Corso di aggiornamento in occasione del Giorno del Ricordo 2019

In occasione della Giornata del Ricordo 2019 proponiamo, oltre ad altre iniziative che saranno a breve comunicate, un corso di formazione/aggiornamento dal titolo “L’Alto Adriatico nel Novecento. Riflessioni e proposte su storiografia e didattica”, organizzato dall’ISGREC in collaborazione con il Polo “P.Aldi” di Grosseto. Gli incontri si terranno nella Sala Polivalente del Liceo Classico Polo “P.Aldi” (P.za E.Benci 1, Cittadella dello Studente, Grosseto)

Programma (qui per scaricare il pdf):

4 febbraio 

Ore 9-13

Saluti istituzionali:

Roberto Mugnai | Dirigente del Polo “P. Aldi”

 

Relazioni scientifico-didattiche:

Luciana Rocchi | Isgrec | I due lati del confine “mobile”

Luca Bravi | Università di Firenze | Memorie contese. Il dibattito e la formazione sui confini

Marino Micich | Archivio museo storico di Fiume | L’esodo giuliano dalmata dopo la seconda guerra mondiale e l’accoglienza in Italia

Laura Benedettelli | Isgrec | Grosseto: l’arrivo e l’accoglienza dei profughi

 

Ore 14-18 

Laboratori:

Paolo Carmignani | Liceo Classico del Polo “P. Aldi”, Grosseto | Il tema della Giornata del Ricordo all’interno della programmazione di storia dell’ultimo anno di scuola superiore

Graziella Poli | Liceo Scientifico, Follonica | La didattica dei luoghi e l’esperienza del viaggio sul Confine orientale

Lara Pieri | ISIS “F.Redi-G.Caselli”, Montepulciano (SI) | Il tema del conflitto e dell’identità nell’ambito delle guerre nella ex Jugoslavia  

 

2 aprile 2019

Ore 16-18

Foibe, una storia ancora da scrivere?

Incontro con Frediano Sessi (Università di Brescia), autore del libro “Foibe rosse. Vita di Norma Cossetto uccisa in Istria nel ’43

 


Il corso, che ha un costo di 50 euro, prevede 10 ore di formazione in presenza. La frequenza necessaria per il riconoscimento dei crediti formativi è di almeno il 75% delle ore. L’Isgrec è associato all’Istituto nazionale “F. Parri” di Milano (ex INMSLI), riconosciuto agenzia di formazione accreditata presso il MIUR. E’ quindi possibile iscriversi al corso tramite la piattaforma Sofiadel MIUR (codice corso 25128) utilizzando la Carta del docente, oppure presso l’Isgrec pagando in contanti o con buono creato con la carta del docente.

Per qualsiasi informazione è possibile contattare l’Isgrec al numero 0564415216 o via mail (segreteria@isgrec.it).




20 gennaio: parte il Treno della Memoria della Regione Toscana!

Saranno 550 i ragazzi a bordo dell’11/o Treno della memoria che partirà domenica 20 gennaio da Firenze per la Polonia dove verranno visitati i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau. L’iniziativa, avviata dalla Regione Toscana 18 anni fa, è per studenti delle scuole superiori e universitari i quali avranno anche modo di ascoltare le storie dai sopravvissuti. Tra i testimoni presenti quest’anno ci saranno Andra e Tatiana Bucci, sorelle scampate agli orrori di Birkenau, e Silva Rusich, figlia del deportato politico Sergio Rusich, insieme ai rappresentanti delle associazioni, tra cui le comunità ebraiche di Firenze e Pisa, le associazioni rom e sinti, Aned, Anei, Anpi e Arcigay che si confronteranno con gli studenti nel viaggio. Infine, l’ultimo giorno è previsto, per la prima volta, un incontro con il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans e il presidente della Toscana, Enrico Rossi. Il progetto è affidato alla cura della Fondazione Museo della deportazione e della Resistenza di Prato. La preparazione degli insegnanti è iniziata con la Summer school promossa dalla Regione in agosto, coordinata scientificamente da Museo della deportazione, Forum dei problemi della pace e della guerra, Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea. Gli insegnanti hanno poi formato e selezionato gli studenti partecipanti al viaggio.




Addio a Alfredo Enrichi, il partigiano Nicche.

La nostra redazione si unisce al cordoglio del Comune e delle comunità di Barberino e Tavarnelle Val di Pesa per la scomparsa del partigiano Nicche, lo scorso 8 gennaio, all’età di 95 anni.

La sobrietà, la semplicità, la tenacia, gli ideali di democrazia e libertà in cui credeva fermamente, sono i tratti umani e morali che noi insieme alla comunità di Barberino Tavarnelle riconosciamo e attribuiamo al partigiano Alfredo Enrichi, detto Nicche. Un piccolo grande eroe della Resistenza che si è reso protagonista negli anni del secondo conflitto mondiale per aver difeso con i principi di profonda umanità e lo spirito libero quel sogno italiano che per il contadino di origine mugellane di adozione sandonatina si realizzava nell’opposizione al nazifascismo e nella cultura democratica di un paese capace di guardare al futuro e garantire il rispetto e la tutela dei diritti umani.




La Toscana è antifascista e antinazista: torniamo dove è nata la nostra Costituzione.

La Regione Toscana ha redatto un libro dal titolo “Partigiani della memoria” che è un invito alla memoria rivolto ai giovani. Esso raccoglie post di Facebook pubblicati nell’anniversario di ciascuna delle stragi nazifasciste avvenute in Toscana fra il ’43 e il ’45. Gli episodi censiti dall’ Atlante delle stragi nazifasciste e fasciste in Italia avvenuti in Toscana sono 822  e hanno causato perlomeno 4457 vittime. Ma è stato scelto di raccontarne, 61 per rappresentare tutto il territorio regionale. Lo scopo è legato a rendere vivo e familiare ciò che per varie ragioni e inquietanti  interrogativi la nostra società e la nostra epoca tendono ad affievolire o a deformare: la memoria del passato. Infatti, se ci guardiamo intorno, se consideriamo il tempo in cui stiamo vivendo, non possiamo non scorgere numerosi segnali minacciosi e preoccupanti.  Assistiamo quasi quotidianamente al riemergere in tutto il mondo di fenomeni che richiamano vicende che speravamo sepolte per sempre, il risorgere di preoccupanti estremismi anche nel cuore dell’Europa dove sono tornate le discriminazioni l’antisemitismo, l’odio razziale. Per questo bisogna portare i giovani a diventare “partigiani della memoria” come dice Vera Vigevani, perché solo la conoscenza storica ci consente di ritrovare il senso delle stragi che investirono le nostre comunità, perché le vittime dei nazifascisti non riguardano solo quei luoghi e quel tempo ma ancora tutti noi, in periodi come quello attuale in cui di nuovo sentiamo inneggiare pubblicamente al ventennio fascista, celebrare il Duce a Predappio, fare il saluto romano nelle piazze, dichiararsi “francamente razzisti” e in cui, per giunta, certi discorsi sono fomentati anche da rappresentanti delle istituzioni che soffiano sul fuoco dell’incertezza, che usano la ricetta già nota di dare la colpa ad un nemico esterno, al diverso, all’Europa, che diventano il male da combattere. Per monitorare i comportamenti e le affermazioni che possono configurare l’apologia di fascismo o la discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi la Regione Toscana ha creato l’osservatorio in collaborazione con ANPI, ARCI, ANED, ISRT. Proprio per raggiungere i giovani, è stato indagato l’universo dei social, particolarmente permeabile al linguaggio dell’odio e delle fake news. Ed è proprio per utilizzare il linguaggio dei giovani, che il libro “partigiani della memoria” raccoglie i post di Facebook, per fare un buon uso di questo nuovo canale di informazione.




Toscana (unica regione in Italia) e Yad Vashem: Un protocollo per la Memoria

Una miglior conoscenza della storia della Shoah in Italia e in Europa con l’obiettivo “di promuovere una cultura basata sul rispetto reciproco che aiuti a prevenire e decostruire ogni forma di discriminazione, antisemitismo, razzismo, pregiudizio e xenofobia, lavorando insieme per difendere i diritti inviolabili delle persone e comunità”: queste le finalità del protocollo. E inoltre un impegno di valorizzazione e diffusione di una cultura di “pace, solidarietà, partecipazione attiva e democratica, giustizia sociale e dialogo, rispetto e tutela delle diversità culturali, sviluppo di capacità di risoluzione dei conflitti”, questi gli obiettivi del protocollo siglato negli scorsi giorni allo Yad Vashem tra il Memoriale della Shoah di Gerusalemme, l’Università degli studi di Firenze e l’Ufficio scolastico Regionale per la Toscana. Presente in sala anche Stefano Ventura, nuovo addetto scientifico dell’ambasciata italiana in Israele.
È stato inoltre creato, per desiderio del MIUR, un ristretto gruppo di ricerca, presieduto dalla professoressa Guetta e comprendente 5 o 6 docenti toscani, che hanno avuto esperienze di formazione presso Yad Vashem. L’obiettivo di tale team è di lavorare sulle linee guida della didattica della Shoah, redatte con decreto del MIUR n.  939 del 2017, chiedendosi che cosa significa studiare la Shoah oggi, in una realtà sconvolta ancora da tanti mali e atroci conflitti, atti di terrorismo pericolose e dolorose migrazioni. “Perché”,  “cosa”,  “come”  insegnare:  sono  questi  gli  interrogativi  che  si  pone il pool di docenti;  sono  queste  le  questioni  più  rilevanti  affrontate  in  ricerche, studi,  e  pubblicazioni. Senza alcuna pretesa di esaustività, il gruppo di ricerca toscano, intende proporre considerazioni e fornire informazioni e suggerimenti operativi per trattare un argomento che si è rivelato centrale per capire nonn solo il nostro passato di 80 anni fa,ma anche l’epoca recente in cui emergono sempre più prepotenti rigurgiti di xenofobia, tendenze anti popolo Romanì, antisemitismo, razzismo in generale. E’ solo dalla educazione che si può iniziare a combatterle.




“Lettere dal fronte”: un’iniziativa dell’ISREC Lucca per riflettere sulla Grande Guerra

Mercoledì 12 dicembre, presso la splendida cornice di Villa Argentina, decorata in un peculiare stile Art nouveau  da Galileo Chini, a Viareggio, si è tenuta la conferenza “Lettere dal fronte”, tenuta dal Professor Luciano Luciani, direttore del Museo Del Risorgimento di Lucca. L’incontro è stato organizzato dall’istituto storico della resistenza è dell’età contemporanea di Lucca, in coda alle attività che si sono tenute nell’ultimo mese e mezzo per celebrare la fine della grande guerra.

Dapprima il relatore ha tratteggiato le caratteristiche che hanno reso peculiare la Prima Guerra mondiale,  come l’uso delle mitragliatrici e del filo spinato (che i tedeschi iniziano da elettrificare già durante il primo conflitto) che separava le trincee, a volte distanti fra di loro solo 13 m. Poi sono stati citati i nuovi strumenti tecnologici, come i gas usati per la prima volta dai tedeschi nel aprile del 1915 sia sotto forma di gas soffocanti che di gas che provocano ulcere non sanabili sulla pelle. Infine arriva il carro armato a tracciare la fine dell’area del filo spinato. In seguito Luciani  afferma che la Prima Guerra mondiale è terminata per esaurimento a causa della implosione dell’esercito austro-ungarico. Poi il professore Luciani è entrato nel vivo della questione, trattando sella memorialistica che si è diffusa negli anni successivi alla guerra che è andata quasi a creare un nuovo genere letterario. Da un lato di essa se ne appropria il fascismo, per mostrare gli “eroi” della grande guerra, in continuità con i futuri eroi fascisti. Il primo libro non apologetico e non collegato al fascismo è quello di Adolfo Omodeo, storico del Risorgimento, arruolatosi come volontario nella prima guerra mondiale 1915, autore della raccolta di testimonianze di guerra, intitolata Momenti della vita di guerra, pubblicata nel 1934. Spesso a scrivere di memorialistica sono ufficiali di complemento, così come Emilio Lussu che nel 1938 pubblica il  romanzo “Un anno sull’altipiano”.

Bisogna aspettare il ’68 affinché venga affrontata la questione della fucilazione e della decimazione dei soldati italiani uccisi dai loro comandanti e generali. Interessante è il saggio scritto da Enzo Forcella e Alberto Monticone dal titolo “Plotone di esecuzione’ pubblicato nel 1972 da Laterza. In esso sono riportati gli oltre 300.000 processi, da cui emergono dati agghiaccianti sulla attività repressiva dei tribunali militari: condanne alla fucilazione per autolesionismo e per fuga dinanzi al nemico; lunghi anni di carcere per ‘propaganda sovversiva’, per ‘disfattismo’, per banali espressioni di insofferenza. Una raccolta, questa, che ha dato l’avvio a nuove strade di ricerca e aperto a una corretta e completa memoria nella cultura civile e di storia sociale.

Infine, Luciani ha segnalato come la maggior parte degli intellettuali europei fosse a favore della guerra, sebbene per motivazioni diverse alcune di carattere irredentistico.

Perfino una persona schiva e pacata come Saba, scrive una poesia bellicista come Congedo.

Solo Trilussa è una voce fuori dal coro con la sua poesia filastrocca scritta e 1914 titolata “La ninna nanna della guerra”.




Il ruolo della memoria: ricerca e disseminazione della Shoah

Il 29-30 Novembre si è tenuto presso la Scuola di Alti Studi di Lucca, un convegno di due giorni, organizzato dall’IMT in collaborazione con il MIUR dal titolo “Il ruolo della memoria: ricerca e disseminazione della Shoah”, in occasione dell’ottantesimo anniversario delle leggi razziali. Le lezioni sono state tenute dai proff. Paolo Coen, dell’università di Teramo, e Ilaria Pavan, della Scuola Superiore Normale di Pisa, fra i massimi esperti a livello nazionale e internazionale sul tema.

La lezione del Prof. Coen ha avuto un taglio innovativo e perciò interessantissimo. Egli, infatti, è docente di Storia dell’Arte Moderna e insegna Storia e teoria del Museo. La sua relazione, dunque, ha coniugato la Memoria della Shoah e la museologia.

Il desiderio di commemorare la Shoah è nato mentre essa era in corso. Infatti gli Ebrei iniziarono a pensare all’arte come strumento di testimonianza, per trasmettere la memoria di ciò che stava accadendo. Finita la guerra, il ruolo di guida sul piano della museologia fu ricoperto dal neonato stato di Israele (anche quando era ancora protettorato britannico) fra il 1947 e il 1949 attraverso la fondazione del museo dell’Olocausto nella cosiddetta Ghetto Fighters’ House e ancor di più tramite la creazione dello Yad Vashem, che ancora resta il più grande complesso museale e centro di documentazione sulla Shoah al mondo. Vengono poi ripercorsi vari Musei dell’Olocausto nel mondo, passando per Parigi, Berlino, Washington (i musei fuori da Israele iniziano ad essere costruiti dagli anni ’60) ed arrivando in Italia. A tale proposito è stato citato Primo Levi (Coen arriva a dire che la sua più grande opera d’arte non sono gli scritti ma l’allestimento del blocco 21 di Auschwitz), che insieme a Belgioso e Samonà ha progettato il memoriale italiano all’interno di Auschwitz1. Tale memoriale ha avuto una storia travagliata: smontato e rimosso dal luogo per il quale era stato ideato, per volere del direttore del Museo, con la pretestuosa motivazione di non essere in linea con le normative che prevedevano “un allestimento di taglio pedagogico-illustrativo”, alla fine è approdato a Firenze, dove però verrà montato in una sorta di hangar nello spazio ex Ex3 del quartiere Gavinana, in una zona commerciale, fuori città. Sempre per l’Italia Coen tratta in tono di encomio del Museo del Deportato di Carpi e si auspica la fine della realizzazione del Muse a Villa Torlonia e Roma e del MEIS a Ferrara.

La conferenza di Ilaria Pavan, corredata di documenti e strumenti biografici e critici, è iniziata trattando dell’emanazione dei primi decreti antiebraici fascisti nel settembre del 1938, visti come punto di approdo di un processo politico e ideologico, elaborato dal regime nel corso dei mesi e degli anni precedenti. Infatti a partire dall’epopea imperialista nel Corno d’Africa, il regime aveva iniziato a redigere leggi e normative di stampo razziale e coloniale, come quella del 5 agosto 1936 che di fatto introduce l’apartheid o il decreto dell’aprile ’37 “sanzione per i rapporti di indole coniugale fra cittadini e sudditi” (per contrastare il madamato). L’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 e l’istituzione della Repubblica Sociale di Salò nel tardo autunno del 1943 rappresentano poi altrettanti momenti di svolta e di ulteriore radicalizzazione di una legislazione antiebraica che si era dipanata e svolta nell’arco di sette anni.




Una conferenza sulla Bandiera nazionale ha chiuso il ciclo di conferenze sulla Grande Guerra presso la Biblioteca di Carrara

Giovedì 15 novembre, alle 17,30, presso la sala Gestri della Biblioteca Civica di Carrara, si è tenuto il quarto ed ultimo incontro pubblico per ricordare la fine della Prima Guerra Mondiale.

La conferenza, promossa da Apuamater e dal Comitato per la Valorizzazione dei Valori Risorgimentali, con il patrocinio del comune di Carrara, intitolata “La bandiera d’Italia” è stata dedicata alla nostra bandiera nazionale, il simbolo più alto della Patria che ha accompagnato i nostri nonni sui campi di battaglia di quell’immane conflitto.

Relatore dell’incontro l’Ammiraglio Enzo Menconi, che ha tracciato la storia della nostra bandiera da quella Cisalpina del 1794 all’articolo 12 della Costituzione: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. La storia della bandiera si è, dunque, snodata dalle vicende napoleoniche ai primi moti Risorgimentali, attraversando tante guerre e battaglie combattute per ottenere l’Unificazione della Nazione e giungere fino alla sua definitiva Liberazione.

Sotto il vessillo italiano, che ha cambiato più volte aspetto, s’è svolta la nostra storia nazionale per oltre duecento anni; per esso hanno combattuto e sono morti patrioti, volontari e soldati che hanno creduto nell’Italia come Patria comune. Conoscere la storia della nostra bandiera è un dovere di noi cittadini per imparare ad amarla e a difenderla.

Menconi ha sottolineato che la bandiera è il simbolo dell’unità e della concordia nazionale e non può e non deve essere considerata un simbolo di parte.