L’itinerario dei luoghi della memoria a Prato

I bombardamenti, le macerie, le deportazioni e la sofferenza di una popolazione. Questa è Prato durante la guerra e l’occupazione nazifascista. Una città che soprattutto nell’anno che precede la liberazione si vede stretta tra due paure: i bombardamenti alleati incombenti e i rastrellamenti ad opera delle forze naziste di occupazione, soprattutto dopo lo sciopero generale del marzo del 1944. L’idea di questo percorso è di guidare il visitatore alla scoperta dei luoghi della memoria che maggiormente hanno caratterizzato il periodo descritto. In un viaggio che possa portare sia alla conoscenza che al ricordo di persone che diedero la vita per la libertà e che non meritano di essere menzionate solo durante anniversari e commemorazioni.

Percorso

  • Percorso: Piazza Santa Maria delle Carceri, Prato (Castello dell’Imperatore) – Piazza del Comune, Prato (Lapide ai caduti nei campi di concentramento) – Via Galcianese 17/2, Prato (Cripta dei deportati) – Via di Cantagallo 250, Prato (Museo della Deportazione e Resistenza) – Via 29 Martiri, Prato (Monumento ai 29 martiri di Figline)
  • Distanza: 7,4 km
  • Dislivello: pianeggiante (+ 61 m – 9 m)

 

Il nostro percorso inizia da Piazza Santa Maria delle Carceri. Siamo nel pieno centro di Prato, e qui ci troveremo davanti al Castello dell’Imperatore. Chiamato anche Fortezza di S. Barbara o Castello Svevo, la sua costruzione fu iniziata nel 1248 per volere dell’imperatore Federico II di Svevia, nell’ambito di un progetto finalizzato a porre sotto controllo militare le principali vie di comunicazioni che dal sud del paese portavano in Germania. Eppure, quella che può essere considerata come la più importante testimonianza architettonica del XIII° secolo presente nella città di Prato, è invece ricordata per l’eccidio che ne porta il nome, riconducibile alle esecuzioni subite dai fascisti locali da parte di una popolazione travolta dalla rabbia nelle ore seguenti alla liberazione. Spostandoci di qualche centinaio di metri arriveremo a Piazza del Comune dove potremmo osservare la Lapide ai caduti nei campi di concentramento. Da qui ci spostiamo verso il cimitero della Misericordia, in via Galcianese, dove è doveroso andare a commemorare la cripta dei deportati. Inaugurata nel 1948, la cripta si trova nel sottosuolo del cimitero, ponendo di fronte al visitatore tutte le vittime dei campi di concentramento, in un’atmosfera di assoluta sacralità. Per raggiungerla bisogna entrare dal secondo ingresso del cimitero, qui c’è una porta a vetri che conduce a delle scale, la cripta è a metà della galleria di Santa Caterina. Se questa porta fosse chiusa è possibile accedere alla cripta entrando dal primo ingresso e scendendo le scale che si trovano sulla sinistra, si percorre tutta la galleria La Pira e poi a destra lungo la galleria Santa Caterina.

Una volta usciti dal cimitero doverosa è una visita al Museo della Deportazione e Resistenza pratese.

Fondato nel 2002, alla presenza del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, grazie al lavoro dell’ANED, e dell’allora suo Presidente Roberto Castellani, e al Comune di Prato. È una delle poche strutture museali in Italia a essere dedicata alla conservazione della memoria della deportazione. Nel 2008 il Museo è diventato Fondazione con il nome di Fondazione Museo e Centro di documentazione della Deportazione e Resistenza – Luoghi della Memoria Toscana, nel 2012 è stato accreditato come museo di rilevanza regionale. Presso il Museo vengono organizzate visite guidate, proiezioni di film/documentari, laboratori di indagine sulle fonti storiche. Il percorso all’interno del Museo è concepito come un viaggio simbolico in un campo di concentramento e di sterminio nazista. Nella prima sala sono esposti pannelli di carattere storico con schede, documenti e cartine sul sistema concentrazionario nazista, sull’organizzazione interna del lager, sulla deportazione dall’Italia, sulla persecuzione degli ebrei in Toscana e sulla vicenda regionale della deportazione politica con testi, foto e cartine dedicate al campo di Ebensee. La seconda sala del Museo introduce invece il visitatore al contatto con la realtà e i simboli del campo di concentramento. I vari oggetti esposti posseggono un indubbio valore di testimonianza e sono illustrati da didascalie con citazioni tratte dalla memorialistica, da interviste di superstiti prevalentemente toscani e anche dai libri di Primo Levi. Un’altra iniziativa lodevole da parte del Museo, volta all’integrazione storica con tutta la vasta popolazione cinese nel territorio, è stata la realizzazione di una guida-catalogo del museo interamente in cinese – già presente, oltre che in italiano, anche in inglese e in tedesco – oltre che i sottotitoli – già presenti in inglese e in italiano per non udenti – nel percorso museale audiovisivo dove, in sette postazioni video con sistema audio a infrarossi, si possono ascoltare video-interviste a 23 sopravvissuti ai lager nazisti.

Una visita obbligatoria per capire al meglio la sofferenza che la popolazione pratese dovette subire e la forza con cui riuscì a rialzarsi e liberare la città. Ultima, ma non per importanza, tappa del nostro percorso è via 29 Martiri, dove ci troveremo davanti al Monumento ai 29 martiri di Figline. È la mattina del 6 settembre 1944, i vari gruppi partigiani si stanno dirigendo in massa verso Prato, la quale sarà liberata il pomeriggio seguente quando si insedierà in Comune la giunta unitaria designata dal CLN locale. Il gruppo partigiano tra Coiano e Figline di Prato viene però intercettato da un’unità della 334° Divisione di fanteria tedesca, ne nasce un conflitto a fuoco durissimo e impari, con perdite da entrambe le parti. I partigiani, sorpresi ed in evidente inferiorità numerica, si disperdono. Mentre alcuni riescono fortunosamente a mettesi in salvo, una trentina di loro vengono fatti prigionieri dai tedeschi a seguito di un minuzioso rastrellamento seguito allo scontro e vengono quindi condotti a Villa Nocchi, sede del comando. Qui, il maggiore Karl Laqua improvvisa un processo farsa, al termine del quale viene pronunciata una condanna a morte per impiccagione. I condannati vengono allora portati a Figline e allineati lungo Bardena, di fronte all’arco di via Maggio. I tedeschi prelevano dalle abitazioni anche tre cittadini come testimoni dell’esecuzione della sentenza. Vengono impiccati ventinove partigiani, ed, a riprova di una crudeltà inaudita, alcuni vengono fatti impiccare dai loro stessi compagni. I cadaveri vengono lasciati dai tedeschi appesi per un giorno intero, prima che alcuni abitanti di Figline, vincendo la paura, provvedono a dar loro una prima sommaria sepoltura[1]. Una tragedia inaudita che rappresenta al meglio la spietatezza delle forze occupanti e il dolore che i pratesi dovettero subire per rialzarsi.

 

 

 

Note

 

[1] M. Di Sabato e G. Gregori, Fatti e personaggi della Resistenza di Prato e dintorni: dalla caduta del fascismo alla Liberazione (luglio 1943-settembre 1944), Pentalinea, Prato, 2014, pp. 91-103.

 

 

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

 

Articolo pubblicato nel novembre 2024.




Itinerari alla “scoperta” dell’eccidio del Padule

Un eccidio spietato, una delle pagine più buie della storia toscana. Una violenza feroce, che non si fermò neanche davanti ad anziani e bambini. Questo fu l’eccidio al Padule di Fucecchio.
Prima di addentrarci in una breve spiegazione dell’evento è doveroso contestualizzare le peculiarità della zona presa ad interesse. Il Padule è la più estesa pianura interna italiana, e, con i suoi quasi 2000 ettari di terreno, si trova a confine con le province di Pistoia e Firenze. Quello che dovrebbe rappresentare una delle maggiori forme di attaccamento ai valori della terra e della natura è ricordato invece come teatro di una delle stragi più cruente e inumane della seconda guerra mondiale in Toscana. Un eccidio – quello del 23 agosto del 1944 – che rientra a pieno titolo nel contesto delle “stragi di desertificazioni” avvenute lungo l’Arno da parte del contingente tedesco, con l’obiettivo di ripulire l’area retrostante il fronte di guerra, che vedeva a sud del fiume gli alleati e a nord i nazifascisti [1]. Un massacro vile e sconcertante, deciso il giorno precedente dal generale Eduard Crasemann, comandante della 26. Panzer-Grenadier-Division, e a cui parteciparono le quattro compagnie del 26° battaglione esplorante, il secondo battaglione del 67° Reggimento corrazzato e l’unità dell’artiglieria [2].

I morti furono 174. Le zone maggiormente colpite furono i comuni di Monsummano Terme (frazione di Cintolese), Larciano (frazione di Castelmartini), Ponte Buggianese (zona di Capannone e Pratogrande), Cerreto Guidi (frazione di Stabbia) e Fucecchio (frazioni di Querce e di Masserella). Il lutto e l’immenso dolore provocato da tale tragedia portarono i singoli comuni a dotarsi di una serie di monumenti, targhe, lapidi e parchi volti al ricordo delle vittime e di una strage la cui ferita non fu mai completamente rimarginata da parte degli abitanti della zona. Questa “onda del ricordo” portò alla luce una moltitudine di zone di interesse, con il conseguente rischio che però esse siano dimenticate nel tempo, se non a seguito di ricorrenze e commemorazioni. Proprio per questa ragione tale articolo si pone l’obiettivo di creare un sentiero che ne colleghi la maggior parte, per poter realizzare una passeggiata volta al ricordo e alla riflessione. Vista, però, la moltitudine di luoghi, la scelta più logica è stata scomporre il percorso in due distinti itinerari volti a ripercorre i luoghi della memoria maggiormente suggestivi.

Sentiero 1

  • Percorso: Piazza dei Martiri, Monsummano Terme, località Cintolese (Monumento ai caduti) – Strada Regionale 436 Francesca, Larciano, località Castelmartini (Giardino della memoria) – Via delle Morette, Larciano, località Castelmartini (Monumento “Lo Stupore”) – Via Don Franco Malucchi, Larciano, località Castelmartini (Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio) – Via Leonardo Da Vinci, Fucecchio (Padule di Fucecchio)
  • Tempo di percorrenza: 1 ora e 15 minuti
  • Distanza: 5,4 km
  • Dislivello: pianeggiante (+ 15 m – 21 m)

Il nostro percorso inizia da Piazza dei Martiri, dove troviamo il Monumento ai caduti. Monsummano, specificatamente la località di Cintolese, fu la zona maggiormente colpita, con ben 84 vittime.

Monumento ai caduti Cintolese

La statua si pone l’obiettivo di ricordare i caduti e la spietata crudeltà nazifascista. Fu costruita nell’immediato dopoguerra su iniziativa del parroco di Cintolese don Renato Quiriconi.  Il monumento raffigura una donna che sorregge due bambini mentre è chinata su un uomo avvolto da un serpente, simbolo della violenza nazista. Ai lati troviamo da una parte i nomi dei caduti, mentre dall’altra un uomo inginocchiato intento a pregare e una donna con un crocifisso speranzosa mentre guarda il cielo. Sopra i bassorilievi troviamo un angelo con la testa rivolta verso l’alto come simbolo di libertà. Un significato e un’immagine impattante, che ci forniscono ancor di più l’esempio di come questo episodio abbia segnato irrimediabilmente queste comunità.

Uscendo da piazza Dante Desideri ci dirigiamo verso il Giardino della memoria, lungo la strada Regionale 436. Inaugurato il 23 agosto del 1996, nel luogo in cui sorgeva un ex cimitero, il giardino si compone di due rappresentazioni artistiche: “Paysage” di Andrea Dami, e “Mio fratello è qui”, curato da Simone Fagioli. Il primo è un dipinto di forma triangolare realizzato con tante formelle quante sono le vittime. Il secondo è formato da nove pedane a mosaico che rappresentano altrettanti simboli universali collegati ai temi della solidarietà e della pace. A pochi passi dal giardino, precisamente a Via delle Morette, ci troveremo davanti a “Lo Stupore”, monumento ad opera di Gino Terreni inaugurato nel 2002, e dedicato a tutte le vittime del Padule.

Continuando il nostro percorso ci dirigiamo verso via Don Franco Malucchi, sede del Centro Visite della Riserva Naturale, gestito dal Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio. Agisce principalmente come punto d’informazione turistica e centro di educazione ambientale. Al suo interno sarà possibile trovare aule, laboratori didattici, bookshop, esposizioni di attività, di prodotti e una mostra permanente delle opere preparatorie del monumento di Gino Terreni, donate dallo scultore al Comune di Larciano. Organizza varie attività di visita del Padule volte alla scoperta delle zone per birdwatching ma anche per varie zone di interesse storico come il Casotto del Criachi, lapide in ricordo delle vittime. Il sentiero proposto arriva fino all’inizio del Padule, sia che ci si voglia avventurare singolarmente sia che si voglia seguire degli itinerari già presenti e collaudati dal Centro di Ricerca.

 

Sentiero 2

  • Percorso: Piazza Dante Desideri, Via Vittorio Veneto, Cerreto Guidi (MuMeLoc) – Via della Prata, Cerreto Guidi (Giardino della meditazione) – Piazza Sette Martiri 11, Fucecchio, località Massarella (Lapide sulla chiesa di Santa Maria) – Via delle Cerbaie, Fucecchio, località Massarella (Parco della Rimembranza) – Piazza Martiri del Padule, Ponte Buggianese, località Anchione (Monumento alle vittime del Padule di Fucecchio)
  • Tempo di percorrenza: 4 ore
  • Distanza: 18,5 km
  • Dislivello: con dislivelli (+ 69 m – 153 m)

Questo secondo itinerario è indubbiamente più lungo e faticoso, vista anche la presenza di qualche dislivello. Il punto di partenza è Piazza dei Desideri a Cerreto Guidi, dove ci troveremo davanti al MuMeLoc, il museo della memoria locale. Caratterizzato per la sua peculiarità multimediale, il MuMeloc è un centro culturale dove non viene dato priorità ai cimeli, agli oggetti, ma alle storie, alle voci, alle immagini e alle esperienze. Il centro del museo è rappresentato proprio dalla narrazione dell’eccidio del Padule, con peculiarità uniche e storie strazianti pronti ad immergere completamente il visitatore.

Giardino della meditazione “Livio Lensi” a Stabbia, Cerreto Guidi

Sempre a Cerretto, precisamente a Stabbia, troviamo poi il Giardino della meditazione “Livio Lensi”, che riporta i ceppi dei morti dei morti di Cerreto e Fucecchio, ponendosi quindi come punto di ricordo e commemorazione collettiva, in un’atmosfera cullata dalla calma e dal silenzio.

Ci spostiamo poi a Fucecchio, precisamente in piazza dei Sette Martiri, dove potremmo vedere la lapide dedicata ai sei civili ed un carabiniere di Massarella posta sulla parete esterna della Pieve di Santa Maria.

Sempre a Massarella, ci spostiamo a via delle Cerbaie dove troviamo il Parco della Rimembranza. Si tratta di un giardino molto esteso con due lastre di ferro rettangolare dove sono riportati 7 nomi, lungo un viale ci sono poi una serie di strutture in metallo a forma di cuore in cui sono scritti i nomi dei deceduti, in fondo al viale vi è infine una lapide in marmo con una dedica.

Concludiamo infine il nostro itinerario dirigendoci a Piazza Martiri del Padule a Ponte Buggianese, nella frazione di Anchione. Qui troveremo il Monumento alle vittime del Padule di Fucecchio, dove sono incisi i nomi delle 44 vittime della zona, divise tra residenti, non residenti e militari.

 

Note

 

[1] Gianluca Fulvetti, Uccidere i civili. Le stragi naziste in Toscana (1943-1945), regione Toscana, Carocci editore, Roma, 2009, p. 162.

 

[2] M. Battini e P. Pezzino, Guerra ai civili. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944, Marsilio, Venezia, 1997, p. 143.

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

 

Articolo pubblicato nel settembre 2024.




“Passi di Storia”: itinerari di guerra e Resistenza pistoiese

Ultimo progetto di un lavoro svolto da tempo dall’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Pistoia, “Passi di Storia” offre l’occasione per approfondire e conoscere pagine di storia del territorio pistoiese attraversandone i luoghi che ne sono stati teatro.

Sono già 30 i luoghi segnalati sul Portale (in costante aggiornamento) che richiamano a eventi significativi della storia della Resistenza nel territorio pistoiese: dalla città capoluogo al territorio provinciale, racchiusi all’interno di percorsi tematici.

Silvano Fedi, luoghi e storie di un partigiano

L’eccidio del Padule di Fucecchio: una passeggiata nella Storia.

Sono già stati censiti luoghi della memoria delle vicende belliche nei seguenti Comuni:

Pistoia: con itinerario nei luoghi della città a partire da Piazza della Resistenza.

Fucecchio

Larciano

Monsummano Terme

Ponte Buggianese

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

Articolo pubblicato nel luglio 2024.

 




Museo e Biblioteca della Resistenza di Sansepolcro

Sedi e contatti
Indirizzo: Via Matteotti 10, 52037 Sansepolcro (Arezzo)
Telefono: 0575 742293
E-mail: resistenza.museo@libero.it
Sito web: https://www.memoranea.it/luoghi/toscana-ar-sansepolcro-museo-e-biblioteca-resistenza

Breve storia e finalità
Nell’estate del 1944, il territorio di Sansepolcro fu attraversato dalla Linea Gotica e coinvolto nel passaggio del fronte bellico.
Nel periodo che precedette la liberazione del paese, gran parte della popolazione fuggì verso le campagne per sottrarsi ai bombardamenti, mentre coloro che decisero di restare vennero lasciati dalle autorità civili e militari tedesche e fasciste, in balia di se stessi, senza nessun tipo di organizzazione della vita civile. Mentre i fascisti, già alla metà di giugno, erano fuggiti verso il nord, le truppe tedesche erano rimaste nei pressi della città per asportare tutto il materiale che poteva servire per il proseguimento della guerra.
Al vuoto lasciato dalle autorità militari e politiche cercò di far fronte il vescovo della città, Mons. Pompeo Ghezzi, che tentò di ridare un minimo di organizzazione alla vita civile e di ripristinare il funzionamento di alcuni servizi primari (prelevamento di acqua, forni per la produzione di pane, servizi medici e di sorveglianza per le case abbandonate). Nell’agosto del 1944, ancora prima dell’arrivo degli Alleati, le truppe tedesche lasciarono Sansepolcro che venne immediatamente occupata dalle truppe partigiane formatesi nei mesi precedenti, le cui fila erano state ingrossate dagli ex-prigionieri di guerra, in particolare jugoslavi, fuggiti dal vicino campo di Renicci. Con la presenza partigiana la situazione di vuoto di potere venne in parte colmata con la costituzione del CLN cittadino, che mantenne il controllo della città sino al 2 settembre, quando in paese entrarono le truppe alleate. A Sansepolcro vennero poi acquartierati dei soldati del corpo d’armata dell’esercito alleato guidato dal generale Władysław Anders, reduci dalla battaglia di Montecassino.
Il Museo e Biblioteca della Resistenza di Sansepolcro venne istituito nel 1976 per volere dell’Anpi, con lo scopo di ricordare i fatti legati alla Resistenza nel paese e il tragico passaggio del fronte. Tuttora risponde alla sua vocazione di divulgazione storico culturale dei valori della Resistenza, e di ricerca e conservazione della documentazione sull’Antifascismo, sulla Resistenza, sui campi di concentramento e sul confino durante il Regime fascista. Dopo il terremoto che ha colpito la regione Toscana nel 2001, la sede del museo è stata trasferita nel centro del paese, in Via Matteotti, all’interno di un edificio di proprietà comunale.

Patrimonio
All’interno dell’istituto è presente una mostra permanente intitolata “Perché Resistenza”, costituita da 40 quadri, ed è conservata una collezione di armi leggere della Seconda guerra mondiale, per lo più provenienti dallo Stabilimento Militare di Terni, varia oggettistica dell’epoca donata da privati cittadini e materiale proveniente dal Campo di internamento fascista di Renicci di cui un plastico riproduce la planimetria. Negli ultimi anni è stato acquisito un corpus documentario sul fenomeno concentrazionistico e sono stati avviati progetti di collaborazione con altri istituti impegnati nello studio dell’internamento. Sono infine presenti una nastroteca che raccoglie canti resistenziali e testimonianze, fotografie d’epoca e una raccolta di quadri sul tema della Resistenza. Annessa al museo è una piccola biblioteca, composta da circa 2500 volumi di storia locale, contemporanea e resistenziale, da una raccolta di documenti del periodo 1920-1945 e un’emeroteca che raccoglie serie complete di riviste del periodo fascista e postbellico.




Museo delle Officine Galileo

Sedi e contatti
Indirizzo: Via A. Einstein 35A, 50013 Campi Bisenzio (FI)
Telefono: 3336928513
E-mail: info@museodelleofficinegalielo.it
Sito web: http://www.museodelleofficinegalileo.it/
Orari di apertura: il museo è visitabile solo su prenotazione.

Organi direttivi
Il museo è gestito dall’Associazione Seniores.
Responsabile: Ing. Luciano Romeo.

Breve storia e finalità
Il Museo delle Officine Galileo è stato fondato nel 2006 da Galileo Avionica, che, unificando sotto lo stesso marchio varie aziende italiane attive nel settore della difesa, aveva rilevato l’eredità delle Officine Galileo di Firenze, una delle più antiche aziende italiane di alta tecnologia per la produzione di strumenti ottici e astronomici.
Il museo, la cui realizzazione è stata affidata all’Associazione Seniores, è situato presso lo stabilimento di Campi Bisenzio. Dedicato alla storia degli strumenti ottici ad alta precisione, è organizzato per settori tecnologici: la meccanica di precisione, la fotografia, la meccanica pesante, l’idraulica e la radaristica.

Patrimonio
Nello spazio espositivo del museo si possono ammirare gli antenati di molti oggetti moderni: dai radar ai visori ottici, dagli strumenti per applicazioni spaziali agli apparecchi avionici, e piccoli oggetti curiosi, come macchine fotografiche d’inizio secolo, generatori per l’illuminazione delle carrozze e binocoli da teatro: una sorta di macchina del tempo, dove sono esposti i progressi della scienza e della tecnica dell’ultimo secolo e mezzo.
Il museo ospita, inoltre, il rivoluzionario orologio astronomico a pendolo “Galileo”, realizzato nel 1884 dalle Officine Galileo. Fu donato nel 2013 dall’Istituto per l’Osservatorio Geofisico e Meteorologico Ximeniano di Firenze, dove per anni fu utilizzato per sincronizzare tutti gli altri orologi presenti nell’Istituto.




Centro di Documentazione sulla Linea Gotica di Montignoso

Sedi e contatti
Indirizzo: Villa Schiff Giorgini – Via Fondaccio snc, Montignoso (MS)
Telefono: 0585 8271204 (Ufficio Cultura del Comune di Montignoso)
E-mail: ernesta.rappelli@comune.montignoso.ms.it, alfio.raffaelli@comune.montignoso.ms.it
Sito web: http://www.comune.montignoso.ms.it/c045011/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/544
Orari di apertura: dal Martedì al Giovedì e Sabato 10-12
Biglietto d’ingresso: ingresso gratuito

Organi direttivi
Responsabile della parte scientifica: Giovanni Cipollini
Direttore operativo: Domenico Gabrielli
Collaborazione nell’allestimento e gestione del Centro: Anpi di Montignoso

Breve storia e finalità
Il Centro di Documentazione sulla Linea Gotica è nato nel 2011 ed è ospitato nei locali al piano terra della villa settecentesca Schiff Giorgini di Montignoso, paese particolarmente colpito dalle stragi nazifasciste. L’istituto raccoglie immagini, documenti e oggetti legati alla Resistenza e ai principali avvenimenti del territorio apuo-versiliese durante la Seconda Guerra Mondiale.
Si compone di cinque sale attrezzate con illustrazioni a muro dei vari passaggi storici del periodo, un plastico interattivo (che evidenzia il percorso della Linea Gotica, le sedi delle postazioni alleate e nazifasciste, i paesi in cui si verificarono le stragi e gli episodi salienti della lotta partigiana), una sala multimediale dove è possibile vedere e ascoltare i protagonisti della Guerra, oggi novantenni, che raccontano i fatti di quei mesi; infine, una nuova sala contenente materiali bellici di vario tipo (munizioni, elmetti, attrezzature dei soldati, ecc.) donati da Pietro Maghelli e Vincenzo Germelli (conosciuto come “Beretta”).
Nel Centro sono presenti anche un archivio storico, composto da centinaia di documenti iconografici (manifesti e fotografie) e da una raccolta di manifesti originali della RSI, e una biblioteca tematica relativa alla Resistenza e all’Antifascismo.




Museo Etnologico delle Apuane

Sedi e contatti
Indirizzo: Via Uliveti 81, Massa
Telefono: 3335910306
E-mail: museoetnologicodelleapuane@fastwebnet.it
Sito web: https://www.museimassacarrara.it/musei/museo-etnologico-della-apuane-luigi-bonacoscia/
Orari di apertura: 10-12, 17-18.30 (visite solo su appuntamento), chiuso durante le festività
Biglietto d’ingresso: intero 4 €; ridotto 2 €

Organi direttivi
Direttore scientifico: Dott. Giuliano Marselli

Breve storia e finalità
Sorto per iniziativa di don Luigi Bonacoscia e di un gruppo di amici, con atto notarile del 14 marzo 1980, il museo nasce con l’intento di ripercorrere, tramandare e valorizzare la memoria della gente apuana tramite la raccolta di numerosi reperti di differenti epoche, tipologie e utilizzo.
Nella sua costituzione l’istituto, attualmente ospitato in una palazzina vicino al Santuario della Madonna degli Uliveti di Massa, riuniva due collezioni: la “Masnata” (circa 300 reperti) e quella del nascente Museo (circa 100 reperti). Negli anni successivi la varietà e il grande numero di oggetti raccolti ha portato la collezione del Museo Etnologico a conservare circa 5000 reperti, provenienti principalmente da Massa, Carrara, Lunigiana, Garfagnana e Versilia.
Lo spazio espositivo è articolato attraverso la visita di diverse sezioni che illustrano come si svolgeva la vita della gente contadina, con le sue molteplici attività (lavori nei campi, fienagione, allevamento, vendemmia, raccolta delle castagne ecc.) e descrivono i diversi mestieri che si praticavano agli inizi del ’900 (calzolaio, sellaio, cavatore, fabbro, falegname, lavandaia, tessitura), le normali pratiche legate alla vita domestica (cucina, bucato, stiratura, ecc.) e attività come la scuola e la tipografia. Sono inoltre esposte macchine, strumenti e utensili provenienti dalle fabbriche che una volta costituivano la Zona Industriale Apuana che ha caratterizzato questo territorio dagli anni ’30 agli anni ’80.
Nell’arco dell’anno il museo organizza diverse attività e pubblica annualmente una rivista – “Le Apuane” – di storia e tradizioni locali. Inoltre, organizza attività didattiche indirizzate alla conoscenza della cultura materiale del territorio.

Patrimonio
Il museo è diviso in 32 settori espositivi comprendenti oggetti di uso comune che venivano utilizzati nella tessitura, nella lavorazione della terra, in cucina e nella stalla e pezzi legati ad attività più specifiche come la fienagione, l’olivocultura, la viticoltura e la produzione del vino, la ceramica, la raccolta delle castagne, la lavorazione del marmo e del gesso, oltre che alcuni mezzi agricoli. Sono, inoltre, esposti oggetti e strumenti di uso quotidiano, come quelli con cui si faceva il bucato.
Inizialmente il museo era costituito dalla raccolta privata Masnata, che comprendeva circa 300 oggetti reperiti nel primo dopoguerra nell’area lunigianese e dalla collezione del Movimento di Umanesimo Sociale con circa 100 oggetti. La collezione è stata ampliata con ricerche effettuate da Don Bonacoscia nell’area della provincia di Massa Carrara, della Versilia e della Garfagnana.




Museo dell’emigrazione della Gente di Toscana

Sedi e contatti
Indirizzo: Castello di Lusuolo, Mulazzo di Lunigiana (MS)
Telefono: 0187 439017
E-mail: info@museogenteditoscana.it
Sito web: http://www.museogenteditoscana.it
Orari di apertura: Sabato e Domenica 14-19 (orario estivo); Sabato 9-14 e Domenica 11-16 (orario invernale)

Organi direttivi
La mostra è stata realizzata a cura della Regione Toscana e della Consulta Regionale dei Toscani all’Estero.
Comitato scientifico: Gabriella Aschieri, Caterina Rapetti, David Rovai

Breve storia e finalità
Il Museo dell’Emigrazione della Gente di Toscana è nato nel 2004 con l’obiettivo di conoscere e valorizzare il fenomeno dell’emigrazione toscana nel mondo.
È pensato e organizzato su due livelli: uno fisico e uno virtuale. Nel primo, ospitato tra le mura del Castello di Lusuolo, si trovano la biblioteca, la mediateca, una sala conferenze, uno spazio per la visione o l’ascolto di audiovisivi e si sviluppa l’allestimento museale che propone il percorso della mostra permanente “Gente di Toscana”, realizzata nel 2000 dalla Regione Toscana per documentare le storie di chi ebbe la necessità o il desiderio di partire verso terre lontane e spesso incognite per trovare condizioni di vita migliori o libertà negate, ma che finiscono anche e soprattutto per spiegare il grande contributo dato dai Toscani alla costruzione materiale, culturale e sociale dei paesi di adozione. Si tratta, principalmente, di storie delle migrazioni di massa che alla metà del XIX secolo subentrarono, marginalizzandole, alle partenze dei singoli. La mostra è stata prodotta in tre esemplari per essere allestita in tutto il mondo, laddove siano presenti comunità di Toscani emigrati dall’Italia; in questi anni ha viaggiato dall’Europa alle Americhe, dal Sudafrica all’Australia.

Patrimonio
La mostra si compone di 66 pannelli contenenti centinaia di immagini (disegni e fotografie) e documenti (lettere, passaporti, ricevute delle rimesse dall’estero, ecc.) e suddivisi in 8 sezioni:
– Le partenze
– Verso nuovi mondi
– Verso l’Europa
– Nostra patria è il mondo intero, nostro motto è la libertà
– Fra le due guerre
– Si riparte
– Il rapporto con la terra d’origine
– Consulta regionale dei Toscani all’estero
La narrazione è arricchita da oggetti e documenti originali dell’epoca e resa più dinamica e appassionante dalla proiezione di videodocumentari.