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Giuseppe Becheroni

Contrariamente all’opinione corrente, dalla fine dell’Ottocento al periodo della Resistenza, il movimento anarchico fu attivamente presente a Prato. In questo contesto, Giuseppe Becheroni fu una delle figure più interessanti dell’anarchismo locale, che si distinse per i suoi sforzi di dare al movimento un minimo di coesione. Ne ricostruiamo qui, brevemente, la vita e l’esperienza politica.

Giuseppe Becheroni nacque a Vernio il 27 agosto 1887 da Giovan Battista e da Maria Meucci, intagliatore. Sposato con Annita Sanesi, aderì all’anarchismo dopo aver militato nel Partito socialista, e, insieme con Tullio Gambacciani, fondò a Prato un microscopico gruppo anarchico denominato “L’inferno”, del quale i due amici erano gli unici componenti.
Propagandista infaticabile, l’8 dicembre 1911 venne arrestato e condannato per aver disturbato una manifestazione indetta per festeggiare una vittoria dell’esercito italiano impegnato in Libia. Fu questa la prima condanna riportata da Becheroni, che nel 1912 era ritenuto pericoloso dalla polizia e risultava essere uno degli uomini di punta del movimento anarchico pratese. Il 3 settembre di quell’anno lanciò una sottoscrizione per la costituzione di un Circolo libertario di studi sociali: il Circolo, che disponeva anche di una biblioteca, era già attivo alla data del 18 ottobre e Becheroni ne era il cassiere. Diffusore del quindicinale antimilitarista milanese Rompete le file!, nel 1913 creò un Gruppo libertario rivoluzionario (ai primi di aprile), partecipò al congresso regionale anarchico che si svolse a Pescia (11 maggio) e ad un convegno libertario che si tenne a La Spezia (1-2 giugno). Fatto ritorno a Prato, la sera del 3 giugno contestò vivacemente, insieme con altri compagni, una dimostrazione studentesca inneggiante all’esercito. In tale circostanza Pietro Barni, un anarchico intimo di Becheroni, strappò il tricolore dalle mani del portabandiera e fu tratto in arresto. Becheroni riuscì invece ad eclissarsi e poco dopo promosse una sottoscrizione a favore di Barni: venne per questo condannato ad un’ammenda. Il 25 ottobre, alla vigilia delle prime elezioni politiche a suffragio universale maschile, fece affiggere “un manifesto intitolato ‘Non votate’, diretto ai lavoratori e contenente eccitamento alla rivolta”: nuovamente denunciato, fu assolto dal tribunale di Firenze il 19 marzo 1914. Il 3 maggio dello stesso anno cercò di tenere una pubblica conferenza a Prato, ma il prefetto di Firenze la proibì per ragioni di ordine pubblico.
Il 10 giugno, nel corso delle agitazioni della Settimana rossa, incitò i dimostranti della città laniera alla ribellione aperta. Immediatamente denunciato, si allontanò da Prato il 29. Colpito da mandato di cattura ed attivamente ricercato in tutto il regno, venne arrestato a Prato il 7 settembre e tradotto nelle carceri fiorentine: il 12 novembre fu condannato a sette mesi di reclusione per oltraggio agli agenti della forza pubblica.
Il 10 maggio 1915, nell’imminenza dell’entrata in guerra dell’Italia, venne deferito all’autorità giudiziaria per istigazione a delinquere, avendo, insieme con altri anarchici, indotto gli operai della ditta Forti di Casarsa, uno degli stabilimenti più importanti di Prato, ad astenersi dal lavoro “onde suscitare disordini e commettere violenze sotto il pretesto del richiamo alle armi”. Il 18 maggio il giudice istruttore dichiarò tuttavia il non luogo a procedere nei suoi confronti.
Becheroni morì di tubercolosi il 27 dicembre 1917 nell’ospedale di Prato: per volontà della famiglia i funerali si svolsero in forma religiosa, e pertanto i compagni non vi presero parte.

Fonti: Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, Fascicoli personali, b 430, fasc. Becheroni Giuseppe fu Giov. Battista; “Commemorazione di due compagni”, Il lavoro (Prato), 5 gennaio 1918.

Bibliografia: Alessandro Affortunati, “Giuseppe Becheroni: un  anarchico pratese dei primi del Novecento”, Rassegna storica toscana, a. 59, n. 2 (luglio-dicembre 2013), pp. 311-334.