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Inaugurata a Firenze la nuova sede del Memoriale italiano di Auschwitz

Dopo lunghi anni di discussioni, proposte e confronti, il Memoriale del blocco 21 – il blocco italiano ad Auschwitz – è stato inaugurato mercoledì 8 maggio alle ore 10 nel quartiere Gavinana di Firenze, all’interno dell’EX3, in piazza Gino Bartali, quasi a ricongiungere in questo progetto di memoria collettiva anche l’impegno del grande ciclista, riconosciuto “giusto tra le nazioni” da Yad Vashem.

Data ed anno non sono casuali, come spiega il sindaco di Firenze Dario Nardella, il primo oratore nella cerimonia di inaugurazione. “Oggi è il giorno in cui si ricorda la fine della seconda guerra mondiale e il 2019 è l’anno in cui si celebrano i 100 anni dalla nascita di Primo Levi”.

Nel suo lungo discorso Nardella parla dei tre anni di lavoro per rendere possibile “salvare” il Memoriale del blocco 21 “opera interdisciplinare e ultrasensoriale”, ringrazia il Direttore della Fondazione Cassa di Risparmio  per la generosa donazione,  ricorda la mobilitazione di tutta la città e della società civile, citando anche la raccolta di fondi svolta da Unicoop.fi, elogia la tenacia di Ugo Caffaz, consigliere per le politiche della memoria, formative e culturali della Regione Toscana e conclude, di fronte all’ingresso dell’EX3, dicendo “questo è il memoriale. Il memoriale siamo noi”.

A prendere poi la parola è Dario Venegoni, presidente dell’ANED, il quale spiega che l’idea di delocalizzare il monumento, pur di salvarlo, ha avuto una lunga gestazione , ed è stata possibile in base alla risposta all’interrogazione scritta presso il Senato n. 4-05184 Fascicolo n. 123. “Davanti al pericolo di smantellamento, anche se non siamo d’accordo, abbiamo accettato di riportare il Memoriale in Italia”, “ricordo quando eravamo isolati, sono passati 10 anni…ma quando il progetto sembrava arenarsi, sono intervenuti la Regione Toscana e il Comune di Firenze che con coraggio e determinazione hanno detto Sì senza pensarci due volte”. E la Regione, infatti, ha stanziato 2,6 miliardi per fare rinascere a Firenze il memoriale. Egli, ricordando il difficile lavoro di recupero, dice “è stata una lunga fatica, a tratti sconfortante” e poi descrive l’emozione che ha provato vedendo le tele di Pupino Samonà accanto a quelle di Leonardo sul tavolo dell’Opificio delle pietre dure, dove son state sottoposte a restauro.

Ed è proprio il direttore dei lavori dell’Opificio a parlare dopo, fiero di essere riuscito con sei mesi di lavoro “domeniche e giorni festivi inclusi” a restaurare le 23 strisce dipinte da Samonà. Interviene in seguito il responsabile ministeriali ai Beni Culturali affermando “Il Memoriale italiano di Auschwitz a Firenze è la prova che le istituzioni, se vogliono, possono lavorare bene e in fretta!”.

In fine, per climax ascendente, parla la Vicepresidente della Regione Toscana, che esprime la fierezza della nostra regione nell’aver portato a Firenze quella che definisce “non solo un’opera d’arte ma un ulteriore tassello volto a fortificare il sistema memoriale della Toscana, una rete che passa attraverso luoghi di eccidi (e cita ad esempio Sant’Anna di Stazzema), musei (come quello della Deportazione di Prato e il Museo della Resistenza di Fosdinovo), gli Istituti Storici della Resistenza e dell’Età Contemporanea, il lavoro storico costante, la ricerca, i Treni della Memoria, la didattica”.

Chiude la parte ufficiale l’architetto Alberico Barbiano di Belgiojoso, figlio -fra l’altro- di Ludovico, che insieme a Banfi, Rogers e Peresutti (lo studio BBPR) fu l’architetto che ha progettato proprio questo  Memoriale, ideato nel 1979 e inaugurato nella primavera del 1980 ad Auschwitz. E adesso proprio nel quarantennale della creazione, Alberico Belgiojoso è stato colui che ha dato le indicazioni per l’allestimento, identico a quello originale, del memoriale nella nuova sede fiorentina, dopo essere stato strappato dal contesto per il quale era stato progettato. Belgiojoso descrive così il nuovo allestimento: al piano terra la mostra, che sarà visibile per circa un anno, “L’Italia, il fascismo, la deportazione”, curata dall’ANED (proprietaria del Memorale) con una sezione sulla deportazione dalla Toscana curata dal Museo della Deportazione di Prato non solo con materiali già in uso presso quel museo ma anche inediti, mentre al piano superiore è collocato il memoriale vero e proprio, ricreato esattamente come era ad Auschwitz, che ti avvolge nella sua angosciante spirale.

In conclusione è stato letto il messaggio del Presidente della Repubblica Mattarella che, scusandosi per l’assenza, promette la sua presenza all’inaugurazione definitiva (quando la mostra temporanea lascerà il posto ad un allestimento permanente didattico), occasione in cui verrà anche apposta una targa.

Infine, alle 11.30, fra i gonfaloni e al suono delle trombe, la cerimonia si conclude con il taglio del nastro da parte del sindaco e della vicepresidente Barni e i tanti cittadini presenti entrano ad ammirare il memoriale fra lo squillo delle clarine del Gonfalone di Firenze e i labari delle tante sezioni ANED presenti.




Anche l’ISRT al viaggio di Istituzioni e Aned, con centinaia di studenti, per il 74° della liberazione di Mauthausen

Esattamente fra una settimana, domenica 5 maggio, si svolgerà sul piazzale del KZ di Mauthausen, la cerimonia internazionale in occasione del 74° anniversario della liberazione del campo.
Saranno oltre 800 i partecipanti, provenienti dalla Toscana, una carovana, composta da 16 autobus accompagnata da circa 40 volontari di ANED.

Con il pullman della Città metropolitana di Firenze, che riunisce gli studenti delle scuole superiori dell’area metropolitana, sarà presente anche il Direttore dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, Matteo Mazzoni.

La delegazione è così composta:

Aned Sezione di Empoli circa 180 partecipanti

comuni di;
Castelfiorentino, Cerreto Guidi, Certaldo, Empoli, Fucecchio, Gambassi, Limite e Capraia, Montaione, Montelupo Fiorentino, Montespertoli, Vinci.

SPI – CGIL, Associazione dei genitori di ragazzi con disabilità Noi da Grandi.

Aned Sezione di Firenze circa 290 partecipanti – delegazione composta da:

Città Metropolitana di Firenze,

comuni di;
Bagno a Ripoli, Baberino di Mugello, Barberino Valdelsa – Tavarnelle Valdipesa, Calenzano, Dicomano, Firenze, Impruneta, Lastra a Signa, Londa, Pelago, Pontassieve, Rufina, San Casciano Valdipesa, San Godenzo, Scandicci, Sesto Fiorentino, Signa.

Aned Sezione di Pisa circa 290 partecipanti – delegazione composta da:

Provincia di Pisa,

comuni di;
Bientina, Buti, Calci, Calcinaia, Capannoli, Casale Marittimo, Casciana Terme – Lari, Cascina, Castelfranco, Castellina Marittima, Castelnuovo Val di Cecina, Fauglia, Guardistallo, Montecatini Val di Cecina, Montescudaio, Montopoli in Valdarno, Palaia, Peccioli, Pisa, Pomarance, Ponsacco, Pontedera, Riparbella, Rosignano, Santa Croce Sull’Arno, San Giuliano Terme, San Miniato, Santa Maria a Monte, Terricciola, Vicopisano, Volterra.

Aned Sezione di Prato circa 60 partecipanti – delegazione composta da:

Fondazione Museo della Deportazione, Associazione Sinti di Prato,

Comuni di;
Carmignano, Cantagallo, Montemurlo, Poggio a Caiano, Prato; Vaiano, Vernio.

CGIL e SPI CGIL, Pubblica Assistenza di Prato




Festa della Liberazione: il 25 aprile dell’ISRT.

Numerose le iniziative e le commemorazioni in occasione del 74° anniversario del 25 aprile, festa della Liberazione nazionale, alle quali gli organi dirigenti e il personale dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea partecipano, apportando il proprio contributo scientifico e culturale:

 Commemorazione a cura del Presidente G. Matulli all’interno delle celebrazioni del Comune di Firenze.
 Commemorazione a cura del direttore M. Mazzoni all’interno delle celebrazioni del Comune di San Casciano Val di Pesa
 Intervento della consigliera Valeria Galimi su Fascismo e discriminazioni all’interno del Consiglio comunale “aperto” promosso dal Comune di Lastra a Signa
 Intervento del presidente G. Matulli a iniziativa sezione ANPI Rufina
 Intervento M. Bianchi a iniziativa sezione ANPI Bagno a Ripoli
 Intervento di Marta Baiardi a iniziativa sezione ANPI Figline Valdarno
 Presentazione del libro di C. Becchimanzi, L’agguato al Museo della deportazione e della Resistenza di Prato, intervento del direttore M. Mazzoni




Intitolato a Ivano Tognarini l’Archivio storico del Comune di Piombino

A 5 anni dalla scomparsa, la città di Piombino ha deciso di dedicare l’Archivio storico, uno dei principali luoghi di cultura del proprio territorio, al suo illustre concittadino, Ivano Tognarini a conferma del fecondo legame fra lo studioso e il territorio natio. Proprio nella sua città, Tognarini matura la convinzione del legame indissolubile fra ricerca storica, impegno politico e azione civile. Forte dei valori familiari (il padre Federigo era stato partigiano) indirizza i suoi studi verso la storia della Resistenza e dell’antifascismo, ma indaga anche l’archeologia industriale e mineraria. Docente di Storia moderna all’Università di Siena, è stato per molti anni presidente dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana. Grazie ai suoi studi riuscì a far conferire a Piombino prima la medaglia d’argento e poi la medaglia d’oro al valor militare.




Si è spento Ugo Jona combattente partigiano e presidente dell’ANFIM Toscana fino al 2001

Si è spento a 106 anni compiuti, Ugo Jona combattente partigiano e presidente dell’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri Toscana fino al 2001, svolgendo un costante impegno a tutela delle famiglie colpite dalle stragi naziste così da preservare la memoria di quei tremendi fatti.
Instancabile testimone presso le scuole per oltre 60 anni, ha raccontato le atrocità commesse da nazisti e fascisti in Italia negli anni della dittatura e dell’occupazione, Jona è stato autore di numerosi volumi e dispense che ancora oggi, dopo decenni, restano testimonianze preziose per la ricostruzione degli eccedi compiuti in Toscana fra il 1943 ed il 1944.




Giuseppe Matulli succede a Simone Neri Serneri alla presidenza dell’ISRT

Si è riunito ieri (martedì 5 marzo) il Consiglio direttivo dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, a fronte delle dimissioni del presidente Simone Neri Serneri per motivi di salute. Lo stesso presidente uscente ha proposto al direttivo di eleggere Giuseppe Matulli (che ricopriva la carica di vice  presidente) motivandola con la sua esperienza amministrativa e politica, oltre che con le sue caratteristiche personali, ritenute idonee a guidare l’Istituto fino alla scadenza naturale del mandato consiliare nel giugno del 2020.

Il Consiglio direttivo dell’ISRT, preso atto delle dimissioni di Neri Serneri e accogliendone la proposta, ha eletto presidente dell’Istituto Giuseppe Matulli e, su proposta di questi, vicepresidente il prof. Mario G. Rossi.

 Il presidente eletto ha rilasciato la seguente  dichiarazione:

 “É nata all’improvviso e del tutto inaspettata la decisone di Simone Neri Serneri che, di fronte a problemi di salute che gli impongono, per un periodo non precisabile, di ridurre la propria attività, ha avuto la sensibilità di ritirarsi per evitare che l’attività dell’Istituto potesse subirne possibili conseguenze.

La correttezza di tale comportamento è stato apprezzato dal direttivo che ha anche sottolineato l’impegno profuso, nella lunga gestione dell’Istituto, da parte del prof. Neri Serneri e la mole dei risultati raggiunti, in tutti i settori di attività dell’Istituto: la gestione degli archivi, la ricerca e la didattica.

In queste condizioni la mia disponibilità, e la volontà del direttivo a raccogliere l’invito del prof Neri Serneri, ha significato oltre ad un atto di solidarietà umana e di apprezzamento per la sensibilità dimostrata, l’impegno comune a far proseguire l’attività dell’Istituto per affrontare questa improvvisa emergenza. La dimostrazione di questo impegno si ha avuto anche da parte del Prof. Mario G. Rossi (che vanta, oltre alla competenza di storico, l’esperienza e la conoscenza della vita dell’Istituto) che ha accettato di coprire l’incarico di vicepresedente.

Per l’Istituto si apre un periodo particolarmente impegnativo, perché oltre alla necessità di  mantenere il volume ed il livello di attività impostate e guidate dal presidente dimissionario, deve affrontare la necessità di un aumentato impegno della ricerca storica nei confronti di un periodo di particolare importanza nella storia del paese, come è stata la nascita della Repubblica e l’avvio dell’Italia Repubblicana. Un periodo ormai esterno al dibattito politico attuale, e quindi affidato all’autonomia e alla libertà della  ricerca storica. La delicatezza dell’impegno riguarda la necessità di evitare che il processo di trasformazione politica in atto, con caratteristiche e temi totalmente nuovi, ed ancora caratterizzato da un elevato grado di precarietà, non pregiudichi l’autonomie e il dovere della ricerca storica. Nella delicatezza del compito ci sostiene anche la consapevolezza che non ci mancherà comunque un impegno ed il consiglio dell’esperienza e della saggezza del Prof. Neri Serneri a cui vanno i più cordiali auguri.”.




Successo per la mostra “In Viaggio. La deportazione nei lager”

La mostra “In viaggio. La deportazione nei lager” curata da Stefano Bartolini (ISRPT) e Sara Valentina Di Palma (Coopculture – ISRPT), esposta presso la Sinagoga di Siena, si è conclusa con 380 visitatori.

La mostra, che nel 2017 era stata esposta a Pistoia, è rimasta visibile a Siena dal 13 gennaio al 10 febbraio.

Fino al 16 marzo la mostra sarà nuovamente in esposizione presso la Bibliotecanova Isolotto di Firenze.




La conoscenza vince la paura: l’impegno della Regione Toscana per far conoscere la storia dell’Alto adriatico

In occasione del Giorno del Ricordo 2019, la mattina del 22 febbraio, presso il Teatro Cinema La Compagnia, a Firenze si è tenuto un incontro, aperto dai membri del Consiglio Regionale e rivolto a docenti e studenti, sul tema “Per la storia di un confine difficile. L’alto Adriatico nel Novecento”

Si è trattato di una giornata di presentazione dei lavori svolti dalle scuole che hanno partecipato al viaggio studio sul “confine orientale” (esperienza che può parere effimera ma che semina contenuti e consapevolezza storica ed etica, dice Luciana Rocchi, membro del comitato scientifico dell’ISGREC)  che sono stati pubblicati nel volume “Per la storia di un confine difficile”.

Il libro, uscito anche in e-book, fa seguito alla Summer School organizzata dalla Regione Toscana, dal 22 al 25 agosto 2017 , che è stata il primo passo del progetto pilota di formazione sulla storia del confine orientale cui è seguito un viaggio studio per 60 persone, fra storici, docenti e alunni, che si è tenuto dal 12 al 16 febbraio 2028. I luoghi toccati sono stati:  Redipuglia, con il sacrario dei caduti italiani nella Prima Guerra Mondiale, inaugurato nel 1938 da Mussolini, in cui la pietas per i caduti viene sostituito con la retorica; Trieste, città crocevia di culture per antonomasia, vittima del fascismo di confine e del suo nazionalismo, che ha impedito alla presente popolazione slovena e croata perfino di parlare la lingua materna se non era l’ italiano ed ha italianizzato anche i cognomi; quel salotto sul mare che è piazza Unità di Italia a Trieste è stata anche il luogo in cui nel ’38 Mussolini ha annunciato l’emanazione delle leggi razziali. Tappa successiva è stata Gonars, uno dei campi di internamento per civili slavi, vittime di violenze inenarrabili durante l’occupazione fascista della Jugoslavia, conseguenza della circolare 3 C del generale Roatta. Frutto del razzismo nazista e del collaborazionismo italiano è la Risiera di San Sabba, l’unico campo di sterminio in Italia, i cui orrori sono stati taciuti per decenni e solo a seguito di azioni legali della magistratura tedesca, hanno trovato narrazione storica anche in Italia. E poi ancora Basovizza, monumento nazionale dal 1992 a memoria degli infoibamenti (“la resa dei conti”, come la definisce Dorigo). Per comprendere il tema della profuganza è stato visitato il C.R.P. di Padriciano, con le sue stanze cariche di passato, che sa di dolore e lacerazione, promiscuità e freddo. Varcando due attuali confini, si giunge a Fiume, dove più che altrove si cerca di ricostruire lo strappo fra Italia e Jugoslavia. Ultima tappa Fossoli, che dopo essere stato un campi di transito nazifascista, è stato convertito in campo profughi per istriani, che lì hanno spesso subito la falsa equazione “italiano esule = fascista”.

La Regione Toscana ha voluto costruire un percorso sperimentale di formazione e conoscenza storica rivolto in particolare al mondo della scuola superiore, in modo da raccontare gli eventi di una storia di “lunga durata” e farsi carico di tutta quella complessità espressa dallo stesso testo legislativo – la legge n.92 del 2004 che riconosce il 10 febbraio quale Giorno del ricordo – per tradurla soprattutto in didattica.

E a proposito di didattica, è stato importante anche il follow up di questo viaggio: infatti è stato chiesto ai docenti e agli studenti che vi hanno partecipato di scrivere le loro riflessioni, sensazioni e di inviare delle foto significative, corredate da didascalie. È’ nato così l’e-book “Per la storia di un confine difficile”,  prodotto da Toscana Notizie, che è stato presentato il 22 Febbraio a Firenze. Sul palco sono saliti anche alcuni studenti che hanno partecipato al viaggio, per raccontare ciò che tale esperienza ha lasciato in loro. Ascoltata poi anche il commento di Silvia Rusich, figlia di profughi, che ha mostrato apprezzamento per il taglio e l’approccio dato nell’affrontare la tematica del confine orientale, un confine che per sua natura è problematicissimo.

Parte centrale dell’evento è stata la proiezione in anteprima del documentario del regista Luigi Zannetti “La conoscenza scaccia la paura”, con testi di Luciana Rocchi, che ne è stata anche consulente scientifica insieme a Luca Bravi.

Il fil rouge del documentario è Livio Dorigo, dalle cui parole il video prende nome. Dorigo, apiculture ottantottenne (con l’immagine delle sue api si apre e si chiude il documentario), esule di Pola, presidente del circolo Istria, ripercorre la sua storia personale rileggendola nel quadro della Storia. Livio ricorda la sua città natale multietnica, a partire dalla sua lingua (il dialetto istroveneto), l’ occupazione nazista dopo l’8  settembre, fino all’esilio nel 1947, scelto dalla sua famiglia quando lui aveva 17 anni e l’inizio della profuganza “in cui si diventa ignoti fra ignoti e si capisce di non essere nessuno”, per dirlo con le parole di Magris. Sacile, Gorizia, per poi arrivare nel villaggio giuliano-dalmata di Roma. E poi Livio ha vissuto in varie parti di Italia, per il suo lavoro, il medico veterinario. Ma lui non si sente solo italiano, ma cittadino europeo di un’Europa di popoli fratelli, frutto del manifesto di Ventotene.

Livio Dorigo ha messo la nostalgia a servizio dell’impegno. Le sue api che non conoscono i confini diventano il simbolo di quello che dovrebbero essere gli uomini, consapevoli che le frontiere esistono solo per essere valicate, per mescolarsi.

L’esperienza di formazione sul confine orientale costituisce un importante tassello della politica attiva della memoria, la sola che può creare le basi per progettare un futuro di pace, di tolleranza e di contrasto alla violenza in una realtà che appare sempre più segnata da preoccupanti rigurgiti di nazionalismi e pericolosi fondamentalismi.