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Museo e Biblioteca della Resistenza di Sansepolcro

Sedi e contatti
Indirizzo: Via Matteotti 10, 52037 Sansepolcro (Arezzo)
Telefono: 0575 742293
E-mail: resistenza.museo@libero.it
Sito web: https://www.memoranea.it/luoghi/toscana-ar-sansepolcro-museo-e-biblioteca-resistenza

Breve storia e finalità
Nell’estate del 1944, il territorio di Sansepolcro fu attraversato dalla Linea Gotica e coinvolto nel passaggio del fronte bellico.
Nel periodo che precedette la liberazione del paese, gran parte della popolazione fuggì verso le campagne per sottrarsi ai bombardamenti, mentre coloro che decisero di restare vennero lasciati dalle autorità civili e militari tedesche e fasciste, in balia di se stessi, senza nessun tipo di organizzazione della vita civile. Mentre i fascisti, già alla metà di giugno, erano fuggiti verso il nord, le truppe tedesche erano rimaste nei pressi della città per asportare tutto il materiale che poteva servire per il proseguimento della guerra.
Al vuoto lasciato dalle autorità militari e politiche cercò di far fronte il vescovo della città, Mons. Pompeo Ghezzi, che tentò di ridare un minimo di organizzazione alla vita civile e di ripristinare il funzionamento di alcuni servizi primari (prelevamento di acqua, forni per la produzione di pane, servizi medici e di sorveglianza per le case abbandonate). Nell’agosto del 1944, ancora prima dell’arrivo degli Alleati, le truppe tedesche lasciarono Sansepolcro che venne immediatamente occupata dalle truppe partigiane formatesi nei mesi precedenti, le cui fila erano state ingrossate dagli ex-prigionieri di guerra, in particolare jugoslavi, fuggiti dal vicino campo di Renicci. Con la presenza partigiana la situazione di vuoto di potere venne in parte colmata con la costituzione del CLN cittadino, che mantenne il controllo della città sino al 2 settembre, quando in paese entrarono le truppe alleate. A Sansepolcro vennero poi acquartierati dei soldati del corpo d’armata dell’esercito alleato guidato dal generale Władysław Anders, reduci dalla battaglia di Montecassino.
Il Museo e Biblioteca della Resistenza di Sansepolcro venne istituito nel 1976 per volere dell’Anpi, con lo scopo di ricordare i fatti legati alla Resistenza nel paese e il tragico passaggio del fronte. Tuttora risponde alla sua vocazione di divulgazione storico culturale dei valori della Resistenza, e di ricerca e conservazione della documentazione sull’Antifascismo, sulla Resistenza, sui campi di concentramento e sul confino durante il Regime fascista. Dopo il terremoto che ha colpito la regione Toscana nel 2001, la sede del museo è stata trasferita nel centro del paese, in Via Matteotti, all’interno di un edificio di proprietà comunale.

Patrimonio
All’interno dell’istituto è presente una mostra permanente intitolata “Perché Resistenza”, costituita da 40 quadri, ed è conservata una collezione di armi leggere della Seconda guerra mondiale, per lo più provenienti dallo Stabilimento Militare di Terni, varia oggettistica dell’epoca donata da privati cittadini e materiale proveniente dal Campo di internamento fascista di Renicci di cui un plastico riproduce la planimetria. Negli ultimi anni è stato acquisito un corpus documentario sul fenomeno concentrazionistico e sono stati avviati progetti di collaborazione con altri istituti impegnati nello studio dell’internamento. Sono infine presenti una nastroteca che raccoglie canti resistenziali e testimonianze, fotografie d’epoca e una raccolta di quadri sul tema della Resistenza. Annessa al museo è una piccola biblioteca, composta da circa 2500 volumi di storia locale, contemporanea e resistenziale, da una raccolta di documenti del periodo 1920-1945 e un’emeroteca che raccoglie serie complete di riviste del periodo fascista e postbellico.




Rete ecomuseale del Casentino

Breve storia e finalità della Rete ecomuseale del Casentino
L’Ecomuseo del Casentino è ubicato nella prima Valle dell’Arno, in Provincia di Arezzo. L’iniziativa è nata alla fine degli anni Novanta su iniziativa della Comunità Montana con finanziamenti comunitari e tramite il coinvolgimento diretto di alcune amministrazioni comunali. Dal maggio 2002, la gestione del progetto è passata al Servizio CRED (Centro Risorse educative e Didattiche) della Comunità Montana.
L’architettura generale del progetto con l’articolazione in sistemi e poli museali, che ritroviamo presso altre esperienze nella Regione, rappresenta una sorta di “modello toscano” nella definizione di sistemi museali a scala locale. L’Ecomuseo del Casentino, nella sua concezione originaria, è stato strutturato in sei sistemi (archeologico, civiltà castellana, acqua, bosco, agro pastorale, manifatturiero), attraverso i quali è possibile ripercorre la dinamica del rapporto uomo-ambiente nel tempo e nello spazio. Ogni sistema si articola attraverso una serie di “antenne” tematiche con specifici ruoli e caratteristiche che suggeriscono anche tempi, spazi e modalità di fruizione diversificate. Attualmente si sta abbandonando tale chiave di lettura tematica in favore di un’interpretazione focalizzata sulle differenze tipologiche che nel corso degli ultimi anni di gestione si sono andate delineando (musei, poli didattici, collezioni, ecomusei, ecc.).
Raccogliere, documentare, conservare, interpretare, mettere a confronto, comunicare, educare, sono alcune delle funzioni esplicitate dalle varie strutture, che, pur nella loro diversità, concorrono, tuttavia, al raggiungimento della medesima missione: la tutela e la salvaguardia del patrimonio territoriale nelle sue componenti ambientali, storico-culturali, produttive etnografiche.

Fra le varie strutture, si segnalano le seguenti – di particolare interesse storico-documentario:

a) Molin di Bucchio
Sedi e contatti
Indirizzo: Strada comunale Molino di Bucchio, Vallucciole, Stia (Arezzo)
Telefono: 0575 582680, 3381007610
E-mail: consultare il sito web (http://www.molindibucchio.it/)
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/molin-di-bucchio, http://www.molindibucchio.it/
Orari di apertura: informazioni e visite su richiesta

Organi direttivi
Gestito dalla Famiglia Bucchi

Molin di Bucchio è il primo mulino che si incontra nel fiume Arno. Sin dal Medioevo questa zona è stata segnata dalla presenza di opifici idraulici controllati molto probabilmente dalla famiglia feudale dei conti Guidi. Oltre all’attività di molitura portata avanti per secoli dalla famiglia Bucchi, la località è stata anche sede di un’importante troticoltura. Il mulino ha funzionato regolarmente fino al 1955 e saltuariamente fino al 1960. L’ultimo mugnaio è stato Pietro Bucchi, detto “Pietrone”.
Annualmente il mulino ospita iniziative di vario genere: spettacoli, attività per bambini, concerti e si presta molto bene quale luogo di sosta e di riferimento per escursioni.
La zona di Molin di Bucchio è stata teatro di particolari episodi legati alla Resistenza (da segnalare, la lapide al partigiano Pio Borri, primo partigiano caduto nella lotta di resistenza nel territorio aretino).
Il complesso è di proprietà della famiglia Bucchi e attualmente oggetto del progetto Antica Aquacoltura Molin di Bucchio, nato dall’intento di Alessandro Volpone e Andrea Gambassini di far rinascere l’antico mestiere dell’acquacoltura montana, unendo salvaguardia della biodiversità, sostenibilità ambientale, educazione e storia.
Nel mulino sono presenti ancora tutte le attrezzature (pale orizzontali, tramogge, macine). Tutto il complesso architettonico (di particolare rilievo la cucina lastricata con il grande camino) risulta conservato nelle sue caratteristiche originarie venendo così a costituire un luogo di particolare interesse storico-documentario.

b) Museo dello Sci – Museo del Bosco e della Montagna – Collezione ornitologica “Carlo Beni”
Sedi e contatti
Indirizzo: Vicolo de’ Berignoli, Stia (Arezzo)
Telefono: 0575 583965, 0575 529263, 3477341266, 3382720488 (Sci Club Stia)
E-mail: federicococchi44@gmail.com
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/museo-dello-sci-museo-del-bosco-e-della-montagna-collezione-ornitologica-carlo-beni
Orari di apertura: 10-12:30, 16-19 (tutto l’anno la Domenica e festivi)

Il complesso, ospitato all’interno di antichi spazi del centro storico di Stia, si articola in più sezioni e spazi:
Museo dello Sci: la raccolta, curata dall’associazione Sci Club, raccoglie diversi esemplari di sci e ne illustra l’evoluzione da mezzo di trasporto, indispensabile per le genti di montagna, a strumento per lo sport agonistico. Arricchisce la sezione anche materiale fotografico riferito all’area e alla montagna casentinese.
I lavori alla macchia, il trasporto e le piccole industrie forestali: la sezione è organizzata in due sale e illustra l’uso delle risorse forestali nell’economia montana preindustriale.
La collezione, attraverso numerosi strumenti di lavoro e oggettistica, documenta anche l’ingegno e la creatività delle popolazioni di montagna nel rispondere alle esigenze lavorative. Un approfondimento viene dedicato anche alle piccole industrie forestali, ubicate in montagna, che in passato occupavano molte comunità nella manifattura di piccoli oggetti in legno.
Collezione Ornitologica “Carlo Beni”: la collezione, articolata su due sale, comprende 520 esemplari di 176 specie di uccelli, tutte italiane e rappresentative dell’avifauna presente nel territorio casentinese all’epoca della sua costituzione ad opera di Carlo Beni (ultimi decenni dell’Ottocento). Il valore scientifico e didattico della collezione si è rivelato notevole in quanto permette ai visitatori di osservare da vicino quasi tutti gli uccelli del territorio casentinese che molto spesso sono difficilmente avvicinabili in natura.
Il giardino pensile e il laboratori del collezionista: la parte più “segreta” della struttura, visitabile solo su richiesta, è costituita dal piccolo giardino pensile, utilizzato per gli incontri e le attività didattiche del museo, dove si affaccia anche il “Laboratorio di Lando”. Il collezionista, proprietario della maggior parte degli oggetti conservati nel museo (sezione bosco), è artefice di molti interventi creativi disseminati lungo il percorso.

c) Ecomuseo del Carbonaio – Banca della Memoria di Porto Franco “Giuseppe Baldini” – Casa dei Sapori
Sedi e contatti
Indirizzo: Loc. La Chiesa, Cetica, Castel S. Niccolò (Arezzo)
Telefono: 0575 555280, 3287252458, 3471980098 (Pro Loco “I tre confini”)
E-mail: info@cetica.it, proloco@cetica.it
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/ecomuseo-del-carbonaio-banca-della-memoria-di-porto-franco-giuseppe-baldini-casa-dei-sapori
Orari di apertura: Sabato e Domenica 15.30-18.30 (da maggio a settembre)

L’Ecomuseo del Carbonaio di Cetica nasce dalla necessità di conservare la memoria di un’attività strettamente correlata al manto boschivo ed alle sue risorse.
Il mestiere del carbonaio è stato una delle attività più rappresentative dello stretto legame che per secoli ha legato l’uomo al bosco e alle sue risorse. Praticati anche in ambiti territoriali molto distanti dal Casentino, i lavori del taglio della legna e della cottura del carbone, costituirono importanti occupazioni per molte comunità montane della valle fino alla metà del XX secolo. Le particolari tecniche, trasmesse di generazione in generazione, sono ancora messe in pratica, per lo più a scopo didattico-dimostrativo, in alcuni paesi del Pratomagno, come Cetica. Il complesso universo della cultura del carbonaio, della vita solitaria alla macchia, con i suoi atteggiamenti e modi di vita arcaici e quasi antagonisti al mondo civile, sono invece tramontati inesorabilmente.
L’Ecomuseo del Carbonaio si propone quindi come laboratorio attivo della storia, come momento nel quale, insieme allo studio e alla conservazione dei saperi, dei racconti delle esperienze di vita di ieri, si sperimenta anche un nuovo modo di interagire con la società e l’ambiente attuale.
Il museo è allestito nei locali della vecchia scuola del paese, prospiciente l’antica chiesa romanica di Sant’Angelo. Il percorso di visita si articola in quattro sezioni:
Carbonai: all’interno della vecchia scuola la prima sezione fornisce informazioni e suggestioni intorno al mestiere del carbonaio con pannelli didascalici, esposizioni di strumenti di lavoro e allestimenti scenografici.
Sala Polivalente: dalla Banca della Memoria alla comunità: fa parte integrante del percorso anche la sala polivalente dedicata alla proiezione di audiovisivi. La sala è concepita come luogo di consultazione decentrato dell’archivio audiovisivo conservato presso il CRED (Banca della Memoria dell’Unione dei Comuni del Casentino). Qui è possibile visionare alcuni video dedicati alla cultura materiale, alle pratiche silvopastorali e alle tradizioni popolari dell’area.
La sala ospita anche pannelli che, in seguito alla realizzazione della Mappa di comunità dell’Alta Valle del Solano, raccontano le peculiarità del territorio e della comunità, dalla ripresa di particolari forme di ritualità itineranti alle storie e leggende.
“La Casa dei Sapori”: laboratorio didattico e spazio per degustazioni alla riscoperta degli antichi sapori. Pannelli illustrano i prodotti agroalimentari locali con particolare riferimento alla patata rossa di Cetica, antica cultivar recuperata e adesso tutelata dal Consorzio Patata Rossa di Cetica.
Area Verde: carbonaie e arte ambientale: l’itinerario prosegue nella vicina area verde dove sono stati ricostruiti a scopo dimostrativo, a cura della Pro Loco, una capanna e una carbonaia. L’area verde ospita anche alcune installazioni realizzate all’interno del progetto “Boschi ad Arte”. Da qui si può procedere alla visita del paese, delle “piazze” ancora utilizzate per la cottura della legna, dell'”imposto” del carbone ma anche dei mulini ad acqua ancora funzionanti, delle colture tipiche, dei fabbri, dei pastori.

d) Ecomuseo della polvere da sparo e del contrabbando
Sedi e contatti
Indirizzo: Loc. San Vincenzo, Chitignano (Arezzo)
Telefono: 3396617113 (Ass. “I Battitori”), 0575 596713 (Comune di Chitignano)
E-mail: ecomuseo@casentino.toscana.it
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/ecomuseo-della-polvere-da-sparo-e-del-contrabbando
Orari di apertura: luglio, agosto, Sabato e Domenica 16-19

L’Ecomuseo documenta l’attività di produzione e commercio di due particolari prodotti: la polvere da sparo e il tabacco.
Gli opifici addetti alla produzione di polvere pirica, ubicati lungo il torrente Rassina, con macchinari mossi grazie alla forza idraulica, conobbero il loro maggiore sviluppo tra il XIX e il XX secolo. I due maggiori polverifici furono quello dei Prati e quello del Ciofi, di cui rimangono ancora significative testimonianze. L’attività, oltre che all’interno di strutture autorizzate, veniva svolta anche attraverso i numerosi “pilli” (cavità scavate nella pietra per il pestaggio delle componenti) disseminati nei boschi al di fuori del controllo degli organi di sorveglianza e la cui produzione alimentava il mercato del contrabbando.
Altre vicende conobbe la coltivazione del tabacco, praticata fino al 1779 all’interno della Contea dei Conti Umbertini e poi anche in seguito (grazie ai privilegi concessi dal Granduca Pietro Leopoldo), che assicurò un certo benessere alla comunità locale. Dopo la soppressione del privilegio, avvenuta nel 1830, il commercio del tabacco continuò clandestinamente. La materia prima veniva recuperata nelle zone della Valtiberina e dell’Umbria e trasportata a Chitignano per la trasformazione in trinciato e sigari mediante la lavorazione delle sigaraie, donne specializzate in questa particolare manifattura. Il prodotto finito era quindi smerciato attraverso il contrabbando. Le vie tracciate dai contrabbandieri andavano sul versante romagnolo, verso Firenze, Pisa e Livorno, verso la Maremma toscana e laziale, verso l’Umbria e le Marche.
A integrazione degli itinerari all’aperto (polverifici, “pilli”, ecc.), l’Ecomuseo dispone di un Centro di documentazione dove sono collocati alcuni strumenti di lavoro e pannelli esplicativi riferiti alle due lavorazioni, oltre a uno spazio video nel quale poter fruire di alcune testimonianze raccolte nell’ambito del progetto “La banca della memoria”.

e) Centro di documentazione e Polo didattico dell’Acqua
Sedi e contatti
Indirizzo: Loc. La Nussa, Capolona (Arezzo)
Telefono: 0575 421370 (Comune di Capolona), 0575 507272 (Centro Servizi Rete Ecomuseale)
E-mail: ecomuseo@casentino.toscana.it
Sito web: http://ecomuseodelcasentino.it/content/ecomuseo-della-polvere-da-sparo-e-del-contrabbando
Orari di apertura: informazioni e aperture su richiesta

L’acqua e il bosco hanno rappresentato per la valle, nel corso dei secoli, un binomio di fondamentale importanza. Le trasformazioni del manto forestale operato dalle comunità monastiche e lo sfruttamento delle risorse idriche da parte delle comunità civili segnano in maniera consistente il paesaggio della prima valle dell’Arno. Il Centro, ricavato all’interno dell’abitazione del vecchio custode della Centrale idroelettrica “la Nussa”, tutt’ora in attività, si propone di presentare e conservare la memoria delle molteplici modalità d’impiego delle acque messe in atto da una comunità delimitata geograficamente, ma anche di promuovere la conoscenza e il rispetto, soprattutto da parte delle nuove generazioni, di questo importante elemento.
Il percorso museale illustra le molteplici modalità d’impiego dell’acqua, da risorsa indispensabile nell’alimentazione alla produzione di energia per muovere macchine come mulini, gualchiere e ferriere. Il centro si rivolge in particolare al mondo della scuola attraverso la realizzazione di esperienze didattico-educative dedicate all’acqua guidate da specifici operatori.




Museo dell’arte della lana

Sedi e contatti
Indirizzo: Via Sartori 2, Pratovecchio, Stia 52017 (Arezzo)
Telefono: 0575 582216, 338 4184121
E-mail: info@museodellartedellalana.it
Sito web: http://www.museodellalana.it/
Orari di apertura: Martedì, Mercoledì e Venerdì 10-13; Giovedì e Domenica 10-13, 16-19 (da giugno a settembre), 10-13, 15-18 (da ottobre a maggio); Sabato 16-19 (da giugno a settembre), 15-18 (da ottobre a maggio); dal Martedì alla Domenica 10-13, 16-19 (agosto)
Biglietto d’ingresso: intero 5 €; ridotto 3 € (da 6 a 18 anni e oltre i 65 anni; gruppi di almeno 15 visitatori in orario di apertura, soci Touring Club Italiano, insegnanti con Edumuseicard); gratuito: fino a 6 anni, portatori di handicap con accompagnatore, soci della Società di Mutuo Soccorso tra gli Operai del Lanificio di Stia

Organi direttivi
Presidente della Fondazione Lombard: Prof. Paolo Blasi
Consiglieri: Giovanni Basagni, Dott. Carlo Cioni, Dott.ssa Eleonora Ducci, Lorenzo Lori, Grazia Madiai, Denise Vangelisti
Sindaco di Pratovecchio Stia: Dott. Nicolò Caleri
Collegio del revisori: Dott. Paolo Cerini, Dott.ssa Franca Cerofolini, Prof. Riccardo Passeri
Presidente del Comitato Scientifico: Prof. Paolo Blasi
Membri: Emma Angelini, Isabella Bigazzi, Benedetta della Bordella, Caterina Chiarelli, Paolo Fabiani, Angela Giordano, Andrea Gori, Claudio Grisolini, Massimo Preite, Gabriele Scannerini

Breve storia e finalità
Il Museo dell’Arte della Lana è situato nel complesso del Lanificio di Stia, in Casentino, restaurato dopo decenni di abbandono. Mirabile esempio di archeologia industriale, oggi l’edificio ha ripreso vita non più come luogo di produzione ma come centro di diffusione della cultura tessile del Casentino, per lasciare memoria di questa antichissima tradizione, ma anche per mettere di nuovo a disposizione della comunità l’edificio dove generazioni di Stiani hanno lavorato. La produzione laniera ha accompagnato lo sviluppo e la crescita di Stia attraverso i secoli: il suono della campana e il fischio della sirena scandivano il tempo non solo per i lavoratori, ma per tutti gli abitanti del paese. Finché la sirena ha continuato a echeggiare nella vallata è stata garanzia di un lavoro sicuro per gli abitanti di Stia che potevano permettersi un tenore di vita superiore rispetto a quello degli altri paesi del Casentino.

La prima Società di Lanificio di Stia fu costituita nel 1852, quando già da alcuni decenni si era sviluppata una moderna attività imprenditoriale organizzata in modo tale da concentrare in un unico stabilimento le varie fasi della lavorazione della lana.
Nei primi anni ‘60 dell’Ottocento il Lanificio occupava circa 140 operai e si ricorda come il primo in Toscana ad impiegare macchinari importati dall’estero. Tra il 1862 e il 1888, sotto la direzione di Adamo Ricci, fu completata la meccanizzazione di tutto il processo produttivo e razionalizzato il complesso degli stabilimenti.
Dalla fine dell’Ottocento la famiglia Lombard divenne proprietaria del Lanificio e ne affidò la direzione al veneto Giovanni Sartori, che modernizzò la fabbrica, portandola ai livelli dei più importanti lanifici italiani e si adoperò per offrire una concreta copertura previdenziale a tutti i lavoratori in difficoltà.
Con la direzione di Sartori il Lanificio giunse all’apice del suo prestigio, come dimostra il fatto che divenne il fornitore ufficiale di Casa Savoia, e al più alto livello di occupazione.
Alla fine del primo conflitto mondiale gli operai impiegati erano 500, i telai circa 136 e la produzione era di oltre 700.000 metri di stoffa. A causa della crisi iniziata negli anni Sessanta, nel 1985 il Lanificio fallì e chiuse definitivamente nel 2000.
Simonetta Lombard, erede della famiglia proprietaria per oltre sessanta anni della fabbrica, ne riacquisì gli edifici costituendo una Fondazione al fine di elaborare un progetto di ristrutturazione per la realizzazione di un centro di diffusione della cultura tessile. Tale progetto si concretizzò nel 2010 con l’apertura del Museo.

Patrimonio
La visita del Museo si articola nelle seguenti sezioni:
– Un’arte antica quanto l’uomo
– La natura e le fibre
– L’Arte della Lana: le fasi della lavorazione artigianale della lana
– Il Lanificio di Stia
– La fasi della lavorazione industriale della lana.
In ogni sezione sono esposti i macchinari e gli strumenti originali utilizzati per la lavorazione della lana nelle sue varie fasi e in epoche diverse, oltre che fotografie d’epoca e pannelli esplicativi che guidano il visitatore attraverso il percorso espositivo.




Il Cassero per la scultura italiana dell’Ottocento e del Novecento

Sedi e contatti
Indirizzo: Via Trieste 1, Montevarchi (Arezzo)
Telefono: 055 9108272-3-4
E-mail: http://www.ilcasseroperlascultura.it/contatti/contatti/
Sito web: http://www.ilcasseroperlascultura.it/
Orari di apertura: dal Giovedì alla Domenica 10-13, 15-18 (da settembre a maggio), 10-13, 16-19 (da giugno ad agosto)
Biglietto d’ingresso: intero 4 €; ridotto 2 € (under 18 anni, soci COOP, CTS, ISIC, ITIC, Touring Club, titolari Mondadori Card, Selecard, tessera ICOM); gratuito: over 65 anni, under 6, disabili e possessori di Edumusei Card.

Organi direttivi
Direzione: Federica Tiripelli

Breve storia e finalità
Montevarchi, una volta passata sotto la giurisdizione di Firenze, nel 1328 venne fortificata con le mura e due torri. La più imponente di esse era il Cassero, tutt’oggi conservato, che si raccordava alla Porta Fiorentina con un tratto murario curvo, riemerso durante la recente ristrutturazione della piazza antistante ed evidenziato mediante la diversa pavimentazione realizzata nell’occasione.
Dopo varie vicissitudini, nel 1996 l’Amministrazione Provinciale di Arezzo ha concesso la struttura del Cassero in comodato al Comune di Montevarchi, che ha deciso di provvedere alla sua ristrutturazione destinandolo a sede museale e centro di documentazione.
Nasce così “Il Cassero per la scultura” che ha come finalità primaria la ricerca e la documentazione della plastica italiana dell’Ottocento e del Novecento, raccogliendo e acquisendo materiale sugli scultori del periodo. L’obiettivo è configurarsi come punto di riferimento per le numerose Gipsoteche e Musei d’Artista presenti nella Regione e in Italia, capofila di una rete regionale dedicata alla scultura.

Patrimonio
Al momento la collezione permanente, interamente restaurata, è costituita da oltre mezzo migliaio di opere tra bronzi, marmi, gessi, terrecotte e disegni, di artisti toscani e italiani, giunte a Montevarchi grazie a donazioni di privati, unitamente a un considerevole numero di documenti originali, fotografie d’epoca e rassegne stampa, la cui entità è in corso di catalogazione.
Nella collezione del “Cassero”, nella quale sono presenti opere d’importanza storica ed artistica di Michelangelo Monti, Timo Bortolotti, Arturo Stagliano, Alberto Giacomasso, Mentore Maltoni, Valmore Gemignani, Firenze Poggi e Donatella (Dodi) Bortolotti, sono confluite anche le sculture dei montevarchini Pietro Guerri, Elio Galassi e Ernesto Galeffi, già di proprietà comunale, la cui collezione di pitture, disegni e chine sarà oggetto di un nuovo allestimento.




Museo delle bilance di Monterchi

Sedi e contatti
Indirizzo: Via XX Settembre 22, Monterchi (Arezzo)
Telefono: 0575 70713
E-mail: info@madonnadelparto.it
Sito web: http://www.madonnadelparto.it/museo-delle-bilance/
Orari di apertura: tutti i giorni 9-13, 14-19 (dal 28 marzo al 1 novembre); tutti i giorni 9.30-12-30, 14-17 (dal 2 novembre al 27 marzo)
Biglietto d’ingresso (comprende visita al Museo della Madonna del Parto): intero 6,50 €; ridotto 5 € (studenti tra i 14 e i 25 anni, gruppi da 15 persone, Valtiberina Musei e Parchi Pass, pellegrini); gratuito: donne incinte, ragazzi sotto i 14 anni, portatori di handicap con accompagnatore, guide turistiche, giornalisti

Organi direttivi
Direttrice: Lina Guadagni

Breve storia e finalità
Il Museo delle Bilance nasce grazie alla passione del collezionista Velio Ortolani, che ha messo a disposizione parte della sua insolita e consistente raccolta di bilance e pesi, una delle più importanti d’Europa per tipologia, cronologia e numero di pezzi.
Velio Ortolani iniziò a raccogliere bilance nei primi anni ‘60, quando aveva poco più di trent’anni. La prima bilancia che acquisì era una stadera piegata e arrugginita che si trovava in un mucchio di ferri vecchi. Da allora la ricerca non si è mai fermata e oggi la collezione Ortolani è composta da numerosissime bilance, bascule e stadere alle quali si aggiungono chiavi e serrature antiche, altra grande passione dell’instancabile collezionista. La sua attenzione si è sempre rivolta principalmente agli oggetti forgiati in ferro, perché unici e soprattutto testimoni delle capacità e dell’intelligenza di chi le ha costruite. L’accorgimento adottato da un fabbro per superare qualche difficoltà tecnica, il gusto di un armaiolo nel decorare la sua creazione, il particolare nascosto che racconta qualcosa sull’uso di un oggetto: sono questi i criteri che Ortolani usa per stabilire se una bilancia va acquistata oppure no. Ben presto l’attenzione si rivolge anche a bilance più “industriali”, prodotte in serie ma comunque significative e particolari. Si tratta comunque di oggetti belli, perché l’estetica è una peculiarità evidente della collezione, e se non unici, tuttavia rari, perché soggetti alla dispersione del tempo. Ortolani con la sua opera di ricerca ha sottratto all’oblio e alla distruzione centinaia e centinaia di oggetti, e oggi la sua collezione è una delle più importanti al mondo per numero di pezzi, tipologia e arco cronologico rappresentato.

Patrimonio
Nelle sale del Museo sono raccolti circa 160 oggetti di diversa tipologia che ci permettono di ripercorrere oltre 600 anni di storia della bilancia, partendo da alcune piccole stadere di epoca rinascimentale ricavate da una spada fino ad arrivare alle grandi bascule industriali di Otto e Novecento. Alcune bilance evocano ricordi d’infanzia, come le bascule pesa bambini o le bilance a bracci uguali di uso domestico. Altre sorprendono per la loro bellezza, per la cura del dettaglio e per la raffinatezza della decorazione. Il Museo non si limita solo ad esporre gli oggetti e a raccontarne l’evoluzione tecnica nel corso dei secoli. Le bilance sono restituite alla loro funzione e diventano un particolare punto di partenza per un modo diverso di fare storia. Un accurato percorso didattico interattivo composto di pannelli e strumenti da utilizzare condurrà il visitatore alla scoperta di antichi mestieri come il daziere e il cambiavalute, o di luoghi ormai scomparsi, come l’allevamento dei bachi da seta. Un percorso specifico, fatto di letture e attività pratiche, è dedicato ai bambini.




Centro culturale e museo della memoria di San Pancrazio

Sedi e contatti
Indirizzo: 52021 Bucine, fraz. San Pancrazio (Arezzo)
Telefono: 055 9912766-7
Sito web: http://www.museidelvaldarno.it/musei/bucine/museo-della-memoria-san-pancrazio/
Orari di apertura: informazioni e visite su richiesta

Breve storia e finalità
Il centro è stato inaugurato il 29 giugno 2007 con l’intento di raccogliere tutta la documentazione sull’eccidio di San Pancrazio.
Nel 1944 truppe della Feldgendarmerie tedesca, appartenente alla Divisione Corazzata Hermann Göring, trucidarono tutti gli uomini di San Pancrazio (Bucine) nella cantina di un edificio risalente al XVIII secolo, allora Fattoria Pierangeli. Negli anni ’70, dopo un lungo periodo di abbandono, il rudere, dato alle fiamme dopo l’eccidio dagli stessi Tedeschi, fu acquistato dal Comune di Bucine che ne ha concluso nel 2000 la ristrutturazione installandovi il Centro Interculturale Don Giuseppe Torelli. Questo, dedicato al parroco della comunità, anch’egli vittima della strage, è entrato a far parte della rete regionale dei Centri Interculturali che hanno per scopo di realizzare programmi di didattica, incontri e ricerche in campo demo-antropologico e storico.
Grazie alle fotografie dell’Archivio Militare Canadese è stato possibile ricostruire, in parte, i giorni successivi all’eccidio di San Pancrazio. La scelta di illustrare quei luoghi saccheggiati come appaiono oggi, è stata monitorata dal desiderio di trasmettere la forza e la volontà di rinascita di questo paese tremendamente colpito.
Il Museo della Memoria si sta ponendo l’obiettivo di entrare in una rete europea dei luoghi della memoria, ricercando la collaborazione con istituti, associazioni, centri di documentazione e musei che si occupano, in Italia e all’estero, di analoghe tematiche.

Patrimonio
Il Museo, attraverso una cartografia storica inedita, intende rappresentare in modo dettagliato le stragi avvenute in questi paesi. L’obiettivo è quello di promuovere un concreto impegno per la salvaguardia della memoria storica, favorendo una cultura della pace attiva e consapevole.
Accanto al Museo della Memoria si trovano il Centro Interculturale “Don Giuseppe Torelli”, il sacrario e il roseto in memoria dell’eccidio.




Museo dei Mezzi di Comunicazione del Comune di Arezzo

Sedi e contatti
Indirizzo: Palazzo Comunale, Via Ricasoli 22, Arezzo
Telefono: 0575377662, 3498932046
E-mail: museocomunicazione@comune.arezzo.it
Sito web: http://www.comune.arezzo.it/museo-comunicazione/museo-comunicazione
Orari di apertura: Martedì, Giovedì, Sabato e ogni prima Domenica del mese 9.30-17.30
Biglietto d’ingresso: intero 3 €; ridotto 2 € (gruppi, studenti, over 65, espositori della Fiera Antiquaria, soci A.I.R.E. Associazione Italiana per la Radio d’Epoca); gratuito: insegnanti, giornalisti, accompagnatori autorizzati, portatori di handicap.

Organi direttivi
Direttore Scientifico: Prof. Fausto Casi

Breve storia e finalità
Il Museo dei Mezzi di Comunicazione è stato inaugurato il 17 Dicembre 2005 grazie alla concessione dei locali di Palazzo Sabatini da parte del Comune di Arezzo.
L’idea di far nascere il museo, che occupa oggi una superficie di oltre 500 mq, si fa risalire a circa 20 anni fa, quando il Comune di Arezzo realizzò in collaborazione con il Museo di Storia della Scienza di Firenze (oggi: Museo Galileo) una mostra sulla radio d’epoca dal titolo “Il Mondo in Casa – i primi 40 anni di storia della radio” che ebbe vasta risonanza. Per la mostra fu indispensabile la collaborazione del concittadino Fausto Casi che mise a disposizione la sua ricca collezione. Oggi la collezione si è allargata ad altri temi storici che completano la tematica sulla storia delle comunicazioni.
Particolarmente curato è l’aspetto della didattica con tavoli per esperienze dirette. Inoltre, presso l’auditorium interno al Museo (100 posti), è possibile assistere alla proiezione di un filmato “olografico, tridimensionale”, con tecnologia avanzata ad immersione, unica in Italia, sul personaggio di Galileo Galilei e sulle sue scoperte scientifiche. Su richiesta, sono disponibili anche altri filmati su DVD di carattere storico-scientifico.

Patrimonio
L’aretino Fausto Casi colleziona da circa 40 anni materiali, strumenti e macchine relative alla storia della scienza ed all’archeologia industriale. Nel museo sono conservati più di 1700 oggetti, di cui circa 1000 esposti. La collezione è suddivisa nelle seguenti sezioni:
– Il precinema (sottosezioni: i giochi ottici, gli inganni ottici, la visione ottica, la proiezione dell’immagine, l’immagine in movimento)
– Il cinema (sottosezioni: le macchine da ripresa e da proiezione con la pellicola 35 mm, le macchine da cinema a passo ridotto)
– La riproduzione dei suoni (sottosezioni: il megafono, il fonografo, il grammofono, il registratore)
– Le prime telecomunicazioni (sottosezioni: la telegrafia con i fili, la telefonia con i fili, la radiotelegrafia, la radiotelefonia)
– La scrittura (sottosezioni: scrittura manuale, scrittura meccanica, scrittura elettronica)
– Il calcolo (sottosezioni: calcolo manuale, calcolo meccanico, calcolo elettronico)
– Le telecomunicazioni moderne (sottosezioni: la radio, la televisione, il cellulare, il computer)




Biblioteca città di Arezzo

Sede e contatti
Indirizzo: Via dei Pileati 8, Arezzo
Telefono: 0575 22849 / Fax: 0575 22849
E-mail: info@bibliotecaarezzo.it
Sito web: http://www.bibliotecarezzo.it/index.php
Orari di apertura: dal Lunedì al Venerdì 8.30-19.30, Sabato 8.30-13-30

Organi direttivi
Presidente: Alessandro Artini
Consiglio di Amministrazione: Francesca Chieli, Ciro Iannone
Dirigente: Roberto Barbetti

Breve storia e finalità
L’atto di nascita della Biblioteca della Fraternita dei Laici, che costituisce il fondo più antico e prezioso della Biblioteca Città di Arezzo, risale al 1609, quando il medico e filosofo aretino Girolamo Turini, nel 1602, lasciò per testamento alla Fraternita 2850 volumi e 15 manoscritti.
La Biblioteca incrementò il suo patrimonio librario quando vi confluirono le biblioteche dei conventi soppressi a seguito delle invasioni napoleoniche tra la fine del secolo XVIII e gli inizi del successivo. In seguito confluirono nella Biblioteca Fraternita dei Laici, frutto di acquisti, donazioni, lasciti testamentari, o affidamento in gestione, le biblioteche Redi (1830), Sforzi (1874), Fossombroni (1880), Fineschi (1910), Gamurrini (1920), Burali-Forti (1948) ed altre minori. A differenza di quelle Fineschi, Gamurrini e Burali-Forti, che mantengono una loro identità, le biblioteche Turini, Redi, Sforzi e Fossombroni sono confluite nei Vecchi Fondi Fraternita e sono identificabili attraverso gli ex libris e le note manoscritte di possesso.
La consistenza del materiale librario della Fraternita è documentata, negli anni, dagli inventari manoscritti compilati dal 1708 al 1939. Nel 1952 fu costituito il Consorzio per la Gestione della Biblioteca Città di Arezzo fra la Provincia di Arezzo, il Comune di Arezzo, la Fraternita dei Laici e l’Accademia Petrarca di Lettere Arti e Scienze.
La Fraternita dei Laici mise a disposizione del Consorzio la maggior parte del suo materiale librario, L’Accademia Petrarca la biblioteca Circolante, la biblioteca Dantesca Passerini, la cui sede però rimase presso l’Accademia, e le biblioteche Occhini e Landucci che le erano state affidate in gestione dal Comune di Arezzo, che ne è il proprietario. La Provincia e il Comune di Arezzo si impegnarono a garantire al Consorzio le risorse economiche necessarie per la conduzione della Biblioteca.
Con la nascita del Consorzio il materiale librario della Biblioteca si accrebbe notevolmente. Negli anni una parte del bilancio venne destinata all’acquisto dei libri in commercio. Nel 1954 il Comune di Arezzo concesse in affitto il Palazzo Pretorio come sede al Consorzio per l’insediamento della biblioteca.
Nel 1992, a seguito dell’entrata in vigore della L. 142/1990, il Consorzio venne sciolto e per la gestione del servizio bibliotecario fu adottata la forma dell’Istituzione.

La Biblioteca vuole mettere al servizio della comunità dei lettori il proprio patrimonio e con il loro contributo vuole implementarlo e renderlo sempre più accessibile ai cittadini di ogni età e di ogni formazione culturale; vuole essere radicata nella propria comunità territoriale e nello stesso tempo aperta alle culture della contemporaneità, aperta al dialogo con le persone che la utilizzano e veicolo di un libero accesso alla formazione e alla conoscenza, attenta alle esigenze individuali e di gruppo, di studio, di apprendimento e di ricerca.
Il nuovo logo e il nuovo sito internet vogliono sottolineare l’impegno a far diventare la Biblioteca Città di Arezzo la biblioteca di tutti, un servizio indispensabile all’organizzazione sociale e fondamentale per sviluppare la democrazia e i diritti di cittadinanza.

Patrimonio
Il patrimonio librario moderno consta attualmente di circa 170.000 volumi. Tutti i volumi sono consultabili in sede dietro richiesta compilata dall’utente su apposito modulo e consegnata al personale dell’ufficio di distribuzione. Il patrimonio bibliografico presente nelle sale di lettura è a scaffale aperto e può essere consultato in modo diretto da parte dell’utente.
La Biblioteca dispone di un fondo antico costituito da 95.656 documenti tra manoscritti, incunaboli, opere a stampa e periodici antichi.
Di particolare rilievo la sezione tematica del Centro di Documentazione Città di Arezzo specializzata sui temi di cooperazione, intercultura, immigrazione, rapporti Nord-Sud, sviluppo, pace, diritti, donne.
Da maggio 2012 la Biblioteca Città di Arezzo ha aperto una nuova “Sezione multimediale”.
Al suo interno potete trovare DVD con i film più importanti che hanno fatto la storia del cinema di ogni genere (commedie, thriller, avventura, gialli, ecc.), da Totò a Woody Allen, a Via col vento ad Avatar, ma anche documentari con approfondimenti tematici di storia, geografia, viaggi ed ancora concerti dei più grandi artisti come Mozart, Madonna ad altri ancora. Attualmente lo scaffale è fornito di oltre 800 DVD, in continua crescita e implementazione. È possibile prenderli in prestito per 7 giorni fino ad un massimo di 4 documenti (tra libri e DVD) per ogni utente. La sezione è facilmente consultabile a scaffale aperto in una delle sale della Biblioteca, oppure consultando il catalogo on-line.

Tutto il materiale, librario e non, posseduto da questa Biblioteca è catalogato. I cataloghi generali e speciali si trovano nella Sala distribuzione.
La consultazione dei cataloghi può avvenire in modo diretto e immediato da parte dell’utente: il catalogo corrente è consultabile tramite computer posti a disposizione del pubblico; il catalogo cartaceo è attualmente aggiornato all’anno 1999. Il catalogo informatizzato, relativo a tutto il fondo moderno e antico, è direttamente accessibile da internet all’indirizzo www.bibliotecarezzo.it/catalogo e comprende circa 250.000 record.
È anche possibile consultare l’elenco dei periodici/riviste e l’elenco dei libri disponibile per il prestito all’interno del progetto BibliOspedale.