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I Palazzi della Repubblica Sociale Italiana a Firenze

Palazzo Vecchio

Il palazzo, sede municipale, con la caduta del fascismo vide salire al potere l’ultimo podestà, Giotto Dainelli, che prese il posto di Paolo Venerosi Pesciolini. Durante l’ultima fase dell’occupazione fascista il palazzo divenne luogo di stoccaggio di oggetti sequestrati e razziati in varie parti della città.

Alcuni vigili urbani posti al controllo del palazzo divennero preziosi collaboratori del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN), durante l’ultima fase di lotta contro i tedeschi, tra luglio e agosto del 1944. A loro si rivolsero Francesco Berti (Presidente della delegazione Oltrarno) e tre emissari del Comitato che stavano organizzando l’insurrezione dell’11 agosto con gli Alleati per liberare la città. Il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale diede l’ordine di far partire la rivolta contro i tedeschi. Alle 6:45 la Martinella di Palazzo vecchio cominciò a suonare: questo fu il segnale che diede il via all’insurrezione.

La mattina dell’11 agosto il palazzo venne occupato dal  Comitato Toscano di Liberazione Nazionale e da tutti i partiti che rappresentava; a loro si aggiunse la Giunta comunale presidiata dal Sindaco socialista Gaetano Pieraccini. Gli Alleati pensarono di sostituire Pieraccini con il nobile fiorentino Paolo Guicciardini ma il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale si oppose fermamente all’atto di restituire potere alle caste. Il Governo Militare Alleato (GML) dovette ritirare molte decisioni che trovarono l’ostacolo di partigiani e cittadini.

Al Palazzo tutt’oggi è collegato il Corridoio Vasariano che conduce alla Galleria degli Uffizi. Un passaggio che i tedeschi non riuscirono a individuare e neppure a controllare, mentre i partigiani lo utilizzarono per  sfuggire alle pattuglie sui lungarni e per comunicare con il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale dell’Oltrarno.

Palazzo Medici Riccardi

Sede della Prefettura di Firenze, Palazzo Medici Riccardi durante l’occupazione tedesca divenne luogo del potere del Partito Fascista Repubblicano. Infatti il 1 ottobre 1943 fu nominato capo della provincia di Firenze lo squadrista Raffaele Manganiello, il quale oltre ad arrestare alcune vecchie nobildonne rubò soldi alla Prefettura prima di lasciare il suo ruolo.

Manganiello venne sostituito il 23 luglio 1944 da personalità non molto compromesse con il regime come il viceprefetto Gino Gigli che instaurò rapporti di collaborazione con il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale. In questo modo il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale si potè insediare a poco a poco nell’amministrazione cittadina.

L’11 agosto del 1944 il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale si stabilì in Palazzo Medici Riccardi sancendo così un fatto memorabile, l’inizio della liberazione di Firenze. I momenti di violenza non finirono qui però, infatti, già il 15 agosto un carro armato tedesco colpì il palazzo ferendo  i patrioti comunisti Sergio Castagnoli, Mario Fortini e Carlo Landi.

Altri organismi del partigianato si insediarono in Palazzo Medici l’11 agosto: il Comando Militare, il Commissario Politico, il Consiglio provinciale dell’economia, il Commissario del Trasporti e la Deputazione provinciale.

 Palazzo Buotorline

Indirizzo: via dei Servi n° 15

Il palazzo Montauti-Niccolini in Via dei Servi, durante l’Ottocento proprietà del bibliofilo russo Dmitrij Boutourline, divenne la sede della Casa del Fascio, federazione provinciale del Partito Fascista Repubblicano. La carica venne assunta da Onorio Onori, fondatore della squadra fascista “La disperata” e poi dal moderato Gino Meschiari. Il 4 aprile 1944 subentrò Fortunato Polvani colui che si avvicinò al Comitato Toscano di Liberazione Nazionale cercando trattative per un trapasso pacifico dei poteri, salvaguardando la vita ad alcuni tedeschi in cambio del rilascio dei prigionieri. Queste trattative non vennero accettate dal Comitato Toscano di Liberazione Nazionale.

La Questura

Indirizzo: via Zara n°2

Articolo: Il 3 agosto 1944 alcuni membri del Comitato di Liberazione Nazionale si insediarono nel Palazzo della Questura, tenendo in ostaggio la famiglia del questore fascista Giuseppe Manna in cambio di informazioni e ubbidienza ai loro comandi. Manna fu questore di Firenze nel periodo della Repubblica Sociale Italiana (RSI), lo Stato guidato da Benito Mussolini, ma non infierì molto sugli antifascisti al contrario del predecessore Edmondo Zanti, che era stato collaboratore del sanguinario squadrista Mario Carità. Gli antifascisti del resto fin dall’8 settembre intrattennero rapporti con molti enti pubblici che non volevano compromettersi troppo con il fascismo, come con il vice questore antifascista Virgilio Soldani Bensi.

Una volta instauratosi nella Questura, il gruppo del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, iniziò a far arrestare i fascisti già prima della data prevista della liberazione. Dall’11 agosto 1944 aumentarono il numero dei prigionieri fascisti che si costituirono alla Commissione di controllo per salvarsi dall’esecuz

I tetti

Il tetto era un luogo molto usato dai franchi-tiratori per gli agguati, per la facilità degli spostamenti su terrazzi e abbaini, e per il passaggio da una casa all’altra. Spie e cecchini, tra i quali vi si poteva trovare anche adolescenti, innescavano delle sanguinose battaglie procurando numerose vittime dell’una o dell’altra fazione. Il pittore Bruno Becchì venne ucciso mentre da un abbaino cercava di un fermare un franco-tiratore che puntava il bersaglio su un gruppo di patrioti in via Laura. Il tenente Ugo Foli comandante del Battaglione della Libertà, insieme a Paolo Galizia, dal tetto di un liceo scientifico in via Masaccio, tentarono di colpire un gruppo di cecchini posti in piazza Savonarola ma vennero subito uccisi dai franco-tiratori.

 




Le Murate e Santa Verdiana

Carcere Murate

Indirizzo: via Ghibellina

Il carcere giudiziario delle Murate di Firenze durante la Resistenza detenne alcuni antifascisti. Qui si trovavano i fiorentini condannati a pene minori mentre i dirigenti sottoposti a pene più lunghe venivano trasferiti in penitenziari più lontani.

La sera del 25 luglio 1943, il giorno della caduta di Mussolini, un gruppo di dimostranti guidato da Giulio Montelatici, Fosco Frizzi, Romeo Baracchi si ritrovò presso il carcere di via Ghibellina per chiedere il rilascio dei detenuti. Per le strade non si presentò nessun ostacolo e nessun tedesco a contrastare la folla. Il portone del carcere però restò chiuso con le sentinelle asserragliate all’interno.

Numerose manifestazioni che si tennero in molte città italiane portarono il generale Badoglio a liberare dalle carceri tutti i detenuti politici escluso gli anarchici. Nonostante questo le repressioni delle manifestazioni popolari non si fermarono e il conte Alfonso Gaetani continuò ad arrestarne altri.

Successivamente i carcerati e i confinati politici si riunirono nuovamente ai partiti antifascisti i quali iniziarono a strutturarsi in modo organico, nonostante il divieto badogliano.

Carcere Santa Verdiana

Indirizzo: via dell’Agnolo

Il carcere di Santa Verdiana era un carcere femminile di detenute politiche. Le donne erano sottoposte a sevizie, intimidazioni, altrimenti condotte nei lagher o fucilate.

Tra queste vi fu Ginevra degli Innocenti, arrestata nel marzo del 1921 con l‘accusa di aver partecipato all’assalto di un camion di marinai ad Empoli, la quale morì in carcere per le sevizie subite ed Anna Maria Enriques Agnoletti, fucilata il 12 giugno 1944 perchè collegata al servizio informazioni organizzato a Roma dal servizio cristiano-sociale.

Un altra sorte toccò invece a Tosca Bucarelli del Gruppo Azione Patriottica (GAP), arrestata l‘8 febbraio 1944 per aver tentato di collocare un ordigno nel bar Paskowski, dove il giorno prima i tedeschi avevano seviziato un negro.

Considerata la valorosa azione della Bucarelli, che con la resistenza alle torture aveva evitato di compromettere l’organizzazione, i gappisti si mobilitarono per liberarla. L’azione fu fatta il 9 luglio 1944: Elio Chianesi e Bruno Fanciullacci vestiti da militi fascisti si presentarono alle carceri di Santa Verdiana e pretesero su richiesta di Tosca la consegna di 17 donne. In questa occasione vennero liberate Tosca Bucarelli e Andreina Morandi.

 

 




La sede dei Sindacati fascisti fiorentini durante la RSI

Il palazzo del sindacato fascista era situato in Lungarno Guicciardini. Il sindacato, sotto le autorità tedesche, lavorava per l’organizzazione Todt, creata da Fritz Todt, la quale reclutava mano d’opera locale per la costruzione di strade, ponti e opere di comunicazione. Il palazzo più che un sindacato era un istituzione che raccoglieva gli schedari su cui vi erano registrati i lavoratori della provincia. Vi erano inoltre presenti elenchi dei lavoratori che avevano aderito agli scioperi o erano destinati al lavoro forzato anche in Germania.

Per questi motivi intervennero i Gruppi di Azione Patriottica (GAP): alle ore 21 del 14 marzo 1944 i gappisti irruppero all’interno del palazzo e collocarono cinque ordigni, uno in ciascun ufficio, che scoppiarono in serie ad una frequenza di 5 minuti. In questo modo ostacolarono qualsiasi azione offensiva da parte dei tedeschi distruggendo gli schedari e i locali adibiti alla loro conservazione.




Hotel Cavour

Le ragazze della Gioventù Italiana del Littorio all’Estero erano alloggiate all’interno dell’albergo Cavour, con l’avvicinarsi delle truppe anglo-americane furono invitate dalle autorità fasciste a sfollare a nord dell’Italia. Le giovani decisero al contrario di non lasciare Firenze per approfittare dell’evento e sfuggire all’oppressione fascista e tedesca. La mattina del 6 luglio 1944 i militi repubblicani circondarono l’hotel costringendo con la forza le giovani ad uscire. Molte riuscirono a fuggire attraverso i tetti e a rifugiarsi nei conventi della città.




Gli Ospedali fiorentini tra guerra, occupazione e Resistenza

Ospedale di Careggi

Indirizzo: Largo Brambilla n°3

Nel agosto del 1944 l’ospedale di Careggi vide triplicare il numero di 1500 degenti, con l’arrivo di perseguitati e gruppi di partigiani che vennero rifugiati nei sotterranei. Il recinto dell’ospedale era sorvegliato dai tedeschi e poteva essere oltrepassato solo dai medici. Presto però venne scoperta una via sotterranea di fuga, il percorso delle fogne che conduceva in Piazza Dalmazia. Alcuni tedeschi scoprirono questo passaggio segreto e con una mina gettata in un tombino riuscirono a catturare i feriti portati all’ospedale: si tratta di Gino Coli e Ugo Ferri che vennero fucilati il 27 agosto 1944.

Il 20 agosto l’ospedale venne colpito da un cannone tedesco riportando almeno 12 morti. Il 24 agosto una cannonata lanciata dagli Alleati distrusse i depositi idrici e causò cosi tanti feriti da dover richiedere l’invio di ambulanze della Croce Rossa delle forze alleate.

Ospedale militare via San Gallo

Indirizzo: via San Gallo n°112

Nell’ospedale militare di via San Gallo venivano ricoverati combattenti con gravi ferite e la maggior parte non riusciva a salvarsi. L’ospedale era collegato attraverso alcuni cortili interni a piazza Ciano, luogo presidiato dai franchi-tiratori tedeschi. Durante un pattugliamento il 17 agosto 1944 il comandante delle polizia inglese Taylor e Jannaccone, il tenente dei Carabinieri, vennero feriti da un arma da fuoco proveniente dalla piazza. Lo stesso giorno il comandante della brigata Lanciotto ordinò di far esplodere un ordigno nel passaggio sotterraneo che attraversava piazza Ciano, ritenendolo la causa dei numerosi scontri. L’azione eseguita da tre partigiani provocò più tardi un contrattacco tedesco. Infatti venne lanciata un granata sull’ospedale militare che sfondò il tetto di una camerata ferendo due partigiani ricoverati.

Ospedale via Giusti

Ospedalino Meyer

Indirizzo: via Luca Giordano

L’ospedale Meyer era una clinica pediatrica posta nelle vicinanze della stazione di Campo di Marte, una zona frequentemente colpita da violenze durante l’occupazione nazista. Considerato i pericoli in cui poteva trovarsi la struttura, venne deciso di spostare i bambini ricoverati in un luogo più sicuro, nella zona di Maiano. Il trasferimento avvenne in modo rapido e senza portare tutto l’occorrente per svolgere le operazioni mediche. I degenti del reparto Infettivi vennero trasferiti nella villa “Il Garofalo” in via della Piazzuola, che era provvista di rifugio anti-aereo, mentre gli altri nella villa Bencistà a Fiesole. I piccoli degenti dovettero attendere la fine di Agosto, un pò meno quelli del reparto Infettivo, per vedere i rifornimenti di viveri e medicinali portati dalle brigate partigiane.

Nella villa “Il Garofalo” un bombardamento tedesco che colpì il rifugio causò la morte di alcuni dipendenti dell’ospedale e di alcune madri dei bambini.

 Ospedale Camerata

Indirizzo: via della Piazzuola n°68 e viale San Domenico

Durante l’occupazione nazista l’ospedale Camerata, situato nella zona di Fiesole, ospitava 102 degenti ma era anche luogo di postazione dei tedeschi che da lì cercavano di ostacolare i partigiani in cammino per Fiesole. L’ospedale esaurì presto i medicinali perciò tentò di recuperarli dall’ospedale di Sant’Antonino, ma il tentativo venne impedito dai tedeschi. Verso il 20 agosto 1944 alcune pattuglie di partigiani riuscirono a portare qualche soccorso ai degenti. Il 25 agosto i tedeschi dell’ospedale di Camerata risultarono essersi spostati all’Istituto biologico Dessy, infatti nelle vicinanze vennero trovati alcuni soldati morti.

 




La Cripta dei caduti fascisti

Il 27 ottobre del 1934 per volontà di Mussolini nella cripta della Chiesa di Santa Croce vennero messi i corpi di trentasette «martiri» di Firenze, caduti per la causa fascista prima della marcia su Roma o in seguito alle ferite riportate negli scontri. Per questo motivo il luogo sacro assunse il nome di “cripta dei caduti fascisti”. Il 23 marzo del 1944 i gappisti fecero esplodere una bomba all’ingresso della cripta dei caduti fascisti, in piazza Santa Croce, durante un ricorrenza fascista.

Oggi nella cripta di Santa Croce si trova una lapide a ricordo dei trentasette caduti fascisti.




Prima sede del Comando Militare del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale

Il 2 novembre 1943 Mario Carità, grazie ad una spia, riuscì ad entrare in contatto con il colonnello Frassineti e a sequestrare dei documenti che gli permisero di arrestare l’intero Comitato militare del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN). Riuscirono a fuggire solo Sinigaglia e Medici Tornaquinci. Durante l’operazione che avvenne in via Masaccio n° 93, dove era solito riunirsi il comando, venne arrestato anche l’avv. Giancarlo Zoli. Gli arrestati vennero condotti da Carità nel quartier generale della Banda Carità in Via Benedetto Varchi n°22.

Ai primi di giugno del 1943 venne proposto dai comunisti di sostituire il Comitato militare con il Comando militare unico poi denominato Comando Marte. Il Comando fu formato dal comandante Nello Niccoli del Partito d’Azione, da Nereo Tommasi della Democrazia Cristiana, da Achille Mazzi del Partito Liberale Italiano (PLI), Luigi Gaiani del Partito Comunista Italiano (PCI) e infine Dino del Poggetto del Partito Socialista Italiano (PSI).

Si trattava di tutti i partiti che componevano il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale e se pur di ideologie diverse si trovarono uniti nella battaglia contro i tedeschi e i nazisti. Vennero divisi i compiti e gli incarichi, ogni formazione espose l’attività che svolgeva, gli impegni e gli armamenti che aveva, di cosa aveva bisogno, in denaro e in armi.

Indirizzo: via Masaccio n. 93




Casone dei ferrovieri

Il Casone dei Ferrovieri era un complesso di alloggi per i dipendenti delle Ferrovie in cui trovò forma l’organizzazione antifascista divenendo presto il nucleo delle organizzazioni clandestine partigiane della zona, il quartiere delle Cascine. L’edificio situato tra via Rinucci e via Paisiello si contrapponeva alla Manifattura Tabacchi occupata dai tedeschi e si distinse per un ottima fornitura di viveri, per un buon settore sanitario e per la formazione di una commissione dedita agli arresti di fascisti. Il settore militare era composto dalle Squadre di Azione Patriottica (SAP) ma dall’11 agosto 1944 venne rafforzato dal controllo delle brigate Lanciotto e Sinigaglia. I combattenti del Casone si trovarono al centro di diversi scontri dove persero la vita quattro membri: Enrico Rigacci caduto nel parco di Villa Demidoff, Alberto Casini, Luigi Svelto e Achille di Carlo. Presso l’ingresso del Casone si trova oggi una targa che ricorda i caduti.

Indirizzo: tra via Rinucci e via Paisiello.