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Un quadro comunista: Natale Consorti

Quando mi è stato proposto di realizzare un libro-intervista con Natale Consorti (C come comunista. L’impegno di una vita, a cura di Alessandro Affortunati e di Luciana Brandi, Prato, Pentalinea, 2017) ho accettato subito molto volentieri perché Consorti, “Natalino” per i suoi concittadini vaianesi, è, a mio parere, una figura di grande interesse dal punto di vista dello storico in quanto rappresenta un tipo di quadro politico e sindacale molto diffuso nel secondo dopoguerra: di origine popolare, autodidatta, formatosi politicamente nel lavoro di partito e nella lotta quotidiana per affermare i diritti degli operai nella fabbrica, tale tipo di quadro ha saputo poi mettere a frutto, come amministratore, l’esperienza maturata e dare in tal modo un importante contributo allo sviluppo del Paese. È ad uomini come lui, semplici operai o contadini, che si deve la ricostruzione e la rinascita dell’Italia dopo la tragica e fallimentare esperienza del fascismo e della guerra.
Il testo dell’intervista è stato raccolto fra il dicembre del 2016 ed il gennaio del 2017: i quattro capitoli iniziali rispecchiano, a grandi linee, le varie fasi della vita dell’intervistato, mentre il quinto, abbandonando la dimensione locale, affronta il tema della crisi della sinistra.
Seguendo il filo dei suoi ricordi, Natale ci parla dunque della sua infanzia, dei momenti di serenità vissuti a casa degli zii nell’Osmannoro (e l’Osmannoro – rammenta – era allora “un paradiso”), ma anche della durezza della vita di fabbrica, quando, appena quattordicenne, cominciò, con altri ragazzi, a scegliere le bobine dal Forti, passando ore ed ore coi ginocchi in terra, su un pavimento di cemento, pieno di olio e di polvere, con le unghie che si consumavano, il callo che si formava sulle ginocchia e gli stinchi che si riempivano di bolle.
Sono l’esperienza diretta dello sfruttamento e la frequentazione, durante il ventennio, dell’ambiente laico e progressista della Pubblica assistenza vaianese che fanno maturare in lui una precoce coscienza di classe. Nel 1944, subito dopo il passaggio del fronte, Natale si iscrive al PCI ed alla CGIL. L’impegno nel partito e nel sindacato rappresenta per lui, come per tanti altri compagni, un momento di crescita non solo sul piano politico ma anche su quello personale, che lo porta a vincere la timidezza, ad acquisire piena coscienza dei propri diritti e ad affrontare senza alcun timore il padrone (come segretario della commissione interna della Forti, Natale ebbe un ruolo di primo piano nell’aspra vertenza che, nel periodo della smobilitazione delle fabbriche, si sviluppò negli stabilimenti della Briglia e dell’Isola).
In quel torno di tempo Natale vive anche, a fianco di Carlo Ferri, l’esperienza della costituzione del Comune di Vaiano. Con la nascita del Comune comincia la sua lunga esperienza di amministratore, prima come consigliere comunale e poi come sindaco dal 1975 al 1978, quando dovette dimettersi per ragioni di salute. Fra le realizzazioni dell’amministrazione da lui presieduta vanno ricordate almeno l’adesione di Vaiano al Consiag (la metanizzazione portò ad un notevole risparmio sul costo del riscaldamento sia per uso industriale che per uso domestico) e la ristrutturazione della scuola materna di Sofignano. Natale fu poi presidente della Comunità montana della Val di Bisenzio e consigliere provinciale a Firenze ed a Prato.
Dall’intervista emerge chiaramente anche l’importanza dell’impegno di Natale nel campo dell’associazionismo, un impegno concretatosi nell’inaugurazione della nuova Casa del popolo (20 settembre 1970) – che restituì finalmente agli operai un punto di riferimento, un locale dove ritrovarsi, dove poter discutere e godere di qualche momento di svago – e nella rinascita della Pubblica assistenza (1° marzo 2006), dopo l’acquisto della palazzina di via Braga da parte della Casa del popolo stessa e dalla Pubblica Assistenza “L’Avvenire” di Prato (Natale ha coperto la carica di presidente della Sezione vaianese della PA fino al 2010).
L’ultima parte dell’intervista è dedicata alla storia del PCI nel secondo dopoguerra ed alla crisi della sinistra in Italia. Una crisi che Natale riconduce all’abbandono di quei valori che da sempre hanno costituito il patrimonio ideale della sinistra politica, ad una progressiva perdita di identità che ha portato ad un continuo calo di consenso e di voti. Sulla base di queste considerazioni, chiaramente espresse nell’intervista ed in uno dei documenti riprodotti nel libro, egli si è quindi opposto alla liquidazione del PCI ed alla deriva che ha portato alla nascita del PDS-DS-PD. In sostanza – senza nessuna nostalgia per l’esperienza del cosiddetto “socialismo reale”, sul quale formula un giudizio di netta condanna –, egli mantiene vive le ragioni dell’essere comunista, non rinuncia al sale di una visione della storia imperniata sul concetto di lotta di classe.
Oggi Natale è un comunista senza tessera, che non ha perso né l’entusiasmo di una volta né la fiducia nella possibilità di realizzare una società diversa e migliore: “il mondo è sempre andato avanti – ci dice – ed avanti continuerà ad andare nella misura in cui noi saremo in grado di farlo progredire. Il compito della sinistra, oggi come ieri, è questo”.
Ed a Natale siamo riconoscenti anche per queste parole di speranza.