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La primavera del 1915 a Livorno

Per tutto l’autunno del 1914 e l’inverno successivo a Livorno non si erano tenute iniziative in piazza sulla guerra. Con la primavera del 1915 le cose cambiarono: furono le prime iniziative interventiste a suscitare un cambio di passo anche nella propaganda neutralista, provocando un gioco di botta e risposta che animò il dibattito cittadino.

A inizio aprile «Il Telegrafo» dava l’annuncio della formazione di un gruppo nazionalista livornese con oltre 100 soci; pochi giorni dopo gli anarchici riempivano l’Ardenza di manifesti contro la guerra. L’11 venne organizzata una dimostrazione pubblica a favore dell’intervento in cui avrebbe dovuto partecipare Peppino Garibaldi, nipote dell’eroe dei due mondi. I socialisti invitarono la «Livorno proletaria» a intervenire in massa per far «sentire e capire da qual parte sia la maggioranza». L’illustre ospite non venne e l’iniziativa si limitò a una riunione privata nella sede dei repubblicani; ciò non evitò che per strada si creassero incidenti tra interventisti e neutralisti, con una larga eco nella stampa locale. Socialisti e anarchici fecero stampare immediatamente volantini contro la guerra raffiguranti le vignette di Scalarini pubblicate sull’«Avanti!»; un tipografo che distribuiva tale materiale (e che probabilmente lo aveva anche prodotto) fu arrestato.

Nel frattempo alcuni dissidi interni agitavano il Partito socialista locale. Il 27 aprile in un’assemblea nella sede centrale «si portò in votazione la proposta di espulsione di quei socialisti ufficiali che avessero manifestato sentimenti interventisti. Tale proposta fu respinta dopo lunga discussione con 47 voti contro 17». Il giorno seguente la Camera del Lavoro, a maggioranza repubblicana, decise di respingere la proposta di sciopero generale in caso di entrata in guerra dell’Italia, lasciando ogni iscritto di decidere secondo coscienza.

0472 casa del soldato in venezia

Casa del Soldato a Livorno durante la prima guerra mondiale

A inizio maggio ripresero le iniziative contro la guerra, a partire dal grande comizio del 1º maggio alla pineta di Ardenza, e la dimensione pubblica assunse nuovi connotati: una conferenza tenuta il 9 nella sezione socialista di Borgo S. Jacopo vide l’intervento delle forze dell’ordine per rimuovere dei cartelli contro la guerra esposti fuori del locale. Tuttavia il fronte favorevole all’intervento sembrava aver preso una forza che prima non aveva. La commemorazione cittadina della resistenza all’attacco austriaco del 10 e 11 maggio 1849 assunse connotati interventisti, come sottolinearono i quotidiani locali; il 13 maggio la festa dell’Ascensione fu celebrata dal vescovo alla presenza di «molti soldati, specialmente bersaglieri», con una funzione speciale a favore della pace e della patria, in cui si dava la disponibilità ad appoggiare un eventuale ingresso in guerra.

Le dimissioni di Salandra furono anche per Livorno la vera prova di forza per gli schieramenti in campo. Dopo che le manifestazioni interventiste promosse dagli studenti nel pomeriggio del 14 erano andate deserte, i neutralisti si riunirono per impedire una nuova dimostrazione che si doveva tenere la sera. Furono le forze dell’ordine ad assicurare l’agibilità allo schieramento favorevole alla guerra: le persone arrestate quella sera furono 34.

Il 15 maggio «innumerevoli manifestini, distribuiti con grande larghezza, invitavano i neutralisti a riunirsi [il giorno dopo] alle 10 in piazza Mazzini. […] Data la gravità degli incidenti avvenuti l’altra sera, l’autorità politica aveva preso grandi misure di precauzione. Dentro il Cantiere Orlando era una compagnia di soldati agli ordini di un maggiore. In piazza, una quantità di agenti e di carabinieri»: «furono subito predisposti occorrenti servizi di P.S. per impedire assolutamente [il comizio e il corteo], servizi che raggiunsero lo scopo trattenendo dall’intervenirvi gran parte dei neutralisti». Un centinaio di persone riuscì comunque a radunarsi in piazza Mazzini, mentre alcuni cartelloni colorati venivano innalzati fra i dimostranti. Otto gli arrestati, giudicati per direttissima.

Lo stesso giorno, all’Ardenza, gli anarchici avevano organizzato un comizio con il pisano Virgilio Mazzoni: «all’uscita si tentò di formare un corteo di circa duecento persone che gridando: Abbasso la guerra!, viva il socialismo!, viva la rivoluzione!, si dirigeva in via del Littorale. […] Avvennero varie collutazioni tra le guardie di P.S. e i cittadini: vennero scagliati dei sassi che colpirono tre guardie e un carabiniere». Quattro gli arresti. «Anche a Montenero, sulla piazza del Santuario, venne tenuto un comizio in senso neutralista, dopo il quale avvennero dei disordini non gravi. L’intervento dei carabinieri valse a far ritornare la calma tra i pochi intervenuti».

Questi episodi furono gli ultimi tentativi dei neutralisti livornesi di far sentire la propria voce in piazza di fronte all’imminente ingresso nel conflitto europeo. La decisa e probabilmente inaspettata reazione delle forze dell’ordine, più che il limitato confronto in piazza con gli interventisti, raffreddò gli intenti di socialisti e anarchici, già fiaccati dai dissidi interni. Il 18 maggio una grande manifestazione a favore della guerra si svolse senza alcun incidente; solo in serata, alcuni sassi furono lanciati alle finestre del «Corriere di Livorno», promotore delle dimostrazioni. I comizi neutralisti organizzati presso le sedi socialiste e anarchiche per il 20 maggio registrarono infine una partecipazione esigua: anche la voglia di ritrovarsi al chiuso, per discutere di cosa stava succedendo, sembrava essere venuta meno.

[L’articolo è tratto dal saggio dell’autore dedicato a Livorno, in Fulvio Cammarano (a cura di), Abbasso la guerra! Neutralisti in piazza alla vigilia della Prima guerra mondiale in Italia, Le Monnier, Firenze 2015, pp. 459-469]

*Stefano Gallo è assegnista di ricerca presso l’ISSM-CNR di Napoli. Il suo principale campo di ricerca è la storia delle migrazioni e del lavoro, ma si dedica anche alle vicende della Seconda guerra mondiale e della Resistenza. Collabora con l’Istoreco di Livorno, per il quale sta conducendo una ricerca sulla storia della Resistenza, ed è socio fondatore della SISLav (Società Italiana di Storia del Lavoro), di cui copre attualmente il ruolo di segretario coordinatore.