A Calci iniziativa su “Il Porrajmos: il genocidio dimenticato”

Il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria per ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione dei cittadini ebrei, la deportazione politica, la prigionia militare, la morte. Il legislatore si è dimenticato, però, di commemorare anche i 500mila rom e sinti vittime del genocidio. Uno sterminio sconosciuto e dimenticato anche nelle aule del Parlamento. Così per ricordarlo è stato necessario, in una frammentazione della memoria, cercare una nuova data. L’accordo internazionale ha individuato il 2 agosto perché nella notte fra il 2 e il 3 agosto 1944 2.987 Rom, soprattutto donne, bambini e anziani furono sterminati con il cosiddetto progetto di liquidazione dello ZigeunerLager di Birkenau.

Ma cosa è il Porrajmos? E perché è importante commemorarlo?

Ne parlerà la Professoressa Chiara Nencioni, alla presenza di Emanuele Piave, rappresentante dell’UCRI (Unione comunità romanès in Italia) in un webminar organizzato dal Comune di Calci (Pi).  Per poter seguire l’evento collegarsi il 27 gennaio alle 17.30 al link urly.it39tjg sulla piattaforma zoom.

Letteralmente “inghiottimento”, “grande divoramento” o “devastazione”, Porrajmos è il termine con cui Rom e Sinti e Camminanti hanno denominato la persecuzione da loro subita durante il fascismo e lo sterminio del loro popolo perpetrato dai nazisti e dai loro alleati durante la seconda guerra mondiale. Questo disegno omicida è definito anche con il termine Samudaripen, che significa letteralmente “tutti uccisi”. La stima delle vittime si aggira fra i 220.000 e i 500.000, quindi circa il 25% della popolazione nomade complessiva presente in Europa tra le due guerre, in altre parole, un Rom su quattro.

La conferenza, partendo dallo spiegare chi sono i sinti e i rom, traccia la storia dell’antiziganismo, sin dal Medioevo, la diffidenza e i pregiudizi che hanno indotto tutti i paesi europei moderni ad adottare bandi di espulsione nei confronti degli “zingari”, fino alla programmazione del genocidio da parte nazista. Ma già il regime fascista dal 1926 aveva imposto misure restrittive verso i circa 95.000 rom e sinti allora presenti in Italia e cercato di limitare l’ingresso e la circolazione delle carovane nomadi sul territorio nazionale. Tutti gli appartenenti a queste etnie venivano indistintamente schedati come stranieri e successivamente chiusi fino all’armistizio in campi di concentramento -i tre più importanti: Boiano e Agnone (Molise) e Tossicia (Abruzzo)- in cui le condizioni di vita erano estreme.

In Germania le tracce del porrajmos vanno seguite a partire dal censimento degli “zingari”, voluto in Baviera da Dillmann. I dati raccolti da Dillmann divennero la base per la redazione del ZigeunerBuch che in 344 pagine elenca i dati personali e genealogici di 3350 persone appartenenti all’etnia Rom. Sempre in Baviera, nel 1929 viene creato l’“ufficio centrale per la lotta alla piaga zingara” poi utilizzato dai nazisti per attingere informazioni su rom e sinti in modo da trovare le motivazioni scientifiche attraverso cui sia loro possibile avvalorare la tesi che gli zingari non appartengono alla “razza ariana” e che quindi devono essere catalogati come “razza impura”. Quando Hitler diventa cancelliere, i rom e sinti presenti in Germania ammontano circa a 25.000. Dapprima tutti vengono arrestati per sterilizzarli, perché considerati una popolazione ereditariamente malata di asocialità e del “gene della criminalità e del pericoloso istinto al nomadismo”, poi nel 1935 è emanata una legge che proibisce i matrimoni tra gli “zingari” e gli “ariani” e nel 1936 un’altra che inserisce tutti gli appartenenti alla categoria “zingari” nei campi di sosta forzata sorti alle periferie delle città tedesche per utilizzare queste persone come mano d’opera schiava.

Dopo aver tracciato un quadro della persecuzione dei sinti e rom nei paesi occupati dai nazisti, la Professoressa Nencioni tratterà della “soluzione finale della piaga zingara”, che avviene nel 1942 nello Zigeunerlager di Auschwitz Birkenau. Il registro del campo contava 10.649 femmine e 10.094 maschi tra cui molti bambini. Questo campo era regolato in modo diverso dagli altri: le famiglie non venivano divise come avveniva per gli altri internati e non partecipavano ai gruppi di lavoro. Il campo era completamente lasciato a sé stesso: niente cibo né medici (se non Mengele, il quale prediligeva per i suoi esperimenti bambini rom e sinti per la loro presunta appartenenza alla razza pura degenerata), niente di niente. Finché la notte fra il 2 e il 3 agosto si decise di liquidare il campo, mandando nelle camere a gas tutti i suoi abitanti.

E alla fine della guerra? Nessuno dei medici e degli antropologi, tra cui Robert Ritter ed Eva Justin, che avevano lavorato nei campi per concludere, attraverso ricostruzione di alberi genealogici e misurazioni antropometriche, che l’inferiorità razziale di rom e sinti era dovuta a due caratteri ereditari, l’asocialità e l’istinto al nomadismo, e che erano degenerati per “razza”, sono stati mai condannati per i crimini compiuti e sono tornati indisturbati a lavorare all’interno degli uffici statali. In Svizzera, fino agli anni ’80 il governo ha predisposto per gli Jenische ((i cosiddetti “zingari bianchi” della Svizzera) procedure di allontanamento forzato dalle famiglie, elettroshock, sterilizzazione e l’affidamento dei bambini a istituti psichiatrici o religiosi per essere rieducati. In Germania gli studi di Ritter e Justin passano nelle mani Hermann Arnold che pubblica il saggio dal titolo Die Zigeuner. I suoi studi indirizzarono l’azione dei governi europei (anche quello italiano) che dagli anni Sessanta costruiscono politiche che avrebbero voluto essere per l’inclusione dei rom, ma che hanno prodotto emarginazione. L’emarginazione del campo nomadi è stata dunque creata sulla base dello stereotipo dello zingaro. Stereotipo che è ancora difficile da decostruire: i meccanismi, più o meno inconsci, di discriminazione e xenofobia nei confronti del popolo rom e sinto sono diffusissimi e determinano le politiche di segregazione di cui sono sovente fatti oggetto.

Celebrare il Porrajmos è un passo avanti nella conoscenza delle discriminazioni di cui il popolo rom è stato a lungo vittima e della feroce persecuzione nell’ottica di pulizia etnica che non trova ancora quasi mai traccia neppure nei manuali di storia. E’ importante conoscere il Porrajmos ancora di più in Italia, dove certamente le politiche sempre più xenofobe e razziste non aiutano e dove si registra ancora adesso il più alto livello di discriminazione nei confronti di queste minoranze etniche, che tuttavia sul territorio nazionale costituiscono soltanto lo 0,02% della popolazione totale. E’ quindi insensato parlare, come si è troppo soliti fare, di invasione rom.

Tuttavia, anziché creare memorie separate e numerose giornate dedicate alla memoria di varie categorie di vittime o martiri, è importante stimolare una memoria comune che si basi su percorsi di conoscenza dei fatti, al di là dei particolarismi etnici o di parte.  È doveroso ricordare il genocidio di rom e sinti in Europa, ma è importante inserirlo nella storia comune delle varie popolazioni, gruppi etnici, categorie sociali e politiche perseguitati dal totalitarismo nazista. E’ perciò importante che si menzioni il porrajmos nella legge nazionale n.211 del 2000 che fa del 27 gennaio «il Giorno della Memoria». La memoria della distruzione e della negazione della vita umana non va perpetuata in nome di riferimenti razziali o attraverso memorie diverse e distinte.

Mi piace concludere con le parole della senatrice a vita Liliana Segre, pronunciate nel 2018: “la Shoah degli ebrei e il Porrajmos dei popoli nomadi sono parte di uno stesso progetto disumano. Io ricordo, perché io c’ero; c’ero in quei campi di sterminio in cui, insieme agli Ebrei, anche altre minoranze vennero annientate. Tra queste, il gruppo più numeroso era proprio quello degli appartenenti alle popolazioni Rom e Sinti”.




Nel centenario del PCI, la Biblioteca Serantini promotrice di un progetto per conservare la storia dei comunisti pisani

La Biblioteca Franco Serantini, archivio e centro di documentazione di storia sociale contemporanea, tra i vari eventi in programma per il 2021, presenta il progetto dedicato al centesimo anniversario della nascita del Partito Comunista Italiano, dal titolo: 100 anni dalla fondazione del Partito comunista (1921-2021): tra memoria e storia. Progetto per la conservazione, la tutela e la divulgazione della storia dei comunisti di Pisa e provincia: documenti, oggetti, testimonianze dei protagonisti.

Il primo obiettivo del progetto è quello di salvaguardare l’archivio della Federazione pisana del PCI, con l’intenzione nel tempo di valorizzarlo e metterlo a disposizione degli studiosi e dei cittadini e con questo rilanciare l’interesse per la storia dei comunisti nel nostro territorio, attraverso una ricostruzione storico/critica delle vicende della Federazione pisana.

Perché occuparsi oggi dell’archivio del PCI e in genere degli archivi dei partiti politici?

Dalla caduta del fascismo agli anni Novanta, il ruolo che i partiti politici hanno svolto nella vita politica ed istituzionale del nostro Paese ci induce ad affermare che essi hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella costruzione di una coscienza civica collettiva, che è andata a ridisegnare, sotto l’aspetto morale e politico, un paese distrutto da vent’anni di dittatura.

Si è scritto infatti che la democrazia italiana non poteva nascere, o riprendere il suo cammino, se non come una democrazia segnata dalla partecipazione dei cittadini e dei partiti politici alla vita del Paese. Quest’ultimi, esercitando un ruolo di cerniera fra lo Stato e la società, di vivaio di quadri per il Governo e per il Parlamento, hanno svolto nella storia contemporanea, almeno fino ai primi anni Novanta, un ruolo di importanza crescente, di coscienza critica nella costruzione dell’Italia repubblicana.

Questo ruolo vale ancora di più per la storia del PCI, non solo per gli aspetti istituzionali, ma soprattutto per quelli sociali. È innegabile, infatti, l’azione svolta da quel partito e dai suoi militanti nella lotta per il riscatto e la difesa dei diritti dei lavoratori, come nella rinascita dei sindacati di categoria e nazionali, in un periodo di forte conflittualità sociale. Un ruolo insostituibile, svolto assieme alle altre forze politiche del movimento operaio, nella costruzione della democrazia repubblicana di fronte ai nodi irrisolti dell’Italia nata dalla Resistenza ancora fortemente condizionata dal lascito drammatico del ventennio fascista.

Impegnarsi, dunque, a salvaguardare le fonti documentarie dei partiti, e del partito comunista in particolare, significa impegnarsi a tutelare, con un approccio critico/scientifico, la storia del nostro Paese e a non privarla dei suoi fondamentali punti di riferimento, cercando di comprendere anche la storia della crisi politica che negli ultimi decenni ha travolto i partiti tradizionali; significa anche garantire , nel contempo la trasmissione di questa memoria alle future generazioni.

In secondo luogo, la Biblioteca Franco Serantini ha accolto l’invito di alcuni ex militanti comunisti e ha promosso la costituzione di comitato con lo scopo di coordinare l’iniziativa: ad oggi, hanno aderito a livello personale gli ex militanti e dirigenti del PCI: Gian Mario Cazzaniga, Fabrizio Cerri, Paolo Fontanelli, Carlo Gori, Franco Marmugi, Stefano Pecori, Carlo Scaramuzzino e Cristiana Torti .

È  già stata avviata la raccolta di memorie scritte e orali degli ex militanti di Pisa e della provincia, al fine di ricostruire le loro esperienze politiche e di approfondire il legame tra politica e territorio, per poter meglio comprendere l’evoluzione del partito dall’immediato secondo dopoguerra fino al 1991, anno in cui il PCI deliberò il proprio scioglimento promuovendo contestualmente la costituzione del Partito Democratico della Sinistra..

Si invitano gli ex militanti ad aderire al Comitato promotore e a contattare i suoi componenti, in modo da rilasciare le proprie testimonianze e a mettere a disposizione materiali e documenti per arricchire il fondo documentale e archivistico dedicato alla Federazione comunista pisana.

Per informazioni e contatti: memoriapcipisa@gmail.com

 




Razzismi e confini difficili: l’Alto Adriatico, l’Italia, l’Europa: corsi di formazione della Domus Mazziniana

La Domus Mazziniana– Istituto Storico Nazionale – ha organizzato nel quadro del proprio protocollo d’Intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana un corso di formazione per docenti e studenti sul tema del confine alto-Adriatico nel Novecento. L’iniziativa è promossa in collaborazione con l’IIS Santoni (scuola capofila), l’IIS Da Vinci-Fascetti e il Liceo Dini di Pisa e con l’IIS Ferraris-Brunelleschi di Empoli, e si inserisce nell’ambito del percorso di formazione promosso dalla Regione Toscana e coordinato dall’ISRECG di Grosseto.

Destinatari del corso, che si articola su due province, sono gli alunni delle classi del triennio degli Istituti Secondari di II grado Ambito Toscana 18 (Pisa), gli alunni delle classi del triennio degli Istituti Secondari di II grado IIS “Ferraris-Brunelleschi” (Empoli) e i docenti toscani.

Attraverso una serie di conferenze tenute dai massimi esperti, l’obiettivo è quello di fornire una conoscenza storica documentata su un tema complesso della storia italiana ed europea del Novecento, spesso oggetto di un uso pubblico tanto diffuso quanto non necessariamente informato.

I docenti avranno modo di confrontarsi con la storia di una regione travagliata da mutamenti continui, cambi di frontiera che hanno segnato la storia di individui, così come di comunità nazionali e sociali.

Gli studenti potranno approfondire, attraverso un incontro rigoroso con fonti, documenti, testimonianze, memorie, un percorso di conoscenza storica aggiornato, che proietta la sua luce sulla comprensione delle relazioni di cittadinanza attiva europea contemporanea. Per questo a una serie di attività di formazione con esperti e enti esterni si affiancheranno attività di lavoro individuale e di gruppo volte all’applicazione di quanto acquisito.

Il corso, nell’ambito del progetto della Regione Toscana sui confini difficili, è anche propedeutico alla selezione di 6 studenti (2 per ogni Istituto coinvolto nel progetto regionale: Da Vinci-Fascetti e Santoni di Pisa, Ferraris-Brunelleschi di Empoli) che parteciperanno al viaggio-studio organizzato e finanziato dalla Regione Toscana.

Gli studenti delle due province coinvolte lavoreranno insieme a momenti di restituzione inter-istituti e istituzionali.

Sono previsti gli interventi dei seguenti relatori:

Paolo Pezzino (Pisa), (Istituto Nazionale “F. Parri”), Un confine difficile: Venezia Giulia, Istria e Dalmazia

Daniela Bernardini (Pisa e Empoli), Luigi Puccini (Pisa e Empoli), (I.T.I. “Marconi”, Pontedera), A proposito di Julka, ti racconto

Matteo Mazzoni (Pisa e Empoli), (Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età Contemporanea, Firenze), Dimenticate, obliate, usate: le “foibe” nel discorso pubblico dell’Italia repubblicana

Enrico Miletto (Pisa), (Università di Torino), Partenze e approdi: storia, dinamiche e traiettorie dell’esodo giuliano-dalmata

Raoul Pupo (Pisa e Empoli), Titolo da definire

Alessandro Cattunar (Empoli), (Associazione Quarantasettezeroquattro), Storia di una linea bianca, un confine mobile tra immagini e memorie

Marco Abram (Empoli), (Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa), La Jugoslavia socialista e la regione di confine alto-adriatica: politica, cultura e identità

Silvia Dai Pra’ (Pisa e Empoli), Presentazione del volume Senza salutare nessuno (Laterza, 2019)

Marta Verginella (Pisa e Empoli), Titolo da definire

Il coordinamento scientifico è affidato al professor Pietro Finelli della Domus Mazziniana, il coordinamento organizzativo e didattico alla professoressa Orsetta Innocenti (che coordina anche le attività organizzative per Pisa a nome dell’IIS Santoni, scuola capofila), alla professoressa Maria Carmela Calfapietro e al professor Andrea Bruscino (coordinatore per la parte empolese).

Riferimenti Sofia:

Pisa (id. SOFIA 36370)

Empoli (id. SOFIA 36614)




Una nuova sede per la Biblioteca Franco Serantini!

Con la grande piacere la direzione della Biblioteca Franco Serantini comunica che la biblioteca nel suo 40° anno di attività, dopo un’intensa campagna di solidarietà e di raccolta fondi, ha finalmente trovato casa e di conseguenza in questi ultimi mesi si attiverà per il trasferimento dell’intero patrimonio dell’Archivio generale dell’Ateneo pisano alla nuova sede.

La nuova sede si trova alla Fontina, fraz. di Ghezzano nel Comune di S. Giuliano T. (PI), al confine nord-est della città di Pisa

Tutta la corrispondenza d’ora in avanti va inviata a:

Biblioteca Franco Serantini
Via G. Carducci n. 13 Località La Fontina – 56017 GHEZZANO (PI) – Italia –
Tel. ++39 0503199402 (nuovo n. di telefono)
cell. ++39 331117979

L’inaugurazione della nuova sede è prevista a gennaio in occasione della “Giornata della memoria”, la nuova dislocazione della biblioteca porterà il nome di Casa della memoria e della cultura di Pisa e S. Giuliano. verrà successivamente comunicato il programma dettagliato.




Il MUME ha festeggiato il suo primo compleanno!

Il MUME, il Museo della Memoria di San Miniato, spegne la sua prima candelina, e lo fa con lo storico Paolo Pezzino, Presidente del Ferruccio Parri, la rete degli Istituti Storici della Resistenza e dell’Età contemporanea.

Il museo, che non a caso ha trovato sede nella ex casa del fascio e della gioventù littoria, è costituito da una sala con alcuni pannelli multimediali, teche con stampa di epoca fascista -ad esempio La difesa della razza e vari abbecedari- e diari di alcuni antifascisti locali fra cui Giuseppe Gori e i cosiddetti “quadernini neri” che il padre di Giani (l’attuale presidente del Consiglio Regionale, che è intervenuto nelle celebrazioni) ha scritto a 18 anni, nel ’44, quando si nascose per 40 giorni nel tunnel-rifugio scavato nel tufo della collina di San Miniato. Pannelli illustrano poi la storia di San Miniato dalla Seconda Guerra Mondiale alla libertà.

I festeggiamenti per il primo compleanno del MUME erano stati preceduti, la scorsa settimana, da una conferenza, sempre di Paolo Pezzino, sui fatti del Duomo: il 22 luglio 1944, 55 persone morirono nella strage del Duomo di San Miniato a causa di una granata sparata -si discute ancora- dal 337º Battaglione d’artiglieria campale statunitense (versione dei fatti più accreditata dal 2004) o dalle truppe tedesche della Terza Divisione granatieri corazzati, allora in ritirata dalla cittadina (come sostiene ancora il Professor Pezzino).

La memoria deve fondare le sue radici nella conoscenza storica”, esordisce Pezzino, il quale auspica che il MUME aderisca alla rete “Paesaggi della memoria”, che riunisce 25 realtà museali in Italia, ad esempio la Fondazione Fratelli Cervi, il Museo Monumento al Deportato di Carpi, il Museo diffuso della Resistenza a Torino e, per venire alla nostra Regione, il Museo della Resistenza a Fosdinovo, quello della Deportazione di Prato, le Stanze della Memoria di Siena. “La Resistenza non ha unificato la memoria degli Italiani” afferma Pezzino “fare rete serve a questo, a unire i frammenti di una storia nazionale”.

In Italia manca ancora un museo della Resistenza, sebbene essa sia stata il più grande impegno civile della storia nazionale, perché alla fine della guerra l’Italia non è riuscita a riunirsi intorno alla memoria e alla condivisione ma si è divisa e ha fatto poco per sradicare il fascismo dalla coscienza degli Italiani”.

Ma evidentemente , anche pensando alle controversie relative alla costruzione del Museo della Resistenza a Milano, nella Casa della Memoria, sede attuale del Ferruccio Parri, la memoria della Resistenza resta divisa, perfino in seno a coloro che dovrebbero preservarla e onorarla.




Anche l’ISRT al viaggio di Istituzioni e Aned, con centinaia di studenti, per il 74° della liberazione di Mauthausen

Esattamente fra una settimana, domenica 5 maggio, si svolgerà sul piazzale del KZ di Mauthausen, la cerimonia internazionale in occasione del 74° anniversario della liberazione del campo.
Saranno oltre 800 i partecipanti, provenienti dalla Toscana, una carovana, composta da 16 autobus accompagnata da circa 40 volontari di ANED.

Con il pullman della Città metropolitana di Firenze, che riunisce gli studenti delle scuole superiori dell’area metropolitana, sarà presente anche il Direttore dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, Matteo Mazzoni.

La delegazione è così composta:

Aned Sezione di Empoli circa 180 partecipanti

comuni di;
Castelfiorentino, Cerreto Guidi, Certaldo, Empoli, Fucecchio, Gambassi, Limite e Capraia, Montaione, Montelupo Fiorentino, Montespertoli, Vinci.

SPI – CGIL, Associazione dei genitori di ragazzi con disabilità Noi da Grandi.

Aned Sezione di Firenze circa 290 partecipanti – delegazione composta da:

Città Metropolitana di Firenze,

comuni di;
Bagno a Ripoli, Baberino di Mugello, Barberino Valdelsa – Tavarnelle Valdipesa, Calenzano, Dicomano, Firenze, Impruneta, Lastra a Signa, Londa, Pelago, Pontassieve, Rufina, San Casciano Valdipesa, San Godenzo, Scandicci, Sesto Fiorentino, Signa.

Aned Sezione di Pisa circa 290 partecipanti – delegazione composta da:

Provincia di Pisa,

comuni di;
Bientina, Buti, Calci, Calcinaia, Capannoli, Casale Marittimo, Casciana Terme – Lari, Cascina, Castelfranco, Castellina Marittima, Castelnuovo Val di Cecina, Fauglia, Guardistallo, Montecatini Val di Cecina, Montescudaio, Montopoli in Valdarno, Palaia, Peccioli, Pisa, Pomarance, Ponsacco, Pontedera, Riparbella, Rosignano, Santa Croce Sull’Arno, San Giuliano Terme, San Miniato, Santa Maria a Monte, Terricciola, Vicopisano, Volterra.

Aned Sezione di Prato circa 60 partecipanti – delegazione composta da:

Fondazione Museo della Deportazione, Associazione Sinti di Prato,

Comuni di;
Carmignano, Cantagallo, Montemurlo, Poggio a Caiano, Prato; Vaiano, Vernio.

CGIL e SPI CGIL, Pubblica Assistenza di Prato




“Guerra totale, collaborazionismi, resistenze”: da marzo il corso di formazione per docenti promosso da ISREC Lucca

L’Istituto Nazionale “Ferruccio Parri” e l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in provincia di Lucca, in collaborazione con Domus Mazziniana, organizzano due corsi di aggiornamento a Lucca e Pisa, rivolti ai docenti di storia ma aperti anche ad uditori esterni: ogni corso prevede quattro incontri della durata di tre ore ciascuno (dalle 15.00 alle 18.00); la partecipazione ai corsi da parte dei docenti sarà riconosciuta con attestato valido ai fini della formazione in servizio. Obiettivo del corso è quello di fornire spunti di riflessione utili all’elaborazione di percorsi didattici relativi alla storia della Seconda guerra mondiale.

Per iscriversi: l’iscrizione è libera e gratuita, da effettuarsi inviando un’email all’indirizzo isreclucca@gmail.com entro e non oltre martedì 12 marzo 2019.

Per maggiori informazioni: tel. 0583 55540 – web www.isreclucca.it




Appello per dare una casa alla Biblioteca Serantini

Nel 2019 la Biblioteca Franco Serantini entrerà nel suo 40° anno di vita. Un anniversario speciale da molti punti di vista, infatti non è comune che una struttura culturale nata dalla società civile, autofinanziata e autogestita riesca a raggiungere una tale età!

La biblioteca ancora oggi non ha una propria casa, al momento continua a essere ospitata dall’Università di Pisa, ed è per questo che l’Associazione amici della Biblioteca F. Serantini promuove per tutto il prossimo anno una SOTTOSCRIZIONE NAZIONALE per dare una sede stabile alla Biblioteca F. Serantini.
Tale operazione, che dovrà realizzarsi entro il 31 dicembre 2019, potrà garantire la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio della Biblioteca ma anche di attivare finalmente il progetto di un “Laboratorio delle culture e delle memorie”, con l’intento di conservare, condividere e raccontare la memoria e la storia sociale e politica dell’età contemporanea ed essere luogo di discussione e progettazione per la cultura libertaria del 21 secolo.

Chiunque voglia partecipare alla SOTTOSCRIZIONE NAZIONALE – che ha l’obiettivo non solo di dare una sede alla biblioteca ma anche di attrezzarla per consentire una fruizione più ampia possibile – può inviare la propria donazione all’Associazione amici della biblioteca utilizzando il seguente IBAN:
IT25 Z 076 0114 0000 0006 8037 266
intestato a: Associazione amici della Biblioteca F. Serantini, via I. Bargagna n. 60 – 56124 Pisa

In allegato il testo completo dell’Appello per la sottoscrizione.