Grande perdita per la storiografia: è morto Enzo Collotti

Ci ha lascito oggi all’età di 92 anni Enzo Collotti, tra i più autorevoli storici del secondo conflitto mondiale, dei crimini del nazifascismo e della Resistenza, accademico italiano che ha insegnato Storia contemporanea alle Università di Firenze, Bologna e Trieste,, maestro per diverse generazioni di studiose e studiosi. Fra i più importanti storici italiani ed europei nello studio della Germania nazista e della Resistenza italiana, innumerevoli le sue pubblicazioni, essenziali i suoi studi per comprendere dinamiche e protagonisti dell’occupazione nazista in Italia, quindi delle persecuzioni antisemite, delle deportazioni contro ogni stereotipo. Maestro di rigore e di critica, attento al valore civile della conoscenza storica.
Era nato a Messina nel 1929, si era laureato in Giurisprudenza con una tesi sul tema del lavoro nella Costituzione italiana e aveva insegnato anche presso gli atenei di Bologna e Trieste, oltre che a Firenze dove aveva concluso la sua carriera e dove è rimasto punto di riferimento per docenti e studiosi fino alla fine.




Si è spento il prof. Klaus Voigt membro del Comitato scientifico della Fondazione Museo della deportazione e della Resistenza

Martedì 21 settembre vinto da un breve e terribile male, si è spento in ospedale a Berlino il Prof. Klaus Voigtcaro amico e dal 2018 membro del Comitato scientifico della Fondazione Museo della deportazione della Resistenza di Prato.

Partecipò ad una delle prime iniziative del Museo della Deportazione da quando fu fondato nell’aprile del 2002: venne, il 4 dicembre dello stesso anno, a presentare il suo libro appena uscito per i tipi de La Nuova Italia, “Villa Emma. Ragazzi ebrei in fuga, 1940-1945”. E’ da oltre vent’anni che Klaus Voigt era vicino al Museo mettendo a disposizione con generosità e vivo interesse per i nostri obiettivi, le sue conoscenze e i suoi contatti. Persona gentile e profonda, ci mancherà moltissimo.

Storico insigne e pietra miliare per lo studio dell’esilio ebraico in Italia e delle vicende di intellettuali ed esuli oppositori del Reich. Berlinese di nascita (1938), ma cosmopolita per relazioni e docenze, dopo il dottorato di ricerca presso la Libera Università di Berlino, era stato ospite di prestigiosi atenei in Francia (Parigi, Nancy) e negli USA (Cornell University).

Ma il legame più profondo, da sempre coltivato, Klaus Voigt l’ha intrattenuto con l’Italia. Soprattutto con la Toscana e con l’Emilia Romagna. Come docente, presso le Università di Siena e Bologna, e come assistente e borsista presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze.

Assiduo e prezioso interlocutore culturale delle nostre istituzioni (Consiglio Regionale, Provincia, Comune di Firenze, Istituti Storici della Resistenza) – in particolare nel primo decennio di questo secolo e in occasione del 60° anniversario della Resistenza e Liberazione in Toscana – ha proposto e curato mostre e iniziative accompagnate da pubblicazioni e cataloghi di grande interesse. Tra le tante ricordiamo la mostra Klaus Mann – Eduard Bargheer, Due esuli tedeschi nella Firenze liberata 1944-45, ospitata in Palazzo Vecchio nel 2004, e il libro “Un amico a Lucca. Ricordi d’infanzia e d’esilio” con lettere inedite di Don Arturo Paoli all’amico ebreo da lui salvato e divenuto un affermato intellettuale tedesco.

Oltre al fondamentale “Il rifugio precario” edito da La Nuova Italia, 1993-96, in due volumi, sull’esilio ebraico in Italia dal 1933 al 1945, è da ricordare l’approfondito studio della vicenda dei ragazzi ebrei di Villa Emma a Nonantola: “Villa Emma. Ragazzi ebrei in fuga 1940 – 1945”, edito da La Nuova Italia, Firenze-Milano 2002; lavoro che gli ha valso la cittadinanza onoraria di quel Comune.

Appassionato di arte, ha collaborato a lungo con la Akademie der Künste e con il Politecnico di Berlino. In questi ultimi mesi stava lavorando a un libro e alla realizzazione di una mostra, in collaborazione con la Galleria degli Uffizi e la nostra Fondazione Museo della Deportazione di Prato, sul pittore ebreo tedesco Rudolf Levy, arrestato a Firenze e ucciso ad Auschwitz.




“La manutenzione della memoria”, conferenza del prof. Pezzino presidente Istituto Parri

Nell’ambito del Festival con_vivere che si è tenuto a Carrara dal 9 al 12 settembre, questo anno dedicato alla Manutenzione della vita, il professor Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri. Ha tenuto una conferenza dal titolo la manutenzione della memoria.
L’intervento è stato introdotto dalle parole di Nando Sanguinetti, partigiano e presidente ANPI di Carrara, e moderato da Massimo Michelucci, direttore dell’Istituto storico della Resistenza apuana.
Sanguinetti ha avuto parole vementi contro l’equiparazione della memoria: “Quella dei partigiani non è come quella dei saloini. E non è vero che entrambi hanno combattuto e commesso anche nefandezze perché erano giovani idealisti”. Michelucci è d’accordo: “i morti sono tutti uguali ma da vivi furono diversi”.
L’anziano partigiano è sconcertato dalle manifestazioni costanti di neofascismo: steli, come quella su cui è incisa una poesia di Ubaldo Bellugi, potestà di Massa, che è stata inaugurata dalla giunta di destra della città il 21 Marzo 2019, monumenti, nomi delle strade. Viene citata infatti la proposta del leghista Durigon a Latina dell’inizio di agosto di intestare una piazza,che era dedicata a Falcone e Borsellino, ad Arnaldo Mussolini. È preoccupato dalle nuove ronde, come quella chiamata provocatoriamente SSS, acronico per “soccorso sociale sicurezza” come si è data nome a Massa Carrara su proposta del tre di maggio del 2021 del consigliere comunale di Forza Italia Stefano Benedetti. Conclude dicendo: “ora più che mai c’è bisogno di cura della memoria e di antifascismo resistente e attivo”.
Il professor Pezzino dà inizio alla sua conferenza dicendo che il termine memoria è inflazionato e cita tale proposito un recente saggio di Valentina Pisanty, dal quale emerge che le realtà nazionali in cui sono più violente le destre sono quelle nelle quali la politica della memoria è stata più implementata, perché si tratta di una memoria collettiva. “La memoria invece per sua natura è un qualcosa di selettivo”. E a tale proposito Cita Yerushalmi: “E’ comune ritenere che una società non possa esistere senza una memoria di quanto è avvenuto nel passato: la selezione degli elementi da conservare serve a trasmettere da una generazione all’altra un passato dotato di senso ed in quanto tale sostiene quel complesso di riti e di valori che costituisce per un popolo il senso della propria identità e del proprio destino. Diventeranno oggetto di trasmissione solo quei momenti tratti dal passato che vengano sentiti come educativi ed esemplari per la hallakhah (hallakhah è parola ebraica che indica il sentiero su cui si cammina, la Strada, ndr) di un popolo, così come è vissuta in quel momento; il resto della ‘storia’ cade, si può dire quasi letteralmente, fuori dal sentiero”. In altre parole, vi è una memoria che serve a fondare una comunità civile dotandola di unità di passato e di comunità di intenti, ed una memoria che invece si oppone alla stessa operazione, una memoria come “rimedio contro l’odio” ed una usata “per spargere odio” E tuttavia non è, naturalmente, un’operazione indolore: “La memoria e l’oblio – ha scritto Remo Bodei – non rappresentano […] terreni neutrali, ma veri e propri campi di battaglia, in cui si decide, si sagoma e si legittima l’identità, specie quella collettiva”. In questo processo vengono di solito utilizzate rimozioni, invenzioni, falsificazioni, cancellazioni della memoria, più o meno istituzionate”.
Bisogna iniziare a sostituire il termine memoria con quello di storia perché la storia è un antidoto”, sostiene Pezzino.
Lo storico si deve avvalere di un insieme di mezzi di analisi, tra cui le fonti, anche quelle orali, per ricostruire il passato, consapevole che non si possa ricostruire tutto. Lo storico deve essere animato da umiltà, modestia, tolleranza e deve stare ai fatti”.
Questo diceva Salvemini degli storici “Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere”.
In conclusione Pezzino ritorna al tema dell’incontro: “Tornando alla domanda iniziale Come si fa la manutenzione della memoria? La si fa studiando la storia! E come si fa la manutenzione della storia? Attraverso la ricerca, con un efficiente sistema archivistico e bibliotecario (che in questo momento in Italia sono pessimi) e attraverso lo studio della storia nella scuola, anch’esso passato in secondo piano”.




Lectio di Paolo Pezzino per la chiusura del Festival Fino al cuore della Rivolta 2021

“Questa domenica in Settembre” direbbe Guccini, il 5, “Fra i castagni dell’Appennino” (in realtà della Lunigiana) si è concluso il Festival Fino al cuore della Rivolta, presso il Museo audiovisivo della Resistenza a Fosdinovo.

Il gran finale ha coniugato cultura e musica, come è nell’anima del Festival. Sono stati celebrati i 700 anni dalla morte del Sommo Poeta con Maria Antonietta che ha magistralmente interpretato il Canto XXVII dell’Inferno con uno spettacolo dal titolo L’inferno di Guido. La musica è stata quella hard rock dei Little Pieces of Marmelade, conosciuti anche come LPOM, che sono stati capaci di attirare un pubblico giovanile.

Nella giornata conclusiva non poteva mancare Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, che ha un rapporto privilegiato con il Museo audiovisivo della Resistenza, di cui è il Direttore scientifico.

Il Professore ha tenuto una lectio brevis dal titolo Creare un museo nazionale della Resistenza in Italia: un’impresa impossibile? Questa domanda sembra apparentemente stupida, sostiene Pezzino.

A pensarci non c’è neppure un museo nazionale del Risorgimento. Anche se la Resistenza non è il secondo Risorgimento, come ancora qualcuno sostiene.

Gli elementi che ostano sono tre.

Il primo è che la Resistenza non è stato un momento di unità delle forze antifasciste dopo il ’45, non conservando la sua natura interpartitica. Questo perché dopo, nel clima di guerra fredda, alcuni partiti non hanno più rivendicato a partecipazione alla Resistenza ed essa è diventata un momento divisivo, come osservò Norberto Bobbio: “l’anticomunismo si è sostituito all’antifascismo”. Inizia addirittura una rivalutazione del fascismo e viene fondato l’MSI esplicitamente ispirato all’ultimo momento del fascismo. Poi l’antifascismo è passato di moda e ora c’è chi dice che Mussolini ha fatto anche cose buone. Berlusconi non ha mai celebrato il 25 Aprile tranne l’ultimo anno del suo governo. I 5 stelle sull’antifascismo non hanno mai detto una parola chiara, perché al loro interno convivono una anima di destra e una di sinistra, quindi non si indentificano con l’antifascismo. E ora ci sono forze politiche (Lega, Fratelli di Italia) che si richiamano, implicitamente o esplicitamente, all’esperienza fascista per rivalutarla.

Dunque, trattandosi di un museo nazionale, la spinta alla sua istituzione doveva venire dal governo, ma non è mai arrivata. Solo il Ministro Franceschini circa due anni fa ha annunciato a Milano un finanziamento per la creazione del Museo Nazionale della Resistenza.

Il secondo motivo “ostante” è che la Resistenza è stata per lo più un fenomeno locale, con bande che trovavano difficoltà a connettersi e a collegarsi a strutture più ampie, tranne che nell’ultimo periodo della lotta armata. Il ricordo che dunque se ne è voluto dare è localistico. Non si è sentito il bisogno di narrare complessivamente una storia così complessa. Questo spiega perché, sparsi sul territorio nazionale, ci sono decine di musei della Resistenza: uno è questi è quello di Fosdinovo, che pur essendo collegato alla realtà di Massa, Carrara, La Spezia, ha un afflato nazionale. Altri esempi sono casa Cervi, il museo della deportazione di Carpi, quello di Via Tasso, il museo diffuso di Torino… Insomma, la frammentazione rispecchiala realtà italiana.

E veniamo al terzo punto: il museo della Resistenza deve essere storico, non un memoriale dei partigiani e nel costituirlo, bisogna tenere conto della sua estrema complessità. Della Resistenza si è fatto il braccio armato del popolo italiano che dopo il 25 Aprile si era svegliato antifascista. Questa è una celebrazione retorica, non storica. Per allestire un museo storico della Resistenza deve essere affrontata la complessità di essa, quella complessità che ha magistralmente individuato Claudio Pavone parlando di tre guerre: una di liberazione nazionale, una civile, una di classe (quest’ultima in alcune zone di Italia, soprattutto in Emilia Romagna). La Resistenza non è sempre uguale cronologicamente né geograficamente. Molto diverse sono state anche le bande: comuniste, socialiste, del partito di azione, autonome, composte principalmente da militari, cattoliche etc.

Non bisogna dimenticare che alla Resistenza italiana hanno partecipato anche molti non italiani. A questo proposito si veda, ad esempio, il recente libro curato da Mirco Carrattieri e Iara Meloni Partigiani della Wehrmacht. Ma alla Resistenza italiana hanno aderito anche stranieri, ad esempio partigiani russi e cecoslovacchi, così come Italiani hanno partecipato alla Resistenze all’estero. Bisogna pure ricordare che c’è stata una Resistenza armata, una direzione politica che si esprimeva nei comitati di liberazione nazionale, e una resistenza civile.

Insomma, quello sulla Resistenza è un discorso complesso che necessità di una grande sforzo scientifico, e un grave impegno finanziario per costituire un museo storico nazionale che sia degno di tale nome.

Attualmente è in gestazione a Milano un museo nazionale della Resistenza, che dovrà sorgere accanto alla Fondazione Feltrinelli. È stato creato Consiglio di supervisione che comprende due rappresentanti del Comune di Milano, due del segretariato regionale per la Lombardia dei Beni Culturali in rappresentanza del Mibac, dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri che dovrà curare la progettazione scientifica. C’è poi un comitato di esperti nominato dalle varie associazioni, con il quale condividere il progetto museale.

Nonostante la volontà del Ministro Franceschini, per la creazione del museo permangono alcuni problemi organizzativi e finanziari: 25milioni di euro sembrano tanti, ma non lo sono se si considera che bisogna costruire un edificio nuovo. Inoltre bisognerà prevedere, come in tutte le principali realtà europee, un importante centro di documentazione con archivio e biblioteca.

Nonostante tutto, il Museo Nazionale della Resistenza dovrebbe venire alla luce nel 2024-2025.

Speriamo di realizzare una struttura all’altezza dei musei nazionali che troviamo all’estero, in grado di parlare a livello europeo di queste tematiche.




Presentato a Pisa “Il tempo senza Storia” di Prosperi.

Alle ore 18 di venerdì 3 settembre, presso il circolo Arci Pisanova, a Pisa, si è tenuta la presentazione dell’ultimo libro di Adriano Prosperi, Il tempo senza storia Torino, Einaudi, 2021.
Introduce Franco Bertolucci -direttore scientifico della BFS-, modera Stefano Gallo -ricercatore CNR- intervengono l’autore Adriano Prosperi – professore emerito di Storia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e Paolo Pezzino -presidente dell’Istituto Nazionale F. Parri-.
Il pubblico, molto numeroso, si è mostrato attento fino alla fine, con una evidente soddisfazione di poter riprendere questi incontri in presenza, avendo a disposizione un ampio spazio all’aperto che ha consentito il distanziamento.
L’iniziativa segna quello che Gallo definisce il “nuovo corso” di vita della Biblioteca Franco Serrantini, diventata Istituto di storia sociale, della Resistenza e dell’età contemporanea, alla sua prima iniziativa come associato all’Istituto nazionale “Ferruccio Parri”, Rete degli Istituti storici della Resistenza dell’età contemporanea.
Dopo i saluti, prende la parola Gallo che, parlando del libro di Prosperi, afferma “interpreta il senso di fare storia”. Prosperi spiega che questo suo ultimo libro è la trascrizione di una conferenza tenuta a Genova di fronte al Palazzo Ducale, quasi due anni fa (la pubblicazione ha subito ritardi a causa del covid) mentre persone affogavano nel Mediterraneo nella totale noncuranza. “A me questo ha fatto venire in mente la Shoah (confronto improprio, lo so) in cui tutti sapevano ma non vedevano e non sentivano”. Da qui il bisogno di interrogarsi sul senso della storia della memoria nella realtà contemporanea.
Gallo poi propone dei punti di riflessione: il primo è il rapporto fra storia e memoria.
A tale proposito Pezzino ribadisce l’ovvia distinzione fra storia e memoria, riprendendo una frase del saggio di Prosperi “la prima è conoscenza accertata del passato, la seconda funzione psichica, viva e palpitante, finestra mentale più aperta all’errore e alla falsificazione”. Aggiunge poi “le memorie dei protagonisti sono fondamentali per ricostruire l’elaborazione del passato ma di quel passato ci dicono appunto quello che il soggetto ricorda dopo anni e anni di rielaborazione E non possono essere utilizzate per ricostruire in maniera solida i fatti di cui si porta ricordo”. La memoria, infatti, è selettiva e più sottoposta all’oblio.
Prosperi concorda: “Io sono nato, direbbe Orazio, Benito consule, ma non oserei raccontare i miei ricordi, perché la memoria è influenzata dal contesto sociale, dalla coscienza civile ed è fatalmente labile, falsificabile. Basti pensare che gli Italiani hanno mistificato di essere stati nella stragande maggioranza fascisti!”.
Il secondo spunto è “la storia come legittimazione del potere politico”.
Pezzino afferma che il primo condizionamento sta già nella selezione dei dati da ricordare. “Anche la storia è selettiva. Lo dimostra, ad esempio, la cancellazione e la sostituzione della storia delle popolazioni conquistate, come quella dei nativi Americani o delle civiltà precolombiane”. E continua: “Nel corso dei secoli si è elaborato un metodo storico che basa l’interpretazione sulla documentazione e su un’analisi critica di tutte le fonti disponibili ed è questo metodo che oggi può fare dello storico un decostruttore delle falsificazioni del potere. Davanti alla falsificazione della storia voluta dal potere politico e diffusa dai mass media, il nostro lavoro di storici, di verifica e di rimando ai dati essenziali e di contestazione appare debole. Ma la sedimentazione di ciò che noi cerchiamo io spero che prima o poi dia i suoi frutti, altrimenti dovremmo ritenere che il lavoro dello storico è del tutto inutile”. E Prosperi aggiunge: “la storia significa etimologicamente ricerca, chi fa questo mestiere non lo deve dimenticare”.
L’ultimo spunto di riflessione, sollevato dalle parole in apertura di Prosperi sulla Shoah, riguarda la celebrazione della Giornata della Memoria.
Pezzino sostiene che la celebrazione “forzata” ed eterodiretta di essa abbia banalizzato la Shoah. “Già la definizione italiana di Giornata della Memoria è discutibile: lascia fuori alcune categorie di vittime, inserisce gli Italiani buoni che hanno salvato”. Ecco il testo: La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Critica poi la definizione ufficiale di antisemitismo proposta dall’IHRA e ripresa da molti governi tra i quali quello italiano, non tanto per il testo in sé (“L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto”), quanto per gli esempi contemporanei di antisemitismo nella vita pubblica, nei mezzi di comunicazione, nelle scuole, al posto di lavoro e nella sfera religiosa, che vengono citati dopo tale definizione, che danno un preponderante peso alle critiche verso la politica israeliana.
A proposito dell’importanza di ricordare la Shoah, Prosperi cita, prendendone le distanze, un articolo di Berardelli in cui si afferma “non è necessario ricordare la Shoah, bisogna andare avanti. Le stragi e le distruzioni di popoli sono ricorrenti nella storia”. Confronta poi questa affermazione con quelle di uno storico cattolico di grande fama che, sul più letto giornale tedesco, proprio negli stessi giorni in cui è uscito il suo libro, ha scritto: “la storia è anche dimenticare, non si può collegare per sempre l’Olocausto al popolo tedesco”, mostrando la pervicace tendenza di questo popolo di prendere le distanze dal passato nazista.
La shoah è il punto massimo dell’evoluzione culturale, scientifica e tecnica del mondo moderno”. Conclude Prosperi “e per questo non possiamo lasciarcela alle spalle”.
A conclusione dell’incontro, entrambi gli studiosi concordano sul fatto che è in atto un “attacco alla storia” e che le responsabilità sono da ricercarsi nello scarso peso data ad essa nella scuola, nella crisi delle biblioteche e degli archivi italiani, quasi sempre chiuse le prime, allo sfascio i secondi. “Ma la storia si fa sui documenti!” inveisce Prosperi, “se i giovani studiosi non possono accedere agli archivi che ricerca fanno?”.
Amareggiato conclude il suo intervento così: “Per un paese che non investe in scuola, luoghi di cultura, ospedali e carceri io non sono ottimista”.




UNA PER TUTTI. Le donne di ieri, la comunità di oggi: da settembre il II ciclo

Una per tutti è il progetto dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze nell’ambito di “Partecipazione culturale”, il Bando tematico che la Fondazione dedica al sostegno di programmazioni culturali finalizzate a potenziare la partecipazione attiva della comunità locale e l’inclusione sociale delle periferie.Due cicli da tre incontri ciascuno a partire da una donna che ha contribuito attivamente alla costruzione della democrazia e della cultura del nostro Paese.

Il secondo ciclo, su tre donne che hanno contribuito con passione e competenza a portare la cultura tra la gente, comincia il 24 settembre prossimo. Laura Orvieto, Daisy Lumini e Margherita Hack saranno le nostre protagoniste.

Le racconteremo attraverso gli interventi di espert*, le performance artistiche della cantautrice Letizia Fuochi e attraverso le voci della memoria, cittadin* volontar* che si trasformeranno in Messaggeri di Memoria, consegnandoci le loro storie e tratteggiando – attraverso la loro partecipazione attiva – un momento storico e culturale di grande importanza.

Di seguito il calendario degli incontri e la mail per iscriversi (prenotazione obbligatoria). Cominceremo a raccogliere le adesioni dal 1 settembre, quindi: se vuoi partecipare scrivi una mail a irenedati88@gmail.com a partire dal 1 settembre 2021.

Una per tutti_II ciclo




Convegno storico sui fatti del 1921 a Empoli: ‘Squadrismo e violenza politica in Toscana’

Due giorni in cui si parlerà di una Storia che riguarda tutti, che parla al nostro presente e sulla quale, con l’aiuto della ricerca storica, a cento anni di distanza oggi possiamo tornare a riflettere e discutere richiamando lo “stato dell’arte” sul tema e ponendo qualche punto fermo in vista di ulteriori ricerche che si auspica possano essere messe in cantiere.

Queste le prime parole di introduzione al Convegno intitolato “1921. Squadrismo e violenza politica in Toscana” del responsabile scientifico, Roberto Bianchi, che la città di Empoli ospiterà nei locali del Complesso ‘La Vela Margherita Hack’ ad Avane, in via Magolo, 32.

Per due giorni si svolgerà un’iniziativa di alto profilo nell’intento di approfondire la storia del 1921 che interessò la Toscana.

Le date: venerdì 10 e venerdì 17 settembre 2021 a partire dalla mattina si alterneranno firme di storici, insegnanti, studiosi, ricercatori con l’obiettivo di fornire un quadro dello stato degli studi su quella fase storica, per dare una lettura del contesto generale in cui avvennero i singoli fatti, che altrimenti possono restare incomprensibili.

COME NASCE L’IDEA – Il progetto, nato da un’idea di Mauro Guerrini, è frutto di una collaborazione tra Comune di Empoli, nella figura del presidente del Consiglio Comunale, Alessio Mantellassi, Società storica Empolese (Guerrin), Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, nella figura del direttore Matteo Mazzoni; Dipartimento Sagas dell’Università di Firenze (R. Bianchi e M. Guerrini). Curatori della bibliografia sono Daniele Lovito e Martina Ponzalli, sotto la direzione di Roberto Bianchi e Mauro Guerrini.

PERCHE’ A EMPOLI – Tra l’autunno 1920 e la primavera 1921 in Toscana vi fu un momento di svolta che era diretta conseguenza della prima guerra mondiale e che si concluse con una presa di controllo degli spazi pubblici da parte di blocchi dell’ordine e fascisti.

Le vicende della regione sono particolarmente significative sul piano storiografico perché mostrano la precocità dell’avvento del fascismo che, con molti mesi di anticipo sulla Marcia su Roma, di fatto arrivò a controllare gli spazi pubblici a seguito di una vasta ondata di violenze.

Perché a Empoli? Il curatore del convegno ha proposto di organizzarlo a Empoli sia per il forte valore simbolico e per l’impronta lasciata nelle memorie (memorie divise) dai tragici fatti del primo marzo, sia per la volontà di decentralizzare iniziative culturali di rilevo nel territorio toscano, evitando di concentrarle sul capoluogo regionale.

LE SESSIONI – Il convegno è articolato in tre sessioni. La prima sul 1921 in Italia, con interventi sul contesto nazionale, l’assetto dello Stato, le forze dell’ordine, la magistratura, la dimensione territoriale del fascismo. La seconda è dedicata alla regione, con l’analisi di alcuni casi significativi. La terza parte centra l’attenzione su Firenze ed Empoli. L’iniziativa si chiuderà con una tavola rotonda sui fatti di Empoli tra storia e memoria pubblica, con la partecipazione di docenti e studiosi di storia locale.

L’IMPEGNO DEL COMUNE DI EMPOLI – Al contempo, risulta significativo l’impegno del Comune di Empoli nel sostegno al progetto di ricerca bibliografica sulla storia e le rappresentazioni dei fatti del 1° marzo dal 1921 in poi. Obiettivo è raccogliere ed elencare tutto ciò che è stato prodotto sul tema, sia per fornire uno strumento che potrà essere usato in sede di ricerca, sia per ripercorrere la trasformazione del dibattito pubblico, del confronto politico e della ricerca storica nel corso del secolo che ci separa da quelle vicende. Il lavoro è praticamente concluso: emerge un quadro significativo composto da un numero notevole di “prodotti” di varia natura, al cui interno emergono fonti dirette e fonti indirette, saggi, articoli, fumetti, film, giornali, siti internet, video e altro.

Nel suo insieme, dunque, con questo progetto si intende presentare una serie di studi e riflessioni sul passaggio dal 1920 al 1921 in Toscana, al cui interno avvennero eventi tragici ed eroici, per offrire uno sguardo largo, d’insieme, cercando di togliere quel 1921 dall’incandescenza che spesso ha accompagnato rievocazioni e commemorazioni, ma anche con la consapevolezza che la storia contemporanea è una arena di conflitti e che in ambito pubblico non può essere imposta una memoria omologata, inamovibile, condivisa da tutti. Il passaggio tra guerra, dopoguerra e fascismo si colloca all’interno di una fase storica che lasciò un segno profondo sul XX secolo; vari studiosi hanno parlato di “guerra civile europea 1914-1945”. È su quello sfondo che si collocano i singoli fatti, le piccole-grandi storie delle comunità locali, le tragedie individuali e familiari come pure gli atti coraggiosi di uomini e donne protagonisti di episodi talvolta dimenticati.

DICHIARAZIONI –

BRENDA BARNINI, sindaco del Comune di Empoli – «Dopo l’investimento fatto nello scorso mandato amministrativo sui Novecento anni di Empoli che ci ha portato ad una importante pubblicazione, proseguiamo questa volta con il convegno sui fatti del 21. Conoscere la storia, approfondirla e mettere a disposizione dei cittadini strumenti di lettura e studio è a nostro avviso uno dei compiti dell’amministrazione comunale. Per farlo c’è bisogno di collaborare con professionisti di livello come facciamo da sempre nel comune di Empoli. Sarà questa l’ennesima importante occasione per rinsaldare la conoscenza del nostro passato ed uscirne quindi ancora più consapevoli dei fondamenti valoriali della nostra comunità».

MATTEO MAZZONI, Direttore Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea – «Questo progetto è un’occasione importante, non solo per Empoli, per la promozione di una pagina complessa e significativa del nostro passato attraverso il rigore della conoscenza storica. Impegno e prospettiva che condividiamo e perseguiamo con costanza. Per questo vi abbiamo aderito con convinzione come Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea».

MAURO GUERRINI, Università di Firenze, Presidente della Società Storica Empolese – «Non so se cento anni siano sufficienti a passare dalla memoria o, più esattamente, dal sedimento ideologico che ha condizionato la narrazione dei Fatti di Empoli del 1° marzo 1921 a un tentativo di una loro ricostruzione storica. La pregiudiziale del racconto – complotto fascista o complotto antifascista – ha, infatti, pesato e tuttora pesa politicamente. Se riuscissimo nell’intento avremmo compiuto un salto paradigmatico nella rifondazione della storia contemporanea di Empoli. Il convegno proposto dalla Società storica empolese, con incarico di coordinatore scientifico a Roberto Bianchi, iniziativa ottimamente accolta dal Comune di Empoli, ha l’obiettivo di mettere ordine, ricollocare i tasselli al loro posto in un mosaico dal disegno oramai opaco per il decorrere di cento anni. Un convegno ambizioso nelle sue finalità, ma non risolutivo; suo scopo è semmai stimolare ulteriori ricerche che riportino alla considerazione dei fatti, facendo uscire la loro finora travagliata e controversa descrizione, cercando di chiarire il tema con un taglio rigoroso, squisitamente scientifico e non ideologico».

ROBERTO BIANCHI, Università di Firenze, Responsabile Scientifico del Convegno – «Con questo progetto si intende presentare una serie di studi e riflessioni sul passaggio dal 1920 al 1921 in Toscana, al cui interno avvennero eventi tragici ed eroici, per offrire uno sguardo largo, d’insieme, cercando di togliere quel 1921 dall’incandescenza che spesso ha accompagnato rievocazioni e commemorazioni, ma anche con la consapevolezza che la storia contemporanea è una arena di conflitti e che in ambito pubblico non può essere imposta una memoria omologata, inamovibile, condivisa da tutti. Il passaggio tra guerra, dopoguerra e fascismo si colloca all’interno di una fase storica che lasciò un segno profondo sul XX secolo; vari studiosi hanno parlato di “guerra civile europea 1914-1945”. È su quello sfondo che si collocano i singoli fatti, le piccole-grandi storie delle comunità locali, le tragedie individuali e familiari come pure gli atti coraggiosi di uomini e donne protagonisti di episodi talvolta dimenticati. Si tratta di una storia che riguarda tutti, che parla al nostro presente e sulla quale, con l’aiuto della ricerca storica, a cento anni di distanza oggi possiamo tornare a riflettere e discutere richiamando lo “stato dell’arte” sul tema e ponendo qualche punto fermo in vista di ulteriori ricerche che si auspica possano essere messe in cantiere».

ALESSIO MANTELLASSI, Presidente del Consiglio Comunale di Empoli con delega alla cultura della memoria– «La città di Empoli, in occasione del centenario dei fatti del 1921, ospiterà un convegno di grande qualità e di ampio respiro. Era necessario offrire una occasione culturale all’altezza di questo momento e con un approccio maturo. Infatti è fondamentale che quei fatti vengano, non solo contestualizzati, ma anche letti in una prospettiva lunga e temporalmente estesa. Pe questa ragione il convegno offre molti contributi sul contesto politico italiano del 1921, sugli scontri e sulle violenze di quegli anni, sulla tensione toscana e fiorentina: per inquadrare bene e in modo corretto i fatti della nostra città. Ringrazio tutti i soggetti che con noi hanno organizzato questo momento, tutti i relatori e le relatrici perché ci consentiranno di costruire un evento in presenza di alto livello. La necessità di agire con correttezza storica, di contestualizzare i fatti, di leggerli nel tempo e in una corretta dimensione geografica e territoriale ci aiuta a vivere questo appuntamento con assoluta maturità. È, a mio avviso, matura una comunità che senza lacerarsi affronta la sua storia dotandosi di tutti gli strumenti di indagine, conoscenza e approfondimento che gli sono utili. Ne vale della capacità di Empoli di conoscere sé stessa, di capirsi e di saper discutere la propria storia.

Il mio invito e il mio auspicio è che la comunità empolese, con la vivacità che la contraddistingue, e con la maturità che gli è caratteristica, possa sfruttare questa occasione culturale del convegno per proseguire, sempre meglio, un percorso di conoscenza di quei fatti già in corso da anni, senza lacerarsi o dividersi. Sarà una bella occasione, da cogliere tutti insieme».

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

1921. Squadrismo e violenza politica in Toscana

10 e 17 settembre 2021

LA VELA MARGHERITA HACK

Via Magolo, 32, Empoli

Venerdì 10 settembre 2021

Saluti istituzionali ore 9.30

Comune di Empoli

Dipartimento Sagas UniFi

ISRT

Società storica empolese

Presentazione Roberto Bianchi (UniFi)

Sezione 1. 1921 Presiede Mario G. Rossi (Isrt) 10.00-13.00

Andrea Baravelli (UniFe), Spazi e geografie del fascismo: un confronto tra regioni

Mirco Carrattieri (UniMore), Per un atlante della violenza politica nel primo dopoguerra italiano

Luca Madrignani (Isra), Le forze dell’ordine

Sheyla Moroni (UniFi), Il 1921 in tribunale. Casi di studio

Matteo Mazzoni (Isrt), In armi per la Nazione (e per se stessi). Percorsi dello squadrismo toscano

Pausa

Sezione 2. Toscana Presiede Valeria Galimi (UniFi) 15.00-18.00

Andrea Ventura (Isrec), La Toscana nord-occidentale

Emanuela Minuto (UniPi), Pisa

Marco Manfredi (Istoreco), Sovversivismo popolare e fascismo squadrista a Livorno

Stefano Bartolini (Isrpt), L’anno nero. L’ascesa del fascismo tra Prato, Pistoia, l’Appennino

Ilaria Cansella (Isgrec), Lo squadrismo nel Grossetano

Gabriele Maccianti (Accademia senese degli Intronati), Fascismo senese in azione

Interventi e discussione 18.00-19.00

*****

Venerdì 17 settembre 2021

Sezione 3. Firenze-Empoli Presiede Monica Pacini (UniFi) 10.00-12.00

Roberto Bianchi (UniFi), Firenze Empoli Sarzana

Andrea Mazzoni (Isrt), Da Lavagnini alle barricate

Paolo Pezzino (Ist. Parri), I fatti di Empoli nelle carte processuali

Lorenzo Pera (UniFi), Empoli 1921-1945: traiettorie biografiche del fascismo empolese

Gianluca Fulvetti (UniPi), Dopo i fatti. Percorsi biografici dell’antifascismo empolese

Interventi e discussione 12.00-13.00

Pausa

Sezione 4. Tavola rotonda: I fatti di Empoli tra storia e memoria pubblica

coordina Roberto Bianchi (UniFi) 15.00-17.00

Claudio Biscarini (Società storica empolese)

Daniele Lovito (insegnante)

Roberto Nannelli (avvocato)

Paolo Pezzino (Istituto Parri)

Paolo Santini (Bullettino storico empolese)

Simonetta Soldani (Passato e presente)

Interventi e discussione 17.00-18.00

Saluti istituzionali Dario Parrini (Presidente Commissione Affari costituzionali al Senato)

[Comunicato stampa Comune di Empoli]




La Biblioteca di Scienze Sociali dell’Università di Firenze ricorda con un video la figura e gli studi di Andrea Devoto

Andrea Devoto e i campi di sterminio
Con un proprio video, la Biblioteca di Scienze Sociali dell’Università di Firenze ricordare la figura e gli studi di Andrea Devoto. L’iniziativa vuole essere un forte invito a scoprire la sua raccolta di libri e il suo archivio conservati presso la Biblioteca.

Andrea Devoto (1927 – 1994), psichiatra e psicologo sociale, ha dedicato tanta parte delle sue ricerche alle dinamiche che sono alla base dei regimi totalitari, alla psicologia delle vittime e dei carnefici dei campi di sterminio, alla solitudine dei sopravvissuti, al valore della testimonianza.
Crediti
Citazioni dalle opere di Andrea Devoto Ricerca documentaria: Lucilla Conigliello, Eugenia Corbino, Maria Giovanna Le Divelec Devoto, Vincenzo Natile, Francesca Palareti Testi: Eugenia Corbino, Lucilla Conigliello Interpreti: Lapo Montelatici, studente; Eugenia Corbino, bibliotecaria Acting coach: Rosaria Giangrande Coordinamento, riprese e montaggio: Vincenzo Natile Wiegala (Lullaby) by Ilse Weber (1903-1944): Arr. The alt Default Dave Connor, Double Bass, Hannah Nicholas, Viola/Voice, Nathaniel Wolkstein, Guitar https://youtu.be/R7jlV4QOKrE