Francesca Rola (1915-2010)

Francesca Rola con i partigiani della formazione “Ulivi” (Archivio ISRA)

Appartenente a una famiglia di commercianti di Fossola, una frazione di Carrara, fin dall’avvento del regime si schiera nelle file dell’antifascismo aderendo al Partito comunista, costretto ad entrare in clandestinità. Quando anche a Carrara si costituiscono i “Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti per la libertà”, creati a Milano nel novembre del 1943, vi aderisce subito. Il compito di questa organizzazione consiste nell’avvicinare le donne alla lotta di liberazione, portare volantini, stampa clandestina e tenere i collegamenti tra le varie formazioni partigiane. Ovviamente quest’attività espone molto le donne che vi aderiscono e Francesca subisce anche un arresto a Parma.

Dopo la scarcerazione continua la sua attività sia in città che “ai monti”, come è solita dire, diventando partigiana combattente della formazione garibaldina “Giuseppe Ulivi”; sarà anche insignita della Croce di guerra al valor militare.

Francesca Rola è tra le protagoniste di un “unicum” nella storia della Resistenza italiana, la rivolta dell’11 luglio 1944. Il 7 luglio il Comando tedesco di Carrara fa affiggere un bando in cui si ordina che entro la sera del 9 la città venga evacuata e la popolazione sia avviata verso Sala Baganza, in provincia di Parma. L’iniziativa risponde a una più complessa strategia, che intende “liberare” un’ampia fascia di territorio per facilitare il completamento della Linea Gotica recidendo ogni collegamento fra la popolazione e le bande.

I Gruppi di difesa della donna, di concerto con il CLN e i GAP, organizzano una protesta contro il bando di sfollamento. L’11 luglio centinaia di donne, armate di cartelli con scritto “Non abbandoneremo la città” e “Non vogliamo sfollare”, si recano davanti al comando tedesco cantando e protestando, con la conseguenza di far revocare l’ordine. Questo episodio, che si può considerare anche un esempio di resistenza civile, ha un valore centrale nella Resistenza apuana, perché infonde un nuovo slancio al movimento partigiano carrarese che nelle settimane successive si strutturerà in più ampie formazioni.

Francesca Rola

Nel 2013, a tre anni dalla sua morte, in Piazza delle Erbe a Carrara, luogo dal quale è partita la protesta delle donne del luglio 1944, è stato realizzato un grande murale che la ricorda.

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🟪Intervista a FRANCESCA ROLA, in L. Antonelli, “Voci dalla storia. Le donne della Resistenza in Toscana tra storie di vita e percorsi di emancipazione”, Pentalinea, 2006, pp. 423 e 426

Ho cominciato l’attività di staffetta subito, da quando poi ci buttarono giù la casa ancora meglio allora eravamo ancora più spinti. Una volta io e altre donne abbiamo anche portato via tre partigiani dall’opsedale, stavano andando le SS a prenderli, d’accordo con il dottore li abbiamo portati giù sulle spalle, meno male che c’era un piano solo. I tre partigiani erano Roberto Vatteroni, Pelliccia e Rosamunda di Massa.
[…] Qualcuno aveva paura, ma io gli ho detto: -Volete tenere i vostri negozi, venite con noi -. Eravamo in mezzo al fuoco, ma ci siamo riuscite, o si son presi paura oppure il Prefetto li avrà convinti, ma poi erano quelli della Wehrmacht, non erano quelli delle SS, se erano quelli delle SS non ti salvavi.
Avevano tutti le armi, c’erano i cannoni, addirittura io mi son messa davanti a un cannone: -Sparate pure se volete sparare -.
Una mia amica mi diceva; – Francesca vieni via che ti ammazzano -. -Non importa voi andate avanti intanto, vediamo se son buoni di sparare -.

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🟧Intervista realizzata da Pina Menconi e Isa Zanzanaini il 2 maggio 1994, in Comitato provinciale per le celebrazioni del cinquantenario della Resistenza – Commissione provinciale pari opportunità, A Piazza delle Erbe! L’amore, la forza, il coraggio delle donne di Massa-Carrara, Massa-Carrara, Amministrazione provinciale di Massa Carrara, 1996, pp. 117-8.

Murales a Carrara dedicato a Francesca Rola

Io coi partigiani c’ero entrata perché c’era mio fratello, mio cognato, quell’altro mio fratello; eravamo in diversi noi su, eh […]. E poi il forno di mio fratello era a disposizione dei partigiani; c’era un buco nel forno di mio fratello, e dentro a quel buco c’era la macchina ciclostile, c’erano le munizioni, lì c’era tutto… son andati anche a bombardare il forno di mia cognata, le han dato degli schiaffi a mia cognata, poverina, che ha abortito, era di sette mesi e ha perso il bambino; dov’è suo marito, dov’è suo marito; e lui, con Giosué Tanzi, eran rinchiusi dietro a tutte quelle macchine lì: se combinazione li vedevano, buttavano all’aria tutta la casa, tutto quel palazzo lì lo buttavano all’aria. Invece han buttato due bombette, piccole, han rotto i vetri, hanno spaventato un po’ la gente e basta. Noi non c’eravamo, perché di notte, capisci, loro venivano in giù a vedere, a far le perquisizioni nelle case. Io prima stavo nel Viale, poi me l’hanno buttata giù la casa, perché han detto che era la casa dei partigiani, e l’han buttata a terra completamente, rasa al suolo, la mia e quella dei Pisani, tutti e due. Allora sono andata a casa di mio fratello, quello che aveva il forno, però ero ai monti, più ai monti che giù.

Io ero nei Gruppi di difesa della donna: c’era la Bedini, la Nella, c’era la Ilva, la Pelliccia, sua sorella, c’era sua cognata, poi c’era sua zia; poi c’era la Gatti, c’era la Elena. Le più in vista, diciamo, erano loro. Poi quando ci fu la mattina delle donne del 7 luglio, ce n’erano tante, perché allora siamo andate a prenderle tutte; le vai a prendere tutte a casa, vengono fuori, escono, no, fuori: se non vuoi andar via, se non vuoi fare evacuare Carrara, porta via tutti: venite un po’ fuori, uscite fuori, no! Noi eravamo presenti alle riunioni per quello che dovevamo fare, presentare; più di tutti è stata la Ilva, il più l’ha fatto lei, ha fatto tanto, tantissimo; lei, e poi c’era la Carla, sua sorella, che ha fatto tanto anche lei. La Renata Bacciola, la Dina, quella lì della Fabbrica, la Elena, la Lavagnini… insomma, praticamente, poi eravamo tutte assieme, chi aveva più responsabilità e chi aveva meno responsabilità, capito, però eravamo tutte una mischia, diciamo, praticamente eravamo tutte nella mischia. A organizzare i gruppi eravamo una trentina, una ventina, una trentina c’eravamo senz’altro. C’erano anche repubblicane, democristiane, eravamo tutte assieme. Le più coraggiose quel giorno lì si presentavano davanti al comando tedesco, oppure anche davanti ai carri armati: io per esempio, ho una fotografia che non riesco a trovare davanti a un carro armato, che la Renata, povera donna, povera Renata, la sento ancora: “O Franca, vieni via che ti sparano!” “E se mi sparano, in fondo sono una, se mai muoio io, o ragazze, ma siete sceme, bisogna farsi vedere d’aver paura? Io non ho paura, io sto ferma qui davanti: dimmi che sparano, provino a sparare – e intanto li guardavo loro, no? nel muso – provino a sparare, per vedere se son capaci di sparare”. E non ci si muoveva davanti a quel carro armato, che era vicino lì. Poi siamo andate in piazzetta, a buttare all’aria tutto perché venissero tutte via con noi; abbiamo fatto chiudere le scuole, abbiam fatto chiuder tutto, i negozi, tutto, perché abbiam detto: “Qui è il giorno che bisogna evacuare, bisogna andar via; se volete andar via… Se volete andar via state lì, se non volete andar via, venite con noi”. E son venuti con noi.

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🟩Francesca Rolla, staffetta partigiana e donna della rivolta di Piazza delle Erbe a Carrara – Intervista a Francesca Rolla (1915-2010) staffetta partigiana della Brigata Garibaldi “Gino Menconi”, formazione “Ulivi” e donna della rivolta di Piazza delle Erbe a Carrara, del 7 luglio 1944. Intervista a cura di Archivi della Resistenza, registrata il 30 dicembre 2009

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🟧Donne nella Resistenza, a Carrara – Frammento della IV puntata di ‘C’era una volta gente appassionata, viaggio nella Resistenza toscana’, un film di Luigi Faccini, produzione: Italia, 1986; con la collaborazione di Istituto Storico della Resistenza di Firenze, ANPI, Comuni di Piombino, Firenze, Carrara. Il film è suddiviso in quattro capitoli: La battaglia di Piombino, Firenze I e Firenze II, Carrara.

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🟥 Testimonianza di Giulia Galleni, allora quindicenne e anche lei staffetta, ha rotto un silenzio durato decenni, arricchendo inoltre la narrazione dei fatti di Carrara con ulteriori dettagli ed altri episodi accaduti nelle vicinanze (Credits: https://museonazionaleresistenza.it)



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Laura Seghettini (1922-2017)

Laura Seghettini (particolare)

Nata nel 1922 a Pontremoli e rimasta orfana di madre in tenera età, cresce nella famiglia materna, insieme a nonni e zii; viene così educata all’antifascismo dagli adulti di casa, socialisti e comunisti. Laura ricorderà che nelle serate familiari anche i giovanissimi partecipano alle conversazioni con il solo ordine di non riferire all’esterno nulla di quanto si sia ascoltato.

Giovanissima le viene affidato talvolta l’incarico di portare ad alcuni compagni il giornale clandestino “L’Unità”, essendo più facile per lei, ragazza, passare inosservata. Il nonno e uno zio, Michele, imprenditori edili, pagano questa loro posizione ostile al regime con la disoccupazione. E quando lo zio sceglie di emigrare in Libia, Laura, che ha ormai ottenuto il diploma magistrale, lo accompagna e lavora negli uffici dell’azienda. Nel Paese africano ascolta i giudizi negativi sul fascismo, sulle atrocità commesse dagli italiani e le previsioni di una sconfitta nella guerra appena iniziata, vista l’inadeguatezza dell’esercito. Rientrata a Pontremoli, mentre riferisce queste considerazioni ad un amico in un prestigioso bar cittadino, le sue parole sono ascoltate da un milite fascista; è condotta negli uffici del partito dove per punizione le viene somministrato l’olio di ricino: un’umiliazione pubblica, per di più a una donna poco più che ventenne.

Laura Seghettini a Parma nella manifestazione dopo la Liberazione (Archivio ISRA)

Da quel momento la sua esistenza è segnata; non appena in città si manifesta un qualche dissenso contro il regime, lei viene indicata tra i responsabili. Arrestata, rimane per un mese nel carcere di Pontremoli. Una seconda volta è condotta al carcere di Massa, un’esperienza che la sconvolge: l’ambiente è sudicio, vi aleggiano segni di violenza. Non riesce a mangiare e nemmeno a dormire. Di quel periodo ricorderà solo la compagnia di una donna arrestata perché il figlio non si è presentato alla chiamata alle armi.

Laura si ripromette allora di non ritornare più in carcere, ma continua a far arrivare abbigliamento e cibo agli amici che per non arruolarsi sono saliti ai monti. Quando, nella primavera del 1944, è informata di un arresto imminente, senza indugio sceglie la stessa via, sulle montagne a nord di Pontremoli, all’estremità settentrionale della Toscana. Il gruppo a cui si aggrega è il Battaglione “Guido Picelli”, da poco guidato da un giovane calabrese, Dante Castellucci, nome di battaglia “Facio”. Il comandante non accoglie di buon grado la presenza di una donna, ma gli amici di Laura lo informano sulla sua vicenda e alla fine viene accettata. Fra i due inizia una storia d’amore, interrotta da un evento drammatico: a seguito di tensioni sorte tra i partigiani, dopo un processo farsa Facio viene fucilato il 22 luglio 1944.

Laura e i compagni ne sono fortemente turbati; sceglie insieme ad altri di spostarsi nell’Appennino parmense e di aggregarsi alla 12ª Brigata Garibaldi “Fermo Ognibene”, di cui verrà nominata vicecommissario per il suo impegno e la sua forza morale. Una foto la ritrae mentre cammina sorridente, nelle prime file con i comandanti, tra due ali di folla per le strade di Parma nella manifestazione che celebra la Liberazione.

Nel 1945 stende un memoriale sulla vicenda di Facio, su cui scende progressivamente il silenzio per l’impossibilità di avere giustizia, associata al timore che quell’episodio possa macchiare la storia della lotta di liberazione. Negli ultimi anni, anche grazie alle sue memorie, essa è finalmente tornata alla luce.

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🟥Laura Seghettini, Al vento del Nord. Una donna nella lotta di liberazione, a cura di Caterina Rapetti, Roma, Carocci, 2006, pp. 26-27.

Per il vitto, qualcuno andava a volte a prelevare qualche vitello nei paesi vicini; cucinieri erano il Corsaro (Nello Leoncini) e Giorgio Marini, fratello di Vito. Accendevano il fuoco e mettevano a bollire in un calderone la carne che, non frollata, ne usciva più dura di come vi fosse entrata. Spesso si saltava il pasto e allora cercavamo i frutti del sottobosco, fragole e mirtilli, o qualche fetta di pane e di pattona3 che le donne di Guinadi o di Cervara ci mandavano o ci offrivano quando passavamo nei paesi.

Laura Seghettini (Foto Walter Massari)

Credo che nessuno di noi si sia mai sognato di mangiare una cosa che gli era stata data, se non dividendola con gli altri. Ricordo, infatti, che una volta due tornarono con una crescente4; fu consegnata a Facio che l’affettò in modo così sottile che le fette sembravano ostie, e ne prendemmo una per uno. Quando ci si riuniva per mangiare, mentre chi aveva dei compiti li eseguiva, gli altri si disponevano in gruppo per ascoltare la lettura dei fogli di partito che Facio ed El Gato avevano con sé.

Accadeva, talvolta, che qualcuno raccontasse gli avvenimenti di cui era stato protagonista […].

Alcuni si recavano nei paesi, la sera, a sentire Radio Londra e tornavano portando informazioni che commentavamo in piccoli gruppi. Ricordo la notizia dei bombardamenti di Roma e di Milano e quella dello sbarco di Anzio che ci fece illudere che stesse per finire la guerra, mentre per noi invece iniziava.

Al lume di candela o sotto la luna si cantava sottovoce e qualcuno suonava il flauto. Facio aveva con sé un violino che gli era stato regalato; questo ha fatto scrivere che fosse un maestro d’orchestra. Studente di filosofia, era, credo, soltanto un discreto dilettante, ma in una radura tra i faggi era facile sembrare maestri.

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🟧Stralcio da un’intervista realizzata da Isa Zanzanaini il 15 maggio 1994, in Comitato provinciale per le celebrazioni del cinquantenario della Resistenza – Commissione provinciale pari opportunità, A Piazza delle Erbe! L’amore, la forza, il coraggio delle donne di Massa-Carrara, Massa-Carrara, Amministrazione provinciale di Massa Carrara, 1996, p. 162.

E per quello che mi riguarda, come donna, io debbo dire che sono stati meravigliosi, questi ragazzi, perché mai una parola sconveniente, anzi. Io ricordo, un giorno, venivo giù per un pendio e giù in fondo c’era una ventina di ragazzi che cantavano, canzonacce di caserma; uno, che sembrava tra l’altro un tedesco, sa, proprio grande e grosso, un gigante. Mi vide con la coda dell’occhio e io ho sentito che: “Ehi! Pst! Zitti, ch’a ghe la Laura!”. E mi fece molto piacere. Io gli sono passata vicino, gli ho detto: “Ehi, biondo!” e l’ho scaruffato un po’ in testa. “Eh! Quel ch’a i vo’, a i vo’!”. Quello che ci vuole ci vuole! Sì, è proprio un ricordo meraviglioso.

In quel periodo io ho conosciuto tante ragazze, tante. Anche donne di una certa età. E io so che era un lavoro molto rischioso. Rischioso il nostro, che andavamo a fare le azioni, ma molto più rischioso quello della staffetta, perché poteva essere presa in qualsiasi momento. Quindi, io ho ammirazione anche per queste, che poi sono state qualificate patriote, anziché partigiane combattenti; ma in realtà, tutto il lavoro fatto, compiuto da noi, aveva alla base il lavoro di queste donne.

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Parma, 9maggio 1945, sfilata dei partigiani

🟩Intervista a LAURA SEGHETTINI, in L. Antonelli, “Voci dalla storia. Le donne della Resistenza in Toscana tra storie di vita e percorsi di emancipazione”, Pentalinea, 2006, p. 445.

Quindi lei è stata in formazione? Per quanto tempo?
Fino all’agosto del ’45, un anno, perché poi c’è stata una vicenda, l’uccisione del comandante Facio, io per un po’ sono stata ancora con il battaglione in zona, poi dopo essere andata in missione per il battaglione internazinale, comandato da Gordon Lett, un ufficiale inglese, mi sono portata via un Distaccamento. […] Io in formazione combattevo con le armi, ho sempre cercato di non acchiappare persone, ho comandato anche azioni, io sono stata Commissario di Brigata, ma Comandante sempre militare del Distaccamento Comando della Brigata, Per cui io ho avuto due qualifiche alla fine dal Distretto militare, come sottotenente e come capitano.

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🟪Testimonianza di Laura Seghettini per gli Archivi della Resistenza.

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🟥Marcello Flores racconta la vita di Laura Seghettini – Trasmissione di Rai Radio3 ‘Belle storie. Donne e uomini nella Resistenza’.



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🟧Intervista a Laura Seghettini (www.testeparlantimemorie900.it)