Firenze. Commemorato il sindaco Bargellini nel quarantesimo anniversario della scomparsa

Una corona di alloro per ricordare il sindaco Piero Bargellini. Questa mattina, nel quarantesimo anniversario della scomparsa, l’assessore all’educazione Sara Funaro ha partecipato alla commemorazione del politico fiorentino deponendo sulla sua tomba, nel cimitero di Trespiano, una corona di alloro.
Piero Bargellini è stato un sindaco che ha amato profondamente Firenze e i fiorentini” ha detto l’assessore Funaro. “Nella memoria dei fiorentini è ricordato come sindaco dell’alluvione, per la sua cittadinanza attiva e per la sua umanità e cultura. Aveva un legame fortissimo con la città tanto che in una lettera scrisse: ‘Firenze valeva la fatica che abbiamo durato e vale ancora la piacevole pena di renderla sempre più bella’. Oggi è per me un onore e un’emozione rappresentare l’Amministrazione Comunale in un giorno di ricordo sia cittadino che personale“.

Bargellini, oltre ad essere stato sindaco di Firenze, è stato parlamentare per più legislature, oltre che un noto e apprezzato scrittore, fondatore di importanti riviste culturali e assessore alla cultura del Comune durante le due amministrazioni di Giorgio La Pira
28/02/2020 14.27
Comune di Firenze
[Fonte sito MET News dalle Pubbliche Amministrazioni della Città Metropolitana di Firenze]




Completato il lavoro di inventariazione dell’Archivio Barile depositato presso l’ISRT

È stato completato dalla dott.sa Marta Bonsanti, archivista dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, il lavoro di inventariazione del fondo archivistico di Paolo Barile, donato nel 2013 da Stefano Grassi (avvocato, docente universitario, stretto collaboratore di Barile), che ne era entrato in possesso dopo la morte del giurista, all’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, di cui Barile stesso era stato uno dei fondatori nel 1953 e presidente nel 2000 per pochi mesi prima della morte.

Il fondo rappresenta una risorsa documentaria importante non solo per gli storici, ma anche per gli studiosi del diritto ed è consultabile presso la sede dell’Istituto in via Carducci secondo le modalità previste per l’accesso all’Archivio. L’inventario sarà prossimamente pubblicato sul sito.




“Vite spezzate”: si è svolta la nuova edizione del Meeting degli studenti della Regione Toscana per il Giorno della Memoria

La mattina del 27 Gennaio, al Nelson Mandela Forum di Firenze si è tenuto il Meeting degli studenti toscani in occasione del giorno della memoria, organizzato dalla Regione Toscana e dalla Museo e centro di documentazione della Deportazione e Resistenza di Prato. Il titolo dell’edizione di questo anno è  “Vite spezzate. Guerre, deportazioni, stermini”. Infatti a una prima parte dedicata alla Shoah e alle altre pratiche di deportazione nel contesto del secondo conflitto mondiale, è seguita una seconda intitolata “Il razzismo e le guerre nel presente”.

I circa 8000 studenti, che hanno partecipato a titolo totalmente gratuito all’evento, sono stati accolti dalla musica dell’orchestra multietnica di Arezzo che, sotto la artistica direzione di Enrico Fink, musicista e membro della comunità ebraica di Firenze,k e con la partecipazione del gruppo di Alexian Santino Spinelli, musicista e docente universitario Rom, ha creato un sincretismo musicale fra musica ebraica e musica romanì.

L’evento è ufficialmente iniziato con la preghiera ebraica El Male Rachamin interpretata da Enrico Fink. È una poesia in ebraico del poeta Yehuda Amichai utilizzata come canto di preghiera elevato in memoria delle persone morte di morte violenta, intonata spesso, quindi, nelle celebrazioni della Shoah.

Dopo una introduzione al meeting da parte di Ugo Caffaz, il solerte organizzatore da molti anni di questo evento, e dopo i saluti istituzionali del sindaco di Firenze Dario Nardella e della vicepresidente della Regione Toscana Monica Barni, il Professor Giovanni Gozzini, docente di storia contemporanea all’Università di Siena, ha tenuto una introduzione storica che, lungi da essere una lezione frontale, è stata un’esortazione contro l’indifferenza e contro ogni tipo di esclusione. Puntando il dito verso l’uditorio e dicendo “tu sì, tu sì, tu no”, ha introdotto il tema dalle leggi razziali del ‘35 Germania e del ‘38 in Italia, partendo dall’espulsione degli ebrei dalle scuole italiane. Poi ha fatto notare come non solo i Tedeschi nazisti abbiano deportato  masse di persone e creato campi di concentramento, ma che l’avevano già fatto prima gli Italiani fascisti durante l’occupazione della Libia negli anni ’30, deportando 100.000 abitanti dell’interno, zone in cui erano attivi i partigiani libici, in prevalenza anziani, donne, bambini, ai campi di concentramento sulla costa, causando la morte di 10.000 persone nelle marce forzate nel deserto e di 20.000 nei campi di concentramento, nei quali tra l’altro sono state eseguite almeno 1000 sentenze capitali; “abbiamo insegnato noi a Hitler come si fa”, dice provocatoriamente Gozzini.

La mattina è poi proseguita con la lettura da parte dell’attore William Pagano di alcuni passi tratti dal diario Quarantaquattro mesi di vita militare (Firenze 2014) di Elio Materassi, un IMI, cioè un internato Militare italiano, che ha scelto di non prestare servizio, una volta internato Germania, nell’esercito della Repubblica sociale Italiana.

Per ricordare anche la deportazione politica sono stati trasmessi filmati in memoria di due sopravvissuti ai lager scomparsi recentemente: Vera Michelin Salomon e Marcello Martini.

Vera a 19 anni, a Roma, entra nell’organizzazione del Comitato studentesco di agitazione il cui compito era quello di distribuire materiale di propaganda antifascista contro l’occupante nazista, davanti alle scuole superiori e all’università. Il 14 febbraio 1944, (dietro delazione) un commando di SS arresta tutto il gruppo e Vera, davanti al Tribunale Militare Tedesco, è condannata a tre anni di carcere duro, da scontarsi in Germania.

Marcello, pratese, è stato il più giovane deportato politico italiano, che ha vissuto a soli 14 anni l’esperienza del campo di concentramento di Mauthausen, perché si trovava coinvolto, giovanissimo, con la sua famiglia nelle attività clandestine di resistenza al nazi-fascismo, in sostegno all’emittente clandestina Radio Cora. E ai giovani di oggi, nell’ultima  intervista registrata, lascia questo messaggio “siate curiosi, abbiate  desiderio di imparare qualsiasi cosa, perché un giorno nella vita potrebbe esserti tolto tutto, come è accaduto nei lager, ma quello che tu sai non te lo può togliere nessuno”.

Moderate  da Adam Smulevich, giornalista e scrittore, salgono sul palco tre testimoni: Vera Vigevani Jarach, Kitty Braun Falaschi e Tatiana Bucci.

Vera presenta la sua duplice storia di dittature, di uccisione di due persone care -nonno e figlia- senza neppure una tomba su cui ricordarle.

Vera viene espulsa da scuola con le leggi razziali del ’38; l’anno dopo con la famiglia (i nonni rimangono invece in Italia e saranno deportati ad Auschwitz) emigra in Argentina ma lì nel 1976 un colpo di stato provoca la caduta del governo e l’instaurarsi del regime di Videla che mira a reprimere qualsiasi forma di opposizione politica e sociale tramite un sistema repressivo basato sulla violazione sistematica dei diritti umani e civili passato alla storia come Guerra Sucia. Vittime del regime sono soprattutto gli studenti – universitari e delle scuole superiori -, considerati pericolosi poiché pensano, credono nella giustizia, nella solidarietà e nella libertà, proprio come Franca, la figlia di Vera, molto attiva nel movimento studentesco della sua scuola. Venerdì 25 giugno 1976, Franca scompare: viene catturata e condotta all’Escuela de Mecánica de la Armada, adibita a centro di detenzione e tortura dei ribelli. La detenzione di Franca dura qualche settimana: a metà luglio è vittima di un “volo della morte”. Vera viene a sapere del destino della figlia solo nel 2000, dopo oltre 20 anni. Vera è una delle madri di Plaza de Mayo, movimento nato nel 1977 che riunisce le madri dei desaparecidos. Da allora porta in testa un fazzoletto bianco, che in realtà era il pannolone dei bambini, con il nome di figlia ricamato. Questo è il simbolo delle madri di Plaza de Mayo.

La seconda a parlare è Kitty, che racconta, con un’espressione dolce e con la voce riarsa da tanti anni di insegnamento, la sua esperienza di bambina ebrea. Del periodo vissuto in clandestinità, sotto pseudonimo, Kitty ha un ricordo quasi fiabesco, perché era troppo piccola per presentire ciò che le sarebbe accaduto. Invece a 9 anni è stata deportata con la mamma nel campo di concentramento di Ravensbrück e poi a Bergen Belsen. Cinque mesi nei lager, sei con il soggiorno nella risiera di San Sabba, il campo di concentramento a Trieste, spesso tappa di partenza verso la Germania.

La terza testimone è Tatiana Bucci, per una volta senza la sorella Andra, a cui va comunque il saluto di tutti. Le due sorelle sono state deportate insieme alla madre e al cuginetto Sergio a Birkenau. Si sono salvate dalla selezione perché credute gemelle da Mengele, “il dottor morte”, che in quel periodo conduceva esperimenti sui gemelli. I tre bambini dunque dovevano essere cavie. Racconta Tatiana “ci siamo salvate perché una blockova ci aveva preso a ben voler. Un giorno ci averti che, qualora ci fosse stato chiesto se volevamp rivedere la mamma, avremmo dovuto rispondere dovuto rispondere di no.  Noi ci siamo fidate e non abbiamo fatto un passo avanti (che avrebbe significato vita o morte) ma, con puerile naturalezza, il nostro cuginetto dice invece di voler raggiungere la mamma, così viene mandato con altri 19 bambini come cavia nel campo di concentramento di Neuengamme dove il Dottor -se tale si può definire-  Hessmeyer conduceva esperimenti sulla tubercolosi.  Quando da Berlino arriva l’ordine di liquidare i bambini, a Sergio e agli altri fu iniettata una dose di morfina e furono quindi impiccati alle pareti della stanza con ganci da macellaio”. Dopo queste parole cade il cielo in sala e poi scroscia un commosso applauso.

Dopo la lettura della poesia Se questo è un uomo di Primo Levi, interpretata da William Pagano, e dopo l’intervento di Francesco Galanti, presidente del parlamento degli studenti, inizia la seconda parte del meeting, moderata da Luca Bravi ricercatore presso l’Università di Firenze.

Ed è in questa parte che il meeting si apre verso l’attualità con problematiche che toccano il razzismo e gli stereotipi contro cui ancora combattere, e viene affrontato il tema dei genocidi nel presente o nel vicinissimo passato, come quello avvenuto in Bosnia Erzegovina nel 1995, il culmine più atroce della guerra nei Balcani che ha preso avvio nel 1991, fra stragi di civili, stupri, torture, pulizia etnica.

Di questo argomento ci porta la sua commossa testimonianza Irvin Mujcic, profugo di Srebrenica quando era ancora bambino. La madre con la nonna e i tre figli sono riusciti a scappare da Srebrenica, vivendo in campi profughi prima al confine e poi in Croazia per circa 2 anni prima di arrivare in Italia con un progetto umanitario. Non erano più a Srebrenica l’11 luglio 1995, quando furono massacrati 8.372 musulmani bosniaci per mano de Serbi. “Ho perso mio zio e mio padre nel genocidio e purtroppo è ancora tra le mille persone i cui corpi non sono stati trovati e sepolti”. “Credo che la bellezza e la ricchezza del mondo stiano nella diversità tra culture, etnie e religioni: sogno un mondo in cui ognuno possa essere accettato per quello che è”, dice Irvin e spiega il suo progetto “Srebrenica –  City of Hope” che si sta realizzando anche grazie alla costruzione della “Casa della Natura”. Infatti da qualche anno Irvin è tornato dove suo padre e suo zio sono morti “per difendere non solo una città ma un ideale di convivenza pacifica” con un progetto che punta a cambiare gli stereotipi su Srebrenica e restituirle la sua età dell’innocenza, valorizzandone le bellezze culturali e naturalistiche e puntando sul turismo.

L’ultimo intervento è quello di Eva Rizzin, una spinta rom ricercatrice presso l’università di Verona. È dedicato alla memoria e al presente dei rom e dei sinti.

Se fossi nata ai tempi del nazismo, sarei stata destinata allo sterminio” dice Eva “perché membro della minoranza che da sempre  è vittima di una politica persecutoria”. “L’antiziganismo, come l’antisemitismo, è una delle forme più diffuse di razzismo in Europa e in Italia”.

Quella persecuzione ha avuto una delle pagine più buie durante il Terzo Reich, quando rom e sinti furono deportati in massa. Fu anticipata dallo Zigeneur Buch, un testo pubblicato nel 1905 dal prefetto di Monaco di Baviera che in 344 pagine elencava i dati personali e genealogici di 3350 persone appartenenti all’etnia Rom. Quel censimento fu poi molto utile poi ai nazisti. Ma i censimenti non sono finiti. “Nel 2008 rom e sinti sono stati nuovamente censiti per etnia e religione e nel 2018 in Italia abbiamo avuto rappresentanti istituzionali che hanno chiesto di nuovo un censimento dei nomadi”. Come se poi Rom e Sinti fossero tutti nomadi! “Ancora oggi dichiararsi rom e sinti non è facile perché significa equipararsi a qualcosa di negativo e molti nascondono la propria identità per non essere giudicati in base agli stereotipi“.

E con la musica trascinante d Fink e Spinelli si chiude il meeting, al buio con 1000 torce di cellulari e ragazzi in standing ovation.




CONVEGNO: L’eredità di Nuto Revelli

Revelli in Toscana invito per Nuto Revelli




Si è spenta Lorenza Mazzetti, sopravvissuta alla strage nazista del Focardo

Si è spenta a Roma all’età di 92 anni, la scrittrice e regista Lorenza Mazzetti. Con la sorella gemella Paola, erano state le uniche superstiti della strage nazista del Focardo che nel 1944 vide l’eliminazione della famiglia di Robert Einstein, cugino di Albert.

Lorenza aveva restituito quel dramma nel libro Il cielo cade, sua opera prima nel 1961, edita per Garzanti.

Nel 2015 aveva ricevuto la cittadinanza onoraria del Comune di Rignano sull’Arno.




Con voto unanime la Città metropolitana di Firenze rinnova il comodato d’uso delle sale all’ISRT

Lo scorso 27 novembre, il Consiglio metropolitano di Firenze ha confermato, con voto unanime di tutti i gruppi, il comodato d’uso gratuito per tre sale al piano terra di Palazzo medici Riccardi per l’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea che proprio in tale luogo ha avuto la propria sede storica in continuità con le scelte del CTLN nella giornata dell’insurrezione di Firenze, l’11 agosto 1944.

Tutte le forze politiche hanno sottolineato il valore dell’Istituto, la sua funzione civile e culturale e l’importanza della Resistenza, nella varietà delle sue manifestazioni, quale fondamento della storia nazionale e della vita civile del Paese.




UN’ALTRA STORIA – Il progetto 2020 di ISRT sostenuto dalla Fondazione C. Marchi

[In allegato è possibile consultare il programma del corso di formazione]

Di seguito la scheda del progetto:

 

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Svoltasi a Firenze la VI Conferenza Nazionale Istituti e politica culturale organizzati dall’AICI, Associazioni Istituzioni Cultura Italiane

A Firenze, dal 7 al 9 novembre si è tenuta la VI Conferenza Nazionale Istituti e politica culturale organizzati dall’AICI, Associazioni Istituzioni Cultura Italiane.

Sotto lo slogan “Italia è cultura” , presieduta da Valdo Spini, l’AICI raccoglie 115 fra fondazioni, istituti e associazioni.

L’Italia è cultura e la cultura è identità, non deve essere qualcosa da contemplare ma risorsa dinamica. La cultura non si salva, si fa. E allora Firenze non deve diventare una Disneyland del Rinascimento e l’Italia una cartolina” dice Nardella portando i saluti in apertura di conferenza.

Valdo Spini, citando Edgar Morin, definisce la cultura come “l’insieme di abitudini costumi pratiche, sapere, regole, valori che si ripetono di generazione in generazione”. E aggiunge “la cultura si mangia ed è anche un buon sapore” in opposizione a chi sosteneva il contrario tagliando i finanziamenti alla cultura. Poi ricorda l’importanza per le istituzioni culturali di “fare rete” e di sviluppare il confronto europeo, consapevoli della coscienza di una cultura comune delle Nazioni e dei popoli europei. Ed è a questo fine che ha invitato a questa conferenza l’ex presidente della Repubblica Francese, Francois Hollande, il quale riconosce che “l’Unione Europea non ha mai iscritto la cultura nelle sue priorità   … riservando ad essa una fetta irrisoria del budget europeo…. Certo, nei trattati che costituiscono l’Unione Europea vengono ricordati le radici la storia e valori comuni di cui la cultura è parte … Ma nei suoi 60 anni di vita l’Unione Europea non ha avviato nessun grande cantiere culturale su vasta scala”. “Di fronte al rischio della disgregazione europea la cultura può fungere da cemento. Se i populisti ce l’hanno così tanto con l’Europa è perché la democrazia non gli piace! Ecco perché l’Europa ha così tanto bisogno della cultura e dei professionisti che la creano”.

Sul problema degli investimenti per la cultura interviene anche il ministro Franceschini, il quale afferma che “investire in cultura è un investimento in ciò di cui c’è più bisogno oggi: la conoscenza. Infatti i populisti cavalcano paure reali; la cultura può trovare lo strumento per scardinare dalle paure: la conoscenza”.

Nel pomeriggio si sono susseguiti vari workshop: le professioni della cultura; patrimonio culturale tangibile; patrimonio culturale intangibile; patrimonio culturale naturale; patrimonio culturale digitale.

In questa ultima sezione interviene, fra gli altri, Paolo Pezzino, presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, rete degli istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea. Presenta il metaportale Guerra in Italia 1943-1945, realizzato dall’Istituto Parri e dall’istituto storico germanico di Roma, finanziato dalla Repubblica federale di Germania. Il metaportale fa dialogare 4 banche dati: 1) atlante delle stragi nazifasciste in Italia 2) stampa clandestina 1943-1945 3) presenza militare tedesca in Italia 4) stampa clandestina della RSI. Pezzino parla anche delle polemiche sorte sulla questione del risarcimento delle vittime di stragi, che la Germania, sulla base della sentenza del tribunale dell’Aia, ha negato, creando il fondo Italo tedesco per il futuro per finanziare progetti e luoghi della memoria relativi ai crimini commessi in Italia durante l’occupazione.

Il giorno dopo la conferenza si conclude con una sessione di grande attualità dedicata a una politica culturale nel quadrante mediterranei, riflettendo sia sul ruolo che può avere l’Italia sia sullo scottante tema della cultura, religione e diritti civili,  con la partecipazione alla tavola rotonda, fra gli altri, dell’ambasciatore tunisino in Italia.