1

Villa Le Fontanelle

La villa, situata nella parte alta di Careggi, fu un luogo che i tedeschi non violarono e gli Alleati salvaguardarono dai bombardamenti in quanto si trattava di una zona di extraterritorialità. Era la residenza dei marchesi Serlupi Crescenzi. Il critico d’arte di origine ebrea Bernard Berenson, dopo una visita alla villa, decise di rimanere ospite dei Serlupi per sfuggire alle persecuzioni tedesche, si trattenne per un anno.

L’unico evento drammatico che coinvolse la villa avvenne nel pomeriggio del 31 agosto 1944 nel giardino antistante. Sei paracadutisti della retroguardia tedesca trovandosi all’esterno della villa per cucinare un coniglio vengono ostacolati dalla pattuglia liberale di Aristo Ciruzzi, tre tedeschi vengono arrestati, uno muore e due restano feriti.




Teatro della Pergola

La mattina del 31 gennaio 1944  alle ore 11 al il Teatro la Pergola avvenne un attentato ad opera di un Gruppo di Azione Patriottica (GAP) composto da quattro persone tra cui una donna. Il teatro era pieno di fascisti e cittadini riuniti in una cerimonia pubblica per ascoltare le parole di commemorazione di Gino Meschiari sui “martiri delle foibe istriane”. Durante la cerimonia esplode una bomba all’interno del teatro ferendo alcuni fascisti e seminando paura. Tra gennaio e febbraio si susseguirono molti attentati ad opera di gappisti che misero in stato d’allarme e difficoltà i fascisti.




Stazione di Santa Maria Novella

Il 6 novembre 1943 i tedeschi fecero una grande razzia di ebrei e tre giorni dopo partì un convoglio carico di ebrei dalla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. In novembre avvenne il maggior prelievo di ebrei ad opera di tedeschi, oltre le 70 persone. Mese dopo mese le deportazioni si aggiravano sull’ordine di 30-40 civili al mese. Vi erano arresti per motivi razziali o per motivi politici, i primi erano deportati ad Auschwitz mentre i secondi a Mauthausen.

Dopo l’ordinanza del Repubblica Sociale Italiana (RSI) del 30 novembre gli arresti diventarono di competenza delle forze italiane. Gli scioperi del 3 e 4 marzo 1944 provocarono l’arresto di un gran numero di persone sulla base delle liste di scioperanti e sovversivi, ma anche delle retate effettuate in strada nella provincia di Firenze e Prato. Un nuovo convoglio con 328 persone arrestate partì dalla stazione di Santa Maria Novella l’8 marzo con destinazione Mauthausen.

 




Stazione di Montorsoli

In questa piccola stazione localizzata nei pressi di Sesto Fiorentino, è avvenuto un fatto della storia partigiana che l’ha resa celebre.

Il 4 aprile del 1944 i partigiani del monte Morello occuparono la stazione e assaltarono un treno di viaggiatori (n°2328) che sarebbe dovuto arrivare alle 19.20. Il treno trasportava molti pendolari, studenti e lavoratori che tornavano da Firenze ed erano diretti nel Mugello.

L’azione fu ordinata dal Comitato Toscano di Liberazione Nazionale per bloccare una o più vetture che erano in coda al treno, cariche di militi repubblichini e militari tedeschi. Le vetture erano, con molta probabilità, indirizzate a compiere un rastrellamento anti-partigiano nella zona di Marradi.

Appena arrivò il treno in stazione fu assaltato dai partigiani. I tedeschi si difesero fino a quando non riuscirono a far ripartire il convoglio. Con questa azione i partigiani dimostrarono che le truppe tedesche potevano essere affrontate e il movimento acquisì più solidità rispetto alla fase iniziale.

Durante l’operazione tre partigiani, Carlo Carmonini, Dino Ciolli, Mario Lazzerini, vennero uccisi ed altri feriti.

Sulla parete esterna della stazione vi è una lastra commemorativa a ricordo dei partigiani caduti datata 25 aprile 1973.




Porta Romana

Il 4 agosto del 1944, durante i giorni della liberazione, alle 5 del mattino da Porta Romana arrivò la prima pattuglia degli Alleati. Il popolo entusiasta scese in strada ad accoglierli seguendoli lungo il cammino. Le truppe seguitarono ad entrare in città una dopo l’altra fino a sera. Nello stesso giorno dal rione d’Oltrarno della Colonna arrivò la Brigata Sinigaglia, la Divisione “Arno” guidata da Potente e la brigata Lanciotto.




Ponte Vecchio

Nell’agosto del 1944 il Comando nazista decise di distruggere i cinque ponti di Firenze (Ponte alle Grazie, Ponte alla Carraia, Ponte Santa Trinità, Ponte San Niccolò e Ponte alla Vittoria). Tale azione aveva lo scopo di sfruttare il corso dell’Arno quale trincea naturale per rallentare l’avanzata degli Alleati e acquisire il tempo necessario al completamento dei lavori della Linea Gotica, la grande linea di difesa a nord. L’“Operazione Feuerzauber” (“incantesimo di fuoco”) si attuò tra la notte del 3 e 4 agosto del 1944: ad uno ad uno tutti i ponti furono abbattuti. Durante l’operazione fu vietato ai cittadini di uscire dalle case; alcuni partigiani tentarono di disinnescare le mine poste sotto i ponti ma non ci riuscirono.

Tra tutti i ponti Hitler decise di salvare il Ponte Vecchio, il preferito e «il più artistico», come lui stesso dichiara. Questa non fu certo la motivazione primaria ma resta il fatto che dell’antico ponte ne fu solo sbarrato l’accesso con le macerie raccolte dagli edifici adiacenti, rasi al suolo su entrambe le sponde: sia dal lato di Por Santa Maria che, in Oltrarno, via Bardi, via Guicciardini e Borgo San Jacopo. Alcuni giorni prima il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale aveva denunciato l’intenzione di distruggere i ponti, nonostante Firenze fosse stata dichiarata “Città aperta” ovvero zona neutrale e città da salvaguardare per l’inestimabile valore storico-artistico.

Gli Alleati il 12 agosto del 1944 passarono da Ponte Vecchio per arrivare al cuore del centro cittadino. Utilizzarono anche altri collegamenti tra le due rive: il Corridoio Vasariano e il ponte Bailey, costruito sulle rovine del Ponte Santa Trinita.




Piazza Santo Spirito

L’abitazione di Fosco Frizzi, uno dei principali esponenti del movimento clandestino comunista e redattore del giornale “Azione Comunista”, situata in piazza Santo Spirito, è stata per anni un luogo di ritrovo segreto per comunisti dove si svolgevano attività, discussioni e scambio di idee.

Il 25 luglio 1943 nell’abitazione venne presa la decisione di convocare una riunione il mattino seguente per coordinare l’azione e lanciare un appello alla popolazione.

La sera dell’8 agosto 1944 un gruppo di partigiani delle brigate Lanciotto e Sinigaglia si ritrovò nel cortile del convento di Santo Spirito al fine di programmare per il giorno seguente il piano anti-cecchini elaborato dal comandante Potente (Aligi Barducci). Quest’ultimo, presente nel rifugio dei partigiani insieme agli Alleati inglesi, venne ferito da una granata sparata da oltre il fiume dalle forze tedesche e morì poco dopo nell’ospedale di Greve in Chianti. Insieme a Potente persero la vita anche altre cinque persone tra cui il partigiano Mario Santini.

Il comando della Divisione d’assalto Garibaldi «Arno», che riuniva tutte le forse partigiane della zona comprendendo la Brigata Lanciotto, la Brigata Caiani, la Alessandro Sinigaglia – 22 Bis e la Bruno Fanciullacci, prese il nome di “Divisione Potente” il 9 agosto 1944. Aligi Barducci fu un uomo di grande umanità e coraggio, ammirato da tutti i partigiani, meritevole di aver introdotto la discussione, la politica e la lettura all’interno del gruppo.

Le operazioni per la liberazione di Firenze proseguirono con l’aiuto degli Alleati provenienti dal lato sud della città e si protrassero fino al 2 settembre 1944.




Palazzo Pitti

Alle ore 15 del 29 luglio del 1944 la popolazione che abitava sulle rive del fiume Arno abbandonarono le proprie case a seguito di un ordine di evacuazione del comando tedesco.

Gli Alleati stavano arrivando da sud per liberare la città. Il manifesto affisso pubblicamente dai tedeschi riportava la seguente e falsa motivazione: «al fine di prevenire eventuali attentati ai ponti sull’Arno». Un folla di donne, bambini, giovani e anziani furono strappati dalle proprie case e si trovarono in strada pieni di paura, carichi di bagagli e affetti personali. Il comune offrì, oltre ad una serie di locali pubblici che disponeva (scuole, caserme, circoli), anche il magnifico Palazzo Pitti, reggia medicea che accolse una parte dei 50.000 sfollati.

Le sale, gli scaloni ed ogni angolo disponibile fu riempito dagli sfollati. Le condizioni igieniche erano precarie, piatti, pentole e letti di fortuna adagiati ovunque, carretti attraversavano il palazzo trasportando viveri e indumenti: la reggia era diventata un accampamento.