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Luigi Salvatori: fra militanza politica, impegno antifascista e persecuzione

L’articolo che vi presentiamo su Luigi Salvatori – importante dirigente socialista e poi comunista della Versilia, confinato a Ventotene durante il fascismo – è tratto dal volume Antifascisti Lucchesi nelle carte del casellario politico centrale, edito nel 2018 da Maria Pacini Fazzi con la curatela di Gianluca Fulvetti (docente di storia contemporanea presso il Dipartimento di civiltà e forme del sapere dell’università di Pisa) e Andrea Ventura (direttore dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Lucca). L’opera rappresenta il frutto dell’impegno di due anni di quattordici studiose e studiosi, e raccoglie oltre un centinaio di schede biografiche realizzate a partire dalle carte del Casellario politico centrale, istituito alla fine dell’800 in un’Italia che comincia a fare i conti con le sempre più diffuse e radicate organizzazioni del movimento operaio. Il progetto di ricerca dal quale nasce quest’opera è stato possibile grazie ad un finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, e si propone di andare a colmare quella lacuna che negli anni si è venuta a creare sul tema (anche per una produzione scientifica, come sottolinea Gianluca Fulvetti nel saggio introduttivo al volume, “sbilanciata sugli anni della guerra e della Resistenza”).

L’autore: Stefano Bucciarelli, attualmente presidente dell’ISRECLU, è stato docente di storia e filosofia e poi preside nei Licei, nonché docente a contratto presso le università di Pisa e Firenze alla Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario. Ha pubblicato numerosi saggi e libri su protagonisti e vicende della storia politica e culturale della Toscana del Novecento.

S. è la figura più rilevante del socialismo e poi del comunismo versiliese nella prima metà del xx secolo. Nato a Querceta il 22 febbraio 1881, studente di giurisprudenza a Pisa, si avvicina al socialismo impegnandosi nelle prime organizzazioni operaie: la Società di Mutuo Soccorso di Seravezza, le leghe di Querceta, Vallecchia, Seravezza. Con l’incoraggiamento di Narciso Fontanini, diventa presidente dell’Unione socialista “K. Marx” e redattore di Versilia Nova. Completa gli studi fino alla laurea a Genova, dove si trasferisce dal 1905. Qui collabora a La Pace, uno dei più importanti periodici dell’antimilitarismo italiano. E qui si lega a Carolina Annoni, anche lei militante politica socialista, dirigente milanese. Da lei avrà quattro figli […]. Al rientro in Versilia, apre uno studio legale a Viareggio. La sua attività di avvocato è ricordata per gli importanti processi che sostiene (come quello in difesa dei sindacalisti parmensi che si svolge a Lucca), per la sua trascinante eloquenza e per la generosità con cui difende sempre i più deboli. I giudici fascisti che lo rinviano al Tsds1 descrivono il suo percorso politico: «fu prima socialista rivoluzionario, poi socialista ufficiale e quindi passò al comunismo». Prima della guerra, la sua attività ha il suo punto più alto nel periodico Versilia, da lui fondato. Vi confluiscono le sue posizioni politiche, lungo la linea di un socialismo laico, non ortodosso, aperto al dialogo col sindacalismo che da Carrara proietta la sua egemonia in Versilia. Vi trovano spazio le sue battaglie amministrative, sostenute come consigliere comunale e provinciale, nonché come assessore della giunta di sinistra di Pietro Marchi, che vince nel 1910 le elezioni a Seravezza. Vi ha ospitalità tutta l’intellettualità più in vista: da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, animatore della “Repubblica di Apua”, a Lorenzo Viani, da Enrico Pea a Giuseppe Ungaretti, da Luigi Campolonghi a Alceste De Ambris, a testimonianza di una competenza, di una passione e di una indipendenza culturale […]. Gran parte degli amici intellettuali “apuani” non lo seguono però in vista della Grande Guerra, quando S. è neutralista combattivo ed intransigente. Al Convegno socialista per quadri dirigenti di federazione svoltosi a Bologna (16 maggio 1915) propone – voce isolata – «l’immediato sciopero generale politico-rivoluzionario» contro l’intervento. S. non parte militare, essendo stato riformato per gli esiti di una poliomielite. Nel dopoguerra, la sua carriera politica acquista risonanza nazionale nel socialismo “ufficiale”. Al xv Congresso di Roma del Psi presenta la mozione della maggioranza massimalista di condanna al gruppo parlamentare che aveva sostenuto il governo Orlando. Proposto per la direzione del partito, rifiuta l’incarico. Candidato alle elezioni politiche del 1919, viene eletto deputato nel collegio di Lucca-Massa Carrara. Nell’infuocato clima del dopoguerra, l’onorevole S. è il dirigente più autorevole. Difende le “giornate rosse” di Viareggio (maggio 1920) contro lo stato d’assedio imposto dal governo con provvedimenti che bolla come «anticostituzionali, antiopportuni, antiseri», pur riconoscendo la mancanza di sbocchi di quella rivolta. Interviene in Parlamento denunciando le violenze organizzate dai fascisti a Lucca contro il comizio di Ventavoli. Nel 1921 aderisce alla scissione comunista di Livorno e da allora lo scontro con i fascisti si fa più duro. Il suo nuovo periodico, La Battaglia comunista, è presto costretto a chiudere. Fino al 1926, come incaricato del Soccorso Rosso del Pcd’i, cura la distribuzione dei sussidi ai detenuti politici delle carceri di Lucca, l’invio di aiuti alle vittime della persecuzione fascista, organizzando inoltre a Viareggio la colonia marina per i figli di comunisti morti in guerra o imprigionati. Il 31 ottobre 1926 subisce un’aggressione da parte dei fascisti, che lo riducono in gravi condizioni. Ricoverato all’ospedale di Pietrasanta, riesce a sfuggire a nuove violenze riparando nella sua casa di Viareggio, dove però il 20 novembre viene arrestato. Gli sono inflitti cinque anni di confino ed è trasferito a Favignana, dove rimane fino al 1928, quando è tradotto a Roma, in una cella di “Regina Coeli”, a disposizione del Tsds. Condannato a quattro anni di reclusione, li sconta a Pesaro, a Poggioreale e a Ponza, per essere poi nuovamente confinato, questa volta a Ventotene, per terminarvi il periodo di detenzione. Rientrato in Versilia, continua ad essere sottoposto a sorveglianza speciale fino alla caduta del fascismo, e gli è permesso, seppur con molte restrizioni, di riprendere l’attività di avvocato. Le sue condizioni fisiche peggiorano sempre di più. Rimane per gli antifascisti e per i resistenti, che avrebbero continuato a cercarlo, prezioso e autorevole consigliere. Dopo la Liberazione, il Cln lo designa sindaco di Pietrasanta, ma le sue gravi condizioni di salute non gli consentono di accettare, né è possibile dar corso alla proposta di candidarlo per le elezioni della Assemblea Costituente. Muore a Pietrasanta nel 1946.