L’itinerario dei luoghi della memoria a Prato

I bombardamenti, le macerie, le deportazioni e la sofferenza di una popolazione. Questa è Prato durante la guerra e l’occupazione nazifascista. Una città che soprattutto nell’anno che precede la liberazione si vede stretta tra due paure: i bombardamenti alleati incombenti e i rastrellamenti ad opera delle forze naziste di occupazione, soprattutto dopo lo sciopero generale del marzo del 1944. L’idea di questo percorso è di guidare il visitatore alla scoperta dei luoghi della memoria che maggiormente hanno caratterizzato il periodo descritto. In un viaggio che possa portare sia alla conoscenza che al ricordo di persone che diedero la vita per la libertà e che non meritano di essere menzionate solo durante anniversari e commemorazioni.

Percorso

  • Percorso: Piazza Santa Maria delle Carceri, Prato (Castello dell’Imperatore) – Piazza del Comune, Prato (Lapide ai caduti nei campi di concentramento) – Via Galcianese 17/2, Prato (Cripta dei deportati) – Via di Cantagallo 250, Prato (Museo della Deportazione e Resistenza) – Via 29 Martiri, Prato (Monumento ai 29 martiri di Figline)
  • Distanza: 7,4 km
  • Dislivello: pianeggiante (+ 61 m – 9 m)

 

Il nostro percorso inizia da Piazza Santa Maria delle Carceri. Siamo nel pieno centro di Prato, e qui ci troveremo davanti al Castello dell’Imperatore. Chiamato anche Fortezza di S. Barbara o Castello Svevo, la sua costruzione fu iniziata nel 1248 per volere dell’imperatore Federico II di Svevia, nell’ambito di un progetto finalizzato a porre sotto controllo militare le principali vie di comunicazioni che dal sud del paese portavano in Germania. Eppure, quella che può essere considerata come la più importante testimonianza architettonica del XIII° secolo presente nella città di Prato, è invece ricordata per l’eccidio che ne porta il nome, riconducibile alle esecuzioni subite dai fascisti locali da parte di una popolazione travolta dalla rabbia nelle ore seguenti alla liberazione. Spostandoci di qualche centinaio di metri arriveremo a Piazza del Comune dove potremmo osservare la Lapide ai caduti nei campi di concentramento. Da qui ci spostiamo verso il cimitero della Misericordia, in via Galcianese, dove è doveroso andare a commemorare la cripta dei deportati. Inaugurata nel 1948, la cripta si trova nel sottosuolo del cimitero, ponendo di fronte al visitatore tutte le vittime dei campi di concentramento, in un’atmosfera di assoluta sacralità. Per raggiungerla bisogna entrare dal secondo ingresso del cimitero, qui c’è una porta a vetri che conduce a delle scale, la cripta è a metà della galleria di Santa Caterina. Se questa porta fosse chiusa è possibile accedere alla cripta entrando dal primo ingresso e scendendo le scale che si trovano sulla sinistra, si percorre tutta la galleria La Pira e poi a destra lungo la galleria Santa Caterina.

Una volta usciti dal cimitero doverosa è una visita al Museo della Deportazione e Resistenza pratese.

Fondato nel 2002, alla presenza del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, grazie al lavoro dell’ANED, e dell’allora suo Presidente Roberto Castellani, e al Comune di Prato. È una delle poche strutture museali in Italia a essere dedicata alla conservazione della memoria della deportazione. Nel 2008 il Museo è diventato Fondazione con il nome di Fondazione Museo e Centro di documentazione della Deportazione e Resistenza – Luoghi della Memoria Toscana, nel 2012 è stato accreditato come museo di rilevanza regionale. Presso il Museo vengono organizzate visite guidate, proiezioni di film/documentari, laboratori di indagine sulle fonti storiche. Il percorso all’interno del Museo è concepito come un viaggio simbolico in un campo di concentramento e di sterminio nazista. Nella prima sala sono esposti pannelli di carattere storico con schede, documenti e cartine sul sistema concentrazionario nazista, sull’organizzazione interna del lager, sulla deportazione dall’Italia, sulla persecuzione degli ebrei in Toscana e sulla vicenda regionale della deportazione politica con testi, foto e cartine dedicate al campo di Ebensee. La seconda sala del Museo introduce invece il visitatore al contatto con la realtà e i simboli del campo di concentramento. I vari oggetti esposti posseggono un indubbio valore di testimonianza e sono illustrati da didascalie con citazioni tratte dalla memorialistica, da interviste di superstiti prevalentemente toscani e anche dai libri di Primo Levi. Un’altra iniziativa lodevole da parte del Museo, volta all’integrazione storica con tutta la vasta popolazione cinese nel territorio, è stata la realizzazione di una guida-catalogo del museo interamente in cinese – già presente, oltre che in italiano, anche in inglese e in tedesco – oltre che i sottotitoli – già presenti in inglese e in italiano per non udenti – nel percorso museale audiovisivo dove, in sette postazioni video con sistema audio a infrarossi, si possono ascoltare video-interviste a 23 sopravvissuti ai lager nazisti.

Una visita obbligatoria per capire al meglio la sofferenza che la popolazione pratese dovette subire e la forza con cui riuscì a rialzarsi e liberare la città. Ultima, ma non per importanza, tappa del nostro percorso è via 29 Martiri, dove ci troveremo davanti al Monumento ai 29 martiri di Figline. È la mattina del 6 settembre 1944, i vari gruppi partigiani si stanno dirigendo in massa verso Prato, la quale sarà liberata il pomeriggio seguente quando si insedierà in Comune la giunta unitaria designata dal CLN locale. Il gruppo partigiano tra Coiano e Figline di Prato viene però intercettato da un’unità della 334° Divisione di fanteria tedesca, ne nasce un conflitto a fuoco durissimo e impari, con perdite da entrambe le parti. I partigiani, sorpresi ed in evidente inferiorità numerica, si disperdono. Mentre alcuni riescono fortunosamente a mettesi in salvo, una trentina di loro vengono fatti prigionieri dai tedeschi a seguito di un minuzioso rastrellamento seguito allo scontro e vengono quindi condotti a Villa Nocchi, sede del comando. Qui, il maggiore Karl Laqua improvvisa un processo farsa, al termine del quale viene pronunciata una condanna a morte per impiccagione. I condannati vengono allora portati a Figline e allineati lungo Bardena, di fronte all’arco di via Maggio. I tedeschi prelevano dalle abitazioni anche tre cittadini come testimoni dell’esecuzione della sentenza. Vengono impiccati ventinove partigiani, ed, a riprova di una crudeltà inaudita, alcuni vengono fatti impiccare dai loro stessi compagni. I cadaveri vengono lasciati dai tedeschi appesi per un giorno intero, prima che alcuni abitanti di Figline, vincendo la paura, provvedono a dar loro una prima sommaria sepoltura[1]. Una tragedia inaudita che rappresenta al meglio la spietatezza delle forze occupanti e il dolore che i pratesi dovettero subire per rialzarsi.

 

 

 

Note

 

[1] M. Di Sabato e G. Gregori, Fatti e personaggi della Resistenza di Prato e dintorni: dalla caduta del fascismo alla Liberazione (luglio 1943-settembre 1944), Pentalinea, Prato, 2014, pp. 91-103.

 

 

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

 

Articolo pubblicato nel novembre 2024.




Itinerari alla “scoperta” dell’eccidio del Padule

Un eccidio spietato, una delle pagine più buie della storia toscana. Una violenza feroce, che non si fermò neanche davanti ad anziani e bambini. Questo fu l’eccidio al Padule di Fucecchio.
Prima di addentrarci in una breve spiegazione dell’evento è doveroso contestualizzare le peculiarità della zona presa ad interesse. Il Padule è la più estesa pianura interna italiana, e, con i suoi quasi 2000 ettari di terreno, si trova a confine con le province di Pistoia e Firenze. Quello che dovrebbe rappresentare una delle maggiori forme di attaccamento ai valori della terra e della natura è ricordato invece come teatro di una delle stragi più cruente e inumane della seconda guerra mondiale in Toscana. Un eccidio – quello del 23 agosto del 1944 – che rientra a pieno titolo nel contesto delle “stragi di desertificazioni” avvenute lungo l’Arno da parte del contingente tedesco, con l’obiettivo di ripulire l’area retrostante il fronte di guerra, che vedeva a sud del fiume gli alleati e a nord i nazifascisti [1]. Un massacro vile e sconcertante, deciso il giorno precedente dal generale Eduard Crasemann, comandante della 26. Panzer-Grenadier-Division, e a cui parteciparono le quattro compagnie del 26° battaglione esplorante, il secondo battaglione del 67° Reggimento corrazzato e l’unità dell’artiglieria [2].

I morti furono 174. Le zone maggiormente colpite furono i comuni di Monsummano Terme (frazione di Cintolese), Larciano (frazione di Castelmartini), Ponte Buggianese (zona di Capannone e Pratogrande), Cerreto Guidi (frazione di Stabbia) e Fucecchio (frazioni di Querce e di Masserella). Il lutto e l’immenso dolore provocato da tale tragedia portarono i singoli comuni a dotarsi di una serie di monumenti, targhe, lapidi e parchi volti al ricordo delle vittime e di una strage la cui ferita non fu mai completamente rimarginata da parte degli abitanti della zona. Questa “onda del ricordo” portò alla luce una moltitudine di zone di interesse, con il conseguente rischio che però esse siano dimenticate nel tempo, se non a seguito di ricorrenze e commemorazioni. Proprio per questa ragione tale articolo si pone l’obiettivo di creare un sentiero che ne colleghi la maggior parte, per poter realizzare una passeggiata volta al ricordo e alla riflessione. Vista, però, la moltitudine di luoghi, la scelta più logica è stata scomporre il percorso in due distinti itinerari volti a ripercorre i luoghi della memoria maggiormente suggestivi.

Sentiero 1

  • Percorso: Piazza dei Martiri, Monsummano Terme, località Cintolese (Monumento ai caduti) – Strada Regionale 436 Francesca, Larciano, località Castelmartini (Giardino della memoria) – Via delle Morette, Larciano, località Castelmartini (Monumento “Lo Stupore”) – Via Don Franco Malucchi, Larciano, località Castelmartini (Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio) – Via Leonardo Da Vinci, Fucecchio (Padule di Fucecchio)
  • Tempo di percorrenza: 1 ora e 15 minuti
  • Distanza: 5,4 km
  • Dislivello: pianeggiante (+ 15 m – 21 m)

Il nostro percorso inizia da Piazza dei Martiri, dove troviamo il Monumento ai caduti. Monsummano, specificatamente la località di Cintolese, fu la zona maggiormente colpita, con ben 84 vittime.

Monumento ai caduti Cintolese

La statua si pone l’obiettivo di ricordare i caduti e la spietata crudeltà nazifascista. Fu costruita nell’immediato dopoguerra su iniziativa del parroco di Cintolese don Renato Quiriconi.  Il monumento raffigura una donna che sorregge due bambini mentre è chinata su un uomo avvolto da un serpente, simbolo della violenza nazista. Ai lati troviamo da una parte i nomi dei caduti, mentre dall’altra un uomo inginocchiato intento a pregare e una donna con un crocifisso speranzosa mentre guarda il cielo. Sopra i bassorilievi troviamo un angelo con la testa rivolta verso l’alto come simbolo di libertà. Un significato e un’immagine impattante, che ci forniscono ancor di più l’esempio di come questo episodio abbia segnato irrimediabilmente queste comunità.

Uscendo da piazza Dante Desideri ci dirigiamo verso il Giardino della memoria, lungo la strada Regionale 436. Inaugurato il 23 agosto del 1996, nel luogo in cui sorgeva un ex cimitero, il giardino si compone di due rappresentazioni artistiche: “Paysage” di Andrea Dami, e “Mio fratello è qui”, curato da Simone Fagioli. Il primo è un dipinto di forma triangolare realizzato con tante formelle quante sono le vittime. Il secondo è formato da nove pedane a mosaico che rappresentano altrettanti simboli universali collegati ai temi della solidarietà e della pace. A pochi passi dal giardino, precisamente a Via delle Morette, ci troveremo davanti a “Lo Stupore”, monumento ad opera di Gino Terreni inaugurato nel 2002, e dedicato a tutte le vittime del Padule.

Continuando il nostro percorso ci dirigiamo verso via Don Franco Malucchi, sede del Centro Visite della Riserva Naturale, gestito dal Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio. Agisce principalmente come punto d’informazione turistica e centro di educazione ambientale. Al suo interno sarà possibile trovare aule, laboratori didattici, bookshop, esposizioni di attività, di prodotti e una mostra permanente delle opere preparatorie del monumento di Gino Terreni, donate dallo scultore al Comune di Larciano. Organizza varie attività di visita del Padule volte alla scoperta delle zone per birdwatching ma anche per varie zone di interesse storico come il Casotto del Criachi, lapide in ricordo delle vittime. Il sentiero proposto arriva fino all’inizio del Padule, sia che ci si voglia avventurare singolarmente sia che si voglia seguire degli itinerari già presenti e collaudati dal Centro di Ricerca.

 

Sentiero 2

  • Percorso: Piazza Dante Desideri, Via Vittorio Veneto, Cerreto Guidi (MuMeLoc) – Via della Prata, Cerreto Guidi (Giardino della meditazione) – Piazza Sette Martiri 11, Fucecchio, località Massarella (Lapide sulla chiesa di Santa Maria) – Via delle Cerbaie, Fucecchio, località Massarella (Parco della Rimembranza) – Piazza Martiri del Padule, Ponte Buggianese, località Anchione (Monumento alle vittime del Padule di Fucecchio)
  • Tempo di percorrenza: 4 ore
  • Distanza: 18,5 km
  • Dislivello: con dislivelli (+ 69 m – 153 m)

Questo secondo itinerario è indubbiamente più lungo e faticoso, vista anche la presenza di qualche dislivello. Il punto di partenza è Piazza dei Desideri a Cerreto Guidi, dove ci troveremo davanti al MuMeLoc, il museo della memoria locale. Caratterizzato per la sua peculiarità multimediale, il MuMeloc è un centro culturale dove non viene dato priorità ai cimeli, agli oggetti, ma alle storie, alle voci, alle immagini e alle esperienze. Il centro del museo è rappresentato proprio dalla narrazione dell’eccidio del Padule, con peculiarità uniche e storie strazianti pronti ad immergere completamente il visitatore.

Giardino della meditazione “Livio Lensi” a Stabbia, Cerreto Guidi

Sempre a Cerretto, precisamente a Stabbia, troviamo poi il Giardino della meditazione “Livio Lensi”, che riporta i ceppi dei morti dei morti di Cerreto e Fucecchio, ponendosi quindi come punto di ricordo e commemorazione collettiva, in un’atmosfera cullata dalla calma e dal silenzio.

Ci spostiamo poi a Fucecchio, precisamente in piazza dei Sette Martiri, dove potremmo vedere la lapide dedicata ai sei civili ed un carabiniere di Massarella posta sulla parete esterna della Pieve di Santa Maria.

Sempre a Massarella, ci spostiamo a via delle Cerbaie dove troviamo il Parco della Rimembranza. Si tratta di un giardino molto esteso con due lastre di ferro rettangolare dove sono riportati 7 nomi, lungo un viale ci sono poi una serie di strutture in metallo a forma di cuore in cui sono scritti i nomi dei deceduti, in fondo al viale vi è infine una lapide in marmo con una dedica.

Concludiamo infine il nostro itinerario dirigendoci a Piazza Martiri del Padule a Ponte Buggianese, nella frazione di Anchione. Qui troveremo il Monumento alle vittime del Padule di Fucecchio, dove sono incisi i nomi delle 44 vittime della zona, divise tra residenti, non residenti e militari.

 

Note

 

[1] Gianluca Fulvetti, Uccidere i civili. Le stragi naziste in Toscana (1943-1945), regione Toscana, Carocci editore, Roma, 2009, p. 162.

 

[2] M. Battini e P. Pezzino, Guerra ai civili. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944, Marsilio, Venezia, 1997, p. 143.

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

 

Articolo pubblicato nel settembre 2024.




“Passi di Storia”: itinerari di guerra e Resistenza pistoiese

Ultimo progetto di un lavoro svolto da tempo dall’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Pistoia, “Passi di Storia” offre l’occasione per approfondire e conoscere pagine di storia del territorio pistoiese attraversandone i luoghi che ne sono stati teatro.

Sono già 30 i luoghi segnalati sul Portale (in costante aggiornamento) che richiamano a eventi significativi della storia della Resistenza nel territorio pistoiese: dalla città capoluogo al territorio provinciale, racchiusi all’interno di percorsi tematici.

Silvano Fedi, luoghi e storie di un partigiano

L’eccidio del Padule di Fucecchio: una passeggiata nella Storia.

Sono già stati censiti luoghi della memoria delle vicende belliche nei seguenti Comuni:

Pistoia: con itinerario nei luoghi della città a partire da Piazza della Resistenza.

Fucecchio

Larciano

Monsummano Terme

Ponte Buggianese

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

Articolo pubblicato nel luglio 2024.

 




Rete ecomuseale del Casentino

Breve storia e finalità della Rete ecomuseale del Casentino
L’Ecomuseo del Casentino è ubicato nella prima Valle dell’Arno, in Provincia di Arezzo. L’iniziativa è nata alla fine degli anni Novanta su iniziativa della Comunità Montana con finanziamenti comunitari e tramite il coinvolgimento diretto di alcune amministrazioni comunali. Dal maggio 2002, la gestione del progetto è passata al Servizio CRED (Centro Risorse educative e Didattiche) della Comunità Montana.
L’architettura generale del progetto con l’articolazione in sistemi e poli museali, che ritroviamo presso altre esperienze nella Regione, rappresenta una sorta di “modello toscano” nella definizione di sistemi museali a scala locale. L’Ecomuseo del Casentino, nella sua concezione originaria, è stato strutturato in sei sistemi (archeologico, civiltà castellana, acqua, bosco, agro pastorale, manifatturiero), attraverso i quali è possibile ripercorre la dinamica del rapporto uomo-ambiente nel tempo e nello spazio. Ogni sistema si articola attraverso una serie di “antenne” tematiche con specifici ruoli e caratteristiche che suggeriscono anche tempi, spazi e modalità di fruizione diversificate. Attualmente si sta abbandonando tale chiave di lettura tematica in favore di un’interpretazione focalizzata sulle differenze tipologiche che nel corso degli ultimi anni di gestione si sono andate delineando (musei, poli didattici, collezioni, ecomusei, ecc.).
Raccogliere, documentare, conservare, interpretare, mettere a confronto, comunicare, educare, sono alcune delle funzioni esplicitate dalle varie strutture, che, pur nella loro diversità, concorrono, tuttavia, al raggiungimento della medesima missione: la tutela e la salvaguardia del patrimonio territoriale nelle sue componenti ambientali, storico-culturali, produttive etnografiche.

Fra le varie strutture, si segnalano le seguenti – di particolare interesse storico-documentario:

a) Molin di Bucchio
Sedi e contatti
Indirizzo: Strada comunale Molino di Bucchio, Vallucciole, Stia (Arezzo)
Telefono: 0575 582680, 3381007610
E-mail: consultare il sito web (http://www.molindibucchio.it/)
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/molin-di-bucchio, http://www.molindibucchio.it/
Orari di apertura: informazioni e visite su richiesta

Organi direttivi
Gestito dalla Famiglia Bucchi

Molin di Bucchio è il primo mulino che si incontra nel fiume Arno. Sin dal Medioevo questa zona è stata segnata dalla presenza di opifici idraulici controllati molto probabilmente dalla famiglia feudale dei conti Guidi. Oltre all’attività di molitura portata avanti per secoli dalla famiglia Bucchi, la località è stata anche sede di un’importante troticoltura. Il mulino ha funzionato regolarmente fino al 1955 e saltuariamente fino al 1960. L’ultimo mugnaio è stato Pietro Bucchi, detto “Pietrone”.
Annualmente il mulino ospita iniziative di vario genere: spettacoli, attività per bambini, concerti e si presta molto bene quale luogo di sosta e di riferimento per escursioni.
La zona di Molin di Bucchio è stata teatro di particolari episodi legati alla Resistenza (da segnalare, la lapide al partigiano Pio Borri, primo partigiano caduto nella lotta di resistenza nel territorio aretino).
Il complesso è di proprietà della famiglia Bucchi e attualmente oggetto del progetto Antica Aquacoltura Molin di Bucchio, nato dall’intento di Alessandro Volpone e Andrea Gambassini di far rinascere l’antico mestiere dell’acquacoltura montana, unendo salvaguardia della biodiversità, sostenibilità ambientale, educazione e storia.
Nel mulino sono presenti ancora tutte le attrezzature (pale orizzontali, tramogge, macine). Tutto il complesso architettonico (di particolare rilievo la cucina lastricata con il grande camino) risulta conservato nelle sue caratteristiche originarie venendo così a costituire un luogo di particolare interesse storico-documentario.

b) Museo dello Sci – Museo del Bosco e della Montagna – Collezione ornitologica “Carlo Beni”
Sedi e contatti
Indirizzo: Vicolo de’ Berignoli, Stia (Arezzo)
Telefono: 0575 583965, 0575 529263, 3477341266, 3382720488 (Sci Club Stia)
E-mail: federicococchi44@gmail.com
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/museo-dello-sci-museo-del-bosco-e-della-montagna-collezione-ornitologica-carlo-beni
Orari di apertura: 10-12:30, 16-19 (tutto l’anno la Domenica e festivi)

Il complesso, ospitato all’interno di antichi spazi del centro storico di Stia, si articola in più sezioni e spazi:
Museo dello Sci: la raccolta, curata dall’associazione Sci Club, raccoglie diversi esemplari di sci e ne illustra l’evoluzione da mezzo di trasporto, indispensabile per le genti di montagna, a strumento per lo sport agonistico. Arricchisce la sezione anche materiale fotografico riferito all’area e alla montagna casentinese.
I lavori alla macchia, il trasporto e le piccole industrie forestali: la sezione è organizzata in due sale e illustra l’uso delle risorse forestali nell’economia montana preindustriale.
La collezione, attraverso numerosi strumenti di lavoro e oggettistica, documenta anche l’ingegno e la creatività delle popolazioni di montagna nel rispondere alle esigenze lavorative. Un approfondimento viene dedicato anche alle piccole industrie forestali, ubicate in montagna, che in passato occupavano molte comunità nella manifattura di piccoli oggetti in legno.
Collezione Ornitologica “Carlo Beni”: la collezione, articolata su due sale, comprende 520 esemplari di 176 specie di uccelli, tutte italiane e rappresentative dell’avifauna presente nel territorio casentinese all’epoca della sua costituzione ad opera di Carlo Beni (ultimi decenni dell’Ottocento). Il valore scientifico e didattico della collezione si è rivelato notevole in quanto permette ai visitatori di osservare da vicino quasi tutti gli uccelli del territorio casentinese che molto spesso sono difficilmente avvicinabili in natura.
Il giardino pensile e il laboratori del collezionista: la parte più “segreta” della struttura, visitabile solo su richiesta, è costituita dal piccolo giardino pensile, utilizzato per gli incontri e le attività didattiche del museo, dove si affaccia anche il “Laboratorio di Lando”. Il collezionista, proprietario della maggior parte degli oggetti conservati nel museo (sezione bosco), è artefice di molti interventi creativi disseminati lungo il percorso.

c) Ecomuseo del Carbonaio – Banca della Memoria di Porto Franco “Giuseppe Baldini” – Casa dei Sapori
Sedi e contatti
Indirizzo: Loc. La Chiesa, Cetica, Castel S. Niccolò (Arezzo)
Telefono: 0575 555280, 3287252458, 3471980098 (Pro Loco “I tre confini”)
E-mail: info@cetica.it, proloco@cetica.it
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/ecomuseo-del-carbonaio-banca-della-memoria-di-porto-franco-giuseppe-baldini-casa-dei-sapori
Orari di apertura: Sabato e Domenica 15.30-18.30 (da maggio a settembre)

L’Ecomuseo del Carbonaio di Cetica nasce dalla necessità di conservare la memoria di un’attività strettamente correlata al manto boschivo ed alle sue risorse.
Il mestiere del carbonaio è stato una delle attività più rappresentative dello stretto legame che per secoli ha legato l’uomo al bosco e alle sue risorse. Praticati anche in ambiti territoriali molto distanti dal Casentino, i lavori del taglio della legna e della cottura del carbone, costituirono importanti occupazioni per molte comunità montane della valle fino alla metà del XX secolo. Le particolari tecniche, trasmesse di generazione in generazione, sono ancora messe in pratica, per lo più a scopo didattico-dimostrativo, in alcuni paesi del Pratomagno, come Cetica. Il complesso universo della cultura del carbonaio, della vita solitaria alla macchia, con i suoi atteggiamenti e modi di vita arcaici e quasi antagonisti al mondo civile, sono invece tramontati inesorabilmente.
L’Ecomuseo del Carbonaio si propone quindi come laboratorio attivo della storia, come momento nel quale, insieme allo studio e alla conservazione dei saperi, dei racconti delle esperienze di vita di ieri, si sperimenta anche un nuovo modo di interagire con la società e l’ambiente attuale.
Il museo è allestito nei locali della vecchia scuola del paese, prospiciente l’antica chiesa romanica di Sant’Angelo. Il percorso di visita si articola in quattro sezioni:
Carbonai: all’interno della vecchia scuola la prima sezione fornisce informazioni e suggestioni intorno al mestiere del carbonaio con pannelli didascalici, esposizioni di strumenti di lavoro e allestimenti scenografici.
Sala Polivalente: dalla Banca della Memoria alla comunità: fa parte integrante del percorso anche la sala polivalente dedicata alla proiezione di audiovisivi. La sala è concepita come luogo di consultazione decentrato dell’archivio audiovisivo conservato presso il CRED (Banca della Memoria dell’Unione dei Comuni del Casentino). Qui è possibile visionare alcuni video dedicati alla cultura materiale, alle pratiche silvopastorali e alle tradizioni popolari dell’area.
La sala ospita anche pannelli che, in seguito alla realizzazione della Mappa di comunità dell’Alta Valle del Solano, raccontano le peculiarità del territorio e della comunità, dalla ripresa di particolari forme di ritualità itineranti alle storie e leggende.
“La Casa dei Sapori”: laboratorio didattico e spazio per degustazioni alla riscoperta degli antichi sapori. Pannelli illustrano i prodotti agroalimentari locali con particolare riferimento alla patata rossa di Cetica, antica cultivar recuperata e adesso tutelata dal Consorzio Patata Rossa di Cetica.
Area Verde: carbonaie e arte ambientale: l’itinerario prosegue nella vicina area verde dove sono stati ricostruiti a scopo dimostrativo, a cura della Pro Loco, una capanna e una carbonaia. L’area verde ospita anche alcune installazioni realizzate all’interno del progetto “Boschi ad Arte”. Da qui si può procedere alla visita del paese, delle “piazze” ancora utilizzate per la cottura della legna, dell'”imposto” del carbone ma anche dei mulini ad acqua ancora funzionanti, delle colture tipiche, dei fabbri, dei pastori.

d) Ecomuseo della polvere da sparo e del contrabbando
Sedi e contatti
Indirizzo: Loc. San Vincenzo, Chitignano (Arezzo)
Telefono: 3396617113 (Ass. “I Battitori”), 0575 596713 (Comune di Chitignano)
E-mail: ecomuseo@casentino.toscana.it
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/ecomuseo-della-polvere-da-sparo-e-del-contrabbando
Orari di apertura: luglio, agosto, Sabato e Domenica 16-19

L’Ecomuseo documenta l’attività di produzione e commercio di due particolari prodotti: la polvere da sparo e il tabacco.
Gli opifici addetti alla produzione di polvere pirica, ubicati lungo il torrente Rassina, con macchinari mossi grazie alla forza idraulica, conobbero il loro maggiore sviluppo tra il XIX e il XX secolo. I due maggiori polverifici furono quello dei Prati e quello del Ciofi, di cui rimangono ancora significative testimonianze. L’attività, oltre che all’interno di strutture autorizzate, veniva svolta anche attraverso i numerosi “pilli” (cavità scavate nella pietra per il pestaggio delle componenti) disseminati nei boschi al di fuori del controllo degli organi di sorveglianza e la cui produzione alimentava il mercato del contrabbando.
Altre vicende conobbe la coltivazione del tabacco, praticata fino al 1779 all’interno della Contea dei Conti Umbertini e poi anche in seguito (grazie ai privilegi concessi dal Granduca Pietro Leopoldo), che assicurò un certo benessere alla comunità locale. Dopo la soppressione del privilegio, avvenuta nel 1830, il commercio del tabacco continuò clandestinamente. La materia prima veniva recuperata nelle zone della Valtiberina e dell’Umbria e trasportata a Chitignano per la trasformazione in trinciato e sigari mediante la lavorazione delle sigaraie, donne specializzate in questa particolare manifattura. Il prodotto finito era quindi smerciato attraverso il contrabbando. Le vie tracciate dai contrabbandieri andavano sul versante romagnolo, verso Firenze, Pisa e Livorno, verso la Maremma toscana e laziale, verso l’Umbria e le Marche.
A integrazione degli itinerari all’aperto (polverifici, “pilli”, ecc.), l’Ecomuseo dispone di un Centro di documentazione dove sono collocati alcuni strumenti di lavoro e pannelli esplicativi riferiti alle due lavorazioni, oltre a uno spazio video nel quale poter fruire di alcune testimonianze raccolte nell’ambito del progetto “La banca della memoria”.

e) Centro di documentazione e Polo didattico dell’Acqua
Sedi e contatti
Indirizzo: Loc. La Nussa, Capolona (Arezzo)
Telefono: 0575 421370 (Comune di Capolona), 0575 507272 (Centro Servizi Rete Ecomuseale)
E-mail: ecomuseo@casentino.toscana.it
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/ecomuseo-della-polvere-da-sparo-e-del-contrabbando
Orari di apertura: informazioni e aperture su richiesta

L’acqua e il bosco hanno rappresentato per la valle, nel corso dei secoli, un binomio di fondamentale importanza. Le trasformazioni del manto forestale operato dalle comunità monastiche e lo sfruttamento delle risorse idriche da parte delle comunità civili segnano in maniera consistente il paesaggio della prima valle dell’Arno. Il Centro, ricavato all’interno dell’abitazione del vecchio custode della Centrale idroelettrica “la Nussa”, tutt’ora in attività, si propone di presentare e conservare la memoria delle molteplici modalità d’impiego delle acque messe in atto da una comunità delimitata geograficamente, ma anche di promuovere la conoscenza e il rispetto, soprattutto da parte delle nuove generazioni, di questo importante elemento.
Il percorso museale illustra le molteplici modalità d’impiego dell’acqua, da risorsa indispensabile nell’alimentazione alla produzione di energia per muovere macchine come mulini, gualchiere e ferriere. Il centro si rivolge in particolare al mondo della scuola attraverso la realizzazione di esperienze didattico-educative dedicate all’acqua guidate da specifici operatori.