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Fondazione Luciano Bianciardi

Sede e contatti
Via De Petris, 32/34 – 58100, Grosseto
Tel. 0564 412732
E-mail: info@fondazionebianciardi.it
Sito web: http://www.fondazionebianciardi.it/

Organi direttivi
Consiglio d’amministrazione: Massimiliano Marcucci, Roberta Giorgi, Luciana Bianciardi, Cristina Citerni, Tiberio Gazzei, Fabrizio Guasconi, Rossano Marzocchi, Paola Mauri, Paola Vaselli
Comitato scientifico: Lucia Matergi, David La Mantia, Laura Ciampini, Sacha Naspini , Stefano Adami, Luciana Bianciardi, Arnaldo Bruni, Fabio Canessa, Giuseppe Corlito, Massimiliano Marcucci, Giuseppe Orfino
Collegio dei sindaci revisori: Marianna Festeggiato, Lucio Moroni

Breve storia, finalità e patrimonio
La Biblioteca e l’Archivio sono frutto di un’opera di costruzione progressiva. Soprattutto per la parte relativa alle carte di Luciano Bianciardi, il compito procede lentamente, perché la sofferta biografia dello scrittore ha portato alla dispersione dei materiali che vanno ora rintracciati uno ad uno.
Attualmente, per la sezione bianciardiana, sono stati raccolti carteggi, foto ed altro materiale per circa 250 documenti, il cui lavoro di ricerca e di raccolta ha fino ad ora costretto al rinvio di quello di schedatura.
Particolarmente importante, in tale condizione, risulta la collaborazione degli amici di Bianciardi o dei loro familiari e la Fondazione fa appello a quanti, non ancora contattati, possano fornire documentazione o indizi, testimonianze.
Accanto al lavoro di raccolta delle carte di Luciano Bianciardi, è stata avviata la costruzione di una biblioteca specializzata, primo passo necessario per fare della Fondazione, com’è del resto nei suoi intenti programmatici, il centro più attrezzato, per studiare al meglio lo scrittore grossetano.
Ad oggi il catalogo contiene 1200 schede bibliografiche, relative soprattutto ad opere di e su Bianciardi, sue traduzioni e testi in originale, antologie a cui ha collaborato, opere in cui è citato come personaggio, estratti vari.
Le opere in periodici (in prevalenza ritagli e fotocopie) sono, invece, oltre ottocento quelle di Bianciardi e circa millecento quelle su Bianciardi.
Sono state poi raccolte, grazie anche allo specifico Premio bandito per la prima volta nel 1997, 24 tesi di laurea su Luciano Bianciardi, provenienti da ogni parte d’Italia. Sono poi conservate nella Biblioteca della Fondazione anche tesi sulla letteratura italiana del Novecento e sulla storia locale.
Un’altra importante serie di volumi è quella sulla storia locale del Novecento, che permette di far luce, in particolare, sui decenni in cui Bianciardi si è formato ed ha operato. A questo scopo, risultano utilissimi anche i fondi di due intellettuali grossetani: Tullio Mazzoncini e Mario Terrosi. Il primo, donato in fotocopia dalla figlia Marta, è costituito da una serie di articoli, usciti per lo più su “La Nazione”, che coprono un periodo che va dal 1961 al 1977. Il secondo, fatto gentilmente fotocopiare da Terrosi, comprende i materiali più svariati (ritagli di giornale, fotografie, disegni, annunci pubblicitari, ecc.), riguardanti tutto il suo percorso culturale.
Non mancano, poi, raccolte di testi che documentano, in qualche modo, gli interessi, le attività e i percorsi di ricerca della Fondazione: le più significative, anche perché continuamente aggiornate, sono quelle sulle tematiche dell’istruzione e dell’aggiornamento degli insegnanti e quella sui fenomeni della globalizzazione, della crisi dello Stato nazionale e della trasformazione del sapere.
Il settore della biblioteca che, in quest’ultimo periodo, ha conosciuto l’incremento più consistente è quello legato alla costruzione del Fondo Autori Contemporanei, curato da Giovanna Leoni e Tiziana De Rosa. Grazie al diretto coinvolgimento di poeti e scrittori contemporanei, si è già potuto acquisire una discreta quantità di materiali, anche qualitativamente rilevanti. Gli autori hanno collaborato al progetto inviando materiale edito, anche di difficile reperibilità (edizioni esaurite, edizioni d’arte, plaquettes), materiale inedito e una notevole quantità di articoli, recensioni, saggi, note critiche sia di loro stessi che di altri autori sulla loro opera. Molto consistente l’area dedicata alla poesia contemporanea, con particolare riguardo alla poesia italiana; interessanti le sezioni di letteratura al femminile, di produzione dialettale e di narrativa.
Di più recente costituzione è il “Fondo Riviste Contemporanee”, che raccoglie le riviste di cultura inviate alla Fondazione.
Nell’Archivio sonoro risultano disponibili alcuni filmati di repertorio, della RAI e della Televisione Svizzera Italiana, con e su Bianciardi, nonché programmi radiofonici e servizi più recenti sullo scrittore e sulle varie iniziative che lo riguardano. Vi si trovano, poi, le registrazioni che documentano le varie attività della Fondazione nel corso del tempo (convegni, presentazioni, seminari, ecc.) e una serie di testimonianze orali raccolte prevalentemente tra gli amici e i conoscenti del Bianciardi del periodo grossetano: 27 interviste in tutto, di cui 12 in video.




Archivio di Stato di Grosseto

Sede e contatti
Piazza Ettore Socci, 3 – 58100 Grosseto
Tel. 0564-24576; 421947
Fax 0564-418158
E-mail: as-gr@beniculturali.it / mbac-as-gr@mailcert.beniculturali.it
Sito web: http://www.asgrosseto.beniculturali.it/
Orario: Lunedì – Giovedì: 8,00 – 18,00; Martedì – Mercoledì e Venerdì: 8,00 – 14,00; Sabato: 8,00 – 13,45

Organi direttivi
Direttore: Angelo Allegrini

Breve storia
L’Archivio di Stato di Grosseto nacque come sezione dell’Archivio di Stato di Siena nel 1958, stabilendo la sua sede provvisoria in Via Damiano Chiesa n° 53 in un edificio dell’Amministrazione provinciale di Grosseto. Sotto la direzione di Vittorio Petroni fu avviata la ricerca delle fonti storiche per costituire il primo nucleo del nascente Istituto, operazione che si rivelò particolarmente difficile a causa della dispersione e degli ingenti danni subiti dal patrimonio archivistico grossetano con i bombardamenti alleati sulla città durante la seconda guerra mondiale e con la rovinosa alluvione del fiume Ombrone del 2 novembre 1944. L’Istituto acquisì la propria autonomia giuridica con D.P.R. n° 1409 del 30 settembre 1963, in conformità con la normativa che stabiliva la creazione di un Archivio di Stato in ogni capoluogo di Provincia.

Patrimonio
Il patrimonio storico dell’Archivio di Stato di Grosseto è costituito da circa 50.000 unità, e copre un arco cronologico che va dalla metà del secolo XVIII sino alla metà del XX. Documenti e serie più antichi che risalgono alla fine del XV secolo, si possono trovare in alcuni fondi archivistici come gli Estimi (Libri della Lira), le Magistrature giudiziarie ed i Comuni. Nell’Istituto sono conservate anche 14 pergamene, 12 di queste, riguardano il territorio di Civitella-Paganico (anni 1335-1520). Le altre 2 pergamene sono state rintracciate nel fondo Tribunale di Grosseto (anni 1785, 1797). Tale patrimonio è articolato in fondi, l’insieme, cioè, delle carte politiche, amministrative e giudiziarie a noi pervenute dal Granducato di Toscana, dagli uffici provinciali statali e da enti pubblici legati al territorio, a cui si aggiungono alcuni archivi privati.
L’insieme dei complessi documentari conservati nell’Archivio di Stato di Grosseto sono consultabili in loco per mezzo degli strumenti di ricerca tradizionali come inventari ed elenchi, oppure in rete, attraverso il Sistema informativo degli Archivi di Stato in cui sono stati inseriti i dati descrittivi del materiale.




Itinerario della memoria: in bicicletta a Campospillo (Magliano in Toscana)

Subito dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, gli antifascisti grossetani fondarono il Comitato militare provinciale, organismo deputato al coordinamento della prima attività partigiana in provincia e vero precursore del Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale. Il Comitato fu smantellato dalla Guardia Nazionale Repubblicana nel rastrellamento del 26 novembre 1943 condotto presso la tenuta di Campospillo a Magliano, di proprietà della famiglia Mazzoncini.

A Campospillo furono catturati Tullio Mazzoncini e Giuseppe Scopetani. Affidati al Tribunale speciale, furono trasferiti, insieme ad Albo Bellucci – arrestato a Paganico – nelle carceri di Siena e poi in quelle di Parma. All’inizio del 1944 per i tre antifascisti si aprirono le porte del lager di Mauthausen. Solo Mazzoncini sopravvisse a quella terribile esperienza. Gli altri due morirono a Gusen.

In memoria dei compagni deportati Tullio Mazzoncini fece scolpire a Tolomeo Facendi un bassorilievo in gesso, che dal 2008, donato dalla famiglia, è esposto nell’atrio del Comune di Grosseto. Nella tenuta di Campospillo, oggi Azienda agricola e agriturismo, è conservato il calco in bronzo del bassorilievo.

Per le celebrazioni del 71° anniversario della Liberazione di Grosseto, l’Isgrec e la FIAB hanno elaborato un itinerario della memoria verso Campospillo, che sarà percorso per la prima volta il 14 giugno 2015. Siamo nel cuore della Maremma Toscana; l’itinerario si snoda tra strade consortili e a basso traffico attraversando vigneti e oliveti secolari attorno al Borgo medievale di Magliano in Toscana, fino a Campospillo.

 




Itinerario della memoria: in bicicletta a Ponte del Ricci

FIAB-Grossetociclabile in collaborazione con ISGREC, ANPI e Circolo ARCI ‘Associazione Festival Resistente’, ha promosso per il 26 aprile 2015 una giornata dedicata alla memoria della strage di Ponte del Ricci (17 Giugno 1944) nel comune di Roccastrada, che vide la tragica morte di quattro giovani partigiani. L’Itinerario della Memoria, con partenza da Sticciano Scalo, ha ripercorso le strade che in quei giorni erano percorse dalle staffette partigiane e dai convogli dell’esercito tedesco in ritirata, fino all’arrivo a Ponte del Ricci, luogo della strage.




La mostra “Stragi nazifasciste nella provincia di Grosseto”

MOSTRA STRAGI2“Stragi nazifasciste nella provincia di Grosseto” è una mostra allestita dal 2002 nella Biblioteca “Francesco Chioccon” dell’Isgrec; trae la sua origine dal progetto “Per salvare la memoria delle stragi nazifasciste in Italia”, che la Regione Toscana dal 1999 ha promosso, coinvolgendo tutte le province toscane.

Allestita in un momento in cui si era – lo si è ancora, per la verità, anche se la ricerca, almeno nel grossetano è andata avanti – ancora lontani da una visione d’insieme, ma anche da una conoscenza puntuale degli episodi, rimane tuttavia l’utilità dell’aver estratto dalla documentazione rintracciata qualche traccia degli eventi occorsi nella provincia di Grosseto nel periodo compreso tra il settembre 1943 e il giugno 1944, traccia che potrà essere utile a una interpretazione d’insieme, a una comparazione tra casi.

La memoria pubblica nel tempo ha consolidato il ricordo e la conoscenza degli episodi che sono apparsi i più tragici, per il numero delle vittime o le modalità dell’uccisione, e che hanno ricevuto una sanzione giuridica con un processo – così è stato per le vittime della Niccioleta e soprattutto per i Martiri d’Istia; non hanno invece trasmesso memoria, documentazione o immagini molti degli episodi “minori”. La cronologia ricostruita, infatti, documenta con sicurezza le stragi (uccisione di almeno 5 persone, secondo la definizione accolta da Enzo Collotti e Tristano Matta) ma riteniamo che sia incompleta per gli episodi di eccidio (uccisione da 2 a 4 persone) e per le uccisioni di singole persone.

Il contesto è quello di una guerra civile ma i lutti di cui si tratta nel grossetano non sono il prodotto degli scontri militari tra quanti avevano scelto di – o erano costretti a – combattere, piuttosto l’esito di un uso della violenza sulle popolazioni civili che ha caratterizzato qui e altrove la strategia complessiva delle forze militari tedesche, con la complicità e in qualche caso la diretta iniziativa delle autorità fasciste italiane.

La cronologia dall’ottobre 1943 al giugno 1944  evidenzia una crescita di intensità delle uccisioni di civili nella fase che precedette e accompagnò la ritirata delle forze militari tedesche. Quella che fu “pratica sistematica di un sistema di ordini” (Portelli), non esclude le responsabilità individuali, anche se “si inventò allora una parola nuova, befehlnotstand (impossibilità di disobbedire). Ormai sappiamo da diverso tempo che tale befehlnotstandnon è mai esistito” (Klinkhammer).MOSTRA STRAGI

Furono misure punitive, rappresaglie, azioni terroristiche per scoraggiare l’appoggio delle popolazioni ai partigiani. Un modo per spezzare l’apporto della Resistenza civile alla resistenza armata. La fenomenologia delle stragi, una volta compiutamente ricostruita, nel contesto di uno stillicidio di episodi in cui la “macchina della morte” colpisce uomini inermi di cui talvolta non è rimasto neanche il nome, ci restituirà un quadro accettabilmente chiaro, pur nella difficoltà di reperire documenti ed accertare l’attendibilità delle testimonianze.

La mostra si compone di 10 pannelli, divisi in sezioni tematiche: introduzione, il contesto storico, le stragi, la memoria, la giustizia.

Ricerca archivistica: Leonardo Mineo

Ricerca bibliografica: Antonio R. D’Agnelli

Ricerca storica e testi: Luciana Rocchi

Collaborazioni: Barbara Solari, Mirko Bonari, Nicla Capitini Maccabruni, Franco Dominici, Carlo Groppi

Fonti archivistiche da: Fondo CPLN, fondo CLN Manciano, fondo ANPI (Archivio ISGREC); Fondo CLN Massa Marittima (Archivio storico Comune di Massa Marittima); Archivio storico Comune di Roccalbegna; Archivio di Stato di Grosseto, Archivio Banchi, Archivio privato Groppi




Mostra sulla Resistenza a Massa M.ma e sulla strage di Niccioleta

C000022La sala consiliare del Comune di Massa Marittima, intitolata a Norma Parenti, ha sempre conservato alcuni ingrandimenti di foto tratte dall’archivio fotografico Banchi, che documentano la Resistenza massetana. Dal giugno 2006 lì è stata allestita una mostra permanente, che utilizza alcune delle immagini del fondo Banchi, ma contiene anche una ricostruzione storica degli eventi resistenziali e, separatamente, della strage nazifascista della Niccioleta.

Le schede storiche sono state elaborate utilizzando fonti archivistiche e testimonianze orali, accanto a più recenti contributi storiografici relativi alla strage dei minatori di Niccioleta.

La mostra si compone di 5 pannelli sulla Resistenza massetana e 5 pannelli sulla strage della Niccioleta. La cura della mostra e la ricerca storico-archivistica sono di Luciana Rocchi e Barbara Solari, che hanno utilizzato foto provenienti dall’archivio fotografico Corrado Banchi di Massa Marittima e immagini tratte da un Combat film del National Archives Washington, nonché documenti e manifesti conservati nell’Archivio di stato di Grosseto, nell’Archivio storico del Comune di Massa Marittima e nell’Archivio ISGREC. Il progetto grafico è stato curato da Francesco Canuti.

I 5 pannelli sulla Resistenza a Massa Marittima intendono disegnare un quadro d’insieme del contesto in cui maturò e si sviluppò la lotta partigiana in questo territorio, lotta che ebbe caratteristiche peculiari in termini di vivacità e coinvolgimento di tutte le componenti sociali. Il percorso delineato dai pannelli vuole innanzitutto rendere conto dello straordinario sostegno della Resistenza civile alla Resistenza armata: il cibo e la protezione offerti dai contadini, i collegamenti assicurati dalle staffette, la solidarietà dei minatori, la complicità del clero, la disobbedienza della magistratura.

La mostra non trascura di delineare il contesto storico in cui maturò e si sviluppò la scelta di molti di prendere parte alla lotta armata contro i nazifascisti fin dalla proclamazione della RSI e dalla pubblicazione di “avvisi agli sbandati”, circolari, telegrammi ai podestà dei comuni annunciavano “l’inesorabile” per i disobbedienti e severe punizioni alle famiglie. Trovano spazio in questo contesto sia il famoso bando firmato da Almirante nel maggio del 1944 (ritrovato peraltro proprio nell’archivio del Comune di Massa Marittima), che annunciava la condanna a morte per renitenti alla leva e disertori, sia le disposizioni del comando militare tedesco, tese ad annientare le bande, che impedivano il controllo del territorio.

Ampio spazio è dato poi al contributo delle azioni militari dei partigiani massetani, compreso l’episodio più tragico e controverso, la “battaglia del Frassine”, il 16 febbraio del 1944 (l’epilogo di un rastrellamento condotto con grande dispiegamento di forze, sollecitato da una spia fascista), che portò alla perdita di 5 vite umane – Silvano Benedici, Pio Fidanzi, Otello Gattoli, Salvatore Mancuso, Remo Meoni – ma anche ad aspre polemiche sulla conduzione delle azioni militari da parte del comandante Chirici.

caduti_massa_mmaSono ricordate, oltre alle cinque vittime del Frassine, altri caduti della resistenza militare e civile: il tenente Alfredo Gallistru ed Elvezio Cerboni (entrambi medaglia d’argento al v.m.); la staffetta partigiana Norma Parenti, trucidata il 22 giugno 1944; i due sacerdoti Don Angelo Biondi e Don Ugo Salti, che si schierarono apertamente contro i nazifascisti.

In un pannello che ricorda le molte azioni dei partigiani massetani sono state inserite anche immagini di un Combat film girato dagli operatori americani (conservato nell’archivio ISGREC), che documentano il cammino della banda del Chirici verso Massa Marittima.

Anche i 5 pannelli sulla vicenda di Niccioleta intendono mettere a fuoco il contesto e le peculiarità di questa strage di civili, una delle più feroci compiute dai nazifascisti lungo la linea della ritirata dell’esercito tedesco, tale da configurare uno degli esempi più lampanti della strategia del comando supremo tedesco, tesa a scoraggiare, mediante la violenza, l’appoggio della popolazione ai partigiani. Molti degli 83 minatori uccisi da forze fasciste e reparti germanici (Wehrmacht o SS)  figuravano negli elenchi dei turni di guardia, decisi dagli stessi minatori per difendere gli impianti dalla furia devastatrice dei nazifascisti.

Non è stata provata nessuna correlazione con uccisioni di soldati tedeschi da parte di partigiani, tale da configurare l’ipotesi di una rappresaglia.

donne_niccioletaGrande spazio viene dato nei pannelli sia alla ricostruzione storica degli avvenimenti, sia al radicamento nella memoria collettiva di questo episodio, dalle prime commemorazioni nel 1945, ai monumenti e lapidi sparse in tutto il territorio, dalle prime ricostruzioni di Zannerini nel 1945 a quelle di Bianciardi e Cassola, fino ad arrivare alla ricostruzione del Prof. Paolo Pezzino.

Indirizzo: Sala Consiliare “Norma Parenti”, via Perenti 69, Massa M.Ma

Orari: Apertura su prenotazione, solo per gruppi

Ingresso: gratuito

Contatti: Biblioteca di Massa M.ma, tel. 0566 902078 / 902089




Il seminario di Roccatederighi e la lapide che ricorda l’internamento degli ebrei

seminario-roccatederighiLa sede estiva del  seminario vescovile di Grosseto non è mai stato considerato luogo della memoria dell’ex campo di concentramento per ebrei di Roccatederighi. E’ una villa staccata dal paese, circondata da un parco, in mezzo al verde. Non è stato facile raccogliere qualche testimonianza tra i rocchigiani, che hanno nel tempo dimenticato (rimosso?) la vicenda degli ebrei. Qual che si sa del rapporto tra il paese e il campo è che gli ebrei talvolta accompagnavano i militi nelle loro uscite, che uno dei grossetani trovò una fidanzata, poi diventata sua moglie, proprio grazie alle uscite dal campo. Sappiamo anche che il parroco e altri, alla fine della vita del campo, custodirono bauli e oggetti ricevuti in deposito dagli internati, che le ricerche successive di parenti, attraverso le organizzazioni di aiuto, in particolare la DELASEM, consentirono di restituire. La fine del campo coincise con un momento difficile, di scontro finale tra fascisti e antifascisti. Ci fu l’uccisione di alcuni uomini, proprio nelle vicinanze del seminario, durante uno scontro armato; forse anche questo episodio a lungo controverso nella ricostruzione ha contribuito  mettere a tacere ricordi e narrazioni, che chiamano in causa il momento di apertura dei cancelli del campo e la fuga di perseguitati e persecutori.

Nel tempo il vecchio edificio è stato affiancato da una costruzione, voluta dal vescovo  Galeazzi (lo stesso dell’epoca del campo) per ospitare attività di formazione e soggiorni estivi. Tutto il complesso però era da tempo in stato di abbandono, quando sono iniziati lavori di ristrutturazione per la realizzazione di un progetto di carattere sociale. Non vi era dunque traccia della memoria del campo, fino a quando l’ISGREC ha proposto alla Curia e alle istituzioni (Provincia di Grosseto, Comune di Roccastrada) di porre lì una lapide. Questo è avvenuto nel 2010, con la partecipazione della Comunità ebraica di Livorno. Da allora le visite si sono di molto accresciute e si è moltiplicato l’interesse verso questa triste pagina della nostra storia.

 lapide_roccatederighi

Il testo della lapide:

IN QUESTO LUOGO, PARZIALMENTE TRASFORMATO IN CAMPO DI CONCENTRAMENTO, TRA IL 28 NOVEMBRE 1943 E IL 9 GIUGNO 1944 FURONO RINCHIUSI NUMEROSI EBREI, VITTIME DELLA PERSECUZIONE RAZZIALE VOLUTA DAL FASCISMO.

38 DI LORO –  UOMINI, DONNE E BAMBINI, 29 STRANIERI E 9 ITALIANI – FURONO DEPORTATI NEI CAMPI DI STERMINIO DEL III REICH, DA DOVE QUASI NESSUNO TORNÒ.

LA MEMORIA DI QUEL DOLORE NON PUÒ RISARCIRE, MA RIMANE COME DOVERE E ESPRESSIONE DI FERMA VOLONTÀ DI OPERARE PERCHÉ CIÒ CHE È ACCADUTO NON DEBBA MAI PIÙ RIPETERSI.

ISTITUTO STORICO GROSSETANO  DELLA RESISTENZA E DELL’ETA’ CONTEMPORANEA

DIOCESI DI GROSSETO

COMUNITÀ EBRAICA DI LIVORNO

COMUNE DI ROCCASTRADA

PROVINCIA DI GROSSETO

COMUNE DI GROSSETO

27 Gennaio 2008 – Giornata della memoria




Mostra sulle persecuzioni antiebraiche in provincia di Grosseto

Dal 1995, sulla sollecitazione di una grande mostra, che l’ISGREC espose a Grosseto nel 1995, opera di grande valore storico per la comprensione del razzismo fascista, ci si interrogò su quello che era accaduto nel territorio grossetano tra 1938 e 1944. Emersero subito alcuni dati, che dettero inizio al recupero di una memoria rimossa, quella delle persecuzioni antiebraiche, che ebbero il loro acme tra novembre 1943 e giugno 1944 e si conclusero con la deportazione ad Auschwitz di un gruppo di ebrei. Così accanto ai pannelli della “Menzogna della razza” furono esposti quelli di una piccola mostra, modesta nella forma espositiva, ma tale da suscitare il desiderio di andare ancora avanti e sommare a quelle prime informazioni dati più corposi e una ricostruzione più solida.  Le tappe del lungo percorso di ricerca sono testimoniate da una mostra e da una uscita dal locale, attraverso la partecipazione al gruppo di ricerca coordinato dallo storico Enzo Collotti, conclusosi con la pubblicazione dei due volumi, a sua cura, Ebrei in Toscana 1943-1945. Persecuzione, depredazione deportazione (Carocci, Roma 2007), in cui il saggio di Luciana Rocchi Ebrei nella Toscana meridionale delinea nei suoi tratti complessivi il carattere degli eventi che collocarono Grosseto tra le province in cui fu allestito un campo di concentramento per ebrei. Successivo, per la singolarità della fenomenologia del rapporto tra fascismo locale ed ebrei, un interesse di RAInews24 da cui nacque il documentario Roccatederighi campo di concentramento, con la regia di Vera Paggi e la consulenza storica di Luciana Rocchi. Nel frattempo, risale al 2002 l’allestimento di una mostra permanente, grazie al reperimento di nuovi documenti e al sostegno offerto dalla legge regionale toscana “Per salvare la memoria delle stragi nazifasciste in Toscana”. Da allora e fino al 2012 tutto il materiale, mostra e cataloghi, è stato esposto nella Stanza della memoria-biblioteca dell’ISGREC. Ora, per una scelta di valorizzazione di luoghi  della memoria, è stato trasferito a Roccatederighi, nella sede del Centro civico. Dieci pannelli descrivono le fasi della “persecuzione delle vite a Grosseto”, dalla Carta di Verona, all’ordine di polizia n. 5 al calvario che condusse  38 persone – questo è il numero che si è indicato, sulla base delle verifiche fatte – alla deportazione nei lager del III Reich. La mostra contiene documenti estratti da archivi grossetani – fondi Questura, Prefettura e Comune di Grosseto, depositati nell’Archivio di Stato, Archivio storico della Curia Vescovile –e dall’Archivio Centrale dello Stato. Un documento straordinario, di cui non abbiamo avuto l’originale, ma che abbiamo trovato riprodotto in una piccola, generica  pubblicazione locale, è il diario di un internato speciale, Azeglio Servi, facente funzione di rabbino a Pitigliano al momento degli arresti, che annota nel suo libro di preghiere i nomi e le date degli internati a Roccatederighi che partono, in due convogli, per Fossoli di Carpi e per Scipione di Salsomaggiore rispettivamente nei due convogli che condurranno quasi tutti i trasportati verso i lager. L’ultima pagina è una breve, toccante cronaca del momento della liberazione degli ultimi internati, nel giugno del crollo del fascismo repubblicano a Grosseto e dell’odissea della sua famiglia, che si ricompone, dopo il periodo delle peregrinazioni. Tra i suoi figli, alcuni erano nel campo con i genitori, altri si erano uniti alle bande partigiane della zona di Pitigliano, sottraendosi all’internamento e condividendo i rischi della fuga e dello schieramento antifascista, anche grazie all’aiuto di quanti, nelle campagne dei dintorni, hanno guadagnato con il coraggio di allora un posto tra i “Giusti delle nazioni”. Gli alberi che li ricordano nel giardino dello Yad Vashem, a Gerusalemme.,  sono stati piantati nel coro degli ultimi anni, anche grazie al recupero della memoria di quei fatti a Pitigliano, voluto con grande determinazione da Elena Servi, fondatrice dell’Associazione “La piccola Gerusalemme”, all’epoca bambina in fuga nella campagne insieme alla famiglia. Ma il lavoro di ricerca, la produzione culturale e la divulgazione didattica – visite guidate alla mostra, visite guidate a Roccatederighi, convegni e corsi di aggiornamenti per insegnanti – che è stato uno dei maggiori impegni dell’ISGREC nel corso di questi quasi venti anni, hanno contribuito a sottrarre all’oblio una pagina di storia che non deve essere dimenticata.