Anche la Toscana nel nuovo Atlante dei centri per profughi giulino dalmati promosso dall’Istituto nazionale F. Parri

è stato messo online, al seguente link:
Si ricorda che il progetto prevede l’implementazione progressiva delle informazioni e dei dati e che finora sono state mappate 60 delle 109 strutture note.
Dal Portale dell’Atlante:

Il progetto di ricerca sui centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati è promosso da Istituto Nazionale Ferruccio Parri e Consiglio Nazionale delle Ricerche – Dipartimento di Scienze umane e sociali, patrimonio culturale (CNR-DSU), in collaborazione con la rete degli istituti associati alla Rete Parri, la Società di studi fiumani – Archivio Museo storico di Fiume (Roma).

Il coordinamento scientifico è affidato a Maurizio Gentilini (CNR) e Paolo Pezzino (Istituto nazionale Ferruccio Parri).

La ricerca è stata svolta da Costantino di Sante (Università degli studi del Molise) ed Enrico Miletto (Università degli Studi di Torino).

Oggetto della ricerca
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, scatenata dalla Germania nazista e dall’Italia fascista, l’intera Europa fu interessata dal flusso, spesso obbligato, di milioni di persone, che a causa degli eventi bellici e delle assegnazioni dei territori a seguito di nuovi protocolli furono costrette a lasciare i luoghi dove avevano vissuto per anni.

Il processo interessò direttamente anche l’Italia, che dovette firmare Trattati di pace che imponevano la perdita di territori, comprese le zone dell’Adriatico orientale: infatti con il Trattato di Parigi (1947) e il Memorandum di Londra (1954) l’Istria, Fiume e Dalmazia passarono sotto l’amministrazione della Jugoslavia. Di conseguenza la quasi totalità della popolazione italiana appartenente a queste regioni decise di abbandonarle, anche per sfuggire al regime comunista realizzato da Tito.

Tale processo, meglio noto come esodo giuliano-dalmata, coinvolse, oltre alla Venezia Giulia, anche Fiume e la Dalmazia, e rappresentò dunque il tassello italiano del più ampio mosaico degli spostamenti forzati di popolazione dell’Europa postbellica.

Arrivati nel nostro Paese come profughi, i giuliano-dalmati, nelle cui maglie si inserivano anche i molti fiumani che avevano abbandonato la propria città, furono sventagliati in una rete di campi e centri di raccolta dislocati sull’intero territorio nazionale.

Il progetto Atlante dei centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati si propone quindi di individuare, mappare e censire queste strutture, con esclusivo riferimento a quelle gestite dal Ministero dell’Interno.

Campi ma non solo, poiché l’Atlante presenta anche approfondimenti su alcuni luoghi che, pur non ricoprendo prettamente una funzione di centri di raccolta, divennero simbolo e simbolici dell’esodo: Fertilia, nei pressi di Alghero; il Quartiere Giuliano Dalmata di Roma; il Villaggio San Marco di Fossoli di Carpi; la Caserma di via Pradamano a Udine, che funzionò come centro di smistamento per migliaia di profughi.

Le schede georeferenziate dei campi ricostruiscono i principali passaggi che hanno scandito l’attività e il funzionamento delle diverse strutture, consentendo di allargare lo spettro: si restituisce così non solo la geografia dell’esodo e il suo impatto nelle diverse aree del Paese, ma anche i meccanismi delle politiche di gestione e assistenza ai profughi adottate dal Governo italiano. Quest’ultimo, muovendosi in un quadro nazionale e internazionale estremamente complesso, si trovò, di fronte a flussi divenuti sempre più consistenti, nella condizione di mettere in moto una vera e propria macchina dell’accoglienza che ebbe nei campi un segmento decisivo.

Un segmento che, oltretutto, ben descrive le dinamiche che portarono gli apparati governativi, dopo una fase iniziale di prima assistenza, a orientarsi, lentamente e non senza difficoltà, verso indirizzi più organici e sistematizzati che, basati prevalentemente sulle direttrici dell’inserimento lavorativo e della sistemazione abitativa poi sfociata nella costruzione dei Villaggi Giuliani, costituirono la risposta a una situazione improvvisa e di vasta portata, inserita nei contorni fragili dell’immediato dopoguerra. Dalla storia dei centri di raccolta emergono anche le politiche migratorie adottate a livello nazionale e internazionale per ricollocare o favorire l’emigrazione in altri paesi dei profughi e dei rifugiati. Queste politiche potrebbero essere ulteriormente indagate ampliando la ricerca ai campi specificamente destinati a tale scopo.

Il campo rappresenta dunque un punto di osservazione imprescindibile per lo studio della diaspora giuliano-dalmata e per la ricostruzione delle politiche assistenziali intraprese dai vertici governativi nei confronti degli esuli: la loro storia, se inquadrata in una prospettiva più ampia, racconta quella della lunga e difficile ricostruzione che precede la stagione della grande trasformazione del nostro Paese.

Metodologia
Attraverso un’accurata indagine condotta su un ampio ventaglio di fonti, in larga parte ma non esclusivamente italiane, si è cercato di arrivare a una quantificazione, il più precisa possibile, delle strutture e dei profughi che, in momenti diversi, transitarono al loro interno.

A essere considerati, come sottolineato in precedenza, sono stati i complessi gestiti, attraverso le prefetture, direttamente dal Ministero dell’Interno, che li ereditò dal dissolto ministero dell’Assistenza post-bellica.

Luoghi inutilizzati, riadattati, rifunzionalizzati e ricondizionati per il nuovo uso: un totale di 109 strutture – numero ampiamente condiviso sul piano storiografico – destinate a ridursi negli anni seguenti (41 nel 1952, 25 nel 1955), prima di chiudere i battenti intorno alla prima metà degli anni Settanta.

Le schede presentate in questa prima fase del progetto riguardano 60 campi e ricostruiscono anche la storia delle strutture analizzate sia prima del loro utilizzo per accogliere i profughi giuliano-dalmati, sia dopo la loro dismissione. Sono state inoltre segnalate le eventuali significazioni dei luoghi in cui sono state collocate targhe o segni di memoria relativi alla presenza dei profughi.

Centri ufficiali – questa la definizione che potrebbe essere applicata – ai quali se ne affiancarono certamente altri, dall’attività più breve e dai contorni più frastagliati, al cui interno l’assistenza era demandata a soggetti diversi, pubblici e privati, ma che – per il loro carattere frammentario – sono rimasti al di fuori del campo di indagine del presente lavoro, pur restando un possibile oggetto di approfondimento in uno studio successivo. Uno studio che dovrebbe evidentemente concentrare l’attenzione anche su una serie di strutture che assunsero rilevanza nell’economia della gestione dell’esodo, come, solo per citare alcuni esempi, i centri di prima accoglienza funzionanti nei porti di Venezia e Ancona o, ancora, i molti centri di ricovero temporaneo sparsi nelle diverse regioni della penisola.

Attraverso una scheda tipo, variabile in base alle informazioni reperite e al periodo di funzionamento, la storia e l’evoluzione di ogni singolo campo è ricostruita non solo attraverso fonti primarie, a cominciare dalla documentazione archivistica, e secondarie, ma anche mediante l’utilizzo di fonti narrative (testimonianze e cronache) ed emerografiche (articoli di quotidiani dell’epoca), unitamente a citazioni letterarie, cinegiornali e fotografie

Una prospettiva in grado di far emergere anche le politiche avviate da agenzie internazionali come la United Nations Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), l’International Refugee Organization (IRO) e, in una fase successiva, l’Amministrazione per gli Aiuti Internazionali (AAI) che, preposte al rimpatrio, all’assistenza e al ricollocamento (resettlement) attraverso programmi di emigrazione assistita in altri paesi di rifugiati e Displaced Person’s (DP), tracciarono traiettorie che in più di un’occasione si incrociarono, anche nei campi, con quelle dei profughi giuliano-dalmati. Questi ultimi, come emerge dalle schede, costituirono il nucleo numerico più rappresentativo nei diversi campi, trovandosi però a condividere, spesso con esiti diversi, gli stessi spazi e i medesimi ambienti con altre tipologie di profughi, in primis quelli provenienti dalle ex colonie dell’Africa orientale italiana, dalla Grecia e dal Dodecaneso, cui si aggiunsero, in alcuni casi, ebrei, ex prigionieri, sfollati e sinistrati di guerra in attesa di definitiva collocazione.

Un’umanità varia, vittima della guerra,, le cui vicende richiamano certamente a una cornice più ampia, che il progetto intende indagare nelle sue fasi successive, attraverso la mappatura di altre strutture e di profuganze diverse per tipologia e provenienza geografica. di profuganze diverse per tipologia e provenienza geografica.




“Da Capannori a Monsummano”. Nuovo percorso di Liberation Route Italia.

Segnaliamo la pubblicazione su Liberation Route Italia del percorso tematico intitolato “Da Capannori a Monsummano tra internamento, deportazione, stragi nazifasciste e Resistenza​”, realizzato da Matteo Grasso, direttore dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Pistoia.
L’itinerario storico ripercorre i principali luoghi della memoria situati tra i due comuni e si snoda tra le province di Lucca e Pistoia. Lungo il percorso è possibile incontrare monumenti, musei, ex campi di internamento, tombe, lapidi, cippi, pietre d’inciampo.
Per maggiori info: https://italy.liberationroute.com/it/themed-routes/33/from-capannori-to-monsummano-between-internment-deportation-nazi-fascist-massacres-and-the-resistance-movement




Il Grazie dell’ISRT al sostegno all’appello per la rete toscana degli Istituti.

Firenze, 9 luglio 2024 – L’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contem-poranea, insieme agli Istituti delle province toscane, “esprime sincero ap-prezzamento ai presidenti della giunta e del consiglio regionale, Giani e Mazzeo, ai gruppi consiliari del Partito Democratico, di Italia Viva e del Mo-vimento 5S, ai sindaci, ai consiglieri comunali di Firenze, alle forze politiche, ai sindacati, alle diverse associazioni e ai numerosi cittadini che in questi giorni hanno dimostrato solidarietà e grande attenzione all’appello lanciato affinché fossero garantiti dalla Regione contributi su base triennale in modo da assicurare continuità all’attività per la ricerca e la formazione”.
“L’impegno espresso dal presidente della Regione Eugenio Giani e la sua risposta concreta per intervenire immediatamente con una variazione di bi-lancio è la positiva notizia che attendevamo e che dimostra la rilevanza che la stessa giunta regionale attribuisce al lavoro svolto dall’Istituto – afferma il presidente Vannino Chiti – Non solo, la decisione di introdurre la norma di modifica della Legge 38 del 2002 è fondamentale. Auspichiamo quindi la presentazione dell’emendamento che renda permanente il finanziamento triennale e la sua approvazione contestuale a quella per la varia-zione di bilancio. Tutti insieme adesso ci prepariamo a celebrare degnamente, nel 2025, l’Ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo”.




Uscito il nuovo numero di Documenti e studi” rivista dell’Istituto della Resistenza di Lucca

Si comunica che è uscito il nuovo numero di Documenti e Studi, rivista dell’Istituto storico della Resistenza di Lucca, dedicato a alimentazione e storia.




Appello dell’ISRT al Consiglio regionale della Toscana per la rete degli Istituti della Toscana

Firenze, 1° luglio 2024 – È un appello accorato e convinto quello lanciato oggi dai vertici dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea all’indirizzo del consiglio Regionale.  Il presidente Vannino Chiti, con il vicepresidente Andrea Morandi il direttore Matteo Mazzoni, ha scelto di convocare una conferenza stampa per presentare le ragioni dell’istituto e chiamare alla responsabilità il Consiglio regionaleSenza alcuna polemica ma certo con determinazione.

“La richiesta è semplice e l’Istituto se ne è già fatto portavoce, adesso è richiesto un supplemento d’impegno e per questo abbiamo deciso di rivolgere un appello pubblico al consiglio regionale e alle forze democratiche che ne fanno parte – spiega Chiti – La partita per noi è importantissima, chiediamo la garanzia di continuità per le attività di ricerca, formazione e conservazione del patrimonio storico-culturale e maggiori certezze per i giovani studiosi che con competenza e passione collaborano con l’Istituto”.

“Ci appelliamo quindi al Consiglio in questa estate, cuore dell’ottantesimo della Resistenza in Toscana, essendo urgente un provvedimento, anche a fronte dei ritardi per l’approvazione di una nuova legge, che la presidenza della Giunta si era impegnata a presentare entro maggio, che costituirebbe un concreto un passo in avanti rispetto a quella, pur fondamentale, del 2002”, affermano i vertici dell’ISRT.

L’ISRT chiede, quindi, di modificare con urgenza, attraverso un emendamento, la Legge regionale 38 del 2002 che ha per oggetto Norme in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio storico, politico e culturale dell’antifascismo e della resistenza e di promozione di una cultura di libertà, democrazia, pace e collaborazione tra i popoli. In pratica, proprio per programmare e dare continuità all’attività che viene svolta dall’istituto viene richiesto che gli stanziamenti vengano assegnati su base triennale e non più annuale.  In pratica si parla di un finanziamento annuale di circa 450 mila euro per tutta la rete toscana (nove istituti) da moltiplicare per tre anni.

Oltre all’Istituto regionale, con sede a Firenze, sono otto gli Istituti nelle province toscane (fatta eccezione per Arezzo) che operano sul territorio grazie al lavoro di studiosi e professionisti qualificati, e di tanti volontariNel solo Istituto regionale, la conservazione della documentazione, la gestione della sede, dell’Archivio e della biblioteca, l’articolato lavoro di promozione della ricerca e della conoscenza storica nelle scuole e nel territorio è possibile grazie all’impegno di oltre dieci professionisti qualificati, fra dipendenti e collaboratori, storici, archivisti, operatori culturali che lavorano con impegno e dedizione e con la collaborazione di vari volontari.

 “L’attività svolta dall’Istituto è davvero rilevante e decisamente preziosa in una fase storica in cui le certezze che fondano la nostra democrazia vengono messe in discussione con grande superficialità e incompetenza – mette in evidenza Vannino Chiti – La consapevolezza della verità storica, ricercata e restituita attraverso i documenti, è fondamentale per condividere i valori fondanti della democrazia e della Costituzione e rafforzare la coesione sociale”.

L’attività dell’Istituto è intensa. C’è la ricerca e la cura degli archivi e della biblioteca ma anche un grandissimo impegno sul fronte della didattica e della formazione con iniziative rivolte a docenti, studenti, cittadini e associazioni (l’istituto ha stretto accordi di collaborazione con ANPI e CGIL Toscana).

Nel 2023 sono state accolte oltre 300 persone in archivio e più di 600 biblioteca. Per approfondire quello che viene definito il “calendario civile” con la date più significative della storia italiana si sono attivati progetti in oltre 60 scuole.  Parallelamente alla celebrazione del 70° anniversario – con lo slogan Conoscere, conservare, condividere – sono stati promossi convegni scientifici ma anche numerosi incontri pubblici che hanno coinvolto centinaia di persone.

Forte è l’impegno nel campo della divulgazione.  Con linguaggi diversi si cerca di portare la conoscenza storica a destinatari sempre più vari, oltre il pubblico degli specialisti. Per questo sono stati attivati percorsi di trekking urbano, festival, aperture straordinarie della sede in giorni festivi, concerti, mostre digitali.

L’istituto conserva materiale preziosissimo, oltre 200 fondi di enti e persone, che è oggetto di implementazione e studio continuo: i documenti del CTLN, di Giustizia e Libertà e dei fratelli Rosselli, di Salvemini e di Calamandrei, solo per fare alcuni esempi. Recentissimo il varo della piattaforma che raccoglie e mette a disposizione – tutti insieme – i documenti contenuti nei quattro archivi che fanno riferimento a Piero Calamandrei, custoditi dall’Istituto (il più rilevante) e poi a Roma, a Montepulciano e a Trento. E proprio nei giorni scorsi Unicoop Firenze, con l’Associazione. Il cuore si scioglie, ha consegnato un assegno di oltre 27 mila euro, raccolti tra i socii, per la digitalizzazione dell’archivio dell’istituto.

Per realizzare tutto questo vario programma di attività (spesso sostenuto dalla vittoria di bandi di enti pubblici e privati) è necessario avere garanzia delle risorse indispensabili al mantenimento delle sedi e dei professionisti che operano in Istituto e nella rete degli istituti così da poter programmare e proseguire le proprie attività a servizio della società toscana. Ciò è tanto più necessario oggi che, finiti i testimoni, la Storia, le biblioteche e gli Archivi sono ancora più necessari per conservare e trasmettere il nostro passato alle generazioni presenti e future. Per questo è fondamentale adesso passare ad un finanziamento triennale.




L’ISRT ringrazia per i tanti generosi contributi ottenuti per il CROWDFUNDING sostenuto da Unicoop

Consegnato oggi l’assegno da 27.480 Euro all’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea che, con il contributo, potrà digitalizzare il proprio archivio, realizzare il nuovo sito e valorizzare il grande patrimonio storico e di memoria di cui è custode. La consegna dell’assegno è avvenuta stamattina, presso la sede di Unicoop Firenze, alla presenza di Daniela Mori, presidente del Consiglio di sorveglianza di Unicoop Firenze e di Vannino Chiti, presidente dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea. Il crowdfunding, lanciato lo scorso 25 aprile da Unicoop Firenze, in collaborazione con la Fondazione Il Cuore si scioglie, si è chiuso il 25 giugno con un risultato di raccolta che ha superato l’iniziale obiettivo dei 20mila Euro, raggiungendo il totale di 27.480 Euro, raccolti attraverso le donazioni su Eppela e le tante iniziative promosse sul territorio: le attività di raccolta hanno visto il contributo attivo delle sezioni soci che, insieme alle associazioni del territorio, hanno organizzato oltre 20 eventi fra cene, spettacoli, visite guidate, camminate e incontri sui temi della Resistenza e della memoria storica. Tra gli eventi più partecipati, la cena del 12 giugno nella piazza del Centro San Donato, a Firenze, che ha visto la partecipazione di oltre 500 persone e grazie alla quale sono stati raccolti oltre 5mila Euro e le camminate della memoria in Valdisieve e nel Valdarno Fiorentino, che hanno totalizzato circa 3mila Euro di donazioni. Molte anche le donazioni arrivate dai presidi che, nei primi giorni di maggio, le sezioni soci hanno organizzato nei Coop.fi per promuovere l’iniziativa e invitare soci e clienti a contribuire alla raccolta.

Tra i vari eventi, nel periodo del crowdfunding l’Istituto storico della Resistenza ha aperto le porte della sua sede, in Via Carducci, a Firenze, con tre open day che hanno registrato una grande partecipazione delle sezioni soci e della cittadinanza.

Le dichiarazioni

Daniela Mori, presidente del Consiglio di sorveglianza di Unicoop Firenze

«Siamo davvero molto soddisfatti del risultato di raccolta, che ha ampiamente superato l’obiettivo iniziale e che permetterà all’Istituto storico della Resistenza di realizzare la digitalizzazione dell’archivio, un importante rinnovamento che è anche un modo per attualizzare la memoria di quello che siamo e delle origini della nostra democrazia. Oggi, in un tempo così diviso da conflitti di ogni tipo, dobbiamo tutti sentire la responsabilità di mantenere vivo il valore della memoria e la forza ideale della Resistenza da cui è nata la nostra Costituzione. Vogliamo ringraziare i tanti soci e clienti che, nonostante il momento difficile, hanno donato con generosità e le nostre sezioni soci che, anche in questa occasione, sono state motore di partecipazione e coinvolgimento popolare rispetto all’iniziativa. Ci auguriamo che questo contributo possa dare nuovo impulso alle attività dell’Istituto che, oggi più che mai, rappresenta un presidio rispetto ai valori di democrazia, libertà, uguaglianza, dignità e solidarietà in cui, come cooperativa, ci riconosciamo profondamente».

Vannino Chiti, presidente dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea

«In questo momento storico il ruolo dell’Istituto è di primo piano per portare avanti l’impegno culturale e scientifico per una memoria storica condivisa della Resistenza, che ancora in Italia manca, e per mettere a fuoco e approfondire le grandi questioni dell’Età contemporanea. L’iniziativa di raccolta fondi realizzata insieme a Unicoop Firenze è un sostegno importante per tenere in vita questi valori e per mantenere vivo il contatto e lo scambio con cittadini, studiosi, docenti, alunni e con la comunità tutta. Ringraziamo le sezioni soci Coop e i tanti cittadini che hanno donato, dando un contributo alla salvaguardia e alla diffusione del nostro patrimonio, perché la Resistenza sia una memoria che unisce e non divide, che aiuta a coltivare l’antifascismo come valore base che permea tutta la nostra Costituzione».

L’archivio dell’Istituto

Il crowdfunding è nato dalla necessità dell’Istituto della Resistenza di valorizzare il grande patrimonio storico e di memoria custodito nell’archivio: questo attualmente conta oltre 150 fondi prodotti da organismi politici e militari della Lotta di Liberazione, da organizzazioni e personalità dell’Antifascismo e della Resistenza. Tra i tanti, nell’Istituto sono conservati i fondi archivistici di Calamandrei, Salvemini, Paolo Barile, quelli di Elio Gabbuggiani, che è stato presidente della provincia di Firenze e poi sindaco di Firenze, del fu Presidente della Regione Toscana Gianfranco Bartolini. L’Istituto conserva inoltre una raccolta di circa 2.000 tra volantini e manifesti, tra cui quelli prodotti nel corso della lotta antifascista e della guerra di Liberazione. Nel corso degli anni il patrimonio dell’Istituto si è progressivamente ampliato per arco cronologico, soggetti e tematiche, fino ad abbracciare molteplici aspetti della storia politica, sindacale, sociale e culturale del Novecento. I fondi raccolti con il crowdfunding permetteranno all’Istituto di attualizzare la propria banca dati in cui riunire tutti gli inventari per digitalizzarli e renderli disponibili alla consultazione pubblica, così da far conoscere il patrimonio alla cittadinanza e agevolare il lavoro di studenti, ricercatori e appassionati. L’archivio digitale permetterà a chiunque di fare ricerche a distanza, individuare i documenti presenti presso l’Istituto e farne richiesta anche via mail, in formato digitale. Insieme a questo, il progetto prevede la realizzazione di un nuovo sito web che permetta un facile accesso, non solo al patrimonio dell’archivio, ma anche a quello della Biblioteca e dell’Emeroteca e che presenti al pubblico le diverse iniziative, in particolare le mostre virtuali, preziosi strumenti di conoscenza della storia.

Firenze, 28 giugno 2024

Ufficio Stampa

Unicoop Firenze

Sara Barbanera




L’archivio delle rappresentanze sindacali del Nuovo Pignone di Firenze on-line grazie al bando del Ministero della cultura, Direzione generale archivi

La FIOM di Firenze, Prato e Pistoia ha ottenuto un finanziamento da parte del Ministero della cultura, Direzione generali archivi, attraverso il bando pubblico per interventi sugli archivi dei movimenti politici e degli organismi di rappresentanza dei lavoratori (Legge 205/2017) per un’azione finalizzata alla descrizione e pubblicazione online sul portale storialavorotoscana.it dell’inventario dell’archivio delle rappresentanze sindacali aziendali dell’azienda Nuovo Pignone Baker Hughes di Firenze, conservato presso la sezione aziendale della FIOM con materiali che partono dal 1964 e arrivano fino a oggi e relativi alla Commissione interna, al Consiglio di fabbrica e alle Rappresentanze sindacali unitarie (RSU).

 

L’intervento è affidato alla Dott.sa Mariamargherita Scotti, archivista di lunga esperienza.

 

L’assistenza scientifica e strumentale verrà fornita dalla Fondazione Valore Lavoro ed è stato insediato un Comitato scientifico per garantire lo svolgimento del progetto composto da Stefano Bartolini, direttore Fondazione Valore Lavoro, Pietro Causarano, università di Firenze e Tommaso Cerusici, responsabile archivio storico FIOM nazionale.

 

Per Bartolini si tratta di «un’importante occasione, che rafforza la raccolta degli archivi del lavoro toscani sul portale della Fondazione Valore Lavoro e apre le porte a sviluppi sia sul piano della ricerca storica che delle attività di Public History da realizzare direttamente con chi oggi lavora alla Nuova Pignone».

 

Per il Segretario Generale della FIOM Toscana e Coordinatore nazionale FIOM del gruppo Nuovo Pignone Baker Hughes Daniele Calosi è «un grande riconoscimento dell’impegno dei lavoratori nella salvaguardia della propria memoria storica e della serietà con cui è stato salvaguardato l’archivio e costruito un progetto culturale per la valorizzazione della storia operaia della Pignone».

 

La documentazione (91 buste per circa 8 metri lineari) è stata già in gran parte ordinata dai lavoratori nel corso del tempo. Da un punto di vista qualitativo i materiali sono riferibili a: accordi sindacali; verbali di riunioni, incontri, trattative; assemblee sindacali; relazioni; appunti; elenchi componenti Commissione interna, Consiglio di fabbrica, RSU; permessi sindacali; tabelle sulla forza lavoro aziendale; studi e analisi; fonderia del Pignone; appalti; lavoro interinale e in somministrazione; commesse estere; accordi per le trasferte dei lavoratori; corrispondenze; volantini; documentazione sull’attività delle organizzazioni sindacali interne ed esterne all’azienda; rassegne stampa; comunicati stampa; corsi e formazione; 150 ore e diritto allo studio; salute e sicurezza; ambiente di lavoro; infortuni; morti sul lavoro; infermeria e poliambulatorio interno; protocolli sanitari e per l’emergenza Covid; Sanità e welfare integrativi; convenzioni con la banca interna e con la Cassa di risparmio di Firenze; fondi pensionistici; documentazione sulla privatizzazione dell’azienda; attività per il 25 aprile in fabbrica; cerimonia alla lapide interna alla fabbrica in ricordo dei 4 lavoratori deportati in Germania a seguito dello sciopero del 1944; attività politica sui temi della pace, internazionali, terrorismo e antifascismo; attività delle sezioni dei partiti interne all’azienda; attività sociali nel territorio (casa, senza tetto, case di riposo ecc…); attività solidali (volontari in Irpinia ecc…); censimento dello stato dell’archivio nel 1983; mostra sulla storia della Pignone nel 1983.




Nuovo progetto del Museo della deportazione di Prato: si cercano testimonianze sulla strage di Figline.

Per un nuovo progetto, il Museo della Deportazione e Resistenza cerca testimoni diretti o indiretti.
Testimonianze di una madre o un padre, una nonna o un nonno, che sono state tramandate alle generazioni successive.
Per dare il proprio contributo:
inviare una mail a: e.iozzelli@museodelladeportazione.it
oppure chiamare: 055 46 16 55
o tramite WhatsApp: 347 09 15 838