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Gli ammutinati delle trincee

La Prima guerra mondiale, spesso definita il tragico atto di nascita del Ventesimo secolo, rimane l’evento storico che ha determinato i traumi, i conflitti, le trasformazioni non solo nella società, ma nella coscienza collettiva e nell’esperienza umana di milioni di persone e, in particolare, dei ceti popolari e delle classi subalterne di ogni paese. Furono infatti queste ultime a pagare maggiormente gli effetti laceranti di quella guerra, voluta dal potere economico, dai governi e dai rispettivi nazionalismi, per affermare un’egemonia imperialista, conquistare territori e incrementare i profitti dell’industria bellica. La Grande guerra rappresenta il naufragio della civiltà moderna, nella quale è coinvolta pienamente l’Italia liberale che già con la spedizione in Libia (1911-12) aveva anticipato eventi, strategie e temi che troveranno un’altra conferma negli anni 1914-18. Non tutti i contadini e gli operai travolti dalla guerra accettarono passivamente di morire – da Tripoli a Caporetto – per interessi e logiche non loro. Prigionieri delle trincee, questi non-sottomessi combatterono una loro guerra dentro la guerra, ammutinandosi agli ordini criminosi dei generali, disertando, dandosi alla macchia, animando rivolte per difendersi da una patria che li mandava al massacro e li voleva assassini di altri sfruttati. Questa ricerca al rovescio vuole dare voce al loro coraggio di restare umani, anche a rischio della fucilazione per disfattismo.

Marco Rossi è da tempo impegnato nella ricerca storica sulle vicende del movimento operaio dopo la Prima guerra mondiale, con particolare attenzione verso l’antifascismo. Con la Biblioteca F. Serantini ha già pubblicato alcune opere come “Avanti siam ribelli. Appunti per una storia del Movimento anarchico nella Resistenza” (Pisa, 1985) e la prima edizione di “Arditi, non gendarmi! Dall’arditismo di guerra agli Arditi del popolo 1917-1922” (Pisa, 1997 seconda ed. 2011). Con altri editori ha pubblicato: “Il conto aperto. L’epurazione e il caso di Codevigo: appunti contro il revisionismo” (Padova, 1997), “I fantasmi di Weimar. Origini e maschere della destra rivoluzionaria” (Milano, 2001) e “Ribelli senza congedo. Rivolte partigiane dopo la Liberazione, 1945-1947” (Milano, 2010). 




“Nuovi Studi Livornesi”, Vol. XX

Il volume XX della rivista “Nuovi Studi Livornesi” raccoglie una parte degli atti del convegno di studi L’intellettuale e il politico: Furio Diaz sindaco di Livorno organizzato il 6 e 7 dicembre 2012 dall’Associazione livornese di storia lettere e arti, la Scuola Normale Superiore e l’Istoreco, ad un anno dalla scomparsa dell’illustre studioso e sindaco di Livorno negli anni dell’immediato dopoguerra.

Il convegno si è articolato in due filoni tematici che sono stati trattati in due sedi distinte: a Livorno, presso la Biblioteca Labronica, è stato preso in considerazione l’impegno politico dell’intellettuale, con particolare attenzione all’attività svolta come sindaco nel difficile periodo che va dal 1944 al 1954; a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore, una serie di relazioni ha esplorato i lavori dello studioso di storia, concentrando soprattutto l’attenzione sui suoi principali interessi di ricerca maturati dopo l’abbandono della vita politica.

Nel volume appena edito vedono la luce gli interventi tenuti nella sessione livornese del 7 dicembre. Con l’introduzione di Daniele Menozzi, Scuola Normale Superiore di Pisa, sono ospitati i saggi di Giuseppe Galasso, Accademia dei Lincei, Marcello Verga, Università di Firenze, Antonello Mattone e Piero Sanna, Università di Sassari, Cristina Luschi, Biblioteca Labronica di Livorno, Gian Carlo Falco, Università di Pisa, Gianluca della Maggiore e Chiara Fantozzi, Istoreco e Denise Ulivieri, Università di Pisa.

Nella parte “Studi e testi” il volume raccoglie anche i contributi di Gabriele Sforzi su Giovanni Fattori, di Martina Beccatini sulla villa Rodocanacchi e di Clara Errico e Michele Montanelli sull’architetto navale Roberto Dudley.




Come se fosse ora

Attraverso la memoria dei testimoni, Gabriella Congedo ha realizzato un grande racconto corale che ricostruisce le vicende di una comunità negli anni del secondo conflitto mondiale. All’inizio di ogni capitolo, le sintetiche schede a cura di Matteo Mazzoni consentono di inquadrare la specifica vicenda locale e l’intreccio dei ricordi degli intervistati nel più ampio contesto delle vicende nazionali di quegli anni travagliati.
Dall’ingresso dell’Italia in guerra, il 10 giugno 1940, all’armistizio dell’8 settembre del ’43, dall’occupazione nazista al progressivo “incontro” con la guerra (bombardamenti, requisizioni, rastrellamenti), la narrazione conosce un crescendo drammatico  che culmina con la descrizione del passaggio del fronte fra sfollamenti, combattimenti, vittime civili, incontro con gli Alleati.
Storia di guerra, ma anche di vita quotidiana, il volume restituisce il dramma del conflitto sulla popolazione civile e il vissuto di una comunità di quella società rurale e mezzadrile che di lì a pochi anni sarebbe scomparsa per sempre e un quadro.

Indice del volume:
Maurizio Semplici, Sindaco di Barberino, La memoria, un treno che tutti siamo chiamati a non perdere
Stefano Fusi, Consigliere provinciale, Firenze, Perché la memoria non si disperda “come lacrime nella pioggia”
Simone Neri Serneri, Direttore Istituto Storico della Resistenza in Toscana, Guerra, storie e memorie. Perché raccontare?
I. La vita quotidiana negli anni di guerra
II. L’Armistizio e i bombardamenti in Val d’Elsa
III. I tedeschi
IV. Gli Alleati
V. Vite spezzate
VI. Ricominciare
Appendice Mappe e documenti

Gabriella Congedo giornalista pubblicista, nel 2003 ha fondato la rivista «inChianti » nel 2003, di cui è direttore responsabile. Dal 2004 si occupa di storia locale dedicandosi alla raccolta di testimonianze orali sulla società contadina e sul passaggio del fronte
Matteo Mazzoni dottore di ricerca in Studi storici dell’età moderna e contemporanea, vicepresidente Istituto Gramsci Toscano, collaboratore Istituto Storico della Resistenza in Toscana. Ha pubblicato Livorno all’ombra del fascio (Olschki, 2009, vincitore premio Anci-SISSCO 2010)




Buriazia

Buriazia è un libro che ha al suo interno molti libri, o per meglio dire molte sono le narrazioni che sviluppano la vicenda, centro dell’interesse: una ragazzina nata poco dopo il passaggio del fronte nella campagna pisana, figlia di una partigiana locale e di un soldato atzero, sfuggito ai tedeschi e unitosi alla banda dei ribelli. Un piccolo paese di cavatori, Castellina Marittima, separato al suo interno dalla divisione tra antifascisti e fascisti. Una famiglia numerosa e articolata, quella materna, dove la protagonista trova braccia affettuose per la sua prima infanzia. Una madre segnata dalla separazione forzata dal suo giovane compagno che, una volta sceso nella grande città vicina, Livorno, viene intercettato dagli inglesi che gli fanno un foglio di rientro per la grande Unione Sovietica. Così il giovane che non sa ancora che diventerà presto padre, si imbarca a Taranto per rientrare in patria e, al suo arrivo, lo aspettano dieci anni di Siberia. Ma il libro è anche la ricostruzione dei tentativi fatti a caldo da sua madre per rintracciare il suo giovane sposo, sparito nel nulla, tramite il Partito comunista, l’associazione Italia-Urss, con risultati assolutamente negativi. Da una disponibilità iniziale si passa a risposte fredde e evasive. Intanto però Catia è stata trasferita dalla madre a Livorno, città con la quale mai si identificherà e, una volta cresciuta, comincia, in contrasto con la madre, la sua personale ricerca del padre, questo padre così diverso dagli alti: alto, biondo e che suonava il violino. Sia per la determinazione dell’autrice che per l’intervento del caso, alla fine riuscirà trovarlo.
Ha fatto bene l’Istoreco di Livorno a pubblicarlo perché la storia riguarda un periodo che è al centro delle indagini di un Istituto come questo, ma ha fatto bene anche perché è una prova narrativa di grande spessore e non ultimo, è la prima prova narrativa di una donna.




Cafiero

Carlo Cafiero occupa un posto centrale nella storia del movimento operaio italiano, per essere stato nel 1872 tra i principali ispiratori e organizzatori della prima Conferenza della branca italiana dellʼInternazionale di Rimini. Fiduciario di F. Engels e K. Marx, nonché primo divulgatore in Italia del Capitale. Cafiero dopo la rottura con Marx ed Engels diventa amico di M.A. Bakunin ed è promotore, insieme a E. Malatesta, P.C. Ceccarelli e altri, del tentativo insurrezionale della Banda del Matese nel 1877. La vita pubblica di Cafiero si compie esattamente nellʼarco di dodici anni, tanti ne corrono fra gli sviluppi internazionalisti seguiti alla caduta della Comune di Parigi (1871) sino a quando Andrea Costa ˗ amico di Cafiero e a sua volta tra i principali esponenti dellʼInternazionale in Italia ˗ con la sua lettera Agli amici di Romagna (1879) abbandona le file dellʼinsurrezionalismo antiautoritario e si prepara a entrare nel Parlamento italiano (1882) come primo deputato socialista. La vita di Cafiero, spesa nellʼappassionata, intransigente, disperata, ma vana ricerca del “sol dellʼavvenireˮ, si chiude, infine, con la tragedia della follia.

Il libro che Masini ha dedicato a Cafiero può essere considerato la migliore biografia dellʼinternazionalista pugliese uscita finora e, nel contempo, rappresenta lʼopera nella quale si riassume e si esalta la vicenda umana e intellettuale del suo autore.

Leggere e studiare lʼaffascinante e sofferta vicenda biografica di Cafiero, qui raccontata magistralmente, è utile non solo per comprendere la storia originale della diffusione in Italia del primo socialismo, in particolare di quello di matrice antiautoritaria, ma anche per capire il suo autore e il suo metodo di studio. Masini, infatti, iniziò a pensare e scrivere questʼopera ben 25 anni prima della sua pubblicazione, e la sua preparazione lo ha accompagnato per buona parte della sua vita: fino a poco prima della scomparsa aveva lavorato a una nuova edizione, rivista e aggiornata e che ora viene alla luce.

Masini, nasce il 26 marzo 1923 a Cerbaia (FI), inizia la propria attività politica e di studioso giovanissimo negli ambienti del movimento liberalsocialista di Tristano Codignola. Il 21 gennaio 1942 è arrestato per attività antifascista e condannato a tre anni di confino da scontare a Guardia Sanframondi, nel beneventano, sul massiccio del Matese. Riacquistata la libertà, il 19 maggio del 1943, tornato a Firenze riprende i contatti con i compagni e si avvicina al Partito comunista. Quando le operazioni militari della guerra coinvolgono anche la Toscana, Masini è in prima fila per aiutare la popolazione della sua zona, ricoprendo anche incarichi di responsabilità, come quello di vicesindaco di San Casciano Val di Pesa, nominato dagli Alleati, e di membro del Comitato di liberazione nazionale locale in rappresentanza del PCI, senza tuttavia partecipare mai direttamente ad azioni militari. Nel periodo compreso tra l’ultima fase del conflitto e i momenti immediatamente successivi alla Liberazione, di fronte alla svolta di Salerno di Togliatti e all’interpretazione della lotta al nazifascismo, Masini matura la scelta di abbandonare il PCI e di avvicinarsi al movimento anarchico. È una scelta fatta con convinzione e dedizione che lo coinvolgerà per oltre un quindicennio per poi approdare nelle del socialismo democratico. Masini, però, è stato soprattutto un appassionato storico e bibliofilo, una passione che lo ha accompagnato per tutta la vita e oggi buona parte della sua eredità culturale e archivistica è conservata per sua stessa volontà dalla Biblioteca Franco Serantini di Pisa. Masini muore a Firenze il 19 ottobre 1998.




Gli anarchici nell’età repubblicana

Perché manca una sintesi storica sull’anarchismo italiano dal secondo dopoguerra agli anni della Contestazione? Si è forse determinata una parentesi in questa storia? Una parentesi che parrebbe abbracciare un lungo intervallo, nel corso del quale ci sia stata un’incapacità politica a rispondere ai nuovi problemi posti dal mutamento radicale della società italiana, iniziato con la ricostruzione lungo l’asse del modello americano e giunto al suo apice con il boom economico e poi la crisi della metà degli anni Sessanta. Non è così. Certo gli anarchici non costituivano più quella forza politica e sociale che aveva segnato la storia del nostro Paese dagli ultimi decenni dell’800 fino al consolidarsi del regime fascista, ma avevano comunque ancora la forza per lanciare una sfida a quella società, nata dalla Resistenza, che si stava definendo nell’impianto repubblicano e nello scenario internazionale. Dal quadro esaminato da Pasquale Iuso emerge una pluralità di analisi e di esperienze, fatta di scontri e scissioni, ma anche di lotte sociali e di affermazione dell’unità sindacale e dell’autonomia politica del movimento dei lavoratori, che caratterizzano questo come un periodo di transizione. Non sarà così un caso che l’anarchismo, al momento della grande trasformazione della società italiana, troverà nuovo vigore nella stagione dei movimenti e della conflittualità sociale degli anni Sessanta.




I bombardamenti aerei sull’Italia

Nella seconda guerra mondiale i bombardamenti aerei hanno avuto una parte decisiva, dal Blitz tedesco su Londra fino alle atomiche sganciate nell’agosto del 1945 su Hiroshima e Nagasaki. A lungo confinato nella dimensione militare, questo aspetto della guerra sta conoscendo in anni recenti un interesse nuovo, allargato in particolare agli effetti sulle popolazioni e al dibattito sulla legittimità di tali interventi.
Il volume presenta la storia dei bombardamenti sull’Italia attraverso un’ampia serie di contributi: dalla comparazione dei bombardamenti sull’Italia con quelli avvenuti su altri Paesi europei allo studio delle misure adottate dal regime, dalle scelte delle forze armate (esercito, marina, aereonautica) alle politiche di difesa controaerea delle città, sino alle reazioni delle popolazioni.

Indice
Nicola Labanca, Presentazione. Comprendere i bombardamenti
Prima parte: Una guerra sull’Europa
Richard Overy, I bombardamenti nella seconda guerra mondiale: nuove prospettive di ricerca
Andrew Knapp, La Francia sotto le bombe degli Alleati (1940-1945)
Jörg Arnold, «Lì dove i tetti giacciono sparsi per le strade». Nuovi studi sul bombardamento della Germania
Marco Gioannini, Bombardare l’Italia. Le strategie alleate e le vittime civili
Seconda parte: La reazione del regime
Claudia Baldoli, Il regime e la minaccia dall’aria
Paolo Formiconi, La protezione e la difesa contraerea del regime fascista: evoluzione istituzionale
Nicola Labanca, L’esercito e la contraerea (1940-1943)
Mariano Gabriele, La marina e i bombardamenti
Eric Lehmann, Il fallimento dell’aereonautica italiana
Elena Cortesi, Il «primo sfollamento» (maggio 1940-ottobre 1942)
Marta Nezzo, La protezione delle città d’arte
Terza parte: Vivere e morire sotto le bombe
Marco Fincardi, Gli italiani e l’attesa di un bombardamento della capitale (1940-1943)
Anna Scattigno, Il clero in Toscana durante il passaggio del fronte. Diari e cronache parrocchiali
Michela Ponzani, Bersagli strategici. Livorno e la memoria dei bombardamenti sul porto (1943-1945)
Gabriella Gribaudi, Tra discorsi pubblici e memorie private. Alcune riflessioni sui bombardamenti e sulla loro legittimazione

 




Quaderni di Farestoria. 2014, n. 1

Indice del numero:

Prefazione di Roberto Barontini, p. 5.
Associazione Novecento (a cura di), Severino Ferrari – L’ombra dietro il sole, la lezione di Severino Ferrari, p. 9
Severino Ferrari – Il dramma interiore di un paziente illustre delle Ville Sbertoli, p. 13
Sergio Beragnoli – Discorso tenuto in Sala Maggiore agli studenti il 24 gennaio 2014, p. 21
Giorgio Ducceschi – Prunetta. In questo paese il Reno è bambino, p. 23
Matteo Grasso – Occupazione e Resistenza in Danimarca, 1940-1945, p. 25
Maurizio Lazzari – Il brusio delle città. Leggere a Pistoia il saggio di Giandomenico Amendola, p. 33
Marcello Lucarelli – 1944. Ricordi di un’estate di guerra, p. 37
Filippo Mazzoni – La memoria della deportazione nello studio e nell’opera di Andrea Devoto, p. 51
Paolo Nesti – Conservare la Memoria, p. 57
Marco Palla – Ricordo di Ivan Tognarini, p. 61