioni di visibilità, sganciano sul quartiere S. Concordio di Lucca 124 bombe da 500 libbre, da quote comprese tra 9000 e 9900 piedi. Obiettivi alleati sono lo scalo ferroviario, l’azienda Italgas e le officine Lenzi. La mira degli aerei americani risulta pessima e vengono distrutte anche case e industrie civili. Venticinque sono i morti sotto le macerie, altri sono i deceduti nei giorni successivi nei ricoveri cittadini.

La Seconda guerra mondiale è la prima vera “guerra aerea” della storia, durante la quale sono messe in pratica quelle teorie e culture militari, definite già a partire dagli anni Venti e Trenta, che legittimano l’uso dei bombardamenti su larga scala anche verso obbiettivi civili. Come ricorda Gianluca Fulvetti nell’introduzione al volume infatti “tra il 1939 e il 1945 sui diversi fronti e un po’ da tutti gli attori in gioco, i bombardamenti sono concepiti e praticati come strumento decisivo ai fini della vittoria, perché capaci di mettere in crisi i centri nevralgici dei paesi, dissodare, incendiare e annerire le aree urbane, frantumare i sistemi economico-produttivi e le vie di comunicazione, indebolire circuiti commerciali, e naturalmente mietere vittime e spaventare la popolazione”. Nonostante ciò i bombardamenti sono stati un tema a lungo espulso dalla storia e dalle memorie nazionali europee, poiché le esigenze politiche della pacificazione, soprattutto nel nuovo contesto internazionale della Guerra Fredda, hanno imposto di guardare avanti, puntando sulla pacificazione e sulla ricostruzione, celando e riducendo a oblio gli aspetti più controversi dell’esperienza del secondo conflitto mondiale, tra cui i bombardamenti. Solo recentemente, di fronte anche ai recenti conflitti che hanno visto il coinvolgimento dei civili e il ripetersi di massacri e carneficine indiscriminate, si è avviato un dibattito storiografico sul tema.

A settant’anni di distanza da quel 6 gennaio 1944 il Comune e l’Istituto storico della Resistenza di Lucca hanno voluto promuovere la ricerca di Michele Citarella, che si inserisce all’interno della recente stagione di studi sui bombardamenti alleati in Italia. Il libro è frutto di una minuziosa ricerca di archivio: attraverso le carte dei fondi Prefettura e CLN dell’Archivio di Stato di Lucca, delle fonti parrocchiali, dei documenti delle Ferrovie, di altri provenienti dagli archivi dell’aereonautica alleata, e sulla base di memorie di testimoni, l’autore racconta e spiega la vicenda del bombardamento del 6 gennaio. Rivela inoltre particolari su altri bombardamenti avvenuti in Lucchesia (Ponte a Moriano, S. Margherita, Fornaci di Barga), e contestualizza la vicenda all’interno della situazione politica, militare, sociale ed economica del territorio dopo l’8 settembre 1943.

Di grande interesse il capitolo sulla “guerra alle ferrovie” e il capitolo sulla ricostruzione, che fornisce particolari sull’attività dei CLN. Arricchisce il volume un bel compendio fotografico sulla stazione di Lucca in occasione del bombardamento.




Il Risorgimento di Guido Gianni

“Il Risorgimento di Guido Gianni” è la riedizione di due racconti di Guido Gianni, Talamone 1860 e Il baule di Nullo, accompagnati da contributi e rimandi storici. Tutto l’arco storico narrato da Guido Gianni è ricostruito attorno a testimonianze tratte da giornali e giornalisti dell’epoca. Non si tratta di una storia del Risorgimento, ma di un racconto fatto di cronache, un vissuto di personaggi dell’epoca, delle loro emozioni e delle loro azioni. Tra le righe emerge l’ironia e la sottigliezza di un autore, forse, non compreso fino in fondo. Sfogliare le pagine scritte da Gianni significa immergersi in una mescolanza di significati, personalità e intrecci storici, compiere un viaggio a metà tra due dei momenti più felici della memoria moderna e contemporanea, il Risorgimento italiano e la Resistenza.

 




Stiamo nel mondo. Il Centro Mondialità Sviluppo Reciproco nella storia

La pubblicazione, realizzata con il patrocinio della Socrem e dell’Istoreco di Livorno, ripercorre l’esperienza del Centro Mondialità Sviluppo Reciproco (CMSR) fin dalla sua nascita (1979), inquadrando i presupposti socio-culturali dai quali ha avuto origine. L’esposizione, corredata da un apparato iconografico, prende avvio dalla contestazione del ’68 e dalle dinamiche del post-concilio, segnate dall’emergere di un variegato “dissenso cattolico”. Espressioni caratteristiche di questo diffuso sentimento di riforma religiosa e di protesta contro lo status quo borghese furono le “comunità di base”, forme associative spontanee che si allontanavano dalle tipologie tradizionali di militanza e si ponevano solitamente al di fuori della struttura parrocchiale.

A Livorno don Carlo Leoni fu uno degli interpreti più rappresentativi di una simile istanza di rinnovamento. Il sacerdote di origine veronese fondò nel 1970 la comunità cristiana “Impegno”, che, alla luce dell’aggiornamento del Vaticano II, si distinse per il coinvolgimento attivo dei laici e per la fervida attività a favore dei più disagiati. La parabola della comunità si consumò nel 1987-88, lasciando due eredità durature: l’omonima cooperativa (creata per intervenire sulla marginalità sociale con attività domiciliari) e, appunto, il CMSR, che nel tempo ha collocato la propria attività nella galassia altermondista e nella rete del volontariato internazionale. La comunità costituì un esempio paradigmatico dell’aspirazione, condivisa da molti giovani del tempo, di coniugare il sogno di una “Chiesa dei poveri” con l’utilizzo spregiudicato degli strumenti marxisti di lettura della società. Da qui il superamento della tradizionale “dottrina sociale della Chiesa”, considerata subalterna alla conservazione degli equilibri capitalistici. L’esito immediato di tale impostazione fu l’incontro con la teologia della liberazione, che ispirò un terzomondismo di tipo nuovo, non più legato alla prospettiva del proselitismo missionario, ma alla visione profetica secondo cui il riscatto delle masse oppresse avrebbe determinato una purificazione della Chiesa. È in questa visione che si radicava il messaggio di convertire il mondo occidentale al concetto di «sviluppo reciproco».

Le vicende del CMSR sono dunque colte da una prospettiva che mira, da un lato, a contestualizzare gli eventi inserendoli nel processo storico globale e, dall’altro, a ritrovare i singoli protagonisti del mutamento. Proprio l’esigenza di superare l’atteggiamento ecclesiastico di esclusivismo e di autosufficienza (significativa fu l’adesione simpatetica del Centro all’esperimento di socialismo cristiano realizzato in Nicaragua) individua un tratto costante del gruppo costituitosi attorno a don Leoni. La passione religiosa e civile ha contribuito a dare al CMSR un’identità forte, ancorata ad un cattolicesimo progressista al tempo stesso critico e collaborativo nei confronti della gerarchia ecclesiastica: una “spiritualità dell’impegno” al fianco dei poveri, aperta al dialogo, attenta ai “segni dei tempi” e disposta ad immergersi nel complesso fluire della storia per costruire condizioni di giustizia e non per imporre un insegnamento autoritario.




Studiare nella crisi

Il volume, introdotto da Mariuccia Salvati, contiene interviste a ex-studenti della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dell’Università di Roma e di altri Atenei, raccolte da Simone Duranti tra 1997 e 2008. A fare i conti con la memoria delle esperienze giovanili di formazione e dell’appartenenza ai Gruppi Universitari fascisti negli anni Trenta sono uomini, che hanno avuto un ruolo di rilievo, in quanto intellettuali o come protagonisti della vita politica, nei decenni dell’Italia repubblicana, spesso dopo aver aderito a formazioni politiche antifasciste o aver partecipato alla Resistenza: Antonio Giolitti, Carlo Lizzani, Aldo Natoli, Ruggero Di Palma Castiglione, Oberdan Fraddosio, Camillo Niosi, Giovanni Pieraccini, Nicola Pinto, Enrico Tonelli, Renato Tortorella, Sauro Zaccagnini, Alessandro Natta, Elio Toaff, Mario Verdone.




Dopo i testimoni. Memorie, storiografie e narrazioni della deportazione razziale

La riflessione sul tramonto di un’era, l’era del testimone della Shoah, ha conosciuto un notevole e per certi versi inatteso sviluppo, che ha posto fine ad una stagione durata circa mezzo secolo.
Il volume nasce dall’esigenza di ridefinire i limiti delle narrazioni della deportazione e persecuzione razziale in un quadro comparativo europeo, con uno sguardo sui modi della rappresentazione oltreoceano e in Israele. Abbiamo tentato di aprire qualche finestra sui modi attraverso i quali la narrazione della Shoah è cambiata o sta cambiando, mossi dal desiderio di procedere per comparazioni fra diverse metodologie, ma anche fra diversi contesti nazionali. [dalla quarta di copertina]

Indice:
Marta Baiardi e Alberto Cavaglion, Introduzione

Storiografie
Robert S.C. Gordon, Reti trasnazionali nella ricezione della Shoah. Meneghello, Varnai, Reitlinger; Marcello Flores, La storiografia dei genocidi e la Shoah;  Wolfang Benz, Soccorso e salvataggio degli ebrei; Georges Bensoussan, Usi e abusi della memoria della Shoah in occidente; Michele Sarfatti, Hanno fatto tutto i tedeschi? La Shoah italiana nella storiografia internazionale, 1946-1986.

Memorie nazionali
Anna Foa, Memoria, rimozione, diniego. Spunti per una riflessione; Enzo Collotti, Sopravvivere allo sterminio: da Varsavia a Praga; Maria Ferretti, La memoria negata. La Shoah in Unione Sovietica; Emiliano Perra, La memoria della Shoah in Gran Bretagna tra storiografia accademica e cultura di massa; Christoph U. Schminck-Gustavus, Salvati dai «Giusti tra le Nazioni». Per la storia della comunità ebraica di Zante.

Produzioni di memorie
Guri Schwarz, Crisi del discorso antifascista e memoria della persecuzione razziale nell’Italia degli anni Ottanta; Valentina Pisanty, Banalizzare e sacralizzare; Ernesto De Cristofaro, Testimoni e vittime. Il racconto giudiziario;  Marta Baiardi, «Israele ramingo». Considerazioni sui salvataggi degli ebrei perseguitati.

Racconti
Ida Zatelli, La trasmissione della memoria alla luce dei testi biblici; Massimo Giuliani, Testimonianza come resistenza al male; Alberto Cavaglion, Il grembo della Shoah. Il 16 ottobre 1943 di Umberto Saba, Giacomo Debenedetti, Elsa Morante; Asher Salah, La Shoah nel cinema israeliano; Aldo Zargani, La mia storia della mia memoria della Shoah

Ricostruire la memoria
Elena Mazzini, Monumenti e memoriali delle deportazioni italiane; Gianluca Gabrielli, Per una prospettiva genealogica nella didattica della Shoah; Alessandra Minerbi, La Shoah nei manuali delle scuole superiori; Laura Fontana, Verso una memoria europea della Shoah? L’esperienza del Mémorial de la Shoah di Parigi; Elisabetta Ruffini, «Morti, morti, ancora morti»: l’universo concentrazionario, la fotografia e l’immaginario collettivo italiano.

 




Un conflitto che non passa: storia, memoria e rimozioni della guerra civile spagnola

Il volume raccoglie i contributi della generazione più giovane dell’ispanismo contemporaneo e offre delle riflessioni che partono dal dibattito più attuale sulla memoria della guerra civile spagnola. In Spagna, l’attuale situazione per la quale la memoria dei vinti in tutte le sue sfaccettature sta combattendo per essere assimilata alla memoria nazionale è indice di buona salute democratica; tuttavia, il vero intento – e questo è lo scopo ultimo del lavoro – è ricordare come per il processo di recupero di un’identità nazionale, minata da una lunga dittatura, non servano solo azioni giudiziali e normative ma soprattutto misure di giustizia sociale. La storiografia rappresenta proprio una di queste misure e uno strumento di sincerità intellettuale per uscire da lunghi periodi di violenze perpetrate ai danni di una parte della società.




Costruire insieme. La bilateralità nelle costruzioni a Livorno: storia dell’Ente Livornese Cassa Edile, 1962-2012

L’edilizia è un settore dove da sempre vige il lavoro precario: i cantieri si aprono e si chiudono in continuazione, gli operai vengono assunti fino alla fine dei lavori, poi devono cercare un altro impiego. Ben prima di diventare familiare all’intero mondo del lavoro in Italia, la precarietà fa parte del patrimonio genetico di un settore fondamentale dell’economia.
Ma al contrario di quanto viene solitamente pensato, quella edile non è affatto una categoria arretrata: proprio il confronto precoce con i problemi dell’insicurezza del lavoro ha spinto i soggetti organizzati (imprenditori e sindacati) a trovare delle formule originali e innovative per dare risposte all’instabilità lavorativa e ricomporre, al di fuori delle imprese, la frammentazione in cui versa il mondo delle costruzioni. Dalla fine degli anni ’50 sono nate così le Casse Edili, enti bilaterali dove i rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori collaborano per fornire agli operai un livello adeguato di sicurezza sociale. Attraverso la storia dell’Ente Livornese Cassa Edile, ricostruita in questo volume in occasione del suo 50º anno di vita, si getta così uno sguardo su un’istituzione poco conosciuta della storia del lavoro del nostro paese. Ripercorrendo le tappe di questa vicenda, il volume ricostruisce i cambiamenti avvenuti in campo economico e sociale, le trasformazioni radicali del settore delle costruzioni nel corso di questi cinquanta anni, le dinamiche alterne nei rapporti tra le parti sociali, il mutamento di significato del lavoro in edilizia per i suoi protagonisti, per i lavoratori, i loro rappresentanti e gli imprenditori: tutti elementi che formano la lunga storia della Cassa edile livornese, avviata nel dicembre del 1961 nella sede dell’Associazione industriali di Livorno, a pochi passi dalla seicentesca Villa Attias.

 




La nostra storia e la storia degli altri

Se le frontiere sono sempre e ovunque luoghi di elezione di guerre tra stati, destinate spesso a mantenere anche dopo le paci durevoli frontiere culturali e mentali, quella con il mondo slavo balcanico è stata la più tormentata tra quelle italiane. Percorrere i luoghi della memoria del Confine orientale significa compiere un viaggio nello spazio e nel tempo, attraverso i segni degli spostamenti del cosiddetto “confine mobile”, in un territorio che è stato definito “laboratorio della storia del Novecento”.

L’esperienza narrata dal documentario è il viaggio di studio di un gruppo di insegnanti, che l’ISGREC e la Regione Toscana hanno coinvolto in un lavoro di formazione Attraverso immagini di luoghi, interviste a protagonisti e storici emergono le tracce di storie individuali e della complessa vicenda del confine orientale.