Norma Parenti (1921-1944)

Norma Parenti

Figlia di Estewan e Roma Camerini, Norma Silvana Nara Parenti nasce il 1° giugno 1921 al podere Zuccantine di Sopra, allora nel Comune di Massa Marittima, oggi nel Comune di Monterotondo Marittimo. Sposa Mario Pratelli con cui ha un figlio, Alberto Maria, nato appena sei mesi prima che la madre fosse trucidata dai tedeschi il 23 giugno 1944. Negli otto mesi precedenti Norma è attiva come collaboratrice delle bande partigiane di Massa Marittima, anche se di lei si ritrovano oggi poche tracce corrispondenti al ruolo che effettivamente svolse e che le è stato riconosciuto.

Dai rapporti della III Brigata Garibaldi, scritti dopo il passaggio del fronte di guerra, insieme ad altri documenti prodotti post mortem, si delinea il suo coinvolgimento nell’opposizione al fascismo durante tutta l’occupazione tedesca. Aiuti materiali, conforto ai partigiani, diffusione di manifestini antifascisti: Norma assume compiti pericolosi fin da subito, appena i primi gruppi di giovani, rifugiatisi nelle macchie, cominciano a raccogliere armi, preparare azioni di sabotaggio e scontri armati. Coraggiosamente sfrutta i frequenti contatti con i prigionieri tedeschi nel ristorante di famiglia per indurli alla diserzione. La temerarietà è evidente anche nella decisione di dare sepoltura, nonostante il divieto delle autorità, al corpo del giovane partigiano Guido Radi, torturato e ucciso l’8 maggio 1944 dai nazifascisti dopo un’imboscata e lasciato nella piazza principale come monito per la popolazione. In spregio al divieto di sepoltura, Norma Parenti e altre donne massetane ricompongono il corpo del giovane e ne organizzano il funerale. Tutti a Massa sanno chi è Norma e quali attività svolge e molti, col senno di poi, imputano a questo gesto di aperta sfida all’autorità la sua successiva cattura e uccisione.

Norma con il figlio Alberto

La documentazione ufficiale attesta un crescendo delle attività partigiane nel territorio massetano tra la metà di maggio e la fine di giugno del 1944, anche in conseguenza dell’avvicinarsi del fronte e delle speranze crescenti legate alla fine della guerra. Alto, però, è in quest’ultimo mese anche il tributo di sangue, non solo dei partigiani ma della popolazione intera, nell’ambito della cosiddetta ritirata aggressiva dell’esercito tedesco. In questo contesto di violenza s’inscrive l’uccisione di Norma, prelevata dalla sua casa la sera del 23 giugno da militari tedeschi, con la collaborazione attiva di militi fascisti, trascinata in località Podere coste Botrelli e trucidata. A guerra ormai perduta, con gli alleati alle porte (le truppe della V Armata americana entreranno a Massa Marittima il giorno successivo), con le alte cariche fasciste già fuggite al Nord e le ultime unità tedesche in ritirata, l’uccisione di Norma è un gesto gratuito, un ultimo spregio alla comunità massetana, già duramente provata dopo la strage di Niccioleta. Riconosciuta partigiana combattente, su iniziale e precoce sollecitazione da parte dell’UDI, alla memoria di Norma è attribuita la Medaglia d’oro al valor militare.

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🟦Deposizione della madre, 20 ottobre 1944 (Archivio dell’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’esercito, Roma)

La sottoscritta Camerini Roma, nei Parenti, domiciliata a Massa Marittima, dichiara quanto segue:

Verso le ore 22 del 23 giugno 1944, mi trovavo nella mia abitazione situata in via Roma (Massa Marittima) quando sentii bussare insistentemente alla porta. Andai ad aprire e mi trovai di fronte una diecina di militari tedeschi i quali mi domandarono subito dove era mia figlia Norma Parenti di anni 23. Quest’ultima che aveva udito i tedeschi pronunciare il suo nome discese dalla sua camera da letto al piano terreno ove si gestiva una trattoria.

Tanto io che mia figlia Norma venivamo catturate e portate via dai militari in parola i quali prima di allontanarsi tirarono diverse bombe a mano nella bottega. Ci condussero alla periferia della città. Ad un certo momento io venni rilasciata mentre mia figlia fu condotta nei pressi del podere Moschini e fucilata.

Non sono in grado di sapere per quale motivo la detta mia figlia sia stata fucilata.

In fede mi sottoscrivo

Massa Marittima, lì 20 ottobre 1944

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A Massa Marittima si racconta [Testimonianza di Uliana Marliani e Bruna Cerboni] di un episodio che sembra sia stato decisivo per l’inizio dell’attività partigiana della Parenti: Norma e il marito si trovavano su un pullman, della linea Follonica-Massa Marittima diretto a Massa, che venne fermato dai fascisti per un controllo. Mario Pratelli, che aveva con sé documenti compromettenti, scappò ed i fascisti lo inseguirono sparando… Tutti a Massa sapevano chi era Norma e cosa faceva; e non solo per le sue aperte manifestazioni di antifascismo.

Luciana Batoni, 1978

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Sia cattolici che comunisti si sono appropriati dopo la Liberazione di questa figura… È molto difficile poter affermare… che la sua attività partigiana si può nettamente qualificare come cattolica: troppo breve fu la sua vita per poter dimostrare che anche la sua intensa partecipazione alla vita dell’Azione Cattolica fosse da ascriversi ad una matura consapevolezza cristiana e non solo ad entusiasmo adolescenziale. La sua fu attività di propaganda innanzi tutto: e non solo attraverso quei volantini che distribuiva di notte, ma anche attraverso contatti personali: nel momento in cui era ormai evidente la disfatta del nazifascismo si recò spesso dagli impiegati della DICAT, prossima alla sua casa, incitandoli a disertare e ad andare alla macchia… Fu di conforto e di aiuto a quanti erano perseguitati; incoraggiava la diserzione di quanti erano prigionieri dei tedeschi.

Marcella Vignali, 1975

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🟧Intervento di Wanda Parracciani alla conferenza di organizzazione del PCI a Grosseto nell’estate del 1944, Archivio ISGREC, Fondo Nencini

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Francobollo commemorativo

Avevo conosciuto la nostra compagna Norma Parenti, attiva patriota, durante un incontro tra lei e il comandante Chirici, in una notte non lontana, in una casa periferica di Massa. C’erano anche, in quella occasione, altri rappresentanti del Comitato di Liberazione, con i quali Norma Parenti teneva il collegamento.

Luigi Tartagli, 1996

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Io conoscevo bene Norma Parenti perché lei veniva a portarci il latte. Ogni tanto arrivava in volata la mia mamma diceva: stai attenta, stai attenta!… Norma era iscritta all’Azione Cattolica e dal punto di vista strettamente politico non eravamo vicini, però c’era la guerra, e contro i fascisti e i nazisti c’era un fronte comune.

Intervista di Luciana Rocchi a Gabriela Cerchiai, 1999

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Tessera dell’UDI del 1954, ©️Archivio ISGREC, Fondo Bruna Ziviani

Norma urlava: “Capitano, c’ho un figlio al petto”! e lì c’era uno che parlava italiano, sicché non erano tutti tedeschi, poi gli s’attaccò al collo piangendo, gli s’attaccò al collo e gli gridò “Moschini c’ammazzano” in quella via gli spararono. Norma cascò in terra bocconi e rimase di traverso, con il capo verso una vetrina incassata nella parete e le gambe alla porta d’ingresso. Il mio babbo si buttò a morto dietro la parete, fece il morto… Era buio, sentiva Norma lamentarsi, lamentarsi, poi venne il silenzio.

Testimonianza di Italo Moschini, s.d.




Wanda Parracciani (1921-2008)

Wanda Parracciani con il marito Ferdinando Di Giulio (Archivio della famiglia Di Giulio)

Nata a Santa Fiora il 25 settembre 1921, compie gli studi a Livorno e ad Arezzo. Si avvicina all’antifascismo grazie allo zio Ottorino Tarcioni, perseguitato politico e futuro sindaco del comune grossetano nel dopoguerra. Nell’estate del 1943 si trova proprio a Santa Fiora ed entra in relazione con l’ambiente antifascista dei minatori, di cui comincia a leggere i volantini di propaganda. Racconterà di aver maturato le sue idee politiche grazie a quei contatti, ma anche grazie all’ascolto di Radio Londra e alle discussioni collettive che nascono all’interno del gruppo di giovani antifascisti di cui fa parte e con cui legge “L’Unità” clandestina.

Wanda Parracciani con il marito Ferdinando Di Giulio (Archivio della famiglia Di Giulio)

Inizialmente collabora con lo zio nella falsificazione dei documenti di identità dei giovani di Santa Fiora, per sottrarli agli obblighi di leva; insieme alle donne del paese nutre gli antifascisti in carcere e nasconde renitenti e disertori, anche in casa sua. Aderisce quindi al PCI e alla Resistenza e, con altri due studenti sfollati da Grosseto, Aldo D’Alfonso e Fernando Di Giulio, riceve dalla formazione “Ovidio Sabatini” l’ordine di restare in paese allo scopo di controllare le attività dei gruppi fascisti, così da poter dare informazioni alla banda che, in caso contrario, si potrebbe trovare isolata in quella zona. Così i tre giovani danno vita all’undicesima cellula gappista di Santa Fiora, dieci di minatori ed una, la loro, di intellettuali. Con una vecchia macchina da scrivere e qualche foglio di carta carbone, iniziano a produrre una testata clandestina, “Il Comunista dell’Amiata”, e a diffonderla come bollettino preparatorio all’insurrezione, oltre a stampare un gran numero di manifesti e circolari per conto dei CLN clandestini della zona.

Wanda Parracciani con il marito Ferdinando Di Giulio (Archivio della famiglia Di Giulio)

Attività di collegamento con i CLN e con il PCI, azioni di sabotaggio, diffusione di stampa antifascista sono i compiti che svolgono i tre giovani gappisti fino alla fine di maggio del 1944, quando una delazione impone a Fernando Di Giulio di lasciare il centro abitato; si unirà al 7° distaccamento “Ovidio Sabatini” della Brigata “Spartaco Lavagnini” operante sul Monte Amiata. Wanda invece rimane in paese, garantendo il collegamento con i partigiani alla macchia. All’avvicinarsi della Liberazione, approfittando della confusione seguita al terribile bombardamento di Santa Fiora del 12 giugno 1944, il gruppo di cui fa parte prende il comando tedesco, fa prigionieri alcuni soldati e li rinchiude nella bottega del sarto del paese, anch’egli antifascista, per consegnarli all’arrivo delle truppe francesi e marocchine.

Nel dopoguerra Wanda è la responsabile della Sezione femminile provinciale grossetana del PCI: sua è la relazione alla Conferenza di organizzazione del PCI provinciale dell’agosto 1944, in cui anticiperà la via che avrebbe percorso negli anni a seguire, guidando la lotta delle mezzadre a Grosseto e poi anche nel Fùcino e in Basilicata come dirigente dell’Alleanza dei contadini. Sposatasi con Fernando Di Giulio, si trasferisce a Roma per seguirne la brillante carriera politica.

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🟧Stralcio dall’intervista a Wanda Parracciani realizzata da Luciana Rocchi nel 2003, in Archivio ISGREC, Fondo audiovisivi

Poi io avevo uno zio antifascista, Tarcioni Ottorino, che è stato anche sindaco dopo, che ci raccontava come i fascisti gli avevano dato l’olio di ricino, insomma, ci raccontavano un po’ queste cose perché si capiva che tanto la guerra intanto andava a finire e ci si organizzava. Ci si organizzava nel senso che più che altro si parlava tra noi e si sentiva Radio Londra, questa è stata, sì, con uno tra l’altro di Grosseto che erano sfollati a Santa Fiora, […] villeggianti e poi vennero su da sfollati a Santa Fiora e aveva, perché le radio erano state tutte bollate no?, siccome questi non erano di Santa Fiora potevano anche dire che la radio non c’era e allora si andava in questa casa dove loro erano affittuari diciamo e si sentiva Radio Londra e quindi questo ci apriva il mondo. Si sentiva Radio Londra, la parte dedicata agli italiani e per noi era una grande apertura. Poi si discuteva tra noi. Poi ci arrivavano anche dei volantini, che quelli li portavano i minatori, che era “L’Unità” clandestina che era un foglietto e quindi di nascosto si leggevano queste cose.

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🟪Podcast Isgrec: Wanda e Fernando, partigiani dell’Amiata. Un racconto di David Parri, interpretato da Luca Pierini, che illumina le vicende di due partigiani attivi sulle pendici del Monte Amiata.

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🟥“Donne, fra guerra e Resistenza”, a cura di Luciana Rocchi, storica dell’ISGREC di Grosseto. Settimo episodio del video progetto “Pillole di Resistenza” curato dalla Rete Toscana degli Istituti della Resistenza e dell’età contemporanea e promosso dalla Regione Toscana.

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🟩Stralcio dalla relazione alla Conferenza di organizzazione del PCI provinciale, agosto 1944, conservata in Archivio ISGREC.

La donna per questo suo sacrificio, per questo suo contributo di energia e di sangue, per avere fatto suoi i doveri degli uomini, ha acquistato oggi nella vita sociale e politica i suoi stessi diritti.

Ma non basta che la donna abbia dato tutto il suo aiuto per la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, occorre che essa partecipi direttamente alla ricostruzione democratica progressista dell’Italia e alla lotta politica unendosi e organizzandosi per rivendicare i suoi diritti in tutti i campi, per far riconoscere il suo valore sociale, per far sì che il suo sacrificio abbia come effetto l’emancipazione della donna dallo stato di inferiorità in cui ancora è tenuta. [...]

Le donne italiane debbono decisamente entrare nella vita politica per la difesa dei loro interessi, debbono organizzarsi nei sindacati per lottare per un miglioramento dei loro salari, perché [...] a parità di rendimento nel lavoro vi sia parità di salario con le corrispondenti categorie lavoratrici maschili.

Debbono organizzassi nei partiti politici, a seconda delle loro credenze politiche, e lottare per il riconoscimento dei diritti della donna nella vita pubblica.