Caserma di Rovezzano

Il 27 aprile 1944 nella caserma di Rovezzano vennero fucilati due renitenti alla leva e un disertore, il sottotenente Luigi Ferro che era fuggito qualche giorno prima dalla prigione. Dopo la fuga Ferro era stato catturato dalla Guarda Nazionale Repubblicana, la forza armata fascista, durante un rastrellamento di partigiani. Il padre Naldi, cappellano della carceri, assisté alla fucilazione.

I renitenti erano il contadino Alfredo Ballerini e il giovane ventenne Onorio Coletti Perruca, figlio di una famiglia benestante. Mentre dell’uccisione di Ballerini non si conoscono le motivazioni, Coletti risultava una persona scomoda essendo in contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale. Per fuggire ai nazisti il giovane si era nascosto rifugiandosi in casa di suo padre ma fu presto scovato dalla banda di Carità. Il giornale clandestino della Democrazia Cristiana, “Il Popolo”, il 18 luglio 1944 raccontò i minuti prima della fucilazione dei tre. I genitori di Coletti chiesero aiuto a diverse conoscenze per salvare la vita del figlio. Prima si rivolsero a Mussolini poi si appellarono all’Arcivescovo ottenendo l’attribuzione della grazia. Purtroppo il generale Adami Rossi impedì l’arrivo della richiesta. Coletti fu fucilato il 28 aprile 1944.

Indirizzo: Via Aretina n° 354.




Le Chiese “degli ebrei”

Su impulso del cardinale di Firenze Elia Dalla Costa e grazie all’impegno del clero, varie chiesa della città divennero rifugio per gli ebrei braccati dai nazifascisti.

Chiesa di San Gaetano

Indirizzo: Piazza degli Antinori – via de’ Tornabuoni

Il parroco della chiesa di San Gaetano, monsignor Giuseppe Capretti, durante l’occupazione nazista prestò aiuto a numerose famiglie ebree perseguitate. La chiesa di San Gaetano era anche sede della comunità religiosa tedesca, il cui parroco era Theodor Bützler, il quale svolse funzioni di interprete e mediatore con il Consolato e i comandi germanici. Il parroco Bützler tentò inoltre di salvare degli ebrei tedeschi che si erano trasferiti a Firenze ed erano entrati a far parte di circoli di emigranti antinazisti.

Chiesa San Felice in Piazza

 Indirizzo: Piazza San Felice n°5

Durante la seconda guerra mondiale e l’occupazione tedesca, la Chiesa di San Felice in Piazza divenne uno dei luoghi più attivi della resistenza in Oltrarno e per la protezione degli ebrei perseguitati. Il parroco di San felice in Piazza, don Bruno Panerai, aprì le porte della sua parrocchia a partire dagli inizi di settembre del 1943. Tra le numerose azioni svolte offrì ospitalità al sottocomitato di liberazione d’Oltrarno, distribuì viveri e sussidi in denaro, allestì un ospedale nei giorni dell’emergenza. Inoltre nascose per circa sei mesi, in una stanza annessa all’archivio parrocchiale, un ebreo straniero di nome Habermann e fece ospitare altri ebrei da famiglie della parrocchia facendogli visita periodicamente. L’azione di Panerai non si rivolse solo agli ebrei ma anche ai soldati reduci o evasi, agli ufficiali e renitenti alla leva, ai ricercati dalle SS (Schutzstaffel o squadre di protezione), etc. La parrocchia quindi accolse, dette rifugio e aiuto a molti ebrei e perseguitati grazie al buon animo di Don Bruno Panerai, che rappresentò una delle figure di spicco della resistenza cattolica dell’Oltrarno.

 

Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio

 Indirizzo: Piazza Ss.Gervasio e Protasio

Durante la seconda guerra mondiale e il periodo dell’occupazione tedesca, la Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio divenne uno dei principali punti di riferimento dell’antifascismo fiorentino. Il parroco, don Pio Carlo Poggi, fu impegnato in un’intensa attività assistenziale. Si impegnò per l’allestimento di un rifugio antiaereo destinato agli abitanti del rione Oltrarno e di un ambulatorio, che trasformò durante il periodo dell’emergenza in un piccolo ospedale. Don Poggi nascose armi destinate alle formazioni partigiane e dette rifugio a numerosi ex-militari, giovani renitenti alla leva, ricercati politici ed ebrei. Con lui collaboravano Edoardo Da Fano, antifascista cattolico e numerosi medici. Per l’opera prestata durante l’occupazione, a don Poggi fu conferita nel 1947 la medaglia di bronzo al valor militare.

 




I Faggi di Javello (Vaiano)

Sul versante destro del fiume Bisenzio, giusto di fronte ai monti della Calvana, si trovano i Faggi di Javello, una vasta area boschiva protagonista dal febbraio 1944 delle azioni dei partigiani della brigata Orlando Storai e in seguito base per la brigata Bogardo Buricchi. Schignano è il centro di questa vasta area, luogo di raccolta per tutti quei ragazzi che dopo l’8 settembre 1944 rifiutano di arruolarsi nel ricostituito esercito della RSI e scelgono, invece, “la via dei Faggi”. Da Schignano partono i rifornimenti alimentari per i partigiani e le staffette arrivano con messaggi e ordini; nei boschi sopra Vallupaia, in località Ebani, è nascosto, e controllato dai partigiani, il bestiame di vari contadini che tentano così di salvarlo dalle requisizioni tedesche.
Dalla primavera 1944 tutta quest’area, da Albiano, passando per Schignano fino a Migliana, ospita migliaia di sfollati dal fondovalle e tutti, salendo dalla Costa, vengono fermati e controllati da Menghino alla Casa Rossa, avamposto partigiano e centro di osservazione dei movimenti fascisti. Nonostante questo brulicare di vita, Schignano non viene risparmiata dalle azioni belliche, anzi, uno dei primi bombardamenti della Val di Bisenzio, il 21 gennaio 1944, cade proprio sul paese, in località il Poggio, dove alcuni ragazzi stanno giocando con delle capre: i 30 spezzoni caduti causano la morte di 6 persone.
partigiani javelloDal gelido inverno ’44, sotto la guida di Armando Bardazzi detto “Gianni”, è attiva sui Faggi la squadra partigiana Orlando Storai, di cui fanno parte anche molti ragazzi di Vaiano e Schignano. La prima vera azione armata avviene il 22 marzo, dopo una soffiata che annuncia un rastrellamento tedesco. I partigiani decidono di agire per primi e cogliere di sorpresa i nemici: dal Pian dei Massi percorrono il crinale e lungo lo stradello dei Tabernacoli raggiungono Poggio alla Vecchia, proprio sopra la chiesa di Migliana, nel cui piazzale bivaccano i nazi-fascisti. Colti di sorpresa i repubblichini si sparpagliano, incendiando il bosco, ma rinunciando al rastrellamento. Si tratta più che altro una dimostrazione di forza, ma i partigiani mostrano di non avere paura. Dopo questa azione, la Orlando Storai muove verso il Falterona e piano piano si disgrega.
Verso la fine del maggio 1944 il C.N.L. (Comitato di Liberazione Nazionale) approva la formazione di una nuova brigata guidata sempre da Armando Bardazzi e Carlo Ferri e l’invio di armamenti e rifornimenti ai partigiani. In pochi giorni si superano i 100 uomini, provenienti per lo più dalla Val di Bisenzio. La formazione prende il nome di Brigata Buricchi, in onore dei fratelli Buricchi che l’11 giugno avevano fatto saltare, a Comeana, vagoni carichi di tritolo destinati ai nazi-fascisti per la completa distruzione dell’industria pratese. L’accampamento partigiano viene costruito al Pian delle Vergini, sul crinale del Monte Javello.
Tra il luglio e l’agosto 1944 si hanno molti scontri tra partigiani e fascisti alle Cavallaie, alle Banditelle, presso Porciglia; spesso a pagarne le conseguenze sono i civili, i contadini come Leone Mengoni e Demizio Fuligni, che vengono uccisi dai tedeschi per rappresaglia nei confronti di azioni partigiane avventate o non andate a buon fine. La brigata Buricchi è protagonista anche della terribile battaglia di Pacciana, che porterà al tristemente famoso eccidio dei 29 Martiri di Figline.
Fatti ancora più cruenti avvengono in seguito al 6 settembre 1944: l’8 settembre, dopo l’impiccagione dei 29 partigiani, i tedeschi salgono a Schignano e compiono diverse rappresaglie. Presso Monte Casioli trovano i tre fratelli Favini della Tignamica e li freddano brutalmente; nel bosco sopra le Case Vecchie vengono fermati 6 uomini accusati di essere partigiani (solo 2 in realtà lo sono): 4 sono impiccati a Spirito e 2 uccisi mentre tentano la fuga. Solo due giorni dopo, il 10 settembre, gli abitanti di Schignano salutano l’arrivo della colonna alleata e possono dare degna sepoltura ai loro caduti.

Testimonianza di Renato Pozzi, partigiano della brigata Buricchi, conservata presso l’archivio CDSE:
Ai primi di giugno la formazione si riorganizzò e si ricostituì il campo base ai Faggi di Javello. Le baracche furono costruite in fila lungo il crinale, tutte verso le Banditelle, perché su quel lato c’era la macchia di faggio alta; salendo dalle Prata, appena il crinale spianeggia, c’era la cucina, poi l’infermeria, l’armeria e le baracche del dormitorio, che alla fine arrivarono a cinque per contenerci tutti e l’ultima addirittura a due piani, proprio di faccia al Faggio della Madonna.”

Scheda compilata a cura della Fondazione CDSE e della classe III A dell’istituto comprensivo L. Bartolini di Vaiano, nell’ambito del progetto Mappe della Memoria, finanziato dalla Regione Toscana per il 70° della Resistenza.




Torricella (Vernio)

La Val Bisenzio fu investita in pieno dal passaggio del fronte: i continui bombardamenti alleati che colpirono Vernio dalla primavera-estate del 1944 devastarono la linea ferroviaria Direttissima, la stazione e l’imbocco della Grande Galleria dell’Appennino tra Toscana e Emilia Romagna. Momenti altrettanto drammatici furono vissuti dagli abitanti di San Quirico, fatti evacuare dalle loro case dai soldati tedeschi in ritirata. Nella confusione del momento molti si rifugiarono nella valle del Rio Meo, sistemandosi alla meglio sotto la Crocetta: così facendo si ritrovarono sotto il tiro incrociato delle artiglierie proprio nei giorni più prossimi alla Liberazione.

Quando ormai Prato era liberata da giorni, il territorio di Vernio visse infatti il suo momento di maggiore emergenza, ritrovandosi tra l’avanzata degli Alleati e le postazioni fortificate della Linea Gotica. La Linea Gotica fu l’ultima linea difensiva e fortificata della campagna d’Italia: menzionata nei documenti tedeschi come ‘Linea Verde’ (e passata alla storia come ‘Linea Gotica’ perché ricalcava, seppur in parte, la linea difensiva bizantina durante la guerra contro i Goti nel VI secolo), collegava la pianura costiera di Massa ad Ovest con quella di Rimini ad Est, seguendo all’incirca il 44° parallelo. La realizzazione dei lavori della Linea Gotica fu affidata alla Todt, organizzazione militarizzata alle dipendenze della Wermacht, che in Italia appaltava i cantieri a ditte italiane utilizzando spesso manodopera locale. Il territorio di Vernio per tutto il 1944 fu interessato da un’intensa attività di costruzione di postazioni, avamposti, trincee: i boschi ancora conservano le ferite della guerra come piazzole, bunker, nidi di mitragliatrici.

red bull divisionIntorno al 10 settembre 1944, con l’avanzata sul crinale della Calvana, iniziò l’attacco alleato al crinale tra il Mugello e la Val Bisenzio; parallelamente i tedeschi si trincerarono tra la fattoria delle Soda fino al passo della Crocetta, dove sostavano alcuni carri armati tedeschi che sistematicamente apparivano allo scoperto, sparando una serie di colpi e ritornando subito dopo al riparo. Dal 14 al 22 settembre si intensificarono gli scontri e il Poggio della Torricella divenne il feroce campo di battaglia tra i fanti della 334ª Infanterie Division tedesca e quelli della 34ª ‘Red Bull’ Division americana. Finalmente, il 23 settembre, dopo aver espugnato il caposaldo di quota 810 alla Torricella ed essere entrati a Montepiano dal valico della Crocetta, gli Alleati raggiunsero San Quirico passando dal Gallo: trovarono il paese completamente vuoto.

Dal 2003 sul luogo della cruenta battaglia è stato istituito dal Comune di Vernio, dalla Provincia di Prato, dall’Unione dei Comuni della Val di Bisenzio e dall’UNUCI, il Parco Memoriale della Torricella, un museo all’aperto raggiungibile anche a piedi tramite un sentiero della memoria che permette di raggiungere i luoghi degli scontri del settembre 1944, con fortificazioni, postazioni belliche e trincee ancora visibili.

Testimonianza orale di Remo Fiesoli, conservata presso l’archivio CDSE: “Ci avevano ordinato di radunarci tutti nella piazza di San Quirico per andare a Montepiano, ma ci fu confusione e noi si risalì il rio Meo e il fosso del Casigno. C’era tanta gente, anziani, bambini, proprio sotto la casa di Castagnolo. La notte si scatenò l’inferno. Dai poggi di Mezzana ci sparavano i tedeschi, perché pensavano che fossimo americani, da Le Soda ci sparavano gli americani perché pensavano che fossimo tedeschi e tutti picchiavano. Morirono sotto le cannonate un uomo e due donne, che si videro morire. La mattina si prese la strada della Bandiera e nel punto più scoperto si fece una corsa e ci si buttò nel rifugio di Celle.”

Visite: Parco Memoriale della Torricella
Per info e prenotazioni: comune@comune.vernio.po.it e info@lineagoticavernio.it

Scheda compilata a cura della Fondazione CDSE e delle classi III A e III B dell’istituto comprensivo Pertini di Vernio, nell’ambito del progetto Mappe della Memoria, finanziato dalla Regione Toscana per il 70° della Resistenza.




Carbonale (Vernio)

All’inizio del giugno 1944, a seguito dell’intensificarsi dei bombardamenti alleati in Val di Bisenzio, le forze nazifasciste iniziarono a dislocare alcune batterie antiaeree, ispezionando varie località del colle di Sant’Ippolito e piazzando postazioni antiaeree a Stavolaccio e Toponi, poco sopra l’abitato di Vernio.
pilota aereo americanoIl 7 giugno 1944 una formazione di 18 B-25 (12ª Air Force americana), accompagnati da 8 Spitfire inglesi, sorvolò Vernio verso le 17: appena arrivati in Val di Bisenzio la contraerea tedesca, posizionata al Pianatino e a Spazzavento nei pressi di Sant’Ippolito, colpì alla coda uno degli aerei, che si spezzò in volo. L’aereo (matricola 43-4059) cadde nei pressi della località Carbonale, nei boschi di Poggiole: nello schianto morì tutto l’equipaggio del velivolo tranne un componente, che riuscì a paracadutarsi fuori prima dell’impatto.

A 70 anni dal tragico evento l’Associazione Linea Gotica Alta val Bisenzio ha ricostruito la storia di questo abbattimento, collocando nel luogo dello schianto un monumento a ricordo dell’equipaggio e contattando negli Stati Uniti i parenti dei soldati caduti.
Verso la fine di agosto, con l’avanzare del fronte e l’imperversare della battaglia a difesa della Linea Gotica, i tedeschi iniziarono a far saltare gli imbocchi delle gallerie e i viadotti sulla ferrovia; a Mercatale di Vernio furono distrutti alcuni edifici nel borgo e i due ponti sul Bisenzio. Poggiole divenne un’importante postazione difensiva con trincee e piazzole su entrambi i versanti, quello che guarda Mercatale e quello verso San Quirico. Proprio per la sua posizione strategica, la medievale chiesa di San Michele di Poggiole, che impediva la visuale dell’Osservatorio occupato dai tedeschi sul monte di Mezzana ed era un punto di riferimento per i bombardieri angloamericani, fu fatta saltare in aria dai tedeschi insieme alle case dell’intero paese. In luogo dell’antica chiesa, tra il 1964 e il 1965, è stato costruito un Santuario dedicato a Sant’Antonio Maria Pucci.
In quella stessa terribile estate del 1944 era già iniziato da tempo anche il fenomeno dello sfollamento, che divenne sempre più coatto dal luglio, quando i tedeschi iniziarono ad affiggere manifesti nei quali si ordinava l’abbandono forzato degli insediamenti: gli abitanti di Sant’Ippolito lasciarono il paese il 30 luglio, quelli di Cavarzano il 3 agosto. Molti si nascosero nei pressi dell’Alpe di Cavarzano, ovvero nella zona de Le ‘Rocche’, dove cigli, grotte e cavità naturali furono adattati a rifugi da decine e decine di persone.

monumento carbonaleProprio la piazza antistante il santuario di Poggiole è il punto di partenza per un itinerario guidato che, con opportuna segnaletica, conduce nei luoghi dove, nel giugno del 1944, fu abbattuto l’aereo americano B-25J Mitchell e dove, tra la primavera e l’estate dello stesso anno, l’esercito tedesco posizionò numerose postazioni difensive, minando edifici e obbligando la popolazione ad abbandonare le proprie case.

Testimonianza orale di Alfio Bessi, conservata presso l’archivio della Fondazione CDSE:
Ricordo che durante i primi bombardamenti un apparecchio americano venne abbattuto dalle batterie contraeree tedesche piazzate al Pianatino a Sant’Ippolito. Ero su un poggetto sopra San Quirico e l’aereo in fiamme veniva proprio verso di me. All’improvviso si staccò il motore e un pezzo d’ala, tanto da farlo deviare contro la montagna posta a trecento metri sulla mia destra. Dopo un po’ esplose, disintegrandosi. Nel frattempo gli occupanti si erano lanciati con il paracadute: uno fu ucciso da un tedesco appena toccata terra, altre tre perirono e uno riuscì a fuggire.

Visite: trekking della memoria lungo l’itinerario verso Carbonale (luogo dello schianto del B-25J) e visita alla mostra permanente dei reperti curata dall’Associazione Linea Gotica Alta val Bisenzio.
Per info e prenotazioni: info@lineagoticavernio.it

Scheda compilata a cura della Fondazione CDSE e delle classi III A e III B dell’istituto comprensivo Pertini di Vernio, nell’ambito del progetto Mappe della Memoria, finanziato dalla Regione Toscana per il 70° della Resistenza.




Vialibera: una mappa per conoscere la Resistenza a Pisa

Inaugurato in occasione del 70° anniversario della liberazione di Pisa, il 2 settembre 2014, Vialibera è un itinerario  per i luoghi dell’antifascismo e della Resistenza a Pisa. Il progetto realizzato dal Comune e dall’ANPI provinciale di Pisa ha censito 27 luoghi per la città inerenti l’antifascismo, la resistenza e la liberazione e la ricostruzione. Sono stati apposti dei pannelli che sintetizzano le storie delle vicende e dei protagonisti di quei fatti dai quali attraverso un codice QR è possibile accedere ai contenuti speciali (documenti e immagini) sul sito www.vialibera.org.

Le tappe includono luoghi che ricordano i primi circoli antifascisti pisani in epoca fascista, la guerra con i bombardamenti alleati e gli eccidi nazisti, la reazione delle autorità e del clero per aiutare i civili a sopravvivere in città, la liberazione e la prima giunta democratica.

Alcuni itinerari consigliati

1. Itinerario breve: Per poter avere un’idea generale di cosa è stata la Resistenza a Pisa Vialibera.org consiglia un itinerario di circa 3 Km da svolgere in 1h che parte da via del Carmine (dietro corso Italia) e giunge nei pressi della Torre. Strade tipicamente percorse dai turisti che però potranno essere lette con uno sguardo nuovo. Si partirà col racconto delle prime riunioni clandestine che hanno alimentato il pensiero antifascista fino a giungere in Piazza dell’Arcivescovado, dietro la Torre, luogo simbolo della Liberazione.

Altri itinerari sono stati realizzati, sulla base dei pannelli di Vialibera anche dall’associazione MemorySharing e dal CISE, Centro interdipartimentale di studi ebraici dell’Università di Pisa.

Itinerario 1: Ebrei tra fascismo e antifascismo a Pisa (1921-1943)

L’itinerario intende presentare la storia di Pisa e degli ebrei pisani tra fascismo e antifascismo. Il percorso prenderà avvio da una parte dal racconto delle violenze squadriste degli anni ’20 e della nascita e l’avvento al potere del fascismo e d’altra parte dalle prime esperienze antifasciste, con l’organizzazione di una embrionale organizzazione pisana, come per esempio il movimento unitario nato nelle carceri di San Matteo (pannello 1). Si passerà poi a trattare la politica antiebraica e le conseguenze che questa provocò sul territorio (pannelli 4 e 9). Il percorso proseguirà poi con l’analisi dell’atteggiamento della Chiesa pisana di fronte al fascismo (pannello 5) e la costituzione di altri gruppi antifascisti (pannello 3). Il percorso si chiuderà con l’analisi dell’entrata in guerra dell’Italia e degli effetti dei primi due anni e mezzo di guerra sulla città, fino alla caduta del fascismo (pannello 10).

Itinerario 2: Ebrei, guerra e resistenza a Pisa (1943-1945)

L’itinerario intende presentare la realtà della guerra totale a Pisa. Saranno analizzate le reazioni alla caduta del fascismo (pannello 10) e alla firma dell’armistizio (pannello 13), la politica del massacro messa in atto dagli occupanti tedeschi e dai fascisti repubblicani contro la popolazione civile e contro gli ebrei, come Pardo Roques (pannelli 21 e 11), le attività delle formazioni partigiane (pannello 20), e delle donne come Livia Gereschi o Licia Rosati (pannello 23) fino alla liberazione della città da parte degli Alleati (pannello 25).




Sentieri della libertà e delle resistenze a Cascina

I Sentieri della Libertà e delle Resistenze nascono dalla collaborazione fra il Comune di Cascina, l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Lucca (ISREC) e l’Istituto di Istruzione Superiore “Antonio Pesenti” di Cascina, con la finalità di individuare i protagonisti e le esperienze che sul territorio comunale hanno alimentato l’antifascismo e la resistenza, fatto i conti con il dramma della guerra e contribuito alla costruzione della democrazia repubblicana.

Il progetto ha mappato sedici luoghi su tutto il territorio comunale. Il percorso prende avvio da Piazza Martiri della Libertà, luogo simbolico di concentramento di monumenti che ricordano i protagonisti delle diverse fasi del lungo processo di acquisizione della libertà. I Sentieri si snodano attraverso i luoghi in cui vennero uccisi gli antifascisti cascinesi, come Comasco Comaschi, e proseguono attraverso quei siti che testimoniano il passaggio della guerra e la presenza degli eserciti stranieri: quelli in cui i soldati nazisti perpetrarono stragi civili, come quella di San Benedetto del 13-14 luglio 1944 quando furono uccisi 4 civili sospettati di sabotaggio, oppure i luoghi simbolo delle distruzioni provocate dai bombardamenti Alleati e tedeschi. Il 5 luglio 1944 per esempio aerei Alleati sorvolano a bassa quota la campagna e sganciano le bombe sul centro cittadino: il fumo si alza tra il campanile e la torre dell’orologio, la zona di via XX Settembre viene distrutta e rasa al suolo.Tra le macerie si contano 45 morti.

Le località mappate ricordano inoltre coloro che combatterono e perirono per la libertà: partigiani come Rodolfo Berretta e Nevilio Casarosa, fino al primo sindaco della liberazione, Ideale Guelfi, prima esule antifascista in Francia, poi volontario repubblicano in Spagna e infine partigiano nel movimento resistenziale toscano.

I pannelli situati sul territorio rinviano inoltre a pagine dedicate sui siti del Comune di Cascina e dell’ISREC Lucca, dove si può leggere un testo di approfondimento e possono essere visualizzati foto e documenti dell’epoca.




L’ospedale di via Giusti

Ferito nel corso della cattura, Bruno Fanciullacci, esponente di primo piano dei GAP fiorentini, è in cura dal professor Aldo Greco nell’Ospedale di via Giusti: le sue condizioni migliorano notevolmente, nonostante lui stesso si allarghi le ferite. I fascisti della banda Carità ne chiedono ogni giorno le condizioni, dichiarando di volersene occupare personalmente e di volerlo portare a Villa Triste.
I GAP decidono di liberarlo. Molte sono le motivazioni che potrebbero farli desistere dall’impresa: in primo luogo il compagno è ferito, costantemente sorvegliato, ed è necessaria una macchina per il trasporto; in secondo luogo il posto non si presta ad un’azione irruenta; in ultimo, ma non meno pericoloso, l’abitazione di Carità è situata proprio in via Giusti e sorvegliata giorno e notte da fascisti e militi in borghese.
Elio Chianesi, detto il Babbo, organizza la liberazione di Fanciullacci.

Il primo tentativo viene compiuto il 4 maggio. Luciano Suisola, detto Topino, Pilade Bani ed Umberto Mazzoli, detto Rigore, gironzolano nella zona. Topino, percorrendo in bici Borgo Pinti, viene fermato dagli uomini di Carità: la pistola non viene scoperta. I compagni, però, credendolo in pericolo, si avvicinano: cominciano a sparare, uccidendo uno dei fascisti, ma l’altro rimane ferito e riconosce il Bani. Pochi giorni dopo viene arrestato Rigore che ammette di conoscere il Bani, premurandosi di farlo avvertire perché scappasse dalla città. L’avvertimento però non giunge in tempo e il Bani viene arrestato dalla polizia fascista, condotto a Villa Triste e inviato in un campo di concentramento nazista, non facendone più ritorno.

Il secondo tentativo è dell’8 maggio. Giuliano Gattai presta la sua automobile, una Topolino, ai GAP e diventa loro compagno.
Alle sei di pomeriggio arrivano in via Giusti sulla Topilino Giuliano Gattai alla guida, Giuseppe Martini fasciato e macchiato di sangue di coniglio ed Elio Chianesi in funzione di aiuto del finto ferito. In bicicletta li seguono Luciano Suisola, Italo Menicalli e Aldo Fagioli. Chianesi e Martini salgono le scale del pronto soccorso, per le quali si accede anche alle corsie. Con l’aiuto di una crocerossina, mentre Topino e Menicalli bloccano ogni tentativo di fuga o di richiesta di aiuto dal centralino telefonico, Chianesi e Martini raggiungono la corsia di Fanciullacci e uccidono il milite posto alla sua guardia. Avvolgendo Fanciullacci in un impermeabile, lo portano giù per le scale e infine nella macchina che va via velocemente. Topino e Menicalli, subito dopo, lasciano la portineria, non sospettati dal piantone sul cancello.