Sulle tracce della Linea Gotica nelle Apuane

Nel 2019 il Parco delle Alpi Apuane ha promosso un progetto di valorizzazione del territorio e di commemorazione del passato attraverso il recupero e la creazione di sette sentieri di diversa difficoltà che ripercorrono i luoghi e le zone attraversate dalla Linea Gotica. Costruita dai tedeschi sul finire del secondo conflitto mondiale la Linea aveva lo scopo di arrestare e rallentare l’avanzata delle truppe alleate che erano nel frattempo sbarcate nella penisola. Si trattava di una struttura fortificata che da Massa (affacciata sul Mar Tirreno) fino a Pesaro (posta sul Mar Adriatico) attraversava orizzontalmente il paese, sbarrando l’accesso alla Pianura Padana. Come le altre zone e catene montuose attraversate dalla Linea le Apuane divennero teatro di violenti scontri che contrapposero da un lato le truppe nazifasciste e dall’altro gli Alleati e le formazioni partigiane che operavano nella zona.

Grazie a questa rete di sentieri coloro che vorranno visitare il Parco e le sue montagne potranno ripercorrere luoghi dall’importante valenza storica, visitando postazioni fortificate come bunker e trincee, attraversando i paesi vittime delle stragi nazifasciste e ripercorrendo gli stessi itinerari che intraprendevano i civili che volevano sfuggire dalla guerra. L’iniziativa – realizzata attraverso il contributo di diversi enti e associazioni culturali della zona – mira a coniugare la divulgazione storica con il piacere di poter visitare luoghi dall’immensa bellezza naturalistica.

 

Mappa dei sentieri

 

 

Sentiero 1

Attraverso i luoghi della “zona bianca” (itinerario circolare)

Ripercorre i luoghi che furono teatro di uno dei peggiori crimini compiuti dai nazisti durante la seconda guerra mondiale

  •  Percorso: Sant’Anna di Stazzema – Vaccareccia – Focetta – Ossario – Sant’Anna di Stazzema
  • Tempo di percorrenza: 1 ora
  • Difficoltà: turistico / escursionistico
  • Dislivello: ± 113 m

Il sentiero (n. 2 arancione) prende avvio dallo spiazzo situato di fronte alla chiesa di Sant’Anna, dove il 12 agosto 1944 vennero uccisi 132 innocenti . Dopo aver superato l’abitato il percorso prosegue in direzione della borgata di Vaccareccia, anch’essa vittima nell’estate 1944 della violenza nazista, e continua fino ad arrivare al punto panoramico di Focetta. L’ultima parte del sentiero attraversa il Monumento dedicato alle vittime della strage, realizzato dall’architetto Tito Salvatori nel 1948 e si conclude dopo circa un’ora di marcia al Museo Storico della Resistenza, situato a poche centinaia di metri dalla chiesa di Sant’Anna. Oltre al sentiero appena descritto, nella zona sono presenti altri percorsi che permettono ai visitatori di poter ampliare la loro visita e di recarsi  nelle altre borgate vittime delle stragi, come ad esempio i “Sentieri di Pace”, sei percorsi storico-naturalistici creati nel 2012 che ripercorrono i luoghi attraversati dalle truppe nazifasciste.

 

 

Sentiero 2

Dove l’ultimo assalto alleato spezzò la Linea Gotica

Il sentiero attraversa i luoghi dove il 5 aprile 1944 le truppe alleate insieme ai partigiani assaltarono le posizioni nemiche, aprendo il primo varco nella parte occidentale della Linea Gotica e creando le premesse per l’imminente liberazione di Montignoso, Massa e Carrara

  • Percorso: Pasquilio di Montignoso – Monte Folgorito – Cerreta San Nicola – Passo della Canala – Seravezza
  • Tempo di percorrenza: 3.20 ore andata, 3.50 ore ritorno
  • Difficoltà: escursionistico (per “escursionisti esperti” in alcuni tratti lungo il crinale)
  • Dislivello: + 171 m, – 931 m

Pasquilio di Montignoso dista poco più di venti minuti di macchina da Massa. Prima di intraprendere il cammino meritano una breve visita il monumento eretto in memoria della guerra di Liberazione e la chiesetta dei partigiani, entrambi posti all’inizio del sentiero. Dopo una prima parte ascensionale, che termina con l’arrivo sulla cima del Monte Folgorito (911 m), il percorso perde progressivamente quota, fino ad arrivare a Seravezza (65 m). Lungo il percorso sono presenti numerose tracce che testimoniano lo scontro che contrappose gli Alleati e i partigiani con le truppe nazi-fasciste, come bunker, trincee o caverne adibite al riposo dei soldati. Il percorso può essere compiuto anche in senso contrario, partendo da Seravezza ed arrivando a Pasquilio di Montignoso.

 

 

Sentiero 3

Sulla via della libertà dei “patrioti apuani”

Sentiero che ripercorre in parte il percorso gestito dal “Gruppo Patrioti Apuani” che i civili compivano per sfuggire alla guerra e “sconfinare” nell’Italia liberata

  • Percorso: Antona di Massa – Tecchia – Passo della Greppia – La Polla – Azzano di Seravezza
  • Tempo di percorrenza: 4.30 ore
  • Difficoltà: escursionistico / per escursionisti esperti ( per “escursionisti esperti con attrezzature” dal Passo della Greppia all’innesto del sentiero CAI 32)
  • Dislivello: + 885 m; – 835 m

Il percorso può essere iniziato ad Antona, distante otto chilometri da Massa, oppure dal “Sacrario della Tecchia”, raggiungibile in automobile proseguendo in direzione di Arni. Dopo un’iniziale tratto caratterizzato dalla presenza di saliscendi, il percorso diviene più arcigno fino ad arrivare al Passo della Greppia (1.209 m). Superato questo tratto l’itinerario non presenta rilevanti difficoltà altitudinali, ripercorrendo l’antico “Sentiero della Libertà” fino ad arrivare ad Azzano di Seravezza.

 

 

Sentiero 4

Lungo l’antica via di transumanza dei Liguri Apuani

Il sentiero ripercorre le antiche vie della transumanza che i Liguri Apuani utilizzavano prima della colonizzazione romana

  • Percorso: Forno di Massa – Case del Vergheto – Foce Luccica – Foce di Vinca – Foce Rasori – Vinca di Fivizzano
  • Tempo di percorrenza: 5.30 ore da Forno di Massa; 4 ore da Case del Vergheto
  • Difficoltà: escursionistico
  • Dislivello: da Forno di Massa + 1.275 m, – 657 m; da Case del Vergheto + 611 m, – 657 m

La frazione di Forno dista solamente sette chilometri dal centro storico di Massa ed è facilmente raggiungibile con la macchina. Poco prima di giungere nel piccolo paese si incontra il monumento dedicato alle 68 vittime che il 13 giugno 1944 persero la vita a causa di un eccidio nazifascista. Il percorso può essere intrapreso sia partendo da Forno di Massa, sia proseguendo con la macchina e incominciando il cammino da Case del Vergheto. Lungo il percorso, in particolar modo nel tratto da Foce di Vinca a Foce dei Rasori, sono individuabili trincee e gallerie che vennero costruite dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Nell’ultima parte del sentiero, poco prima di giungere a Vinca di Fivizzano, si attraversa Prada-Maestà di Doglio, paese che tra il 24 e 27 agosto fu vittima di un eccidio nazista nel quale persero la vita 173 persone, in maggioranza donne, bambini ed anziani.

 

 

Sentiero 5

Le trincee e i rifugi della “Monterosa”

Il sentiero attraversa le trincee e i rifugi presidiati dagli Alpini della “Monterosa” che nel corso della seconda guerra mondiale combatterono nelle fila della Repubblica Sociale Italiana (RSI) 

  • Percorso: Levigliani di Stazzema – Antro del Corchia – Passo dell’Alpino – Foce di Mosceta
  • Tempo di percorrenza: 2 ore da Levigliani di Stazzema; 1 ora da Antro del Corchia
  • Difficoltà: escursionistico
  • Dislivello: da Levigliani di Stazzema + 658 m, – 58 m; da Antro del Corchia + 380 m, – 58 m

L’itinerario prende tradizionalmente avvio da Levigliani, ma può essere anche intrapreso partendo da Antro del Corchia, raggiungibile in auto o con il bus navetta (negli orari di apertura della grotta). Da Antro del Corchia inizia un ripido tratto, caratterizzato dalla presenza di 20 tornanti che dopo 40 minuti portano al Passo dell’Alpino (1.095 m), chiamato in questo modo per la presenza su queste alture degli alpini della “Monterosa” durante l’inverno 1944-1945. In questa porzione del sentiero sono presenti indicazioni e pannelli illustrativi che aiutano il visitatore ad individuare le cinque postazioni militari presenti lungo il cammino. Percorrendo il sentiero sono inoltre presenti alcune lapidi dedicate ai civili che persero la vita nel secondo dopoguerra a causa delle mine presenti nella zona. Giunti a Foce di Mosceta (1.182 m) si trova il cippo dedicato ai caduti della guerra di Liberazione. Arrivati al termine del sentiero i visitatori percorreranno l’itinerario in direzione opposta, impiegando approssimativamente 45 minuti per giungere ad Antro del Corchia e 1.15 ore per raggiungere Levigliani di Stazzema.

 

 

Sentiero 6

Sui passi del “Gruppo Valanga” (itinerario circolare)

Sentiero che attraversa i luoghi teatro dello scontro che oppose i partigiani del gruppo “Valanga” e le truppe nazifasciste

  • Percorso: Foce di Piglionico – Colle a Panestra – Casa Trescola – Monte Rovaio – Pasquigliora – Colle a Panestra – Foce di Piglionico
  • Tempo di percorrenza: 3.20 ore
  • Difficoltà: escursionistico (per “escursionisti esperti” per un breve tratto)
  • Dislivello: ± 270 m

Rispetto alle altre località di partenza Piglionico non è altrettanto vicina alle principali città della zona e dista poco più di un’ora di macchina da Lucca ed oltre un’ora e mezzo da Massa. Giunti nella località di partenza i visitatori potranno visitare la cappella dedicata ai 19 ragazzi del “Gruppo Valanga” che nell’agosto 1944 persero la vita nella battaglia del Monte Rovaio. Partiti da Piglionico gli escursionisti giungeranno al Colle a Panestra (1.011 m), da dove la strada si biforcherà ed avrà inizio il sentiero ad anello che si sviluppa fuori dalla sentieristica del CAI. Generalmente il sentiero viene percorso in senso orario, svoltando a sinistra in direzione di Casa Trescola, dove Violante Bertoni Mori forniva rifugio e soccorso ai giovani partigiani. Nella località un pannello ed una lapide ricordano i nomi dei 19 membri del “Gruppo Valanga” e ripercorre i principali momenti della loro presenza sulle Alpi Apuane. Dopo aver superato Casa Trescola una deviazione si stacca dal sentiero principale e sale sulla cime del Monte Rovaio (1.060 m) dove nell’agosto 1944 si combatté la battaglia poc’anzi citata. Dopo questa breve sosta si ritorna sul percorso principale e si continua il cammino attraversando Pasquigliora, giungendo successivamente a Colle Panestra da dove sarà possibile poter prendere il sentiero iniziale che riporterà a Foce di Piglionico.

 

 

Sentiero 7

Bunker e camminamenti della Linea Gotica

Visita delle strutture difensive create nella Valle del Serchio durante la seconda guerra mondiale

  • Percorso: Borgo a Mozzano – Anchiano – Domazzano – monte dell’Elto
  • Tempo di percorrenza: da Borgo a Mozzano ad Anchiano 2 ore; con l’escursione al monte dell’Elto 5 ore (a/r)
  • Difficoltà: turistico / escursionistico
  • Dislivello: ± 10 m da Borgo a Mozzano ad Anchiano; ± 165 m con l’escursione al monte dell’Elto

Borgo a Mozzano dista circa 20 chilometri da Lucca e può essere raggiunto impiegando 20 minuti sia in automobile che in treno. Per il sentiero n. 7 viene proposto un percorso differente rispetto a quelli precedentemente descritti, caratterizzato dalla pressoché totale assenza di dislivello e dalla visita di alcune strutture militari presenti nel fondovalle. Inoltre l’itinerario può essere svolto a piedi o utilizzando l’automobile. Dopo aver visitato il Museo della Memoria di Borgo a Mozzano i visitatori possono proseguire in direzione di Domazzano e raggiungere dopo meno di un chilometro la località Madonna di Mao, dove sono presenti i resti di un muro anticarro, alto più di due metri. In prossimità del muro sono inoltre situati i bunker di Madonna di Mao e Pozzori, accessibili solamente con l’accompagnamento di una guida. L’itinerario prosegue poi verso Anchiano, sull’altra sponda del fiume Serchio, dove è presente il continuamento del muro precedentemente visitato. In aggiunta alla visita di Borgo a Mozzano ed Anchiano è possibile raggiungere in auto Domazzano e compiere un piccolo sentiero che permette di osservare le fortificazioni presenti sul monte dell’Elto. In questo caso i riferimenti cronologici sono puramente indicativi, visto che il tempo impiegato da ciascun escursionista dipenderà dalla decisione di voler percorrere il percorso in auto o a piedi e dal tempo impiegato per visitare i luoghi d’attrazione.

 

Prima di concludere poniamo l’attenzione su due importanti aspetti che meritano una breve analisi. Per quanto riguarda la difficoltà riportata per ciascun sentiero abbiamo fatto riferimento ai parametri utilizzati dal Parco delle Alpi Apuane e dal CAI, che possono essere facilmente consultati sul sito del Club Alpino Italiano. In modo sommario possiamo affermare che i sentieri “turistici” sono classificabili come sentieri facili, quelli di livello “escursionistico” equivalgono ad un livello di media difficoltà, mentre quelli per “escursionisti esperti” con o senza attrezzature speciali sono itinerari di elevata difficoltà, adatti a trekkers abili e competenti. Infine prima di intraprendere un sentiero invitiamo gli escursionisti a controllare lo stato e le criticità dei percorsi sul sito del Parco delle Alpi Apuane, cliccando la voce “percorribilità dei sentieri CAI”. In questo modo gli escursionisti potranno conoscere l’attuale stato dei sentieri che sono intenzionati a percorrere, evitando spiacevoli sorprese.

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.




L’eccidio di piazza Ferrucci ad Empoli

Sono 29 persone in marcia verso la morte in una mattina di luglio a Empoli.

Prima di addentrarci nella narrazioni dei fatti di piazza Ferrucci ad Empoli del 24 luglio 1944, è doveroso spiegare il contesto che portò alla fucilazione di 29 civili da parte delle forze armate tedesche. La popolazione toscana è stata vittima – dal 1943 al 1944 – di brutali eccidi perpetrati dall’esercito tedesco, aiutato delle squadre della Repubblica sociale, durante l’occupazione del territorio italiano in seguito all’armistizio. In particolare, le stragi nazifasciste nel territorio toscano si sono intensificate tra l’aprile e il settembre del 1944, in concomitanza con la ritirata tedesca dovuta all’avanzamento degli eserciti alleati. Da ricordare in questo caso vi è  l’Operazione Diadem, che portò allo sfondamento del fronte di Montecassino e di tutte le successive linee di difesa approntate da Kesselring tra la Linea Gustav e la campagna romana. Inoltre il 23 maggio, anche le truppe anglo-americane, ferme sul fronte di Anzio, iniziarono la loro marcia verso la capitale. Dopo il cedimento del fronte, le due armate tedesche iniziarono una disordinata ritirata, che si fece ancor più repentina dopo la liberazione di Roma – tra il 4 e il 20 giugno – dove gli alleati si spinsero fino alla linea del lago Trasimeno, venendo di fatto a mancare una linea di fronte stabile.

Le difficoltà delle truppe tedesche derivavano dalla difficile difesa che presentava il territorio posto sopra Roma. Con l’apertura delle valli del Tevere e dell’Arno il percorrimento si faceva assai ostico. Il Tevere non offriva alcuna protezione, rendendo solo difficili le comunicazioni. Solo l’Arno – dopo Firenze – rappresentava una linea di difesa naturale accettabile per le forze tedesche, oltre ad essere l’ultima difesa prima dell’arrivo alla Linea Gotica. Fu così che l’esercito tedesco mise in atto un riassetto organizzativo totale della linea difensiva che potremmo così riassumere: fu inizialmente costruita la cosiddetta  Linea Dora (Orbetello – lago di Bolsena – Narni – Rieti – L’Aquila – Pescara) e successivamente la Linea Albert (Grosseto – lago Trasimeno – Numana)[1]. La riorganizzazione tedesca riuscì inizialmente nel suo intento, rallentando l’avanzamento alleato e ritardando quindi la liberazione del territorio toscano, con conseguenze atroci per la parti civili. L’inizio di queste azioni di violenza inaudita contro le popolazioni locali va ricondotta anche all’interno di una logica di guerra psicologica viste le difficoltà dell’esercito tedesco nella gestione dei civili. Il casus belli  che portò al cambiamento dell’atteggiamento nei confronti della compagine civile può esser ricondotto all’attentato di via Rasella a Roma del 23 marzo, effettuato dal gruppo di Azione Patriottica (GAP), che portò alla morte di 33 soldati tedeschi e al ferimento di 53. Un’azione così marcata contro l’esercito tedesco in una delle principali capitali europee controllate dal Reich venne percepito a Berlino come un’onta indelebile che portò ad un cambio radicale di atteggiamento di cui l’eccidio delle fosse Ardeatine rappresentò solo l’inizio.

La tragedia di Empoli va quindi inserita in questo contesto storico, all’interno di una situazione già tesa da mesi a causa degli scioperi del marzo 1944, che ad Empoli avevano riguardato la storica vetreria Taddei e che avevano portato a deportazioni di massa in tutto il territorio circostante. Da un punto di vista bellico invece, con il cambiamento ulteriore del teatro di guerra nel luglio del 1944, vi era stato lo spostamento delle truppe tedesche sulla sponda meridionale dell’Arno in attesa dell’offensiva alleata proveniente dalla Val d’Elsa. Il fronte stava rapidamente cambiando. Con la liberazione di Grosseto (metà giugno) e Siena (3 luglio), gli Alleati risalivano verso Pisa e Livorno, e il fronte si avvicinava sempre più al territorio empolese. Ad ulteriore riprova va riportato l’ordine di evacuazione del centro cittadino diramato dall’occupante tedesco per i territori di Empoli e delle località limitrofe: Tinaia, Pontorme, Cortenuova, Avane, Santa Maria, Pagnana, Marcignana, Spicchio e Sovigliana, Capraia e Limite, Montelupo, Fucecchio, San Miniato e Castelfiorentino[2].

In concomitanza con ciò, il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) empolese aveva invece invitato le formazioni partigiane sparse nel territorio a convergere sulla città, per ostacolare gli spostamenti delle truppe tedesche nei dintorni di Empoli. Durante questa mobilitazione, il 23 luglio, un gruppo di partigiani – intenti a sistemare le proprie armi all’interno di una capanna nei pressi di Pratovecchio – vennero scoperti da un’unità tedesca in perlustrazione appartenente al 29 Grenadier-Regiment. Ne nacque uno scontro a fuoco che portò alla morte di sei, forse sette, soldati tedeschi. I superstiti riuscirono a raggiungere il comando tedesco, situato presso il Terrafino, dove comunicarono l’accaduto al capitano Lutz del 2° Battaglione, il quale informò prontamente il generale Hecker, comandante della 3. Panzer-Grenadier. La rappresaglia tedesca non si fece attendere. Già nel corso della serata vi fu l’arresto di alcune persone, che vennero però rilasciate dopo poche ore, in uno scenario di un’Empoli deserta. La vera reazione tedesca arrivò il giorno seguente, quando gli uomini della 3. Panzer-Grenadier prelevarono numerosi civili per poi condurli a Pratovecchio, nella stessa capanna della sparatoria del giorno precedente. Mentre gli ostaggi aspettavano nervosamente la punizione tedesca, un pagliaio andò a fuoco, probabilmente opera di un civile per cercare di creare un diversivo, ed effettivamente qualcuno riuscì a fuggire. Nel frattempo, oltre all’arrivo di altri soldati, iniziarono ad essere piazzate le mitragliatrici. L’intento era quindi chiaro, la fucilazione degli ostaggi come piena risposta delle azioni partigiane. Proprio durante la fine delle preparazioni, la scena venne notata da un ricognitore inglese, il quale si affrettò subito ad avvertire dell’accaduto l’artiglieria inglese, la quale sparò qualche colpo in zona di avvertimento, consentendo così ad altri civili di scappare. Nonostante le numerose problematiche, l’esercito tedesco, deciso a portare a termine l’operazione, scortò gli ostaggi rimasti nel centro cittadino. Alcuni di essi riuscirono a fuggire durante il tragitto, ma ne verranno catturati di nuovi[3].

Arrivati ad Empoli, i civili furono fatti sostare sotto il portico del mercato e condotti a gruppi di tre o quattro in piazza Ferrucci dove furono fucilati tra i due alberi di platano. In questa rappresaglia, la 3. Divisione uccise ben 29 persone:

– Bagnoli Luigi (31/05/1883);

– Bargigli Mario Bruno (12/10/1921);

– Bartolini Guido (05/05/1916);

– Bitossi Arduino (10/08/1885);

– Boldrini Orlando (24/07/1880);

– Capecchi Pietro (19/07/1883);

– Cerbioni Bruno (27/02/1926);

– Cerbioni Francesco (25/10/1887);

– Cerbioni Giulio (11/10/1915);

– Chelini Gaspero (26/09/1897);

– Chelini Gino (04/03/1892);

– Ciampi Giuseppe (10/05/1891);

– Ciampi Pietro (16/08/1896);

– Ciampi Virgilio (03/05/1893);

– Cianti Giulio (16/09/1911);

– Gimignani Pasquale (19/09/1898);

– Gori Corrado (30/12/1879);

– Martini Giulio (08/06/1878);

– Martini Pietro (10/04/1885);

– Morelli Mario Gino (15/08/1888);

– Nucci Palmiro (20/03/1888);

– Padovani Gaspero (22/10/1865);

– Parri Alfredo (02/05/1910);

– Parrini Antonio (56 anni);

– Peruzzi Carlo (02/11/1881);

– Piccini Gino (13/08/1895);

– Pucci Alfredo (06/10/1892);

– Taddei Gino (11/12/1906);

– Vizzone Domenico (03/03/1904)[4].

 

I loro cadaveri rimarranno in piazza fino al giorno seguente. Soltanto uno di loro riuscì a salvarsi, Arturo Passerotti. Tentò la fuga prima dell’esecuzione e, nonostante fosse stato colpito alla gamba destra e alla testa, riuscì a scappare[5]. Nei giorni successivi Empoli resterà teatro di altre manifestazioni di rappresaglia tedesca, questa volta tramite minamenti e bombardamenti, fino alla sua definitiva liberazione, il 2 settembre.

Oggi quei 29 nomi sono dignitosamente ricordati nella stessa piazza F. Ferrucci ad Empoli, rinominata piazza “XXIV luglio” in loro onore.

 

 

Note

 

[1] C. Gentile, Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-45. 4. Guida archivistica alla memoria. Gli archivi tedeschi, Carocci Editore, Roma, 2005, pp. 89-90.

 

[2] L. Guerrini, Il movimento operaio nell’empolese. 1861-1946, Editore Riuniti, Roma, 1970, p. 487.

 

[3] G. Fulvetti, Ucciere i civili. Le stragi naziste in Toscana (1943-1945), regione Toscana, Carocci editore, Roma, 2009, pp. 157-159.

 

[4] Atlante delle stragi nazifasciste in Italia

https://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2395

 

[5] Per leggere la sua testimonianza si rimanda a Empoli negli ultimi cento anni: notizie, figure, personaggi: antologia di testi letterari e di varia documentazione, a cura di A. Morelli, Empoli, Comune di Empoli, 1977, pp. 96-99.

 

 

 

Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

Articolo pubblicato nel luglio 2024.