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Officine Galileo

Presso le Officine Galileo, storico stabilimento operaio nel Viale Morgagni n. 19, iniziò lo sciopero dei lavoratori il 3 marzo 1944 su ordine del Comitato d’agitazione diretto da Mario Fabiani, Alfredo Mazzoni e Leo Negro, a cui si associarono Pignone, Officine del Gas e il giorno seguente diversi stabilimenti minori.

Come nella Manifattura Tabacchi intervenne il prefetto Manganiello a reprimere lo sciopero, accompagnato questa volta dal colonnello Kunowski. Lo sciopero fu organizzato dal Partito Comunista e predisposto su scala nazionale per il mese di marzo; il Partito d‘Azione collaborò solo parzialmente perché proprio in quei giorni era stato colpito da una serie di arresti.

I lavoratori di molte fabbriche con coraggio e determinazione chiesero di non lavorare più a quelle scarse condizioni salariali e per i nemici della patria, inoltre cercarono di salvare i macchinari dalle requisizioni e gli stabilimenti dalla distruzione dei tedeschi. Dopo l’arresto di una decina di operai il comandante tedesco della città ordinò di riprendere il lavoro e per punizione prolungarlo fino alle ore 20.

 




Vie di “Caduti della Resistenza”: Valerio Bartolozzi, Alessandro Sinigaglia, Elio Chianesi

Piazza Vittorio Veneto

In questa piazza venne ucciso il primo partigiano della Resistenza fiorentina: Valerio Bartolozzi. Il 9 settembre 1943 a seguito dell’armistizio, il giovane ventenne Bartolozzi insieme ad altri ragazzi stava distribuendo volantini comunisti a favore della costituzione di forse armate contro l’invasione tedesca. In questa occasione venne ucciso inspiegabilmente da un sottotenente del 7° reggimento che stava passando per la piazza. Subito si scagliarono contro di lui i cittadini testimoni.

Via dei Pandolfini

In questa strada morì uno dei più valorosi combattenti della Resistenza, Alessandro Sinigaglia detto Vittorio. Pioniere del movimento partigiano, uomo coraggioso e forte, dal 1928 ricercato dalla polizia perché ritenuto uno dei maggiori esponenti del comunismo.

La sera del 13 febbraio del 1944 Sinigaglia si recò imprudentemente nella trattoria di Innocenti Francesco in via Matteo Palmieri, dove andava spesso nonostante i ripetuti avvertimenti dei compagni; qui incontra Natale Cardini e Valerio Menichetti i componenti della banda Carità, il gruppo più sanguinario degli squadristi fascisti. Appena se ne accorse si affrettò ad uscire, ma fuori, a poca distanza, si appostarono un gruppo di tedeschi che lo colpirono a morte.

Per ricordare la sua valorosa azione una brigata partigiana prenderà il suo nome: la Brigata Sinigaglia.

Alessandro Sinigaglia fu insignito della Medaglia d’argento al valor militare.

Via dei Pilastri

In via dei Pilastri aveva sede una forza armata fascista, la caserma della Guarda Nazionale Repubblicana (GNR) e qui il 13 luglio 1944 fu ferito gravemente Elio Chianesi capo dei gappisti. L’episodio fu causato da alcuni agenti della SD (Servizio di Sicurezza), il servizio segreto tedesco delle SS (Squadre di Protezione), che fecero irruzione nella sua casa in via di Mezzo cercando di catturarlo. Chianesi fuggì abilmente riuscendo anche a nascondere una valigia piena di documenti importanti e le armi che teneva in casa. Fuggendo dalla casa incappò in un gruppo di militi in via dei Pilastri che lo ferirono gravemente.

Fu portato all’ospedale di Santa Maria Novella dove lo raggiunse subito la moglie. Chianesi poco prima di morire ebbe la forza di sorridere appena seppe che la moglie aveva messo al sicuro le armi, la valigia e così il nome dei suoi compagni.

 




Le botteghe dei parrucchieri

Il salone del parrucchiere Ferdinando Pretini, in via de’ Tornabuoni, era frequentato dalle compagne dei fascisti ma, dietro al suo nome, vi era un patriota azionista di nome Penna, che costituì un organizzazione a favore di prigionieri alleati evasi da campi di concentramento. Venne scoperto e arrestato il 24 novembre 1943 e condotto nelle cantine di villa Triste in via bolognese, dove incontrò compagni orribilmente torturati e subì anche lui simili sorti.

Un secondo parrucchiere fu Rocco Caraviello che aveva i locali in via fra’ Bartolomeo e da giovane era scampato come comunista alle persecuzioni dei fascisti. Anch’egli però non cambiò bandiera e adibì il proprio negozio a luogo di collegamenti clandestini. Il 19 giugno 1944 all’uscita di una riunione di partigiani venne ucciso da alcuni militi tedeschi; i suoi compagni vennero arrestati e condotti a villa Triste.




Il Conventino

Ex convento situato nel cuore del quartiere popolare di San Frediano, in via Giano della Bella n°12, in cui si trovavano i laboratori di artigiani ed artisti antifascisti. Questo luogo venne frequentato anche da alcuni militanti antifascisti, quali i comunisti Montelatici Otello e Censimenti Giotto. E‘ qui che Aligi Barducci, comandante della divisione Arno, instaurò i primi contatti con Gino Varlecchi inserendosi poi nella Resistenza partigiana. Durante la lotta armata il Conventino divenne quindi luogo di ritrovo e sede del Comitato di Liberazione Nazionale, deposito di armi e domicilio di una radio clandestina.




Uffici Dall’Oppio

Gli uffici commerciali del socialista Natale Dall’Oppio, in via della Condotta n. 8, furono sede dell’ultima riunione clandestina del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN), che si tenne per ben quattro giorni dall’8 all’11 agosto grazie alla disponibilità e agli aiuti alimentari di Dall’Oppio. In questa seduta vennero designati i dirigenti che dovevano affiancare il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale nel governo della città e venne definito l’assetto del Comando, inoltre si provvide ad organizzare le staffette partigiane e ad accogliere i membri del comando Marte. Di fatto durante la lotta si considerava, senza aver proceduto a nessuna elezione, Lombardi come segretario ed Enriques Agnoletti come presidente, adesso però si fece avanti la necessità di scegliere le cariche.

Precedentemente il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale mancando di una propria sede si era insediato nello stesso edificio del comando militare del Partito d’Azione in via Roma. L’11 agosto il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale dà l’ordine di far partire la rivolta contro i tedeschi. Alle 6:45 la Martinella di Palazzo Vecchio cominciò a suonare: questo fu il segnale che diede il via all’insurrezione.




I luoghi della Resistenza e della guerra civile a Pistoia

Si avvicina il 25 aprile e, con questa data, si avvicinano anche le rievocazioni storiche della Resistenza e della Liberazione. Tuttavia, a Pistoia come nel resto d’Italia, ci sono luoghi che più di altri ci permettono di ricordare la Resistenza tutti i giorni. Qui di seguito ne riportiamo tre: per un elenco più dettagliato, si rimanda al volumetto Sulle tracce della memoria pubblicato dall’I.S.R.Pt nel 2015.

Piazza San Lorenzo

Piazza San Lorenzo è il luogo dove, il 12 settembre 1943, ebbe luogo una delle prime esecuzioni di civili da parte delle truppe tedesche in Toscana. Il pretesto fu dato dagli eventi della caserma Marini, abbandonata dalle truppe italiane e perlustrata da alcune persone del quartiere San Marco in cerca di cibo e suppellettili. Le truppe tedesche, dopo aver compiuto un vero e proprio raid, arrestarono Alfio Puglia, Gino Puglia (padre del primo, catturato dopo esser andato a cercare il figlio), Ivo Bovani, Dino Chiti, Lino Lotti e Maria Tasselli (sostituitasi alla figlia incinta) e li uccisero allineandoli davanti al muro della chiesa.

Piazzetta degli Umiliati e Corso Gramsci

La stazione e il Campo di Volo erano gli obiettivi del bombardamento alleato. Ma nell’oscurità della notte la scarsa visibilità portò i bombardieri alleati a sbagliare obiettivo e a colpire Corso Gramsci e Piazzetta degli Umiliati, dove la maggior parte della popolazione stava dormendo. Ancora non si conosce con precisione il numero delle vittime del bombardamento della notte del 24 ottobre 1943, 144 secondo le più recenti ricostruzioni. I danni furono ingenti anche all’architettura e all’edilizia: furono colpite la chiesa di San Domenico e l’intero Corso Gramsci fu sventrato. La paura dei bombardamenti spinse nei giorni successivi la maggior parte dei pistoiesi a rifugiarsi nelle campagne, lasciando la città semideserta fino alla ritirata dei tedeschi.

Fortezza Santa Barbara

Dare alla cittadinanza e agli altri renitenti una lezione esemplare era lo scopo dei nazi-fascisti quando il 31 marzo 1944 i ventenni Alvaro Boccardi, Aldo Calugi, Lando Vinicio Giusfredi e Valoris Poli furono uccisi da uno squadrista di Larciano (Pistoia). Erano stati scovati il giorno prima nei loro rifugi dalle truppe d’occupazione e condannati per non aver risposto al bando di reclutamento della RSI. Nelle tasche di Valoris Poli il fratello trovò un biglietto: “mamma, fatti coraggio, si vede che avevo questo destino addosso. Prega per me; sarò vendicato. Se ci saranno i funerali venite ad accompagnarmi perché sono innocente e muoio con onore”.

 

 




I “luoghi dei GAP”

Piazza Santa Maria Novella

L’11 luglio 1944 venne ucciso il luogotenente spia Valerio Volpini, componente della banda Bernasconi, da Bruno Fanciullacci ed Elio Chianesi in piazza Santa Maria Novella. Si tratta dell’ultima azione realizzata dai gappisti, infatti l’organizzazione fu sciolta alcuni giorni dopo. Sembra che Volpini fu però colpito per sbaglio dato che l’obiettivo era il maresciallo delle squadre armate S.S. (Schutzstaffel o squadre di protezione) italiane, Giuseppe Bernasconi, successore di Carità, che aveva fissato il quartier generale nell’albergo Nazionale situato nella piazza. Un mese dopo, l’11 agosto, vennero fucilati alcuni giovani franchi-tiratori sul sagrato della chiesa di Santa Maria Novella. Gli stessi vennero prima processati dal comando della divisione Potente in una sala dell’Hotel Baglioni. L’episodio fu narrato anche da Curzio Malaparte nel racconto intitolato “Il Processo” dove il narratore si finge testimone oculare.

 

Abitazione Gobbi

Indirizzo: via Pagnini n°23

Nel settore militare il tenente colonnello Gino Gobbi comandante del Distretto Militare cercò di organizzare un esercito di giovani che fosse affiancabile al nuovo Stato Repubblicano Fascista. Tra il 1943 e il 1944 l’ufficio leva chiamò i cittadini alle armi ma solo una minima parte si presentò per arruolarsi.

Il piano di Gobbi fu ostacolato dai gappisti che lo uccisero il 1 dicembre 1943 presso la sua abitazione in via Pagnini. Questa inaspettata azione venne vendicata dal comando di Manganiello e Carità il giorno seguente, con un rappresaglia al Poligono delle Cascine, durante la quale vennero fucilati alcuni detenuti politici tra cui Luigi Pugi, Orlando Storai, Gino Manetti, Oreste Ristori e Armando Gualtieri.

 

Carcere Santa Verdiana

Indirizzo: via dell’agnolo

 

La casa di Rosai

Indirizzo: via dei Benci

Il pittore Ottone Rosai fu amico di alti gerarchi fascisti e fu uno squadrista accanito, ma durante la lotta clandestina diede rifugio a valorosi partigiani. Con l‘avanzare delle truppe tedesche decise di trasferirsi dalla campagna, sulla collina del Belvedere, alla città, in via dei Benci, pensando di mettersi al sicuro. Nella sua casa trovarono rifugio alcuni partigiani tra cui Enzo Faraoni, in seguito ad alcune ferite riportate durante un esplosione il 12 giugno 1944. Faraoni nel nascondiglio conobbe il capitano tedesco divenuto gappista Alexander Schliemann e Bruno Fanciullacci con i quali pianificò di liberare la gappista Tosca Bucarelli dal carcere.

 

 




Le “sedi” del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale

Uffici di Dall’Oppio

Indirizzo: via della Condotta n°8

Gli uffici commerciali del socialista Natale Dall’Oppio furono sede dell’ultima riunione clandestina del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN), che si tenne per ben quattro giorni dall’8 all’11 agosto grazie alla disponibilità e agli aiuti alimentari di Dall’Oppio. In questa seduta vennero designati i dirigenti che dovevano affiancare il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale nel governo della città e venne definito l’assetto del Comando, inoltre si provvide ad organizzare le staffette partigiane e ad accogliere i membri del comando Marte. Di fatto durante la lotta si considerava, senza aver proceduto a nessuna elezione, Lombardi come segretario ed Enriques Agnoletti come presidente, adesso però si fece avanti la necessità di scegliere le cariche.

Precedentemente il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale mancando di una propria sede si era insediato nello stesso edificio del comando militare del Partito d’Azione in via Roma. L’11 agosto il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale dà l’ordine di far partire la rivolta contro i tedeschi. Alle 6:45 la Martinella di Palazzo Vecchio cominciò a suonare: questo fu il segnale che diede il via all’insurrezione.

Il Conventino

Indirizzo: via Giano della Bella n°12

Ex convento situato nel cuore del quartiere popolare di San Frediano, in cui si trovavano i laboratori di artigiani ed artisti antifascisti. Questo luogo venne frequentato anche da alcuni militanti antifascisti, quali i comunisti Montelatici Otello e Censimenti Giotto. É qui che Aligi Barducci, comandante della divisione Arno, instaurò i primi contatti con Gino Varlecchi inserendosi poi nella Resistenza partigiana. Durante la lotta armata il Conventino divenne quindi luogo di ritrovo e sede del Comitato di Liberazione Nazionale, deposito di armi e domicilio di una radio clandestina.

Palazzo Vecchio

Indirizzo: Piazza della Signoria

La mattina dell’11 agosto 1944 il palazzo venne occupato dal Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) e da tutti i partiti che rappresentava; a loro si aggiunse la Giunta comunale presidiata dal Sindaco socialista Gaetano Pieraccini. Gli Alleati pensarono di sostituire Pieraccini con il nobile fiorentino Paolo Guicciardini ma il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale si oppose fermamente all’atto di restituire potere alle caste. Il Governo Militare Alleato (GML) dovette ritirare molte decisioni che trovavano l’ostacolo di partigiani e cittadini.

Palazzo Medici Riccardi

Indirizzo: via Camillo Cavour n°3

 L’11 agosto del 1944 il Comitato di Liberazione Nazionale si stabilì in Palazzo Medici Riccardi sancendo così un fatto memorabile, l’inizio della liberazione di Firenze. I momenti di violenza non finirono qui però, infatti già il 15 agosto un carro armato tedesco colpì il palazzo ferendo i patrioti comunisti Sergio Castagnoli, Mario Fortini e Carlo Landi.

Altri organismi del partigianato si insediarono in Palazzo Medici l’11 agosto: il Comando Militare, il Commissario Politico, il Consiglio provinciale dell’economia, il Commissario del Trasporti e la Deputazione provinciale.