Lectio di Paolo Pezzino per la chiusura del Festival Fino al cuore della Rivolta 2021

“Questa domenica in Settembre” direbbe Guccini, il 5, “Fra i castagni dell’Appennino” (in realtà della Lunigiana) si è concluso il Festival Fino al cuore della Rivolta, presso il Museo audiovisivo della Resistenza a Fosdinovo.

Il gran finale ha coniugato cultura e musica, come è nell’anima del Festival. Sono stati celebrati i 700 anni dalla morte del Sommo Poeta con Maria Antonietta che ha magistralmente interpretato il Canto XXVII dell’Inferno con uno spettacolo dal titolo L’inferno di Guido. La musica è stata quella hard rock dei Little Pieces of Marmelade, conosciuti anche come LPOM, che sono stati capaci di attirare un pubblico giovanile.

Nella giornata conclusiva non poteva mancare Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, che ha un rapporto privilegiato con il Museo audiovisivo della Resistenza, di cui è il Direttore scientifico.

Il Professore ha tenuto una lectio brevis dal titolo Creare un museo nazionale della Resistenza in Italia: un’impresa impossibile? Questa domanda sembra apparentemente stupida, sostiene Pezzino.

A pensarci non c’è neppure un museo nazionale del Risorgimento. Anche se la Resistenza non è il secondo Risorgimento, come ancora qualcuno sostiene.

Gli elementi che ostano sono tre.

Il primo è che la Resistenza non è stato un momento di unità delle forze antifasciste dopo il ’45, non conservando la sua natura interpartitica. Questo perché dopo, nel clima di guerra fredda, alcuni partiti non hanno più rivendicato a partecipazione alla Resistenza ed essa è diventata un momento divisivo, come osservò Norberto Bobbio: “l’anticomunismo si è sostituito all’antifascismo”. Inizia addirittura una rivalutazione del fascismo e viene fondato l’MSI esplicitamente ispirato all’ultimo momento del fascismo. Poi l’antifascismo è passato di moda e ora c’è chi dice che Mussolini ha fatto anche cose buone. Berlusconi non ha mai celebrato il 25 Aprile tranne l’ultimo anno del suo governo. I 5 stelle sull’antifascismo non hanno mai detto una parola chiara, perché al loro interno convivono una anima di destra e una di sinistra, quindi non si indentificano con l’antifascismo. E ora ci sono forze politiche (Lega, Fratelli di Italia) che si richiamano, implicitamente o esplicitamente, all’esperienza fascista per rivalutarla.

Dunque, trattandosi di un museo nazionale, la spinta alla sua istituzione doveva venire dal governo, ma non è mai arrivata. Solo il Ministro Franceschini circa due anni fa ha annunciato a Milano un finanziamento per la creazione del Museo Nazionale della Resistenza.

Il secondo motivo “ostante” è che la Resistenza è stata per lo più un fenomeno locale, con bande che trovavano difficoltà a connettersi e a collegarsi a strutture più ampie, tranne che nell’ultimo periodo della lotta armata. Il ricordo che dunque se ne è voluto dare è localistico. Non si è sentito il bisogno di narrare complessivamente una storia così complessa. Questo spiega perché, sparsi sul territorio nazionale, ci sono decine di musei della Resistenza: uno è questi è quello di Fosdinovo, che pur essendo collegato alla realtà di Massa, Carrara, La Spezia, ha un afflato nazionale. Altri esempi sono casa Cervi, il museo della deportazione di Carpi, quello di Via Tasso, il museo diffuso di Torino… Insomma, la frammentazione rispecchiala realtà italiana.

E veniamo al terzo punto: il museo della Resistenza deve essere storico, non un memoriale dei partigiani e nel costituirlo, bisogna tenere conto della sua estrema complessità. Della Resistenza si è fatto il braccio armato del popolo italiano che dopo il 25 Aprile si era svegliato antifascista. Questa è una celebrazione retorica, non storica. Per allestire un museo storico della Resistenza deve essere affrontata la complessità di essa, quella complessità che ha magistralmente individuato Claudio Pavone parlando di tre guerre: una di liberazione nazionale, una civile, una di classe (quest’ultima in alcune zone di Italia, soprattutto in Emilia Romagna). La Resistenza non è sempre uguale cronologicamente né geograficamente. Molto diverse sono state anche le bande: comuniste, socialiste, del partito di azione, autonome, composte principalmente da militari, cattoliche etc.

Non bisogna dimenticare che alla Resistenza italiana hanno partecipato anche molti non italiani. A questo proposito si veda, ad esempio, il recente libro curato da Mirco Carrattieri e Iara Meloni Partigiani della Wehrmacht. Ma alla Resistenza italiana hanno aderito anche stranieri, ad esempio partigiani russi e cecoslovacchi, così come Italiani hanno partecipato alla Resistenze all’estero. Bisogna pure ricordare che c’è stata una Resistenza armata, una direzione politica che si esprimeva nei comitati di liberazione nazionale, e una resistenza civile.

Insomma, quello sulla Resistenza è un discorso complesso che necessità di una grande sforzo scientifico, e un grave impegno finanziario per costituire un museo storico nazionale che sia degno di tale nome.

Attualmente è in gestazione a Milano un museo nazionale della Resistenza, che dovrà sorgere accanto alla Fondazione Feltrinelli. È stato creato Consiglio di supervisione che comprende due rappresentanti del Comune di Milano, due del segretariato regionale per la Lombardia dei Beni Culturali in rappresentanza del Mibac, dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri che dovrà curare la progettazione scientifica. C’è poi un comitato di esperti nominato dalle varie associazioni, con il quale condividere il progetto museale.

Nonostante la volontà del Ministro Franceschini, per la creazione del museo permangono alcuni problemi organizzativi e finanziari: 25milioni di euro sembrano tanti, ma non lo sono se si considera che bisogna costruire un edificio nuovo. Inoltre bisognerà prevedere, come in tutte le principali realtà europee, un importante centro di documentazione con archivio e biblioteca.

Nonostante tutto, il Museo Nazionale della Resistenza dovrebbe venire alla luce nel 2024-2025.

Speriamo di realizzare una struttura all’altezza dei musei nazionali che troviamo all’estero, in grado di parlare a livello europeo di queste tematiche.




Presentato a Pisa “Il tempo senza Storia” di Prosperi.

Alle ore 18 di venerdì 3 settembre, presso il circolo Arci Pisanova, a Pisa, si è tenuta la presentazione dell’ultimo libro di Adriano Prosperi, Il tempo senza storia Torino, Einaudi, 2021.
Introduce Franco Bertolucci -direttore scientifico della BFS-, modera Stefano Gallo -ricercatore CNR- intervengono l’autore Adriano Prosperi – professore emerito di Storia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e Paolo Pezzino -presidente dell’Istituto Nazionale F. Parri-.
Il pubblico, molto numeroso, si è mostrato attento fino alla fine, con una evidente soddisfazione di poter riprendere questi incontri in presenza, avendo a disposizione un ampio spazio all’aperto che ha consentito il distanziamento.
L’iniziativa segna quello che Gallo definisce il “nuovo corso” di vita della Biblioteca Franco Serrantini, diventata Istituto di storia sociale, della Resistenza e dell’età contemporanea, alla sua prima iniziativa come associato all’Istituto nazionale “Ferruccio Parri”, Rete degli Istituti storici della Resistenza dell’età contemporanea.
Dopo i saluti, prende la parola Gallo che, parlando del libro di Prosperi, afferma “interpreta il senso di fare storia”. Prosperi spiega che questo suo ultimo libro è la trascrizione di una conferenza tenuta a Genova di fronte al Palazzo Ducale, quasi due anni fa (la pubblicazione ha subito ritardi a causa del covid) mentre persone affogavano nel Mediterraneo nella totale noncuranza. “A me questo ha fatto venire in mente la Shoah (confronto improprio, lo so) in cui tutti sapevano ma non vedevano e non sentivano”. Da qui il bisogno di interrogarsi sul senso della storia della memoria nella realtà contemporanea.
Gallo poi propone dei punti di riflessione: il primo è il rapporto fra storia e memoria.
A tale proposito Pezzino ribadisce l’ovvia distinzione fra storia e memoria, riprendendo una frase del saggio di Prosperi “la prima è conoscenza accertata del passato, la seconda funzione psichica, viva e palpitante, finestra mentale più aperta all’errore e alla falsificazione”. Aggiunge poi “le memorie dei protagonisti sono fondamentali per ricostruire l’elaborazione del passato ma di quel passato ci dicono appunto quello che il soggetto ricorda dopo anni e anni di rielaborazione E non possono essere utilizzate per ricostruire in maniera solida i fatti di cui si porta ricordo”. La memoria, infatti, è selettiva e più sottoposta all’oblio.
Prosperi concorda: “Io sono nato, direbbe Orazio, Benito consule, ma non oserei raccontare i miei ricordi, perché la memoria è influenzata dal contesto sociale, dalla coscienza civile ed è fatalmente labile, falsificabile. Basti pensare che gli Italiani hanno mistificato di essere stati nella stragande maggioranza fascisti!”.
Il secondo spunto è “la storia come legittimazione del potere politico”.
Pezzino afferma che il primo condizionamento sta già nella selezione dei dati da ricordare. “Anche la storia è selettiva. Lo dimostra, ad esempio, la cancellazione e la sostituzione della storia delle popolazioni conquistate, come quella dei nativi Americani o delle civiltà precolombiane”. E continua: “Nel corso dei secoli si è elaborato un metodo storico che basa l’interpretazione sulla documentazione e su un’analisi critica di tutte le fonti disponibili ed è questo metodo che oggi può fare dello storico un decostruttore delle falsificazioni del potere. Davanti alla falsificazione della storia voluta dal potere politico e diffusa dai mass media, il nostro lavoro di storici, di verifica e di rimando ai dati essenziali e di contestazione appare debole. Ma la sedimentazione di ciò che noi cerchiamo io spero che prima o poi dia i suoi frutti, altrimenti dovremmo ritenere che il lavoro dello storico è del tutto inutile”. E Prosperi aggiunge: “la storia significa etimologicamente ricerca, chi fa questo mestiere non lo deve dimenticare”.
L’ultimo spunto di riflessione, sollevato dalle parole in apertura di Prosperi sulla Shoah, riguarda la celebrazione della Giornata della Memoria.
Pezzino sostiene che la celebrazione “forzata” ed eterodiretta di essa abbia banalizzato la Shoah. “Già la definizione italiana di Giornata della Memoria è discutibile: lascia fuori alcune categorie di vittime, inserisce gli Italiani buoni che hanno salvato”. Ecco il testo: La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Critica poi la definizione ufficiale di antisemitismo proposta dall’IHRA e ripresa da molti governi tra i quali quello italiano, non tanto per il testo in sé (“L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto”), quanto per gli esempi contemporanei di antisemitismo nella vita pubblica, nei mezzi di comunicazione, nelle scuole, al posto di lavoro e nella sfera religiosa, che vengono citati dopo tale definizione, che danno un preponderante peso alle critiche verso la politica israeliana.
A proposito dell’importanza di ricordare la Shoah, Prosperi cita, prendendone le distanze, un articolo di Berardelli in cui si afferma “non è necessario ricordare la Shoah, bisogna andare avanti. Le stragi e le distruzioni di popoli sono ricorrenti nella storia”. Confronta poi questa affermazione con quelle di uno storico cattolico di grande fama che, sul più letto giornale tedesco, proprio negli stessi giorni in cui è uscito il suo libro, ha scritto: “la storia è anche dimenticare, non si può collegare per sempre l’Olocausto al popolo tedesco”, mostrando la pervicace tendenza di questo popolo di prendere le distanze dal passato nazista.
La shoah è il punto massimo dell’evoluzione culturale, scientifica e tecnica del mondo moderno”. Conclude Prosperi “e per questo non possiamo lasciarcela alle spalle”.
A conclusione dell’incontro, entrambi gli studiosi concordano sul fatto che è in atto un “attacco alla storia” e che le responsabilità sono da ricercarsi nello scarso peso data ad essa nella scuola, nella crisi delle biblioteche e degli archivi italiani, quasi sempre chiuse le prime, allo sfascio i secondi. “Ma la storia si fa sui documenti!” inveisce Prosperi, “se i giovani studiosi non possono accedere agli archivi che ricerca fanno?”.
Amareggiato conclude il suo intervento così: “Per un paese che non investe in scuola, luoghi di cultura, ospedali e carceri io non sono ottimista”.




Una nuova donazione arricchisce l’Emeroteca ISRT con 2 riviste della prima metà del Novecento..

L’Emeroteca dell’ISRT – che raccoglie quotidiani, riviste, periodici storici del secolo scorso e le principali riviste di storiografia – ha ampliato il proprio patrimonio nel corso degli anni anche grazie a importanti donazioni da parte di privati.

Recentemente il patrimonio si è arricchito di due importanti riviste della prima metà del Novecento grazie alla donazione compiuta dalle signore Maria Rita e Roberta Ammannati in memoria della madre Clotilde Vesco.

Sono state infatti donate le collezioni complete e rilegate di “La lettura” rivista mensile del “Corriere della Sera” dal 1901 al 1952 e di “Noi e il mondo” rivista mensile de “La Tribuna” dal 1912 al 1931.




UNA PER TUTTI. Le donne di ieri, la comunità di oggi: da settembre il II ciclo

Una per tutti è il progetto dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze nell’ambito di “Partecipazione culturale”, il Bando tematico che la Fondazione dedica al sostegno di programmazioni culturali finalizzate a potenziare la partecipazione attiva della comunità locale e l’inclusione sociale delle periferie.Due cicli da tre incontri ciascuno a partire da una donna che ha contribuito attivamente alla costruzione della democrazia e della cultura del nostro Paese.

Il secondo ciclo, su tre donne che hanno contribuito con passione e competenza a portare la cultura tra la gente, comincia il 24 settembre prossimo. Laura Orvieto, Daisy Lumini e Margherita Hack saranno le nostre protagoniste.

Le racconteremo attraverso gli interventi di espert*, le performance artistiche della cantautrice Letizia Fuochi e attraverso le voci della memoria, cittadin* volontar* che si trasformeranno in Messaggeri di Memoria, consegnandoci le loro storie e tratteggiando – attraverso la loro partecipazione attiva – un momento storico e culturale di grande importanza.

Di seguito il calendario degli incontri e la mail per iscriversi (prenotazione obbligatoria). Cominceremo a raccogliere le adesioni dal 1 settembre, quindi: se vuoi partecipare scrivi una mail a irenedati88@gmail.com a partire dal 1 settembre 2021.

Una per tutti_II ciclo




On line in HD il documentario “Roccastrada 1921. Un paese a ferro e fuoco”

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On line in HD il documentario “Roccastrada 1921. Un paese a ferro e fuoco” (produzione Isgrec/Comune di Roccastrada,  2021, regia di Luigi Zannetti, consulenza storica Isgrec), proiettato in anteprima il 24 luglio u.s. a Roccastrada in occasione del centenario della strage del 1921

》》》https://vimeo.com/577824781




Resistenza “Ante litteram”. Svoltosi a Sarzana il Convegno a 100 anni dai “fatti” del 1921.

Venerdì 16 e Sabato 17 Luglio 2021 si è tenuto, presso la Sala Capriate della Fortezza Firmafede di Sarzana, il Convegno di Studi

 Resistenza “Ante litteram”. A cent’anni dai fatti di Sarzana (1921-2021)

Organizzato da ANPPIA, Archivi della Resistenza, ANPI, Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo, l’evento ha il patrocinio dell’Istituto Nazionale “Ferruccio Parri” – Rete degli Istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea in Italia -, con la presenza del Presidente Paolo Pezzino.

Il Convegno di studi, dedicato al centenario dei “Fatti di Sarzana”, ha riunito alcuni dei più importanti studiosi di quell’epoca storica, insieme a studiosi della nuova generazione (come Andrea Ventura dell’ISREC LU, e Davide Conti, consulente della Procura di Bologna), con un programma densissimo.

Il 21 luglio 1921 avvenne a Sarzana uno dei fatti più significativi ed emblematici del breve intermezzo storico tra “biennio rosso” e il cosiddetto “biennio nero” – come l’ha definito nella sua relazione Angelo D’Orsi (Università di Torino) – fino alla Marcia su Roma. Un evento inserito nel generale contesto di rafforzamento dello squadrismo fascista e, contestualmente, di costruzione di una prima forma di resistenza armata e organizzata.

Cosa avvenne a Sarzana?

All’alba del 21 Luglio giunse una colonna di circa 500 squadristi per assaltare la città e liberare dalla Fortezza Firmafede alcuni fascisti che vi erano incarcerati, responsabili degli atti di violenza e degli omicidi avvenuti nei giorni precedenti. Il prefetto di Genova – in provincia della quale era allora Sarzana -, per proteggere la città da ulteriori assalti squadristi, aveva ordinato l’invio di un nutrito numero di Carabinieri reali e guardie del Regio Esercito, i quali, anziché comportarsi come di norma accadeva, cioè aiutando i fascisti, li fronteggiarono. Durante la giornata di scontri, in cui i fascisti persero quattordici uomini, si verificò uno dei pochi episodi di resistenza armata spontanea all’ascesa del fascismo da parte della popolazione civile e degli Arditi del Popolo – una delle prime organizzazioni antifasciste volta a proteggere la popolazione dalla violenza squadrista (di questa formazione paramilitare ha parlato Eros Francescageli, in collegamento dalla Turchia, nella sua relazione).

I “fatti di Sarzana”, sono una eccezione e già un’anomalia era che la città fosse governata dai socialisti (come sottolinea Emanuele De Luca, di Archivi della Resistenza, nella sua relazione).

I “Fatti di Sarzana” del 21 Luglio 1921 consentono di guardare a quel decisivo momento della storia d’Italia da un’angolatura unica e particolare, individuando la tensione innescata da una violenza squadrista che muoveva i suoi passi tra Carrara e La Spezia generando, così come in altre parti del paese, scontri e azioni di stampo intimidatorio e violento.

 Obiettivo del Convegno di Studi è, in primo luogo, di fare il punto sulla storia del fallito assalto fascista alla città, contestualizzando però i “Fatti” all’interno di una cornice storica ampia, sia storiograficamente che geograficamente, e ricca di piste di studio nuove e originali.

Ampio spazio è stato dedicato ai protagonisti di quello scontro, passando dalla genesi e dalla morfologia dello squadrismo fascista, con gli interventi di Mimmo Franzinelli, dal titolo “squadrismo e resistenza popolare, e di Roberto Bianchi, dell’Università di Firenze, necessari per entrare dentro la storia dello squadrismo, delle sue dinamiche e delle ragioni del suo affermarsi. Bianchi ha tracciato un quadro sintetico degli avvenimenti del 1920-21, in cui il fascismo prende possesso degli spazi pubblici con molto anticipo rispetto alla marcia su Roma, per contestualizzare i “fatti di Empoli” del 1 Marzo 1921, e i “fatti di Sarzana” del 21 Luglio dello stesso anno.

Le motivazioni degli scontri di questi anni vanno rintracciate nella crisi delle élites dirigenti liberali in un paese spaccato già dalla guerra, al ricambio politico e culturale alle amministrative, con l’irruzione delle masse nella scena pubblica e al “salto di qualità” nelle azioni dello squadrismo, nel contesto di un fenomeno transnazionale (cfr. uccisione di Rosa Luxemburg nel ’19 a Berlino).

Del primo antifascismo armato hanno parlato Franco Bertolucci, del Centro Studi Biblioteca “Franco Serrantini”, la storica Martina Guerrini, Gino Vatteroni, del Circolo Culturale Anarchico “Gogliardo Fiaschi” e lo storico Luigi Balsamini.

Di memorialistica e monumenti, di letteratura e narrazioni, hanno parlato Monica Schettino, dell’Istituto nel Biellese, nel Vercellese e in Val di Sesia, lo storico Giorgio Pagano, Massimo Michelucci, dell’Istituto Storico della Resistenza Apuana, Alessio Giannanti ed Emanuele De Luca, entrambi di Archivi della Resistenza, offrendo uno sguardo interdisciplinare sui fatti.

Ha partecipato anche il regista e scrittore Luigi Faccini, che con il suo film “Nella città perduta di Sarzana” del 1980, ha portato un’attenzione a livello nazionale sulla vicenda storica e ha poi continuato a studiare quegli eventi con pubblicazioni e giornate di studio.

Un fondamentale sguardo oltre Sarzana è stato offerto da Cesare Bermani sui “Fatti di Novara”, Fracoise Morel Fontanelli sugli esuli a Marsiglia, William Gambetta sull’arditismo a Parma, Marco Rossi su Livorno e Tiziano Vernazza sul ruolo di La Spezia in tutta questa vicenda.

Numerosissima è stata la presenza al convegno da parte di un pubblico sinceramente interessato. Questo il convegno è stata l’occasione di mettere in relazione gli studiosi con l’intera cittadinanza, facendo sì che le pagine di storia non vengano chiuse o riscritte e favorendo la sensibilizzazione della cittadinanza sul significato storico e civile dell’antifascismo, a partire da un evento storico così significativo per la storia cittadina e nazionale, presentato dalla più autorevole e aggiornata ricerca storico-scientifica.

Il convegno è stato trasmesso anche in streaming sui canali social di Archivi della Resistenza (Facebook e Youtube).




“Il De MARTINO” nuovo ciclo della rivista che sarà edita dalla casa editrice dell’Istituto della Resistenza di Pistoia

“IL DE MARTINO” 31/21 è in stampa: parte un nuovo ciclo della rivista insieme a AISO, Circolo Gianni Bosio, Lega di Cultura di Piadena e Ires Toscana
Una rivista che mette al centro della sua agenda la storia orale, le
culture e le musiche popolari, il mondo del lavoro e le trasformazioni della società contemporanea. Infatti nel numero 31 troverete interventi sui navigator e sulla memoria del G8 di Genova, su oralità e scrittura in Italo Calvino, e poi un ricordo di Alberto Sobrero, un ampio saggio sulla storia di vita di un rifugiato somalo a Torino, un racconto inedito sugli interstizi urbani, un’ampia sezione di Note e recensioni e due dossier tematici fortemente intrecciati tra di loro su temi che agitano le nostre vite e complicano il nostro tempo: le “Storie orali nel tempo del Covid-19” (con interventi da New York e dal Brasile) e lo “smart working” analizzato a partire da una ricerca dell’IRES Toscana.
Dal n.31 la rivista viene pubblicata dalla casa editrice dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Pistoia e sarà disponibile in libreria e on line.

Per i soci dell’Istituto de Martino sarà possibile averne copia al 50% di sconto scrivendo a iedm@iedm.it.

Per proporre dei contributi alla rivista scrivere a:
rivista.ildemartino@gmail.com

Rinnovato anche l’organigramma della Rivista:

Direttore: Antonio Fanelli
Direttore responsabile: Paolo De Simonis
Comitato di direzione: Stefano Bartolini, Alessandro Casellato, Antonio Fanelli, Alessandro Portelli, Mariamargherita Scotti, Francesca Socrate
Redazione: Gianfranco Azzali, Elisa Bellè, Bruno Bonomo, Maria Valeria Della Mea, Gianfranco Francese, Roberta Garruccio, Roberto Labanti, Jessica Matteo, Hilde Merini, Chiara Paris, Omerita Ranalli, Chiara Spadaro, Valerio Strinati, Jacopo Tomatis, Giulia Zitelli Conti
Corrispondenti: Francesco Bachis, Irene Bolzon, Ilaria Bracaglia, Andrea Brazzoduro, Piero Cavallari, Luca Des Dorides, Lorenzo D’Orsi, Olivia Roger Fiorilli, Enrico Grammaroli, Rachel Love, Enrico Pontieri, Antonio Maria Pusceddu, Matteo Rebecchi, Camillo Robertini, Claudio Rosati, Giulia Sbaffi, Stefania Scagliola, Igiaba Scego, Antonio Vesco, Sara Zanisi
Comitato Scientifico: Rudi Assuntino, Maria Luisa Betri, Marco Buttino, Silvia Calamai, Antonio Canovi, Giovanni Contini, Pietro Clemente, Fabio Dei, Donna DeBlasio, Luisa Del Giudice, Gabriella Gribaudi, Eugenio Imbriani, Ignazio Macchiarella, Ferdinando Mirizzi, Fabio Mugnaini, Gloria Nemec, Lidia Piccioni, Carla Simone Rodeghero, Emanuela Rossi, Alessandro Triulzi, Dorothy Louis Zinn




Convegno storico sui fatti del 1921 a Empoli: ‘Squadrismo e violenza politica in Toscana’

Due giorni in cui si parlerà di una Storia che riguarda tutti, che parla al nostro presente e sulla quale, con l’aiuto della ricerca storica, a cento anni di distanza oggi possiamo tornare a riflettere e discutere richiamando lo “stato dell’arte” sul tema e ponendo qualche punto fermo in vista di ulteriori ricerche che si auspica possano essere messe in cantiere.

Queste le prime parole di introduzione al Convegno intitolato “1921. Squadrismo e violenza politica in Toscana” del responsabile scientifico, Roberto Bianchi, che la città di Empoli ospiterà nei locali del Complesso ‘La Vela Margherita Hack’ ad Avane, in via Magolo, 32.

Per due giorni si svolgerà un’iniziativa di alto profilo nell’intento di approfondire la storia del 1921 che interessò la Toscana.

Le date: venerdì 10 e venerdì 17 settembre 2021 a partire dalla mattina si alterneranno firme di storici, insegnanti, studiosi, ricercatori con l’obiettivo di fornire un quadro dello stato degli studi su quella fase storica, per dare una lettura del contesto generale in cui avvennero i singoli fatti, che altrimenti possono restare incomprensibili.

COME NASCE L’IDEA – Il progetto, nato da un’idea di Mauro Guerrini, è frutto di una collaborazione tra Comune di Empoli, nella figura del presidente del Consiglio Comunale, Alessio Mantellassi, Società storica Empolese (Guerrin), Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, nella figura del direttore Matteo Mazzoni; Dipartimento Sagas dell’Università di Firenze (R. Bianchi e M. Guerrini). Curatori della bibliografia sono Daniele Lovito e Martina Ponzalli, sotto la direzione di Roberto Bianchi e Mauro Guerrini.

PERCHE’ A EMPOLI – Tra l’autunno 1920 e la primavera 1921 in Toscana vi fu un momento di svolta che era diretta conseguenza della prima guerra mondiale e che si concluse con una presa di controllo degli spazi pubblici da parte di blocchi dell’ordine e fascisti.

Le vicende della regione sono particolarmente significative sul piano storiografico perché mostrano la precocità dell’avvento del fascismo che, con molti mesi di anticipo sulla Marcia su Roma, di fatto arrivò a controllare gli spazi pubblici a seguito di una vasta ondata di violenze.

Perché a Empoli? Il curatore del convegno ha proposto di organizzarlo a Empoli sia per il forte valore simbolico e per l’impronta lasciata nelle memorie (memorie divise) dai tragici fatti del primo marzo, sia per la volontà di decentralizzare iniziative culturali di rilevo nel territorio toscano, evitando di concentrarle sul capoluogo regionale.

LE SESSIONI – Il convegno è articolato in tre sessioni. La prima sul 1921 in Italia, con interventi sul contesto nazionale, l’assetto dello Stato, le forze dell’ordine, la magistratura, la dimensione territoriale del fascismo. La seconda è dedicata alla regione, con l’analisi di alcuni casi significativi. La terza parte centra l’attenzione su Firenze ed Empoli. L’iniziativa si chiuderà con una tavola rotonda sui fatti di Empoli tra storia e memoria pubblica, con la partecipazione di docenti e studiosi di storia locale.

L’IMPEGNO DEL COMUNE DI EMPOLI – Al contempo, risulta significativo l’impegno del Comune di Empoli nel sostegno al progetto di ricerca bibliografica sulla storia e le rappresentazioni dei fatti del 1° marzo dal 1921 in poi. Obiettivo è raccogliere ed elencare tutto ciò che è stato prodotto sul tema, sia per fornire uno strumento che potrà essere usato in sede di ricerca, sia per ripercorrere la trasformazione del dibattito pubblico, del confronto politico e della ricerca storica nel corso del secolo che ci separa da quelle vicende. Il lavoro è praticamente concluso: emerge un quadro significativo composto da un numero notevole di “prodotti” di varia natura, al cui interno emergono fonti dirette e fonti indirette, saggi, articoli, fumetti, film, giornali, siti internet, video e altro.

Nel suo insieme, dunque, con questo progetto si intende presentare una serie di studi e riflessioni sul passaggio dal 1920 al 1921 in Toscana, al cui interno avvennero eventi tragici ed eroici, per offrire uno sguardo largo, d’insieme, cercando di togliere quel 1921 dall’incandescenza che spesso ha accompagnato rievocazioni e commemorazioni, ma anche con la consapevolezza che la storia contemporanea è una arena di conflitti e che in ambito pubblico non può essere imposta una memoria omologata, inamovibile, condivisa da tutti. Il passaggio tra guerra, dopoguerra e fascismo si colloca all’interno di una fase storica che lasciò un segno profondo sul XX secolo; vari studiosi hanno parlato di “guerra civile europea 1914-1945”. È su quello sfondo che si collocano i singoli fatti, le piccole-grandi storie delle comunità locali, le tragedie individuali e familiari come pure gli atti coraggiosi di uomini e donne protagonisti di episodi talvolta dimenticati.

DICHIARAZIONI –

BRENDA BARNINI, sindaco del Comune di Empoli – «Dopo l’investimento fatto nello scorso mandato amministrativo sui Novecento anni di Empoli che ci ha portato ad una importante pubblicazione, proseguiamo questa volta con il convegno sui fatti del 21. Conoscere la storia, approfondirla e mettere a disposizione dei cittadini strumenti di lettura e studio è a nostro avviso uno dei compiti dell’amministrazione comunale. Per farlo c’è bisogno di collaborare con professionisti di livello come facciamo da sempre nel comune di Empoli. Sarà questa l’ennesima importante occasione per rinsaldare la conoscenza del nostro passato ed uscirne quindi ancora più consapevoli dei fondamenti valoriali della nostra comunità».

MATTEO MAZZONI, Direttore Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea – «Questo progetto è un’occasione importante, non solo per Empoli, per la promozione di una pagina complessa e significativa del nostro passato attraverso il rigore della conoscenza storica. Impegno e prospettiva che condividiamo e perseguiamo con costanza. Per questo vi abbiamo aderito con convinzione come Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea».

MAURO GUERRINI, Università di Firenze, Presidente della Società Storica Empolese – «Non so se cento anni siano sufficienti a passare dalla memoria o, più esattamente, dal sedimento ideologico che ha condizionato la narrazione dei Fatti di Empoli del 1° marzo 1921 a un tentativo di una loro ricostruzione storica. La pregiudiziale del racconto – complotto fascista o complotto antifascista – ha, infatti, pesato e tuttora pesa politicamente. Se riuscissimo nell’intento avremmo compiuto un salto paradigmatico nella rifondazione della storia contemporanea di Empoli. Il convegno proposto dalla Società storica empolese, con incarico di coordinatore scientifico a Roberto Bianchi, iniziativa ottimamente accolta dal Comune di Empoli, ha l’obiettivo di mettere ordine, ricollocare i tasselli al loro posto in un mosaico dal disegno oramai opaco per il decorrere di cento anni. Un convegno ambizioso nelle sue finalità, ma non risolutivo; suo scopo è semmai stimolare ulteriori ricerche che riportino alla considerazione dei fatti, facendo uscire la loro finora travagliata e controversa descrizione, cercando di chiarire il tema con un taglio rigoroso, squisitamente scientifico e non ideologico».

ROBERTO BIANCHI, Università di Firenze, Responsabile Scientifico del Convegno – «Con questo progetto si intende presentare una serie di studi e riflessioni sul passaggio dal 1920 al 1921 in Toscana, al cui interno avvennero eventi tragici ed eroici, per offrire uno sguardo largo, d’insieme, cercando di togliere quel 1921 dall’incandescenza che spesso ha accompagnato rievocazioni e commemorazioni, ma anche con la consapevolezza che la storia contemporanea è una arena di conflitti e che in ambito pubblico non può essere imposta una memoria omologata, inamovibile, condivisa da tutti. Il passaggio tra guerra, dopoguerra e fascismo si colloca all’interno di una fase storica che lasciò un segno profondo sul XX secolo; vari studiosi hanno parlato di “guerra civile europea 1914-1945”. È su quello sfondo che si collocano i singoli fatti, le piccole-grandi storie delle comunità locali, le tragedie individuali e familiari come pure gli atti coraggiosi di uomini e donne protagonisti di episodi talvolta dimenticati. Si tratta di una storia che riguarda tutti, che parla al nostro presente e sulla quale, con l’aiuto della ricerca storica, a cento anni di distanza oggi possiamo tornare a riflettere e discutere richiamando lo “stato dell’arte” sul tema e ponendo qualche punto fermo in vista di ulteriori ricerche che si auspica possano essere messe in cantiere».

ALESSIO MANTELLASSI, Presidente del Consiglio Comunale di Empoli con delega alla cultura della memoria– «La città di Empoli, in occasione del centenario dei fatti del 1921, ospiterà un convegno di grande qualità e di ampio respiro. Era necessario offrire una occasione culturale all’altezza di questo momento e con un approccio maturo. Infatti è fondamentale che quei fatti vengano, non solo contestualizzati, ma anche letti in una prospettiva lunga e temporalmente estesa. Pe questa ragione il convegno offre molti contributi sul contesto politico italiano del 1921, sugli scontri e sulle violenze di quegli anni, sulla tensione toscana e fiorentina: per inquadrare bene e in modo corretto i fatti della nostra città. Ringrazio tutti i soggetti che con noi hanno organizzato questo momento, tutti i relatori e le relatrici perché ci consentiranno di costruire un evento in presenza di alto livello. La necessità di agire con correttezza storica, di contestualizzare i fatti, di leggerli nel tempo e in una corretta dimensione geografica e territoriale ci aiuta a vivere questo appuntamento con assoluta maturità. È, a mio avviso, matura una comunità che senza lacerarsi affronta la sua storia dotandosi di tutti gli strumenti di indagine, conoscenza e approfondimento che gli sono utili. Ne vale della capacità di Empoli di conoscere sé stessa, di capirsi e di saper discutere la propria storia.

Il mio invito e il mio auspicio è che la comunità empolese, con la vivacità che la contraddistingue, e con la maturità che gli è caratteristica, possa sfruttare questa occasione culturale del convegno per proseguire, sempre meglio, un percorso di conoscenza di quei fatti già in corso da anni, senza lacerarsi o dividersi. Sarà una bella occasione, da cogliere tutti insieme».

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

1921. Squadrismo e violenza politica in Toscana

10 e 17 settembre 2021

LA VELA MARGHERITA HACK

Via Magolo, 32, Empoli

Venerdì 10 settembre 2021

Saluti istituzionali ore 9.30

Comune di Empoli

Dipartimento Sagas UniFi

ISRT

Società storica empolese

Presentazione Roberto Bianchi (UniFi)

Sezione 1. 1921 Presiede Mario G. Rossi (Isrt) 10.00-13.00

Andrea Baravelli (UniFe), Spazi e geografie del fascismo: un confronto tra regioni

Mirco Carrattieri (UniMore), Per un atlante della violenza politica nel primo dopoguerra italiano

Luca Madrignani (Isra), Le forze dell’ordine

Sheyla Moroni (UniFi), Il 1921 in tribunale. Casi di studio

Matteo Mazzoni (Isrt), In armi per la Nazione (e per se stessi). Percorsi dello squadrismo toscano

Pausa

Sezione 2. Toscana Presiede Valeria Galimi (UniFi) 15.00-18.00

Andrea Ventura (Isrec), La Toscana nord-occidentale

Emanuela Minuto (UniPi), Pisa

Marco Manfredi (Istoreco), Sovversivismo popolare e fascismo squadrista a Livorno

Stefano Bartolini (Isrpt), L’anno nero. L’ascesa del fascismo tra Prato, Pistoia, l’Appennino

Ilaria Cansella (Isgrec), Lo squadrismo nel Grossetano

Gabriele Maccianti (Accademia senese degli Intronati), Fascismo senese in azione

Interventi e discussione 18.00-19.00

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Venerdì 17 settembre 2021

Sezione 3. Firenze-Empoli Presiede Monica Pacini (UniFi) 10.00-12.00

Roberto Bianchi (UniFi), Firenze Empoli Sarzana

Andrea Mazzoni (Isrt), Da Lavagnini alle barricate

Paolo Pezzino (Ist. Parri), I fatti di Empoli nelle carte processuali

Lorenzo Pera (UniFi), Empoli 1921-1945: traiettorie biografiche del fascismo empolese

Gianluca Fulvetti (UniPi), Dopo i fatti. Percorsi biografici dell’antifascismo empolese

Interventi e discussione 12.00-13.00

Pausa

Sezione 4. Tavola rotonda: I fatti di Empoli tra storia e memoria pubblica

coordina Roberto Bianchi (UniFi) 15.00-17.00

Claudio Biscarini (Società storica empolese)

Daniele Lovito (insegnante)

Roberto Nannelli (avvocato)

Paolo Pezzino (Istituto Parri)

Paolo Santini (Bullettino storico empolese)

Simonetta Soldani (Passato e presente)

Interventi e discussione 17.00-18.00

Saluti istituzionali Dario Parrini (Presidente Commissione Affari costituzionali al Senato)

[Comunicato stampa Comune di Empoli]