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Gli eroi maledetti. I goumiers e la liberazione del territorio senese (giugno-luglio 1944)

Il 15 giugno 1944, in una calura soffocante, le avanguardie del Corps expéditionnaire français superavano il fiume Paglia entrando nel territorio senese e sferrando l’attacco contro i caposaldi che i tedeschi avevano predisposto per rallentarne l’avanzata.

Gli attaccanti erano gli stessi soldati che, un mese prima grazie a una brillante azione nella valle del Liri, avevano messo in crisi la linea Gustav. Adesso era stata affidata loro una zona secondaria, incuneata tra la direttrice tirrenica, affidata alla V Armata americana, e quella adriatica di competenza dell’VIII Armata britannica. Del resto il fronte senese, povero di ampie vallate, di comode vie di comunicazione e prevalentemente accidentato, permetteva di sfruttare nel migliore dei modi le caratteristiche della fanteria leggera francese che si era rivelata particolarmente abile nelle aree montane.

Il corpo di spedizione transalpino era composto da quattro grandi unità, la I Divisione Francia libera, comandata da Diego Brosset, forte di 15.491 uomini di cui 9.012 europei e il resto di altre nazionalità; la II Divisione di fanteria marocchina, comandata da André Dody, composta da 13.895 uomini di cui 6.578 europei e il resto africani; la III Divisione di fanteria algerina (quella che liberò Siena), comandata da Joseph Goislard De Montsabert e composta da 13.189 effettivi di cui 6.353 europei e 6.835 africani; la IV Divisione marocchina da montagna, comandata da Françoise Sevez, e composta da 19.252 uomini di cui 6.545 europei e 12.707 africani.

Oltre a queste unità, costitutite nel Magreb liberato a partire dal 1943, ben armate e addestrate[1], si aggiungeva una riserva di 29.431 elementi, circa metà europei e metà africani e infine i Goums, in tutto 7.833 uomini, di cui solo 645 europei, comandati dal generale Augustin Guillaume[2].

Furono proprio questi ultimi a rimanere particolarmente impressi nell’immaginario della popolazione senese, sia per il proprio, indubbio, valore sul campo di battaglia che per una serie di violenze contro i civili.

Il termine goumier deriva dalla francesizzazione del sostantivo arabo qawm che significa tribù, gruppo sociale[3]; tali truppe erano infatti inquadrate in compagnie chiamate goums forti di duecento uomini ciascuna; tre o quattro di tali reparti formavano un tabor[4] (reggimento).

Goumier nel territorio senese. Immagine tratta da R. Bardotti, "Attenti a dove sparate.", Siena, Betti editore, 2018

Goumier nel territorio senese. Immagine tratta da R. Bardotti, “Attenti a dove sparate.”, Siena, Betti editore, 2018

Questi gruppi erano sorti nel Marocco francese come milizia territoriale nel 1908 e avrebbero servito il Governo di Parigi fino al 1956 (anno d’indipendenza del Marocco, Paese da cui provenivano la maggioranza dei militi); ogni goum era composto (a parte gli ufficiali, tutti francesi[5]) da nativi della regione montuosa dell’Atlante e si differenziava dalle altre truppe coloniali regolari (gli spahis -la cavalleria- e i tirailleurs -la fanteria-), in quanto contribuiva a formare un corpo di fanteria leggera i cui membri erano legati spesso da vincoli di parentela e venivano reclutati direttamente dal comandante di ogni singolo reparto, ragion per cui si veniva a creare uno strettissimo rapporto con quest’ultimo.

Ogni goum era formato da tre plotoni di fanteria, uno di cavalleria (che, quando era impegnato fuori dall’Africa, si trasformava, di sovente, in fanteria), uno di mitragliatrici, uno di mortai e uno di mulattieri per il trasporto dell’equipaggiamento.

L’insegna dei goumiers era la koumya, ossia il pugnale ricurvo dei berberi e la loro divisa era composta da una lunga veste  in lana grezza a strisce (la djellaba), il turbante ed i sandali ai piedi (questi ultimi sostituiti, in seguito, da antiquati elmetti di tipo brodie e da scarponi d’ordinanza).

I goumier avevano avuto il loro battesimo del fuoco nella Seconda guerra mondiale operando con successo in Tunisia contro i tedeschi e gli italiani, in seguito erano stati impiegati in Sicilia, in Corsica e sul fronte di Cassino per poi arrivare in Toscana sempre agli ordini di Augustin Guillaume[6].

E furono proprio costoro che buona parte della popolazione senese vide, dopo la partenza dei tedeschi, invece dei tanto sospirati americani con le loro sigarette e la cioccolata.

Purtroppo, in molti casi, il primo impatto non fu dei migliori. Nonostante una serie di brillanti successi tattici come l’aggiramento di Montalcino o il superamento del fiume Merse presso il ponte a Macereto le violenze non mancarono. Non si ebbero episodi  diffusi e generalizzati come quelli di  Esperia o Ausonia ma il bilancio fu lo stesso pesantissimo.

Alcuni partigiani della formazione Spartaco Lavagnini riferirono che nella sola cittadina di Abbadia San Salvatore le truppe francesi violentarono sessanta donne, nonché alcuni uomini, senza tener conto dell’età delle vittime; vennero inoltre operati  numerosi saccheggi. Le proteste inoltrate dagli stessi partigiani agli ufficiali transalpini non sortirono alcun effetto.

Gli stupri perpetrati dagli uomini del Corps  expéditionnaire continuarono a San Quirico d’Orcia, Casciano di Murlo, Murlo, Casole d’Elsa, Monteriggioni, Colle val d’Elsa, Poggibonsi (Pian dei Campi)[7] e  Monticiano[8] tuttavia non è facile quantificare il fenomeno per via dello stillicidio di fatti isolati spesso non denunciati dalle vittime a causa della vergogna.

A un certo punto i comandanti americani chiesero ai colleghi francesi di contrastare le violenze delle proprie truppe contro la popolazione locale.

Il generale Guilluame reagì  in modo ufficiale, seppur minimizzandole, ammettendo le violenze che venivano tuttavia attribuite non tanto ai reparti combattenti quanto agli addetti ai servizi di retroguardia[9]. Ufficiosamente però si cominciarono a prendere provvedimenti drastici. A Casal di Pari, in seguito a un certo numero di stupri, cinque goumiers vennero colti in fragrante, fucilati ed i corpi esposti nella piazza del paese dietro ordine dello stesso Guillaume[10].

Nonostante l’esempio la scia di violenze continuò e si ha notizia di ufficiali francesi che procedettero a punizioni cruente ed esecuzioni sommarie[11]. Gli alleati completarono la liberazione del territorio senese nella seconda metà del luglio 1944 e pochi giorni dopo l’intero Corps expéditionnaire français venne richiamato nelle retrovie per partecipare allo sbarco in Provenza che avvenne il 15 agosto dello stesso anno.

[1] GAUJAC P., Le corps expeditionnaire française en Italie 1943-1944, Paris, Histoire e collections, 2003, p. 9 e ss.

[2] Il bilancio delle perdite francesi nel corso della campagna d’Italia fu particolarmente sanguinoso: il Corps

expeditionnaire, tra morti, feriti e dispersi, perse quasi il 30% dei propri effettivi.

Cfr. BISCARINI C., 1944: i francesi e la liberazione di Siena. Storia e immagini delle operazioni militari, Siena, Nuova Immagine, p.108-113.

[3] Cfr. www.cnrtl.fr/definition/goumier.

[4] Parola di origine turca che significa battaglione. Cfr. www.cnrtl.fr/definition/tabor.

[5] Per quanto riguarda i ranghi dei sottufficiali o dei graduati con competenze speciali (autisti, capi mitraglieri e così via),

all’interno di reparti costituiti esclusivamente o quasi da africani, come i goums, l’esercito francese si serviva dei

cosiddetti troncs de figuier e dei pieds noirs, ossia i discendenti di francesi stabilitisi in Marocco (i primi) o in Algeria (i

secondi); costoro parlavano infatti l’arabo. GAUJAC P., Le corps expeditionnaire …, op. cit., p. 33.

[6] Cfr https://goumier.jimdo.com/histoire-des-goumiers/

[7] LUCCIOLI M. – SABATINI D., La ciociara e le altre. Il Corpo di Spedizione Francese in Italia, Roma, ed. Tusculum,

1998, pp. 88 e ss.

[8] MARTINELLI A., Monticiano Racconta. Testimonianze raccolte e trascritte da Alda Martinelli, Siena, Cantagalli,

2010, p.54.

[9] GAUJAC P., Le corps expeditionnaire …, op. cit., p.44.

[10] L’episodio è narrato nel giornale di marcia del capitano Henri Tartaroli del 2° reggimento d’artiglieria coloniale in

GAUJAC P., Le corps expeditionnaire …, op. cit., p. 44-45;  Alessandro Orlandini e Giorgio Venturini, parlando del

medesimo fatto, fanno riferimento ad una sola donna violentata da sei goumiers che vennero  fucilati; cfr ORLANDINI

  1. – VENTURINI G., I giudici e la Resistenza dal fallimento dell’epurazione ai processi contro i partigiani: il caso

Siena, Milano, La pietra, 1983, p.14-15.

[11] BISCARINI C., 1944: i francesi e la liberazione di Siena …, op.cit., p. 84 in nota 5.